L’apostolo Paolo è impegnato in quello che sarà il suo ultimo viaggio missionario. Ha fretta di arrivare a Gerusalemme per il giorno della Pentecoste; decide di “oltrepassare Efeso, per non perder tempo in Asia” (Atti 20:16). Resta, tuttavia, per un’intera settimana a Troas, la città che aveva lasciato a malincuore alcuni anni prima (2 Corinzi 2:12).
Paolo era contento per la compagnia e la comunione fraterna dei servitori del Signore che viaggiavano con lui; erano almeno in sette e anche Luca stava per arrivare. Vogliono approfittare dell’occasione per rompere il pane in quell’assemblea, così aspettano la domenica e ripartono il lunedì.
Vediamo che i discepoli avevano già la bella abitudine di riunirsi, proprio in quel giorno, intorno al Signore, per rispondere al desiderio che Egli aveva espresso la notte in cui era stato tradito (Giovanni 20:19,26). E’ il primo giorno della settimana, che ricorda ai riscattati la risurrezione gloriosa di Colui che aveva sacrificato la vita per loro. Che valore ha per noi il ricordo della morte del Signore? Ne ha molto, oppure siamo negligenti e diamo la priorità ad altre cose?
In quest’occasione particolare, tutti possono approfittare del ministero di Paolo, questo “strumento scelto” (Atti 9:15) al quale Dio aveva rivelato le verità riguardanti la Chiesa, le sue benedizioni celesti e il suo avvenire glorioso.
Nella stanza, al terzo piano, nella quale si erano riuniti i credenti, l’apostolo Paolo continua a parlare fino a mezzanotte; sono, per così dire, lontani dal mondo e assaporano una comunione preziosa, sotto la sola autorità del Signore.
La Scrittura sottolinea che c’erano molte lampade, in evidente contrasto con l’oscurità circostante. Ogni credente è chiamato a far risplendere la luce intorno a sé (Efesini 5:8; Filippesi 2:15), ma anche la Parola (in questo caso l’insegnamento apostolico) fa brillare la sua viva luce (Salmo 119:105), e lo Spirito Santo, che vive nella Chiesa e in ogni credente, illumina la Scrittura e ci aiuta a comprendere il pensiero di Dio (1 Corinzi 2:10). Il mondo è avvolto in dense tenebre morali, ma i riscattati godono del privilegio di vivere nella luce della vita (Giovanni 8:12).
Che benedizione immensa per quei fratelli! Paolo non si tira indietro dall’annunciare tutto il consiglio di Dio (Atti 20:27). Ben volentieri si sacrifica, e si sacrificherà interamente per le anime (2 Corinzi 12:15). Non si riposa mai ma, come raccomanda a Timoteo, il suo amatissimo figlio, predica la Parola, insiste in ogni occasione favorevole o sfavorevole, convince, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza (2 Timoteo 4:2).
Tuttavia, né la sua presenza né gl’insegnamenti, pur elevati, né la gran luce che illumina la sala impediscono che qualcuno sia sopraffatto dal sonno. La Parola non chiarisce la ragione del sonno di Eutico: forse era per il prolungarsi del discorso di Paolo o per il calore delle lampade o per la fatica del giorno… Probabilmente era un po’ tutto questo. Potevano esserci anche dei motivi di ordine morale; e se il caso è questo, è un avvertimento che dobbiamo cogliere riguardo al sonno spirituale ed alle sue conseguenze. Eutico significa “arricchito” o “felice”, e noi lo siamo, se apparteniamo a Cristo, perché le Sue ricchezze insondabili sono nostre. Ricordiamoci, tuttavia, che la conoscenza non deve mai farci diventare presuntuosi.
Questo giovane era seduto sulla finestra: un posto pericoloso, perché la sala si trovava al terzo piano. Qualcuno non avrebbe forse dovuto esortarlo a mettersi al sicuro, per paura che cadesse? (1 Corinzi 12:25). Come ci comportiamo noi se vediamo un fratello o una sorella, per i quali Cristo è morto (Romani 14:15, 1 Corinzi 8,11), mettersi in una situazione pericolosa? L’egoismo e la ricerca dei nostri interessi personali spesso prevalgono. Se si nota in qualcuno un segnale di indebolimento spirituale è il momento di informarsi, con amore, del suo stato (3 Giovanni 2). Se qualcuno non frequenta più regolarmente le riunioni, ad esempio, presto in lui si indebolirà anche l’affetto per Cristo, o addirittura si manifesterà dell’incredulità (Giovanni 20:25). Non restiamo indifferenti verso i nostri fratelli ma, per mezzo dell’amore, veniamoci in aiuto, l’uno all’altro (Galati 5:13).
Seduti sulla finestra, non siamo né ”dentro” né “fuori”. Ci sono tante cose nel mondo che attirano i nostri sguardi e raffreddano il nostro amore per Cristo! Un cuore distratto è un flagello per il cristiano. Se davanti ai nostri occhi non abbiamo unicamente il Signore, la benedizione non sarà piena (Geremia 5:24-25). Occorre avere molta fiducia in sé per avventurarsi in un luogo pericoloso; ma fidarsi delle nostre forze è un grave errore. Pietro era già in pericolo quando diceva al Signore: “Quand’anche tutti fossero scandalizzati, io non lo sarò” (Marco 14:29).
Tutti avevano probabilmente sentito parlare dell’arrivo di Paolo; tutti erano d’accordo nel trovare “le sue lettere severe e forti”. E’ forse per questo che Eutico aveva deciso di essere presente quella sera. Quando decidiamo di andare ad ascoltare un fratello, non pensiamo alla sua abilità di oratore, non facciamoci attirare dalla novità o dallo stile particolare di qualcuno che “sa suonare bene” (Ezechiele 33:32). Se questo è il nostro scopo e se sono queste le nostre aspettative, non ci si deve sorprendere se qualche volta la presenza fisica di chi parla ci sembra “debole e la sua parola cosa da nulla” (2 Corinzi 10:10), come qualcuno diceva di Paolo.
Troppo in fretta dichiariamo che una riunione è stata noiosa, che non ha edificato… La causa non sarà piuttosto nel nostro stato spirituale? Dio, infatti, si propone sempre di parlare alla nostra coscienza e al nostro cuore. Per noi è davvero un danno non riunirsi intorno al Signore, se non alla domenica mattina e in qualche occasione speciale. Cantiamo volentieri che la Sua presenza è il bene supremo, ma purtroppo alcuni la ricercano poco. La preghiera in assemblea, la lettura e la meditazione della Parola hanno tutte il loro valore, se si svolgono nell’amore per il Signore e avendo Lui come unico centro.
Il discorso di Paolo viene all’improvviso interrotto da un grave incidente: Eutico precipita dal terzo piano! Quelli che stanno fuori ne sono testimoni, quelli che sono dentro restano sconvolti. Il ragazzo era come morto. Il “sonno spirituale” può farci cadere molto in basso. “Dormire un po’, sonnecchiare un po’, incrociare un po’ le mani per riposare… e la tua povertà verrà come un ladro e la tua miseria, come un uomo armato” (Proverbi 24:33). La caduta di Eutico non è avvenuta inaspettatamente. C’erano dei segni d’avvertimento: era stato colto, è ripetuto due volte, da un sonno profondo (Atti 20:9; 1 Tessalonicesi 5:6). L’insegnamento dell’apostolo Paolo richiedeva certamente un’attenzione costante, perché conteneva delle cose difficili da comprendere (2 Pietro 3:15-16). Ma Eutico si stanca e alla fine cade in basso; potremmo dire, in modo figurato, al livello del mondo.
Tralasciando un momento il caso di Eutico e le applicazioni che se ne possono trarre, possiamo dire che un credente non cade mai all’improvviso; forse quelli che lo conoscono sono sorpresi e si chiedono: “Com’è possibile?”. Eppure, se potessimo vedere ciò che Dio vede (Geremia 17:9-10) capiremmo le ragioni di certi crolli morali. Il male lavora in segreto (Giobbe 20:12-13); il vigore spirituale, frutto di una vera comunione con Dio, a poco a poco può inaridirsi “come per arsura d’estate” (Salmo 32:4).
Ricordiamo l’esempio di Davide. Già era un errore il fatto che avesse molte mogli (Deuteronomio 17:17), ma un giorno, oltre alla sua passione con poco controllo, si aggiunge l’ozio. Invece di andare in guerra, egli se ne resta a Gerusalemme, e una sera dalla terrazza vede Bat-Seba e ne è attratto. Sa che è la moglie di Uria l’Ittita, tuttavia commette adulterio con lei. Da quel momento, poiché i peccati vanno spesso in sequenza, quel re, noto per la sua pietà, arriverà all’omicidio del suo fedele servitore, nel vano tentativo di nascondere il suo peccato.
Non dimentichiamo mai che la carne è malvagia, in un credente come in un incredulo; dev’essere tenuta nella morte, là dove l’ha posta la croce di Cristo.
Più un uomo cammina con Dio nella consapevolezza della Sua grazia, più è portato a prendersi cura degli altri nelle loro debolezze.
Tornando al racconto di Atti 20, vediamo qui Paolo che scende subito, si china su Eutico e l’abbraccia (Atti 20:10). Abbiamo anche noi la stessa sollecitudine per le anime che, vicino a noi, hanno bisogno di cure?
Un minuto dopo, Paolo può rassicurare i discepoli: “Non vi turbate, perché è ancora in vita.” La tristezza legata all’imminente partenza dell’apostolo non sarà accresciuta dalla morte di quel ragazzo; anzi, la gioia riempie i cuori di tutti e, fino all’alba, Paolo prosegue nel suo insegnamento.
Non trascuriamo nessun aspetto degl’insegnamenti di Paolo: quello che mette in evidenza la rovina completa dell’uomo e le risorse di Dio: la croce di Cristo nei suoi diversi aspetti, la venuta del Signore per prendere i Suoi, i Suoi giudizi e poi il Suo regno glorioso. Saremo così fortificati, impareremo ad “apprezzare le cose migliori” per essere “limpidi e irreprensibili per il giorno di Cristo” (Filippesi 1:10).