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sabato 5 aprile 2014

Il problema dell'incomprensione

Spesso capita che le nostre azioni siano mal comprese dai nostri fratelli. Possiamo aver fatto la cosa giusta davanti al Signore, ma gli altri giudicano i motivi che ci hanno spinto a tali azioni e tendono ad allontanarsi da noi. La nostra tendenza naturale ci porterebbe a giustificarci, ma sarebbe meglio metterci in preghiera davanti a Dio e lasciare l’esito nelle Sue mani.

La Parola ha molti esempi di uomini di Dio che sono stati mal compresi da coloro che li circondavano. Vediamone alcuni.

Giuseppe, benché amato in modo particolare dal padre, è odiato dai fratelli la cui gelosia è tale da portarli a sbarazzarsi di lui. Prima è calato in un pozzo, poi venduto come schiavo e dato per morto al padre.
Come schiavo viene, prima apprezzato e stimato da Potifar per la sua fedeltà, ma basta una falsa accusa, perché finisca nuovamente in prigione. Certamente nessuno avrebbe potuto comprendere i reali motivi del rifiuto opposto alla moglie di Potifar che lo avrebbe portato a  commettere un peccato così grave.

Mosè è stato un altro uomo di Dio che fu mal compreso. Con un  ardente desiderio di essere il liberatore del popolo d’Israele uccide un Egiziano che faceva un torto ad un Israelita. Il giorno seguente rimproverò due Israeliti che litigavano fra loro, ma la risposta che ricevette sicuramente lo ferì. “Egli pensava che i suoi fratelli avrebbero capito che Dio voleva salvarli per mano di lui; ma essi non compresero” (Atti 7:25).

Anche Anna, la madre di Samuele, fu mal compresa. Benché suo marito l’ami certo non comprende fino in fondo il suo dolore per la mancata maternità. Saggiamente Anna si rivolge a Dio in preghiera, ma ancora una volta non viene capita. Eli, il sommo sacerdote, scambia il suo stato di dolore ed i movimenti della sua bocca per ebbrezza. Al rimprovero di Eli, Anna risponde con una grazia degna di nota e che deve esserci di esempio.

Ancora un esempio dal Vecchio Testamento: Davide.
Ancora giovane pastorello fu mandato dal padre, con dei viveri per i fratelli sul campo di battaglia. Sentendo le parole di Goliat chiese spiegazioni, ma il fratello maggiore, Eliab, gli rispose pieno di collera: “perché sei sceso qua? A chi hai lasciato quelle poche pecore nel deserto? Io conosco il tuo orgoglio e la malignità del tuo cuore; tu sei sceso qua per vedere la battaglia” (1 Samuele 27:28). Eliab era ben lontano dall’immaginare che Davide stesso avrebbe sfidato il gigante e che lo avrebbe vinto riportando una grande vittoria.

Ma il supremo esempio si trova certamente nel Signore Gesù, che, agli occhi dei Giudei del suo tempo, era il figlio del falegname tuttavia dichiarato Figlio di Dio con potenza sia dalla voce del Padre che si fa udire dal cielo, sia dalle Sue opere di potenza manifestate nel Suo ministerio terreno.
Mentre si avvicinava per l’ultima volta a Gerusalemme, contemplandola, poteva dire piangendo: “oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò che occorre per la tua pace! ma ora è nascosto ai tuoi occhi” (Luca 19:42).
Nessuno più del Signore dovette affrontare l’incomprensione e le false accuse degli uomini, ma questo non arrestò il suo cammino che Lo portò fino alla croce per amor nostro.


Tutti questi esempi, tratti dalla Parola di Dio, ci insegnano che il mondo, ma anche i nostri fratelli, potrebbero, in alcune circostanze, non comprendere il nostro modo di comportarci. Ci sia, allora, di esempio il comportamento di questi personaggi. Saper rimettere tutto nelle mani di Dio, saper attendere che altre porte si aprano, aspettare pazientemente che i nostri diritti ci siano riconosciuti senza avere la pretesa che lo siano subito, è un esercizio del cuore ed un atteggiamento d’umiltà, che, fin troppo spesso, non abbiamo.