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domenica 9 marzo 2025

09 marzo - Saper dire di no

Figlio mio, se i peccatori ti vogliono sviare, non dar loro retta.

Proverbi 1:10

 

Fuggi le passioni giovanili e ricerca la giustizia, la fede, l’amore, la pace.

2 Timoteo 2:22

 

Saper dire di no

 

È difficile dire di no, soprattutto ad alta voce, opponendosi al pensiero della maggioranza. È difficile essere anticonformisti, andare contro corrente.

La Bibbia racconta di alcuni che hanno saputo dire di no. Un “no” che ha cambiato la loro vita e aperto un nuovo percorso. Mosè aveva un futuro ben delineato, era considerato il nipote del faraone che regnava sull’Egitto, aveva potere e ricchezze; eppure, “rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio, che godere per breve tempo i piaceri del peccato” (Ebrei 11:24-25).

Anche a te, lettore, potrebbero venire proposte delle attività a cui non dovresti partecipare, delle situazioni non chiare dalle quali non ne usciresti bene, delle scelte pericolose. Impara a dire “no” anche se gli altri ti scherniscono per i tuoi scrupoli e ti trovano ridicolo. Sappi dire “no” quando vogliono cambiare il senso delle dichiarazioni divine e seminare il dubbio nel tuo cuore riguardo alla Parola di Dio, alle sue verità, alle sue promesse. Di’ “no” quando il diavolo vuole trascinarti nel peccato, e vuole farti credere che puoi tranquillamente commetterlo, che nessuno lo verrà a sapere e che non ci saranno conseguenze negative.

Di’ “no” se vogliono trascinarti in ambienti in cui il tuo Salvatore non potrebbe seguirti. Rifiutati di ascoltare calunnie o maldicenze.

Ma non essere mai presuntuoso o altero quando dici questo “no”. Dillo con semplicità ma con chiarezza, con umiltà ma con cuore risoluto.

sabato 8 marzo 2025

Una preghiera di Daniele (1)

Una preghiera di Daniele 

(Daniele capitolo 9)


Il libro di Daniele contiene, oltre a profezie straordinarie, anche molte istruzioni pratiche per la nostra vita cristiana. Daniele, giovane israelita della famiglia reale, era stato condotto prigioniero a Babilonia. Nonostante le influenze pagane da cui era circondato era rimasto fedele al suo Dio. Un aspetto caratteristico della sua vita è la preghiera. Ricordiamo, ad esempio, l’episodio del cap. 2 in cui, con i suoi compagni, si trova in una situazione di estremo pericolo, e quello del cap. 6 in cui lo vediamo continuare a pregare nonostante il divieto formale del re.

Il cap. 9 ci riporta nel dettaglio una preghiera particolarmente istruttiva. I primi versetti indicano l’occasione che hanno condotto Daniele a quel momento: nel libro del profeta Geremia ha letto un passo che riguardava in modo preciso il tempo che stava vivendo: “Io, Daniele, meditando sui libri, vidi che il numero degli anni di cui il Signore aveva parlato al profeta Geremia, e durante i quali Gerusalemme doveva essere in rovina, era di settant’anni” (v. 2). Ciò lo spinge a cercare il suo Dio per mezzo della preghiera. I v. da 4 a 19 riportano le sue parole: è una confessione a Dio per la colpa e le mancanze del popolo.

Daniele, come pure Esdra e Neemia, si identifica col peccato di Israele (v. 4-6) e accetta e riconosce come giusta l’azione severa di Dio verso il popolo. Egli sa che Dio deve agire con giustizia, secondo quanto il popolo ha meritato: “A te, o Signore, la giustizia; a noi la confusione della faccia… perché abbiamo peccato contro di te” (v. 7-8). Ma fa anche appello alla compassione e alla grazia divine, confidando nel fatto che Dio avrebbe agito, nella Sua misericordia: “O mio Dio… apri gli occhi e guarda le nostre desolazioni… Non ti supplichiamo fondandoci sulla nostra giustizia, ma sulla tua grande misericordia… agisci senza indugio per amore di te stesso, o mio Dio” (v. 16-19).

Dal v. 20 troviamo la risposta che Dio dà a quella preghiera. La comunicazione divina contiene tra l’altro un’importante rivelazione riguardante le “settanta settimane” di anni (v. 25-27),  una profezia molto estesa che arriva fino alla reiezione del Messia e si spinge poi ben oltre, fino al periodo dei terribili giudizi di Dio che Apocalisse descrive in dettaglio. Varrebbe la pena approfondire la risposta data da Dio, ma non è il nostro scopo.

La sua preghiera è per noi uno splendido esempio, con dei dettagli molto istruttivi per la nostra vita di preghiera. Ci soffermeremo su sei punti.

L’atteggiamento giusto

Nel v. 3, vediamo Daniele volgere lo sguardo a Dio con lo scopo di disporsi “alla preghiera e alle suppliche, con digiuno, con sacco e cenere”. Da questo modo di porsi possiamo capire il suo atteggiamento interiore.

– Si rivolge a Dio per parlargli.

– Lo supplica. La sua preghiera è pressante.

– Prega e digiuna, cioè si concentra sulla preghiera e, per un momento, mette tutto il resto da parte.

– Si copre di un sacco o vi si sdraia sopra (cfr. Isaia 58:5; Geremia 6:26, ecc.). Si avvicina a Dio nella tristezza e nella confusione per il fallimento del suo popolo.

– Si siede nella cenere, riconoscendo così la propria nullità.

Questo atteggiamento ci parla. Non tutte le preghiere hanno queste caratteristiche, è chiaro, ma a volte non abbiamo forse delle buone ragioni per rivolgerci a Dio nella medesima maniera?


Il timore di Dio

Daniele non riconosce solo la sua piccolezza, ma anche la grandezza di Dio. Gli si rivolge come al “Signore, Dio grande e tremendo” (v. 4). Prega con un profondo rispetto, cosciente della giustizia e della santità di Dio.

Oggi noi conosciamo Dio come Padre, cosa che non valeva per Daniele. Possiamo avere una piena fiducia in Lui, visto che siamo Suoi figli, ma questa relazione nulla toglie al fatto che Egli sia un Dio santo e giusto.

La Lettera agli Ebrei ci ricorda il versetto di Deuteronomio: “Il nostro Dio è anche un fuoco consumante” (Ebrei 12:29). Non dobbiamo avere paura davanti a Dio, ma il timore è un atteggiamento appropriato perché implica rispetto e sottomissione. Non dimentichiamocelo quando ci rivolgiamo a Lui.

(segue)

08 marzo - L’unico vero amore

Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia.

Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli (Cristo) ha dato la Sua vita per noi.

Se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo fiducia davanti a Dio.

1 Giovanni 3:13, 16, 21

 

L’unico vero amore

(leggere 1 Giovanni 3:13-22)

 

L’odio del mondo verso i credenti non ci deve stupire (v. 13); ci dobbiamo piuttosto preoccupare quando quelli che sono nemici giurati del Signore si dichiarano nostri amici. Quanto all’amore, nella maggior parte dei casi si tratta di contraffazioni perché i moventi sono raramente puri e disinteressati. Il solo vero amore è l’amore di Dio, perché trova la sorgente in Lui stesso e non in colui che ne è l’oggetto. È di questo amore che noi dobbiamo lasciarci amare, ed è la croce di Cristo il luogo dove impariamo a conoscere quanto sia infinito questo amore divino.

I versetti da 19 a 22 di questo capitolo 3 sottolineano la necessità di una buona coscienza da parte nostra, di un cuore che non ci condanni. Se pratichiamo ciò che è gradito al Signore, Egli potrà esaudire le nostre preghiere. “Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto” (Giovanni 15:7).

Dei genitori onorati dalla condotta del loro figlio gli accorderanno volentieri le cose che chiede. “Rimanere in Lui” (1 Giovanni 2:6) cioè in Cristo corrisponde all’ubbidienza; “Egli in noi” (1 Giovanni 4:13) è la comunione che ne risulta.

Se immergiamo nel mare un vaso aperto, il suo interno sarà subito bagnato e riempito di acqua. Che anche i nostri cuori siano ripieni dell’amore di Cristo!


venerdì 7 marzo 2025

Eutico (Atti 20:6-12)

L’apostolo Paolo è impegnato in quello che sarà il suo ultimo viaggio missionario. Ha fretta di arrivare a Gerusalemme per il giorno della Pentecoste; decide di “oltrepassare Efeso, per non perder tempo in Asia” (Atti 20:16). Resta, tuttavia, per un’intera settimana a Troas, la città che aveva lasciato a malincuore alcuni anni prima (2 Corinzi 2:12).

Paolo era contento per la compagnia e la comunione fraterna dei servitori del Signore che viaggiavano con lui; erano almeno in sette e anche Luca stava per arrivare. Vogliono approfittare dell’occasione per rompere il pane in quell’assemblea, così aspettano la domenica e ripartono il lunedì.

Vediamo che i discepoli avevano già la bella abitudine di riunirsi, proprio in quel giorno, intorno al Signore, per rispondere al desiderio che Egli aveva espresso la notte in cui era stato tradito (Giovanni 20:19,26). E’ il primo giorno della settimana, che ricorda ai riscattati la risurrezione gloriosa di Colui che aveva sacrificato la vita per loro. Che valore ha per noi il ricordo della morte del Signore? Ne ha molto, oppure siamo negligenti e diamo la priorità ad altre cose?

In quest’occasione particolare, tutti possono approfittare del ministero di Paolo, questo “strumento scelto” (Atti 9:15) al quale Dio aveva rivelato le verità riguardanti la Chiesa, le sue benedizioni celesti e il suo avvenire glorioso.

Nella stanza, al terzo piano, nella quale si erano riuniti i credenti, l’apostolo Paolo continua a parlare fino a mezzanotte; sono, per così dire, lontani dal mondo e assaporano una comunione preziosa, sotto la sola autorità del Signore.

La Scrittura sottolinea che c’erano molte lampade, in evidente contrasto con l’oscurità circostante. Ogni credente è chiamato a far risplendere la luce intorno a sé (Efesini 5:8; Filippesi 2:15), ma anche la Parola (in questo caso l’insegnamento apostolico) fa brillare la sua viva luce (Salmo 119:105), e lo Spirito Santo, che vive nella Chiesa e in ogni credente, illumina la Scrittura e ci aiuta a comprendere il pensiero di Dio (1 Corinzi 2:10). Il mondo è avvolto in dense tenebre morali, ma i riscattati godono del privilegio di vivere nella luce della vita (Giovanni 8:12).

Che benedizione immensa per quei fratelli! Paolo non si tira indietro dall’annunciare tutto il consiglio di Dio (Atti 20:27). Ben volentieri si sacrifica, e si sacrificherà interamente per le anime (2 Corinzi 12:15). Non si riposa mai ma, come raccomanda a Timoteo, il suo amatissimo figlio, predica la Parola, insiste in ogni occasione favorevole o sfavorevole, convince, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza (2 Timoteo 4:2).

Tuttavia, né la sua presenza né gl’insegnamenti, pur elevati, né la gran luce che illumina la sala impediscono che qualcuno sia sopraffatto dal sonno. La Parola non chiarisce la ragione del sonno di Eutico: forse era per il prolungarsi del discorso di Paolo o per il calore delle lampade o per la fatica del giorno… Probabilmente era un po’ tutto questo. Potevano esserci anche dei motivi di ordine morale; e se il caso è questo, è un avvertimento che dobbiamo cogliere riguardo al sonno spirituale ed alle sue conseguenze. Eutico significa “arricchito” o “felice”, e noi lo siamo, se apparteniamo a Cristo, perché le Sue ricchezze insondabili sono nostre. Ricordiamoci, tuttavia, che la conoscenza non deve mai farci diventare presuntuosi.

Questo giovane era seduto sulla finestra: un posto pericoloso, perché la sala si trovava al terzo piano. Qualcuno non avrebbe forse dovuto esortarlo a mettersi al sicuro, per paura che cadesse? (1 Corinzi 12:25). Come ci comportiamo noi se vediamo un fratello o una sorella, per i quali Cristo è morto (Romani 14:15, 1 Corinzi 8,11), mettersi in una situazione pericolosa? L’egoismo e la ricerca dei nostri interessi personali spesso prevalgono. Se si nota in qualcuno un segnale di indebolimento spirituale è il momento di informarsi, con amore, del suo stato (3 Giovanni 2). Se qualcuno non frequenta più regolarmente le riunioni, ad esempio, presto in lui si indebolirà anche l’affetto per Cristo, o addirittura si manifesterà dell’incredulità (Giovanni 20:25). Non restiamo indifferenti verso i nostri fratelli ma, per mezzo dell’amore, veniamoci in aiuto, l’uno all’altro (Galati 5:13).

Seduti sulla finestra, non siamo né ”dentro” né “fuori”. Ci sono tante cose nel mondo che attirano i nostri sguardi e raffreddano il nostro amore per Cristo! Un cuore distratto è un flagello per il cristiano. Se davanti ai nostri occhi non abbiamo unicamente il Signore, la benedizione non sarà piena (Geremia 5:24-25). Occorre avere molta fiducia in sé per avventurarsi in un luogo pericoloso; ma fidarsi delle nostre forze è un grave errore. Pietro era già in pericolo quando diceva al Signore: “Quand’anche tutti fossero scandalizzati, io non lo sarò” (Marco 14:29).

Tutti avevano probabilmente sentito parlare dell’arrivo di Paolo; tutti erano d’accordo nel trovare “le sue lettere severe e forti”. E’ forse per questo che Eutico aveva deciso di essere presente quella sera. Quando decidiamo di andare ad ascoltare un fratello, non pensiamo alla sua abilità di oratore, non  facciamoci attirare dalla novità o dallo stile particolare di qualcuno che “sa suonare bene” (Ezechiele 33:32). Se questo è il nostro scopo e se sono queste le nostre aspettative, non ci si deve sorprendere se qualche volta la presenza fisica di chi parla ci sembra “debole e la sua parola cosa da nulla” (2 Corinzi 10:10), come qualcuno diceva di Paolo.

Troppo in fretta dichiariamo che una riunione è stata noiosa, che non ha edificato… La causa non sarà piuttosto nel nostro stato spirituale? Dio, infatti, si propone sempre di parlare alla nostra coscienza e al nostro cuore. Per noi è davvero un danno non riunirsi intorno al Signore, se non alla domenica mattina e in qualche occasione speciale. Cantiamo volentieri che la Sua presenza è il bene supremo, ma purtroppo alcuni la ricercano poco. La preghiera in assemblea, la lettura e la meditazione della Parola hanno tutte il loro valore, se si svolgono nell’amore per il Signore e avendo Lui come unico centro.

Il discorso di Paolo viene all’improvviso interrotto da un grave incidente: Eutico precipita dal terzo piano! Quelli che stanno fuori ne sono testimoni, quelli che sono dentro restano sconvolti. Il ragazzo era come morto. Il “sonno spirituale” può farci cadere molto in basso. “Dormire un po’, sonnecchiare un po’, incrociare un po’ le mani per riposare… e la tua povertà verrà come un ladro e la tua miseria, come un uomo armato” (Proverbi 24:33). La caduta di Eutico non è avvenuta inaspettatamente. C’erano dei segni d’avvertimento: era stato colto, è ripetuto due volte, da un sonno profondo (Atti 20:9; 1 Tessalonicesi 5:6). L’insegnamento dell’apostolo Paolo richiedeva certamente un’attenzione costante, perché conteneva delle cose difficili da comprendere (2 Pietro 3:15-16). Ma Eutico si stanca e alla fine cade in basso; potremmo dire, in modo figurato, al livello del mondo.

Tralasciando un momento il caso di Eutico e le applicazioni che se ne possono trarre, possiamo dire che un credente non cade mai all’improvviso; forse quelli che lo conoscono sono sorpresi e si chiedono: “Com’è possibile?”. Eppure, se potessimo vedere ciò che Dio vede (Geremia 17:9-10) capiremmo le ragioni di certi crolli morali. Il male lavora in segreto (Giobbe 20:12-13); il vigore spirituale, frutto di una vera comunione con Dio, a poco a poco può inaridirsi “come per arsura d’estate” (Salmo 32:4).

Ricordiamo l’esempio di Davide. Già era un errore il fatto che avesse molte mogli (Deuteronomio 17:17), ma un giorno, oltre alla sua passione con poco controllo, si aggiunge l’ozio. Invece di andare in guerra, egli se ne resta a Gerusalemme, e una sera dalla terrazza vede Bat-Seba e ne è attratto. Sa che è la moglie di Uria l’Ittita, tuttavia commette adulterio con lei. Da quel momento, poiché i peccati vanno spesso in sequenza, quel re, noto per la sua pietà, arriverà all’omicidio del suo fedele servitore, nel vano tentativo di nascondere il suo peccato.

Non dimentichiamo mai che la carne è malvagia, in un credente come in un incredulo; dev’essere tenuta nella morte, là dove l’ha posta la croce di Cristo.

Più un uomo cammina con Dio nella consapevolezza della Sua grazia, più è portato a prendersi cura degli altri nelle loro debolezze.

Tornando al racconto di Atti 20, vediamo qui Paolo che scende subito, si china su Eutico e l’abbraccia (Atti 20:10). Abbiamo anche noi la stessa sollecitudine per le anime che, vicino a noi, hanno bisogno di cure?

Un minuto dopo, Paolo può rassicurare i discepoli: “Non vi turbate, perché è ancora in vita.” La tristezza legata all’imminente partenza dell’apostolo non sarà accresciuta dalla morte di quel ragazzo; anzi, la gioia riempie i cuori di tutti e, fino all’alba, Paolo prosegue nel suo insegnamento.

Non trascuriamo nessun aspetto degl’insegnamenti di Paolo: quello che mette in evidenza la rovina completa dell’uomo e le risorse di Dio: la croce di Cristo nei suoi diversi aspetti, la venuta del Signore per prendere i Suoi, i Suoi giudizi e poi il Suo regno glorioso. Saremo così fortificati, impareremo ad “apprezzare le cose migliori” per essere “limpidi e irreprensibili per il giorno di Cristo” (Filippesi 1:10).

07 marzo - Solo la verità

... la speranza che vi è riservata nei cieli, della quale avete già sentito parlare mediante la predicazione della verità del Vangelo.

Colossesi 1:5

 

Noi non abbiamo ceduto... affinché la verità del Vangelo rimanesse salda tra di voi.

Galati 2:5

 

Solo la verità

 

Guardando un telegiornale, ho visto una scena piuttosto consueta specialmente negli Stati Uniti. Una donna stava in piedi davanti al giudice e ai giurati, e con la mano sulla Bibbia e l’altra alzata faceva un giuramento: “Giuro di dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità”. Era una testimone. Il suo compito non era di gonfiare o diluire la verità. Era di dire la verità.

Anche noi cristiani siamo dei testimoni, e come i testimoni in tribunale siamo chiamati a dire la verità. Il mondo che ci osserva è la giuria e noi siamo i testimoni principali. A darci questo ruolo è stato il Signore stesso: “Mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, in Samaria, e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8). Così siamo chiamati a dire ciò che abbiamo visto e udito. E dev’essere tutto vero. Non abbiamo il diritto di abbellire o di stravolgere la verità. Abbiamo il compito di proclamarla.

C’è tuttavia una differenza tra un testimone in tribunale e il testimone di Cristo. Il testimone in tribunale a un certo punto scende dalla sua postazione di testimone e se ne va, mentre il testimone di Cristo resta sempre al suo posto. Questo perché, in un certo senso, in questo mondo incredulo, le verità del Vangelo sono continuamente “sotto processo”, la corte è sempre riunita, e noi restiamo sotto giuramento per tutta la vita.

giovedì 6 marzo 2025

Il vestito

Parliamo dello strano vestito che ho posseduto e indossato per anni. Mi consideravo vestito bene, distinto, elegante nel mio bel completo ed ero convinto che anche gli altri mi vedessero così. I pantaloni erano ritagliati dalla stoffa delle mie buone opere e ne andavo fiero. Molte persone si complimentavano con me, in fondo ero educato e di buona famiglia. Confesso, avevo la tendenza a tirarli un po' su in pubblico, così che le persone li notassero.

La giacca era ugualmente bella, era intessuta con le mie convinzioni e intrecciata con le mie opinioni personali. La sfoggiavo in pubblico, l'avevo creata con le mie mani. La indossavo con orgoglio. Per completare l'abbigliamento avevo un bel paio di scarpe con le quali camminare. Io conoscevo la direzione da seguire, la strada da percorrere e non avevo bisogno di alcuna indicazione.

Poi l'incontro con la Parola di Dio ed è stato quello il momento in cui il mio guardaroba a iniziato a risentirne. La stoffa dei miei pantaloni si assottigliò. Le mie opere buone iniziarono a scucirsi e notai che le pieghe della stoffa non erano più diritte e impeccabili. Che stava succedendo? Era un buco nella mia giacca delle convinzioni- Le maniche erano lise e in poco tempo il vestito era consumato. Provai a ricucirlo ma la stoffa non poteva più reggere. I passi si fecero incerti, non ero più sicuro, le scarpe mi facevano male. Stavo veramente camminando sulla strada giusta? Era quella la direzione?

Il bel vestito si rovinò completamente e mi resi conto di essere nudo, insicuro, indegno e impresentabile. Per fortuna Dio intervenne. Aveva in serbo qualcosa per me, aveva preparato una veste straordinaria intessuta dalla sua bontà, dal suo amore per me. Le sue parole erano stupefacenti  “vi siete rivestiti di Cristo” Galati 3:27. 

Ho idea che qualcuno di voi sappia bene di che cosa stia parlando. Voi stessi indossate un guardaroba fatto da voi. Avete cucito il vostro abito e sfoggiate le vostre opere religiose forse avete già notato uno strappo nel tessuto. Non è un abito capace di coprirvi, non dinanzi agli occhi di Dio.  “E non v'è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto” Ebrei 4:13.

06 marzo - 7. “Beati quelli che si adoperano per la pace”

Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Matteo 5:9

 

Il frutto della giustizia si semina nella pace per coloro che si adoperano per la pace.

Giacomo 3:18

 

7. “Beati quelli che si adoperano per la pace”

 

Quando Gesù si presentò ai discepoli, il giorno della risurrezione, disse: “Pace a voi”. Era il saluto abituale a quell’epoca, ma nella bocca del Signore Gesù era ben più di un semplice augurio. Era una realtà, perché Egli è “il Signore della pace” (2 Tessalonicesi 3:16). È Lui che ha “fatto la pace, mediante il sangue della Sua croce” (Colossesi 1:20). Questa “pace con Dio”, che il Signore Gesù ha fatto, è all’origine della pace interiore promessa a quelli che credono in Lui. Essa presenta due aspetti: la pace della coscienza, cioè la certezza di essere perdonati, e la pace del cuore, quel sentimento di fiducia in Dio che si occupa dei Suoi nel loro percorso terreno. Questa pace, sperimentata personalmente, è ben di più dell’assenza di conflitti perché implica riconciliazione e armonia.

Beati quelli che si adoperano per la pace...” Questa felicità riguarda le nostre varie relazioni, in famiglia e nella società. Ciò che permette che la pace permanga fra i credenti non è l’assenza di problemi, ma la capacità di affrontarli e di risolverli nel sentimento della grazia del Signore.

Non possiamo trovare una pace durevole senza giustizia. “Il frutto della giustizia si semina nella pace per quelli che si adoperano per la pace” (Giacomo 3:18). La giustizia senza la pace schiaccia, la pace senza la giustizia soffoca.

Amici cristiani, è cercando di vivere questa pace e questa giustizia che saremo realmente dei “fautori” di pace. 

(il seguito il prossimo giovedì)