2 Pietro 1:3-15
“Con la propria gloria e virtù”
I veri cristiani sono stati fatti re. L’apostolo Pietro lo scrive in questi versetti e dice che Dio ci ha donato tutte le cose che appartengono alla vita: le sue preziose e grandissime promesse!
I destinatari di questa Lettera erano del popolo d’Israele e conoscevano le numerose promesse dell’Antico Testamento riguardo al loro popolo. Dal momento della loro conversione appartenevano al nuovo popolo di Dio e avevano ricevuto delle promesse ancora più grandi e preziose. Metto in rilievo soltanto i due più grandi doni che Dio ci ha fatto:
1) la vita eterna;
2) lo Spirito Santo che abita in ogni credente.
Quando Pietro ci presenta delle grandi verità le mette sempre e subito in relazione con la vita pratica. E’ scritto che Dio ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà… e ci ha chiamati con la propria gloria e virtù”. Ora, tutto ciò che Dio ci ha donato deve avere delle conseguenze sulla nostra vita quotidiana. Un esempio ci potrebbe aiutare a capire che cosa significa. Se un treno percorre una linea ferroviaria in salita, vi sono due locomotive: una in testa e una in coda. Ogni cristiano assomiglia a quel treno: la locomotiva che tira è la gloria che ha in vista, e la locomotiva che spinge è la virtù.
Anche i nostri binari della vita sono in salita. Davanti a noi ci sono la gloria e la vita eterna nel cielo che ci attirano verso l’alto, e tramite lo Spirito Santo abbiamo l’energia spirituale che ci spinge a questa meta. Tirati da davanti, spinti da dietro: questa è la vita del credente!
Che cosa caratterizza la vita cristiana?
Nei v. 5 a 7, ci sono otto qualità che dovrebbero caratterizzare la nostra vita di credenti. Pietro desidera che noi le abbiamo tutte. I cristiani dovrebbero essere delle persone diligenti, non soltanto nel loro lavoro professionale, ma anche spiritualmente. Qui siamo esortati a mettere “in questo, dal canto nostro, ogni premura”.
La prima cosa è la fede. Non si tratta della fede di quando ci siamo convertiti, ma di una vita di fede. Anche l’apostolo Paolo ne parla quando scrive ai Colossesi: “Avendo udito parlare della vostra fede in Cristo Gesù e dell’amore che avete per tutti i santi” (Colossesi 1:4). La fede va in una direzione verticale, verso Dio; l’amore per tutti i santi si esprime in orizzontale. Com’è la nostra vita personale? Conosciamo questa vita di fede?
Dalla fede deriva la virtù, o l’energia spirituale. L’energia spirituale, la fermezza nel Signore, provengono dalla nostra relazione di fede con Lui. Se rimaniamo fedeli in questa relazione intima e personale col Signore ci sentiremo più forti dopo le nostre preghiere e potremo continuare il nostro cammino di fede con dei passi fermi.
Ma l’energia dev’essere unita alla conoscenza perché altrimenti ci potrebbe spingere in una direzione sbagliata. Vi sono persone che a causa della mancanza di conoscenza si sviano dalla fede (1 Timoteo 6:20-21). La vera conoscenza si riceve tramite la lettura della Parola di Dio. Per questo la lettura personale della Bibbia è così necessaria. Non basta sentirla leggere nelle riunioni; ciascuno di noi dovrebbe acquisire una conoscenza personale del pensiero di Dio. Quando Pietro scrive della conoscenza, non allude soltanto a una conoscenza teorica della Parola, ma alle verità della Parola conosciute e messe in pratica.
Un esempio può spiegare la differenza tra i due tipi di conoscenza. Se una persona che abita di solito in città va ad assistere un pomeriggio come una famiglia di contadini raccoglie le patate, alla sera saprà solo come le patate vengono messe nei sacchi. Ma se aiuta la famiglia tutto il giorno, alla sera avrà piena conoscenza di cos’è la raccolta delle patate, e la sentirà anche nei muscoli della schiena! In questo senso Pietro scrive alla fine della sua seconda Lettera: “Crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo” (2 Pietro 3:18a). La base della nostra conoscenza della persona del Signore è la Parola di Dio, ma lo possiamo anche riconoscere nelle circostanze quotidiane della vita. A questo allude Pietro quando parla di conoscenza.
Dalla conoscenza consegue l’autocontrollo o la padronanza di se stesso. E’ di grande importanza, per noi stessi e per le nostre relazioni con gli altri, che non ci lasciamo andare, ma che la nostra vita sia caratterizzata dall’autocontrollo. Questa padronanza è necessaria sia nel servizio per il Signore in favore degli altri, che nel comportamento verso i nostri fratelli. Uno dei casi in cui va messa in atto è quando si devono sopportare le debolezze dei deboli.
Alla continenza segue la pazienza che è ugualmente importante nella vita di un credente. C’è un proverbio che dice: «Ogni inizio è difficile». Riguardo al lavoro nell’opera del Signore, un fratello ha modificato questo proverbio dicendo che ogni inizio è facile, ma poi ci vuole la pazienza. E’ proprio vero!
Alla pazienza segue la pietà che significa essere pii, avere timore, rispetto, amore per Dio e per le sue cose. La pietà vera viene vista dalle altre persone. E’ dunque importante come e di cosa parliamo, come ci comportiamo, quali decisioni prendiamo.
Il settimo punto è l’affetto fraterno. Molte volte si dice: Amiamo i fratelli sebbene alcuni siano difficili. Ma questo non è il vero amore fraterno. Noi amiamo i fratelli perché c’è qualcosa di bello e di attraente in loro. Faccio un esempio: Quando sono in viaggio in treno, tengo ben strette la mia valigia, perché non vorrei che me la rubassero. Ma dal momento che sono arrivato in casa di fratelli, non mi devo più preoccupare perché loro non me la ruberebbero mai; e anche per questo li amo.
Noi amiamo i fratelli perché Dio li ama, perché loro amano come noi il Signore Gesù, perché come noi amano la chiesa. Questo ci attira. Questo è l’amore fraterno. Noi tutti abbiamo ricevuto la stessa nuova vita. E adesso vedo nel mio fratello le stesse affezioni e come lo Spirito Santo agisce in lui.
Ma non ci sono dei fratelli difficili? Certo che ci sono. Però dobbiamo amare anche loro! Se lo facciamo con fatica e solo per senso del dovere non è il vero amore fraterno.
Poi viene l’amore, l’amore nel senso divino, l’ottavo anello della catena. Un amore che ama senza vedere nell’altro qualcosa che sia degno di amore. Così Dio ci ha amati quando eravamo ancora suoi nemici. A quel tempo non poteva trovare niente di amabile in noi, ma Egli ci amò ugualmente e mandò Suo Figlio su questa terra per salvarci. In questo modo anche noi dovremmo amare le persone del mondo nelle quali probabilmente non troviamo niente che sia amabile, ma che desideriamo con tutto il cuore che siano salvate. Abbiamo bisogno di questo amore anche nelle nostre relazioni fra credenti. Quando c’è una difficoltà o un problema con un fratello o una sorella bisogna che questo amore diventi attivo. In Romani 5:5 leggiamo che l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci è stato dato, affinché ci rallegriamo in Lui. Ma in 1 Giovanni 4 leggiamo che “noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo” (v. 19).
“Queste cose”
Dopo che ha enumerato queste otto qualità che devono caratterizzare la nostra, Pietro continua su questo soggetto. Nei versetti che seguono, menziona ancora cinque volte “queste cose”.
- Versetto 8:“Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi...”.Pietro desidera che queste qualità siano trovate in noi, ma ci fa vedere anche che ci dev’essere una crescita. Se “abbondano” non siamo dei cristiani pigri che non portano frutto, ma che progrediscono e portano frutto (Colossesi 1:10).
Un coltivatore di alberi da frutto fa in modo che tutti i suoi alberi crescano e diano frutto ogni anno. Per questo li pota e li concima. Degli alberi che solo crescono, ma non portano frutto sono inutili per il contadino. Ma ci sono anche degli alberi che portano molto frutto, ma non crescono più. L’esperto prevede che entro due anni saranno morti.
- Versetto 9: “Colui che non ha queste cose...”. Se “queste cose” mancano, per quel credente vi saranno tre conseguenze:
è cieco, cioè cieco riguardo alla persona del Signore Gesù. Non riesce più a vederlo con gli occhi del cuore;
oppure è miope, vede soltanto le cose intorno a sé e non riconosce più la meta, cioè la gloria verso la quale sta andando;
ha dimenticato di essere stato purificato dei suoi vecchi peccati. Non è scritto che abbia perso la purificazione, ma non pensa più alla croce del Signore e a ciò che è avvenuto per la sua salvezza.
- Versetto 10: “Così facendo...” Pietro mette l’accento sulla pratica. Non vuole che siamo dei teorici, ma desidera che mettiamo in pratica quelle qualità, poiché così ci sarà “ampiamente concesso l’ingresso nel regno eterno”.
Da credenti possiamo avere una «stretta» o una “ampia” entrata nel regno del nostro Signore. La vera “ampiezza” ha a che fare col nostro premio. Essa sarà visibile quando il Signore Gesù apparirà in gloria per stabilire il suo regno. Tutti i Suoi santi lo accompagneranno in quel momento ed è allora che si vedrà se siamo stati fedeli al Signore su questa terra. Pietro desidera che l’entrata nel regno eterno del nostro Signore ci sia ampiamente provveduta.
- Versetto 12: “Perciò avrò cura di ricordarvi continuamente queste cose”. Pietro scrisse questa Lettera poco prima della sua morte da martire (v. 14). Ma siccome era ancora in vita voleva ricordare queste cose ai suoi fratelli. Questo servo del Signore ha così lavorato fino all’ultimo momento.
Quando la Parola di Dio viene proclamata, non si deve sempre andare alla ricerca di qualcosa di nuovo e di originale, ma bisogna presentare agli uditori ciò che sta scritto, anche se sono cose che già si conoscono. L’apostolo poteva scrivere ai ricevitori della lettera: “benché le conosciate e siate saldi nella verità che è presso di voi”. Questa era una buona testimonianza e una lode. Lo si potrebbe dire anche di noi? Ma Pietro sapeva che era necessario ricordare loro sempre queste cose.
- Versetto 15: “Affinché abbiate sempre modo di ricordarvi di queste cose.” Questo per noi è probabilmente il punto più importante. Abbiamo bisogno di fratelli che ci annunciano la Parola per ricordarci queste cose. Ma dobbiamo soprattutto crescere verso il Signore affinché diventiamo capaci di ricordarci noi stessi di queste cose. Pietro sapeva che dopo poco tempo sarebbe andato dal Signore e voleva che i credenti fossero essere capaci vivere senza di lui. Anche a noi il Signore ha dato dei fratelli che ci hanno spiegato la Parola e trasmesso istruzioni importanti. Forse adesso sono col Signore. Quanto è buono che ci ricordiamo di ciò che hanno detto.
Nella tua vita personale si trovano queste otto qualità: fede, virtù, conoscenza, continenza, pazienza, pietà, amor fraterno, carità? Caratterizzano la tua vita? Le metti in pratica? Te le ricordi o hai bisogno che ti siano ricordate?
M. Billeter