Spesso capita che le nostre azioni siano
mal comprese dai nostri fratelli. Possiamo aver fatto la cosa giusta davanti al
Signore, ma gli altri giudicano i motivi che ci hanno spinto a tali azioni e tendono
ad allontanarsi da noi. La nostra tendenza naturale ci porterebbe a
giustificarci, ma sarebbe meglio metterci in preghiera davanti a Dio e lasciare
l’esito nelle Sue mani.
La Parola ha molti esempi di uomini di
Dio che sono stati mal compresi da coloro che li circondavano. Vediamone
alcuni.
Giuseppe, benché amato in modo particolare dal
padre, è odiato dai fratelli la cui gelosia è tale da portarli a sbarazzarsi di
lui. Prima è calato in un pozzo, poi venduto come schiavo e dato per morto al
padre.
Come schiavo viene, prima apprezzato e
stimato da Potifar per la sua fedeltà, ma basta una falsa accusa, perché
finisca nuovamente in prigione. Certamente nessuno avrebbe potuto comprendere i
reali motivi del rifiuto opposto alla moglie di Potifar che lo avrebbe portato
a commettere un peccato così grave.
Mosè è stato un altro uomo di Dio che fu mal
compreso. Con un ardente desiderio di
essere il liberatore del popolo d’Israele uccide un Egiziano che faceva un
torto ad un Israelita. Il giorno seguente rimproverò due Israeliti che
litigavano fra loro, ma la risposta che ricevette sicuramente lo ferì. “Egli pensava che i suoi
fratelli avrebbero capito che Dio voleva salvarli per mano di lui; ma essi non
compresero” (Atti 7:25).
Anche Anna, la madre di Samuele, fu mal compresa.
Benché suo marito l’ami certo non comprende fino in fondo il suo dolore per la
mancata maternità. Saggiamente Anna si rivolge a Dio in preghiera, ma ancora
una volta non viene capita. Eli, il sommo sacerdote, scambia il suo stato di dolore
ed i movimenti della sua bocca per ebbrezza. Al rimprovero di Eli, Anna
risponde con una grazia degna di nota e che deve esserci di esempio.
Ancora un esempio dal Vecchio Testamento:
Davide.
Ancora giovane pastorello fu mandato dal
padre, con dei viveri per i fratelli sul campo di battaglia. Sentendo le parole
di Goliat chiese spiegazioni, ma il fratello maggiore, Eliab, gli rispose pieno
di collera: “perché
sei sceso qua? A chi hai lasciato quelle poche pecore nel deserto? Io conosco
il tuo orgoglio e la malignità del tuo cuore; tu sei sceso qua per vedere la
battaglia” (1 Samuele 27:28). Eliab era ben lontano dall’immaginare
che Davide stesso avrebbe sfidato il gigante e che lo avrebbe vinto riportando
una grande vittoria.
Ma il supremo esempio si trova certamente
nel Signore
Gesù, che, agli occhi dei Giudei del suo tempo, era il figlio
del falegname tuttavia dichiarato Figlio di Dio con potenza sia dalla voce del
Padre che si fa udire dal cielo, sia dalle Sue opere di potenza manifestate nel
Suo ministerio terreno.
Mentre si avvicinava per l’ultima volta a
Gerusalemme, contemplandola, poteva dire piangendo: “oh se tu sapessi, almeno
oggi, ciò che occorre per la tua pace! ma ora è nascosto ai tuoi occhi” (Luca
19:42).
Nessuno più del Signore dovette
affrontare l’incomprensione e le false accuse degli uomini, ma questo non
arrestò il suo cammino che Lo portò fino alla croce per amor nostro.
Tutti questi esempi, tratti dalla Parola
di Dio, ci insegnano che il mondo, ma anche i nostri fratelli, potrebbero, in
alcune circostanze, non comprendere il nostro modo di comportarci. Ci sia,
allora, di esempio il comportamento di questi personaggi. Saper rimettere tutto
nelle mani di Dio, saper attendere che altre porte si aprano, aspettare
pazientemente che i nostri diritti ci siano riconosciuti senza avere la pretesa
che lo siano subito, è un esercizio del cuore ed un atteggiamento d’umiltà,
che, fin troppo spesso, non abbiamo.