Per sette anni essi furono conquistatori imbattibili. Più di trenta re sconfitti. Sette anni di successo straordinario. Furono in minoranza ma non superati in potenza. Sotto equipaggiati ma non sopraffatti. Furono gli indiscussi conquistatori di alcuni fra i più barbari popoli della storia. Popoli, armati, schierati, equipaggiati, protetti da mura. Fino a quel momento, il popolo d'Israele, non aveva brillato per conquiste. Non durante i giorni difficili dell'esodo né lo farà durante gli anni bui dei Giudici. Poi quei sette anni durante i quali il popolo si mise a seguire Dio e a ubbidire alla sua voce. “Solo sii molto forte e coraggioso; abbi cura di mettere in pratica tutta la legge che Mosè, mio servo, ti ha data; non te ne sviare né a destra né a sinistra, affinché tu prosperi dovunque andrai” Giosuè 1:7.
Questo popolo attraversò tre “fasi” di cammino che hanno molto in comune con quello di ogni cristiano.
Primo: la liberazione dalla schiavitù d'Egitto. Chiamati fuori da esso per servire e adorare il loro Dio. Abbiamo anche noi percorso questo itinerario. L'Egitto rappresenta i nostri giorni prima della salvezza. Eravamo schiavi e siamo vissuti in una specie di simbiosi con il peccato, trascinando ai piedi le catene della colpa e della morte. Sembrava di non poterne fare a meno che fosse tutto naturale ma, poi venne il liberatore, Gesù Cristo. Tu non hai nulla da offrire a Dio esattamente come uno schiavo non ha nulla da offrire al suo liberatore. Chi è vissuto così a lungo nelle tenebre morali non ha niente da offrire al Dio di luce. Eppure, per sua grazia, attraversammo il mar rosso. Ci liberò dalla vecchia vita e ci offrì una vita completamente nuova in Canaan. Nonostante questo non sono pochi coloro che essendo liberati sono rimasti in Egitto, alle fornaci di mattoni, ancora schiavi di vecchie passioni che hanno continuato a dominare la loro vita.
Secondo: il deserto. Dopo la liberazione dall'Egitto doveva esserci la liberazione da noi stessi, dai nostri pensieri, dalle nostre convinzioni. E' lì che si doveva sperimentare l'assoluta dipendenza da Dio. Invece, mormorii, dispute, mancanza di fede. Questa seconda tappa è un'altra “area” nella quale si muovono molti cristiani. Non vi sono conquiste, solo un vagare girando intorno per poi tornare indietro e poi avanti. Una vita di routine con poca gloria e tanti rimpianti. Monotonia, grigiore, noia. Quarant'anni passati così per mancanza di fiducia in Dio.
Terzo: Le conquiste di Canaan. Seicentomila uomini sulla ventina, inesperti che non erano mai passati di lì prima, potevano attraversare un grande fiume? Aprire le mura di Gerico? Dichiarare guerra ad un esercito di barbari assetati di sangue al di là del fiume? I Ferezei erano storicamente famosi per i loro arcieri a cavallo, la fanteria degli Ittei per la loro abilità nel maneggiare le lunghe picche, i Cananei per i loro carri di ferro. Eppure il Giordano si aprì, le mura di Gerico caddero, il sole si fermò. Una nazione di pastori, male equipaggiata affrontò eserciti di “giganti” di fronte ai quali sembravano locuste... e vinsero.
Alcuni credenti, iniziando dal 2007, hanno intervistato i membri di circa un migliaio di chiese fra l'America e l'Europa. Volendo determinare la percentuale di coloro che oltre ad andare in chiesa si sentono realmente spinti a servirlo. La risposta? L'undici per cento.
Gli altri? Salvati? Molto probabilmente sì. Conquisteranno quello che Dio aveva preparato per loro? No! Sono rimasti indietro, alcuni in Egitto, altri stanno vagando ancora nel deserto.
Undici per cento! Se un ospedale guarisse solo l'undici per cento dei suo pazienti, se un costruttore completasse solo l'undici per cento dei suoi progetti che cosa penseremo?
Però anche in Canaan è presente un morbo, una specie di virus molto contagioso che può rallentare, limitare le azioni di quanti vi sono entrati. Attacca la nostra mente, ci sussurra alle orecchie. E' il virus dei “ma” o dei “non scacciarono”, dei “non poterono”.
“Ma i figli d'Israele non scacciarono i Ghesuriti e i Maacatiti; e Ghesur e Maacat abitarono in mezzo a Israele fino a oggi.” (13:13).
“Essi non scacciarono i Cananei che abitavano a Ghezer; e i Cananei hanno abitato in mezzo a Efraim fino a oggi” (16:10).
“Ma i figli di Manasse non poterono impadronirsi di quelle città; i Cananei erano decisi a restare in quel paese” (17:12).
C'è la carriera: “Non posso, devo trattenermi a lavoro”, c'è l'autocontrollo: “Non posso ci devo andare”, c'è il nostro cuore: “lascialo fare ad altri”.
Dobbiamo interrogarci su quale tipo di “terreno” siamo. Forse siamo rimasti in Egitto con le sue prigioni, o nel deserto con i suoi mormorii o forse in Canaan, ma se siamo lì stiamo attento al “morbo” dei “ma” o dei “non posso”.