Da piccolo vivevo con la mia famiglia e i miei nonni, in periferia. La casa era situata a ridosso di campi coltivati e aveva un orto dove mia nonna teneva animali da cortile. Avevamo soprattutto galline e piccioni e ricordo il tempo che, piacevolmente trascorrevo giocando con loro. In quegli anni avevo notato, senza comprenderlo, un “ordine” che vige sia fra gli animali che fra gli uomini. Ci sono voluti dei naturalisti norvegesi e i loro studi che coniando questa espressione “ordine di beccata”, ne hanno dato anche il senso, perché esiste un ordine gerarchico perfino nell'aia.
L'uccello alfa si porrà sempre al centro della zona di beccata scegliendosi il posto migliore, mentre l'uccello omega si dovrà porre ai confini. Il resto dei polli starà da qualche parte fra questi due estremi.
Anche tu lo conosci. Sei consapevole del sistema. Gli ordini di beccata fanno parte della tua vita. E fino ad un certo punto è giusto che sia così. Abbiamo bisogno di sapere chi sia il responsabile. La scala gerarchica può aiutarci a chiarire qual é il nostro ruolo. Il problema dell'ordine di beccata non è l'ordine. Il problema è la beccata, perché, se va bene, a te rimarranno solo le briciole.
Chiedilo all'ultimo della classe o chi fa parte di qualche minoranza.
Come può dirtelo il nuovo arrivato alla catena di montaggio o l'inserviente il cui nome nessuno è interessato a conoscere...
Ricordo anche un piccolo pulcino giallo e nero che se ne stava solo, in disparte, con gli occhietti chiusi e l'aria assopita e che all'improvviso fu assalito a colpi di becco dalle galline più vicine. Io intervenni inorridito sottraendo il piccolo a quell'assalto. La sera, mia nonna mi disse che probabilmente, il piccolo, era malato. Evidentemente esisteva una specie di selezione che escludeva i deboli.
Ma questa è una mentalità in uso in un aia e forse anche fra gli uomini ma non nella Chiesa di Dio.
Il Signore rimproverò aspramente tutti coloro che inseguivano i “primi posti”.
“Tutte le loro opere le fanno per essere osservati dagli uomini; difatti allargano le lor filatterie ed allungano le frange de' mantelli; ed amano i primi posti ne conviti e i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze e d'esser chiamati dalla gente: «Maestro! Ma voi non vi fate chiamar «Maestro»; perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli” Matteo 23:5-8.
Il Signore non lo tollera ed è facile capire il perché.
Come posso amare gli altri se i miei occhi sono puntati solo su di me?
Come posso indicare Dio se il mio cuore è ricolmo di altro?
E, peggio ancora, come può qualcuno vedere Dio se continuo ad aprire a ventaglio la mia coda di piume?
Fra i credenti non c'è spazio per “l'ordine di beccata”. L'ordinamento gerarchico stabilito dagli uomini non esiste perché abbiamo un solo Maestro. Esiste all'interno della chiesa un cambiamento di direzione che va giù, non su, “ciascun di voi, con umiltà, stimando altrui da più di se stesso” Filippesi 2:3.
E l'esempio che il Signore ha dato non lascia dubbi: scambiò l'adorazione degli angeli con la piccolezza e l'insufficienza degli uomini; poteva tenere l'universo in un palmo ma ci rinunciò per essere chiamato il figlio del falegname.
Se tu fossi Dio, avresti scelto di vivere fra chi ti rifiuta?
Se sapessi che coloro che hai amato ti deriderebbero te ne preoccuperesti ancora?
Il Signore lo fece. Egli umiliò se stesso. Passò da dettare ordini agli angeli a fasciare le ferite degli uomini. Dal vivere nell'ordine cosmico al camminare far il disordine umano. Il palmo della mano che teneva l'universo, accolse il chiodo di un soldato.
Perché? Perché è ciò che fa l'amore di Dio. Perché il tuo posto in cielo era più importante dell'adorazione degli angeli. Ogni giorno segue i nostri passi. Ogni domenica mattina ci invita alla sua mensa. Ogni momento dimora nel nostro cuore. E se Dio è così disposto a seguirci e prendersi cura di noi, non possiamo noi fare lo stesso per gli altri?