"Mangiamo e
facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era
perduto, ed è stato ritrovato".
Luca 15:23-24
"Io provo forse
piacere se l'empio muore?" dice il Signore, l'Eterno. "Non ne provo
piuttosto quando egli si converte dalle sue vie e vive?"
Ezechiele 18:23
L'evangelo nell'evangelo
(I)
(leggere
Luca 15:11-24)
È così che viene chiamata
la parabola del figliuol prodigo (o, meglio, del padre misericordioso). La
storia comincia quando il figlio più giovane chiede la sua parte di eredità. Ne
ha diritto, ma la vuole prima del tempo. Avanza la sua pretesa senza rispetto,
insensibile all'affetto del padre che, comunque, acconsente alla sua domanda.
Così il padre lascia il figlio libero di partire, ben provvisto di ciò ha
ricevuto da lui.
Dio lascia che l'uomo
faccia uso di tutto ciò che ha ricevuto da lui: la vita e tutto ciò che vi è collegato.
Dio è paziente e non costringe nessuno. Desidera che tutti trovino la strada
della vera felicità, ma questo è impossibile se voltiamo le spalle a lui, il
Dio d'amore.
Quando il figlio ha
dilapidato tutti i suoi beni, pieno di amarezza decide di ritornare dal padre,
e si prepara in anticipo le parole per implorare la sua pietà: "Trattami
come uno dei tuoi servi". Ma quando arriva a casa, tutto procede in altro
modo. Fa la sua confessione, riconosce il suo peccato, si pente: "Padre, ho
peccato conto il cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato
tuo figlio"; non riesce a dire di più. La grazia del padre che gli
è corso incontro, che lo abbraccia e lo copre di baci, lo confonde.
Aveva pensato di essere
trattato come un servo, a casa di suo padre. No, il padre sarà soddisfatto
soltanto quando il figlio avrà ritrovato il suo posto; aveva preparato in
anticipo i più bei vestiti per rivestire quel figlio, ritornato coperto di
stracci, e una festa per dividere la sua gioia in famiglia. Dio è amore. Questa
scena parla della gioia di Dio che trova il suo piacere nel perdonare e accogliere chi ritorna a
lui.