(Abraamo) fu fortificato nella fede e
diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli ha promesso, è anche in
grado di compierlo.
Romani
4:20, 21
La lode
“Lodate l’Eterno, perché è cosa
buona salmeggiare al nostro Dio” (Salmo 147:1). La lode è l’espressione
naturale di un cuore riconoscente, dopo la sua liberazione: “Invocami nel
giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai” (Salmo 50:15). Per
il credente la lode non dovrebbe dipendere né dalle circostanze né
dall’ambiente in cui si trova, perché si eleva più in alto e si rivolge a Dio
prima ancora di aver ricevuto eventuali risposte a una preghiera. È come un
canto di vittoria per celebrare ciò che Dio è, ciò che ha fatto, ed anche ciò
che farà.
È così che, nella prigione di
Filippi, Paolo e Sila “cantavano inni a Dio” (Atti 16:25). Cantavano perché
sentivano la Sua presenza. Non sapevano che i muri della prigione stavano per
essere scrollati dal terremoto, le porte stavano per aprirsi e i ceppi per
cadere dai loro piedi. Essi rendevano grazie anche in quella penosa situazione.
Pensiamo a Giosafat, uno dei re
di Giuda. Incalzato da ogni parte dal nemico, gridò all’Eterno dicendo: “Non
sappiamo che fare, ma gli occhi nostri sono su di te”. E l’Eterno gli risponde:
“Non temete e non vi sgomentate a causa di questa gran moltitudine…
Presentatevi, tenetevi fermi e vedrete la liberazione che l’Eterno vi darà”. “Giosafat…,
e tutto Giuda e gli abitanti di Gerusalemme si prostrarono davanti all’Eterno e
l’adorarono. I Leviti… si alzarono per lodare a gran voce l’Eterno… Appena
cominciarono i canti di gioia e di lode… i figli di Ammon e di Moab… rimasero
sconfitti” (2 Cronache 20:18-22). La fede, faceva affidamento su Dio, e lo ringraziava
in anticipo sapendo che non delude mai le aspettative dei suoi. “Io benedirò
l’Eterno in ogni tempo; la sua lode sarà sempre nella mia bocca” (Salmo 34:1).