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martedì 28 febbraio 2017

28 febbraio

Dio disse: “Ecco il segno del patto che io faccio fra me e voi… per tutte le generazioni future. Io pongo il mio arco nella nuvola e servirà di segno del patto fra me e la terra”.
Genesi 9:12-13

Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscirne.
1 Corinzi 10:13

L’arcobaleno

Alle volte, dopo un temporale, vediamo apparire l’arcobaleno luminoso e multicolore, e ne siamo sempre meravigliati. Esso è prodotto dai raggi del sole che attraversano in obliquo le goccioline sospese della precedente pioggia. La luce del sole ci appare bianca, ma in realtà è composta da molte luci colorate. Un raggio di sole, quando attraversa una goccia d’acqua, viene leggermente deviata dalla sua direzione, in modo differenziato a seconda del colore. Per questo le migliaia di gocce d’acqua sospese nell’aria dopo la pioggia separano la luce del sole in varie luci colorate: dal rosso, sempre all’esterno, all’arancione, al giallo, al verde, al blu, all’indaco, al violetto.
L’arcobaleno segnala la fine di un temporale. Per noi credenti, esso è il segno della fedeltà di Dio in favore di tutti gli uomini attraverso tutti i secoli. Infatti Dio ha dato l’arcobaleno come segno della promessa che non avrebbe più mandato il diluvio sulla terra.

Amici credenti, non dimentichiamo il messaggio dell’arcobaleno durante le tempeste della vita. Quando arrivano le grandi piogge e soffiano i venti, abbiamo bisogno di coraggio e di fede per ricordarci che la tempesta finirà e l’arcobaleno brillerà di nuovo. Mettiamo la nostra fiducia nella fedeltà di Dio. Ci ha promesso la sua presenza e il suo aiuto, e mantiene la sua promessa. 

lunedì 27 febbraio 2017

27 febbraio

Noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto quando era nel corpo, sia in bene sia in male.
2 Corinzi 5:10

Tutti compariremo davanti al tribunale di Dio… Quindi ciascuno renderà conto di se stesso a Dio.
Romani 14:10,12

L’impronta

Una bella mattina d’estate, mia moglie ed io stavamo camminando su una spiaggia di sabbia fine. Ogni nostro passo lasciava l’impronta netta dei piedi sulla sabbia umida; entrambi vedevamo chiaramente le rispettive orme.
Così, nel cammino della vita, la nostra condotta, i nostri discorsi, i nostri lavori lasciano un’impronta “visibile” per quelli che ci sono vicini; ma più ancora per Dio “che vede tutti i nostri passi” (Giobbe 34:21). Davanti al tribunale di Cristo compariranno tutti i salvati, quelli che avranno portato sulla terra il bel nome di Cristo. Ci saranno degli imputati? No, perché non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù (Romani 8:1). Però, in quell’«udienza», l’opera di ciascuno di loro sarà messa in evidenza (1 Corinzi 3:13-15). Se qualcuno avrà compiuto qualcosa che non resiste al fuoco del giudizio divino, quell’opera sarà consumata e il suo autore perderà la sua ricompensa, “ne avrà il danno”. Se qualcuno avrà compiuto “le buone opere che Dio ha precedentemente preparate” (Efesini 2:10), Dio lo approverà (1 Corinzi 4:5).

Che abbiamo a cuore di glorificare il Signore nelle nostre parole e nelle nostre azioni, con dedizione e costanza, mettendo i nostri piedi nelle sue orme!

domenica 26 febbraio 2017

26 febbraio

Hai mai visto un uomo che si crede saggio? C’è più da imparare da uno stolto che da lui.
Proverbi 26:12

La vostra fede sia fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
1 Corinzi 2:5

Scacco dei moralisti

Pensatori, filosofi e moralisti, dall’antichità ai tempi moderni, hanno cercato di migliorare il cuore dell’uomo. Da questo punto di vista il bilancio globale delle loro attività è negativo. Nella società la menzogna, l’egoismo, l’immoralità sono diffusi oggi come un tempo, e forse anche di più.
Questo scacco era annunciato. Dio ha detto circa duemilaseicento anni fa: “Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno: chi potrà conoscerlo? Io, l’Eterno, che investigo il cuore” (Geremia 17:9).

Voi obietterete che il cristianesimo non è riuscito a migliorare il cuore degli esseri umani. È vero. Ma Dio, che conosce il cuore, non ha mandato il suo Figlio nel mondo per migliorarlo. L’uomo è come un debitore insolvente. Cristo è venuto per pagare il debito dell’uomo peccatore e dargli una vita nuova. Ha preso su di sé il debito dei nostri peccati come se fosse suo, l’ha pagato al posto nostro. È morto sulla croce affinché chi crede in lui abbia la vita eterna. Il cuore di chi crede è cambiato anche se per natura non è migliore degli altri. Quando Gesù gli ha dato questa vita nuova, il credente è messo in grado di assomigliare al suo Salvatore facendo il bene, con umiltà, perché è Lui che gli dà la forza di compierlo. 

sabato 25 febbraio 2017

25 febbraio

Come un bambino divezzato sul seno di sua madre, così è tranquilla in me l’anima mia.
Salmo 131:1-2

Gettando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi.
1 Pietro 5:7

Come un bambino

Il bambino abbandonato sul seno della mamma è l’immagine della fiducia, del benessere e della piena soddisfazione. È così per ogni bambino che ha la fortuna di avere una mamma buona e affettuosa. Ma quando il bambino cresce, questa sensazione di benessere lascia sovente il posto all’irrequietezza perché la sua personalità deve affermarsi nel mondo degli adulti.
Ma la pace e la sicurezza non sono riservate all’infanzia, come molti pensano. È vero, le condizioni della vita moderna sono molto stressanti, e questo malgrado i progressi della scienza e della tecnologia e gli sforzi per assicurare il massimo confort. Eppure, anche in un mondo turbato è ancora possibile gustare la pace. Ma non si può pretendere di ritrovare la pace e la sicurezza dell’infanzia restando indipendenti dal Dio di pace!

Mediante la fede in Gesù Cristo abbiamo la pace con Dio e diventiamo suoi figli. Egli è un Padre pieno di compassione e si prende cura di noi. Nulla sfugge al suo controllo. Portati da Gesù in questa meravigliosa relazione col Padre, noi impariamo a gustare la sua pace, la pace di Dio. Allora possiamo abbandonare tutto ciò che può turbarci: il sentimento di colpevolezza, l’orgoglio, l’agitazione, la gelosia e molte altre cose. Possiamo vivere per fede, sotto lo sguardo di Dio. Allora la pace e la tranquillità ci riempiranno la mente e il cuore. 

venerdì 24 febbraio 2017

24 febbraio

Non commettere adulterio.
Esodo 20:14

L’Eterno è testimone fra te e la moglie della tua giovinezza, verso la quale agisci slealmente, sebbene essa sia la tua compagna, la moglie alla quale sei legato da un patto.
Malachia 2:14


Il settimo comandamento: Non commettere adulterio

Ecco, il gran giorno è arrivato! In una bella sala del Comune, i futuri sposi ascoltano l’ufficiale di stato civile leggere l’articolo 143 del Codice: “Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà”. Questo impegno sarà rispettato dalla coppia? Sono convinti che l’obbligo della fedeltà è un comandamento di Dio, il settimo della sua Legge? “Non commettere adulterio”! Nella nostra società immorale e permissiva, la fedeltà è considerata una virtù superata. Le relazioni sessuali di persone sposate con altri partner sono la norma nei film, nei romanzi, nelle canzoni. Non si parla più di adulterio, ma di “nuovo/a compagno/a”, di “avventura”, di “sbandata”. La ricerca del piacere personale, egoista, vuota la sessualità della sua dimensione morale, del suo senso biblico e rende gravemente colpevoli. Dio conosce i bisogni della sua creatura: bisogno di sicurezza, di sentirsi amata sempre, nei buoni e nei cattivi giorni, bisogno di rendere felici il compagno della vita dando e dandosi.
L’infedeltà nella coppia calpesta questi bisogni fondamentali, comporta delle sofferenze e spesso la frantumazione della famiglia. I bambini, vittime innocenti, spesso ne rimangono segnati per tutta la vita. Lo stato della società attuale, senza valori e senza punti fermi, ne è la riprova.
La legge di Dio non è superata o irrealistica. L’uomo può ubbidire. A volte può non essere facile, ma Gesù Cristo promette il suo aiuto a quelli che desiderano fare la volontà di Dio.

(il seguito al 2 marzo)

giovedì 23 febbraio 2017

23 febbraio

“Non uccidere”.
Esodo 20:13

L’Eterno fa morire e fa vivere.
1 Samuele 2:6

Nella mia angoscia invocai l’Eterno, gridai al mio Dio… Egli udì la mia voce… Egli stese dall’alto la mano e mi prese, mi trasse fuori dalle grandi acque.
2 Samuele 22:7, 17

Il sesto comandamento: Rispetta la vita

Il sesto comandamento: “Non uccidere” affronta un argomento fondamentale: la vita. L’autore della vita è Dio (Genesi 2:7). È una prerogativa unicamente sua il dare la vita e riprenderla. “L’Eterno fa morire e fa vivere” (1 Samuele 2:6). Per questo è proibito all’uomo mettere fine alla vita, sia la propria e sia quella degli altri. Con questo comandamento è condannato l’omicidio volontario, l’assassinio deliberato, premeditato. Noi viviamo in un mondo in cui la violenza, gli omicidi e i suicidi sono in continuo aumento. L’uomo moderno si arroga il diritto di padroneggiare la vita e la morte.

Togliere la vita è una tentazione crescente per rispondere a certi problemi dell’umanità. Con l’aborto si sopprime una vita al suo inizio, una vita che si ritiene indesiderabile. Con l’eutanasia, si toglie la vita prima del suo termine naturale, quando questa vita è colpita da sofferenze e handicap difficilmente sopportabili. Il suicidio è un omicidio contro se stessi, quando la morte sembra preferibile alla vita. Satana, padre della menzogna e omicida fin dall’inizio (Giovanni 8:44), fa credere che non ci siano soluzioni in certe situazioni disperate. Ma Dio ha anche in riserva per quelli che confidano in lui delle risposte di misericordia e di grazia sorprendenti, inimmaginabili. 

mercoledì 22 febbraio 2017

22 febbraio

 Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito, dove fuggirò dalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei… Se vado ad abitare all’estremità del mare, anche là mi condurrà la tua mano e mi afferrerà la tua destra. Se dico: “Certo, le tenebre mi nasconderanno e la luce diventerà notte intorno a me”... la notte per te è chiara come il giorno.
Salmo 139:7-11

Dio – la sua presenza

Quando eravamo piccoli, ci dicevano che Dio è in cielo. Ci sembrava troppo lontano. La Bibbia afferma che Dio è nei cieli e l’uomo sulla terra (Ecclesiaste 5:2), ma lo dice per sottolineare la differenza radicale che c’è fra il Creatore e le creature. Dio è infinitamente elevato al di sopra di tutti i nostri pensieri. È il Dio di maestà e di gloria.
Nello stesso tempo, però, Dio è presentato in ogni parte della sua creazione. In tutto l’universo non c’è nulla che gli sfugga. È presente ovunque noi siamo. Non trascorriamo un solo istante fuori dalla presenza di Dio. Senza lui non sussistiamo. E quando lo dimentichiamo o lo rifiutiamo, sentiamo un vuoto, un turbamento, una tristezza infinita. Se vogliamo vivere nella gioia, dobbiamo imparare a vivere, per la fede, nella presenza di Dio.

Amici credenti, non è forse confortante pensare che Dio è sempre presente? Al mattino quando ci alziamo, la sera quando ci corichiamo Lui è lì. E questo ci rende responsabili. Egli ci segue quando ci rechiamo al posto di lavoro, ci resta a fianco nell’ora del riposo. Ha assistito alla nostra nascita e ancora prima già ci conosceva per nome. Quando moriremo, in quel momento solenne ci sarà vicino, per farci entrare nella sua presenza dove gusteremo, finalmente senza ombre, la sua beata presenza. 

martedì 21 febbraio 2017

21 febbraio

“La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza”. Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me… Quando sono debole allora sono forte.
2 Corinzi 12:9-10

Debole o forte?

La vita umana è una strada che va dalla debolezza alla debolezza. Il neonato è debole, e dipende completamente dalla madre. Il vecchio ugualmente dipende dalle cure degli altri. Ma, indipendentemente dall’età, siamo tutti fragili e con poca forza. Nessuno è esente da fatiche, malattie, incidenti. Credersi forti e invulnerabili equivale a respingere un aspetto fondamentale della nostra vita. Dobbiamo invece accogliere e amare gli altri così come sono, deboli o fragili.
Non è perché siamo credenti che non incontreremo più fatiche, delusioni, sofferenza… È una constatazione pessimistica? No, perché chi ne prende coscienza e mette semplicemente la propria fiducia in Dio scopre che la sua debolezza non è un ostacolo per servire Dio. Anzi. L’apostolo Paolo scriveva: “Quando sono debole, allora sono forte”. Il sentimento di non avere alcuna risorsa in me dà a Dio la possibilità di mettere in azione le sue mediante il suo Spirito. Molti credenti hanno sperimentato che Dio si è servito di loro quand’erano bisognosi, malati, disabili, anziani. In queste situazioni estreme si sono veramente affidati a Dio. Lo hanno pregato e Dio li ha esauditi. Il sentimento della loro impotenza è stato come una chiave per aprire dei cuori chiusi all’amore di Dio.

Beato il credente che ha imparato e ricevere ogni cosa dalla mano del Signore, e che cerca in Dio la forza per compiere ogni cosa e sopportare ogni cosa! 

lunedì 20 febbraio 2017

20 febbraio

“Voi, non temete; perché io so che cercate Gesù, che è stato crocifisso. Egli non è qui, perché è risuscitato come aveva detto”.
Matteo 28:5-6

Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti.
Filippesi 4:6

Non temete

Gesù ha detto sovente ai discepoli “Non temete”, perché sapeva che erano paurosi. Hanno avuto paura, per esempio, quando era venuto verso loro camminando sul mare, perché non l’avevano riconosciuto (Matteo 14:27). Non erano certi che fosse veramente Gesù. Hanno avuto paura al momento del suo arresto, e si sono ancora più spaventati quando l’hanno visto risuscitato (Luca 24:37). Ma quale pace hanno provato quando lo hanno sentito!
Di che cosa non bisogna avere paura? Anzitutto della consapevolezza di ciò che siamo nei confronti di Dio. Pietro un giorno prese coscienza di questo e disse a Gesù: “Allontanati da me, perché sono un peccatore”. Allora Gesù gli rispose: “Non temere” (Luca 5: 8,10). La consapevolezza delle nostre colpe non può che spaventarci di fronte all’assoluta santità di Dio. Ma il Dio santo è anche il Dio d’amore che perdona e cancella le colpe di chi va a lui mediante la fede.
Non dobbiamo avere paura nemmeno degli uomini, né del futuro, sempre se mettiamo la nostra fiducia nel Signore. Potremo allora dire con tranquillità: “Il Signore è il mio aiuto; non temerò. Che cosa potrà farmi l’uomo?” (Ebrei 13:6).

In realtà, la sola persona di cui dobbiamo avere timore è Dio (1 Pietro 2:27). Un timore che non è paura di lui, ma rispetto profondo. Temiamo di dispiacergli! Il timore di Dio, abbinato alla fiducia in lui, è l’unico vero rimedio alle molte paure che angosciano gli esseri umani. 

domenica 19 febbraio 2017

19 febbraio

Professano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti… incapaci di qualsiasi opera buona.
Quelli che hanno creduto in Dio abbiano cura di dedicarsi a opere buone.
Tito 1:16; 3:8


Le buone opere

La buone opere sono la dimostrazione della realtà della nostra fede. “A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo?” (Giacomo 2:14). Facciamo attenzione a non essere come coloro che, come dice il versetto di oggi, “professano di conoscere Dio ma lo rinnegano con i fatti”!
Le buone opere sono il prodotto della santità e dell'amore. Pensiamo alle opere del Signore Gesù, il “santo servitore di Dio”, “unto dallo Spirito Santo”: non ce n'era neppure una che non fosse un'opera d'amore. Lo stesso facevano i suoi discepoli. In Ebrei 10:24 leggiamo che le buone opere derivano dall'amore e ne sono inseparabili.
In Efesini 2:10 leggiamo che il cristiano è creato in Gesù Cristo per le buone opere, quelle che Dio stesso ha “precedentemente preparate”; noi non dobbiamo far altro che praticarle. Esse hanno lo scopo di fare la sua volontà ed essergli graditi (Ebrei 13:21).

Queste buone opere, preparate da Dio e non da noi, sono contraddistinte dal nome di Cristo (Atti 4: 9-10) e sono compiute verso Cristo (Marco 14:6); lo sono anche verso i santi (Atti 9:36) e verso tutti gli uomini (Galati 6:10), ma sono sempre fatte per Cristo. “Egli ha dato se stesso per noi… per purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone” (Tito 2:14). 

sabato 18 febbraio 2017

18 febbraio

Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo, per promuovere… la conoscenza della verità, nella speranza della vita eterna promessa prima di tutti i secoli da Dio che non può mentire.

Tito 1:1-2

La speranza della vita eterna

L'apostolato affidato a Paolo aveva come base "la speranza della vita eterna". Questa speranza non ha nulla di vago né d'incerto, come la speranza umana, ma è una certezza, perché essa appartiene alla fede. La vita eterna era stata "promessa prima di tutti i secoli da Dio"; e come potrebbe Dio smentire la sua promessa eterna? Egli ha detto: "Nessuno è simile a me. Io annunzio la fine fin dal principio... io dico: Il mio piano sussisterà" (Isaia 46:10).
Gli "eletti di Dio" possiedono già ora questa vita, mediante la fede in un Cristo morto e risorto (Giovanni 6:54). "Egli è il vero Dio e la vita eterna" (1 Giovanni 5:20). Chiunque crede in lui ha questa vita, non la vita umana peritura, ma una vita spirituale senza fine, la vita di Dio stesso, una vita capace di conoscere Dio, di godere di Lui, di avere comunione con Lui, il Padre, e col suo Figlio, Gesù Cristo. Senza dubbio, finché si è sulla terra, il godimento di questa vita da parte del cristiano sarà imperfetto; ma ne realizzeremo tutto il valore quando saremo nella gloria, quando vedremo Lui, la nostra vita, e gli saremo simili.

Questa è la dottrina cristiana, l'essenza stessa del vero cristianesimo. Quali ricchezze, che felicità e che pace godiamo nelle nostre relazioni con Dio! Quale gioia nella comunione con Lui! Quale certezza per l'avvenire! C'è forse una conoscenza che possa essere paragonata a quella che l'Evangelo ci dà? 

venerdì 17 febbraio 2017

17 febbraio

La vostra fede, che viene messa alla prova, che è ben più preziosa dell’oro che perisce, e tuttavia è provato col fuoco, sia motivo di lode, di gloria e di onore.
1 Pietro 1:7

Figlio mio… non ti perdere d’animo quando sei da lui ripreso, perché il Signore corregge quelli che egli ama.
Ebrei 12:5,6

Acciaio temprato o ferraglia senza valore?

Era un vecchio fabbro. La sua vita era stata difficile, ma era un credente fervente e parlava volentieri della sua fede ai clienti. Un giorno uno di questi gli disse: “Spiegami perché il tuo Dio, che tu dici pieno d’amore, ti ha fatto passare per tante prove”.
Il fabbro raccolse un pezzo di ferro e rispose: “Perché questo ferro sia utile, deve diventare resistente. Allora lo faccio passare nel fuoco, a temperatura elevata. Poi lo poso sull’incudine, lo martello, una o due volte. Se resiste, lo immergo nell’acqua. Poi lo rimetto nel fuoco e di nuovo sull’incudine. Allora posso trarne qualcosa di utile. Ma se non sopporta la tempra, lo getto nella ferraglia. Dio mi mette alla prova per vedere se sopporto la tempra. Accetto le mie difficoltà con calma e prego ogni giorno: Signore, provami, se necessario, ma soprattutto non gettarmi nella ferraglia!”

Certamente, Dio ha compassione di noi, suoi figli, e non respinge nessuno come un pezzo di ferro inutile. Però permette che ci siano delle difficoltà, qualche volta permette il “fuoco”, proprio per rinforzare la nostra fede e per formarci al suo servizio. Come il ferro e l’acciaio induriscono con la tempra, così anche noi diventiamo più forti con le prove, se lasciamo che il Signore ci trasformi. Non scoraggiamoci, ma guardiamo allo scopo. Dio vuol fare di noi dei servitori ben preparati, di cui potrà servirsi. 

giovedì 16 febbraio 2017

16 febbraio

Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati.
Esodo 20:12

Figli e nipoti, imparino… a rendere il contraccambio ai loro genitori, perché questo è gradito davanti a Dio.
1 Timoteo 5:4

Il quinto comandamento: Onora i tuoi genitori

I quattro primi comandamenti trattano delle nostre relazioni con Dio, gli ultimi sei delle nostre relazioni reciproche.
Il quinto comandamento riguarda le relazioni genitori-figli. La famiglia è la struttura più importante della società. È il quadro nel quale un padre e una madre trasmettono la vita, e danno ad ogni figlio i valori morali e spirituali e le cure affettive e materiali che ne favoriscono la crescita. Se è amato, il figlio impara ad amare a sua volta, a vivere con gli altri, a condividere. In cambio di tutte le cure ricevute, Dio ordina al figlio di onorare i genitori, cioè stimarli degni d’amore, di rispetto, di cure. Più le relazioni genitori-figli sono armoniose, più sarà facile per il figlio onorare i genitori. Questo non esclude che fra le generazioni possano sorgere dei disaccordi, che però potranno essere superati nel rispetto reciproco.
Oggi purtroppo le relazioni famigliari sono in crisi, a cominciare da quella fra marito e moglie, conseguenza d’un grave declino morale e spirituale. I giovani figli sovente disconoscono l’autorità dei genitori, e i figli adulti non li onorano. Molti genitori invecchiano e muoiono nella solitudine. Nella nostra società priva di punti di riferimento e che contesta ogni autorità, questo quinto comandamento, il solo che sia accompagnato da una promessa, è di pressante attualità (Efesini 6:1-3). È davvero un comandamento per il nostro tempo!

(il seguito il 23 febbraio)

mercoledì 15 febbraio 2017

15 febbraio

Ricordati del giorno del riposo… Lavora sei giorni… ma il settimo è giorno di riposo, consacrato all’Eterno Dio tuo.
Esodo 20:8-10

(Il giorno della risurrezione) il primo della settimana… Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: “Pace a voi”. E… mostrò loro le mani e il costato.
Giovanni 20:19-20

Il quarto comandamento: Il sabato

Il giorno di sabato era un giorno di riposo, il settimo della settimana, un giorno in cui si sospendevano le attività abituali per dedicarsi ad altre cose. Dio diede questo comandamento al suo popolo, gli Ebrei, riconoscendo così la necessità del riposo. Ma Dio desiderava che ogni giorno di riposo fosse anche un giorno di commemorazione. Il popolo doveva ricordarsi che era stato liberato dalla schiavitù in Egitto (Deuteronomio 5:14,15). Giorno di riposo, giorno consacrato a Dio, questo era il senso del sabato.

Che cosa ci dice il sabato oggi? Gesù Cristo è morto sulla croce. Il settimo giorno, il sabato, era ancora nella tomba. Ma la domenica, il primo giorno della settimana, è risuscitato! Con la sua morte e la sua risurrezione, ha aperto una nuova era: quella della grazia. Nel Nuovo Testamento il cristiano, svincolato dalla Legge, è chiamato a servire “nel nuovo regime dello Spirito” (Romani 7:6), e non c’è nessun ordine riguardante il rispetto di un giorno particolare (Colossesi 2:16,17). Tuttavia, come i primi cristiani, e la Chiesa nel suo insieme nel corso dei secoli, i cristiani dovrebbero essere felici di dedicare del tempo a Dio, nel giorno di domenica, “giorno del Signore”, per rendergli culto. Si tratta di ricordarsi con riconoscenza, anche partecipando alla Cena del Signore, che Cristo Gesù, morto e risuscitato, ci ha liberati dalla schiavitù del peccato e ci ha dato la pace e il riposo dell’anima. Per noi credenti questa è davvero una priorità? 

martedì 14 febbraio 2017

14 febbraio

A loro però la parola della predicazione non giovò a nulla non essendo stata assimilata per fede.
Ebrei 4:2

Ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture.
Atti 17:11

Come leggete voi?

Lettori, ci auguriamo che non facciate parte di coloro che hanno letto la Bibbia e non ne hanno tratto alcun profitto. L’Evangelo non è soltanto un best-seller, o un trattato di morale. È la “potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Romani 1:16). La Bibbia è “la parola vivente e permanente di Dio” (1 Pietro 1:23). Essa comunica gratuitamente ciò che annuncia: una vita nuova che non avrà mai fine. “Chi crede nel Figlio (di Dio) ha vita eterna” (Giovanni 3:36). Le promesse che essa fa per la vita del credente sono certe, e avranno il loro pieno sviluppo per l’eternità.
Perché allora alcuni si fermano per strada e altri vacillano? Perché si accontentano di rimanere alla superficie del messaggio della Bibbia, senza approfondire, saltando da un testo all’altro senza lasciargli il tempo di agire? Troppe persone leggono l’Evangelo come leggerebbero qualsiasi altro testo, e non vogliono lasciarsi mettere in questione.

Leggere la Parola di Dio senza approfondire non ha alcuna influenza sulla vita. Dobbiamo sottometterci all’Evangelo per ricevere da esso la vita; invocare Dio e lasciarci interpellare, prendere sul serio ciò che dice e agire di conseguenza. Allora la potenza divina che esso contiene si attiva e comincia la sua azione trasformatrice. L’Evangelo ci rivela un Dio che non s’impone, ma che aspetta un gesto di fede da parte di ciascuno di noi per intervenire nella nostra vita. Ma dice anche che rifiutare il suo messaggio equivale e firmare la propria condanna eterna.

lunedì 13 febbraio 2017

13 Febbraio

Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi. Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com’era.
Giacomo 1:22-24

Come un’occhiata nello specchio?

Tutti noi siamo esortati ad essere pronti ad ascoltare ciò che Dio dice nella sua Parola; però abbiamo anche il dovere di mettere in pratica quello che udiamo. Dobbiamo essere degli “esecutori” della Parola e non solo uditori. È ciò che diceva anche il Signore Gesù ai suoi discepoli: “Se sapete queste cose, siete beati se le fate” (Giovanni 13:17). Qualcuno ha detto che questa dichiarazione è talmente evidente da sembrare quasi banale; ma nella vita nulla è più necessario di questo, perché spesso ci accontentiamo di approvare e ammirare le belle azioni o le belle abitudini di altre persone, senza impegnarci a fare altrettanto.
Chi si vanta di conoscere la Parola senza metterla in pratica, non fa che illudersi sulla sua vera condizione davanti a Dio. Egli si serve della Parola come di uno specchio nel quale uno si guarda un momento e poi dimentica la propria fisionomia. Facendo così, la sua vita non sarà governata dalla volontà e dai pensieri di Dio.

La Parola di Dio non può essere usata soltanto per alimentare la nostra conoscenza; questo non farebbe altro che aumentare la nostra responsabilità davanti a Dio. Leggiamo dunque la Bibbia, ascoltiamola, e poi mettiamola in pratica!

domenica 12 febbraio 2017

12 Febbraio

La pietà, con animo contento del proprio stato, è un grande guadagno.
Avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti… Quelli che vogliono arricchire cadono vittime di tentazioni, di inganni e di molti desideri insensati e funesti… Infatti l’amore del denaro è la radice di ogni specie di mali.
1 Timoteo 6:6, 8-10

L’amore del denaro

All’epoca della conquista di Gerico, l’Eterno aveva espressamente prescritto di non appropriarsi di nulla nel momento del saccheggio della città (Giosuè 6:18-19). Ma Acan vide tra il bottino “un bel mantello di Scinear, duecento sicli d’argento e una barra d’oro”; li desiderò, li prese e li nascose nel centro della sua tenda. La concupiscenza è sorta in lui dopo quello sguardo, che ha prodotto il desiderio colpevole di prendere delle ricchezze che Dio non voleva che fossero prese.
Il Nuovo Testamento definisce questa avidità di possedere “cupidigia” (Colossesi 3:5; Efesini 5:5), precisando anche che l’avaro “è un idolatra” (Efesini 5:5). Il desiderio ardente di possedere sempre di più (greco: pleonexia) è tradotto anche con “avarizia” (Luca 12:15, Efesini 5:5).
Osservare con invidia quello che altri hanno, suscita la gelosia e un forte bisogno di possedere le stesse cose o di raggiungere lo stesso livello. Il passo della Parola citato oggi ci mette in guardia contro l’amore del denaro. È innato nella natura umana l’impulso a procurarsi i mezzi per soddisfare “molti desideri insensati e funesti”. Voler assolutamente ottenere delle ricchezze che Dio non ha dato fa cadere nel laccio del diavolo e produce molti dolori, per sé e per gli altri. 

sabato 11 febbraio 2017

11 Febbraio

Tu rimani stabile per la fede; non insuperbirti, ma temi.
Romani 11:20

Chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere.
1 Corinzi 10:12

Quasi inciamparono i miei piedi…
Salmo 73:2

Satana e il credente

Non sottostimiamo la potenza di Satana! Egli non perde tempo. Percorre la terra, qua e là (Giobbe 1:7). A seconda delle situazioni, si comporta come un leone ruggente, “cercando chi possa divorare” (1 Pietro 5:8), o come un serpente che seduce con astuzia (2 Corinzi 11:3). Sui riscattati del Signore lancia si suoi “dardi infocati” (Efesini 6:16).
Sue prede sono tutti gli uomini, non escluse le persone più fedeli a Dio, come Giobbe, uomo “integro e retto” che “temeva Dio e fuggiva il male” (Giobbe 1:1), e Davide, il diletto dell’Eterno (1 Cronache 21:1). Gesù stesso, per quaranta giorni, subì i suoi attacchi.
La potenza di Satana è reale. Che fare davanti a un nemico tanto temibile? Resistere. “Resistetegli stando fermi nella fede”, dice Pietro (1 Pietro 5:9). “Resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi” (Giacomo 4:7). Di fronte ai suoi attacchi, opponetegli ciò che la Parola di Dio dice (Efesini 6:11).
Satana può anche trasformarsi in angelo di luce (2 Corinzi 11:14). Particolarmente ai nostri giorni, egli cerca di proporci dei piaceri ingannevoli o di farsi temere e ubbidire tramite pratiche occulte più o meno evidenti.

Gesù Cristo lo definì “il principe del mondo” (Giovanni 14:30), che si serve del mondo per sedurre i credenti e trascinarli al male. Ma, disse il Signore ai suoi discepoli prima li lasciarli, “fatevi coraggio, io ho vinto il mondo” (Giovanni 16:33). 

venerdì 10 febbraio 2017

10 Febbraio

Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti… perché nessuno si vanti di fronte a Dio.
1 Corinzi 1:27,29

La potenza di Dio si compie nella debolezza
(2 Corinzi 12:9)

Ecco qualche esempio di questo principio tratto dalla Bibbia.
Dopo la morte di Giuseppe, il figlio del patriarca Giacobbe, gli Israeliti sono oppressi in Egitto. Il Faraone li tratta con durezza. Per liberarli, Dio sceglie Mosè, che da quarant’anni faceva il pastore. Quando il popolo, inseguito dal suo oppressore, si trova intrappolato fra il deserto e il mar Rosso (Esodo 14:16), Mosè stende un bastone sul mare. Un “forte vento orientale” divide il mare in due per permettere al popolo di passare.
Molti anni dopo, il popolo d’Israele è in guerra contro i Filistei. Questi hanno un campione di nome Golia, che sfida tutti a misurarsi con lui in un combattimento a corpo a corpo. I guerrieri più esperti sono terrorizzati; la situazione sembra senza uscita. Allora Dio si serve di un umile ragazzo, Davide, che non aveva mai combattuto né portato armi. Davide abbatte il terribile gigante con una sola pietra lanciata con la sua fionda (1 Samuele 17).
Ancora più tardi, Naaman, ufficiale del re di Siria, ha una malattia mortale: la lebbra. Ma la grazia di Dio non conosce frontiere, e si serve d’una ragazzina, che era schiava nella casa del grande ufficiale, per fargli sapere che Eliseo, il profeta, poteva guarirlo (2 Re 5).

È così che Dio fa risplendere la sua potenza, scegliendo delle persone deboli per realizzare i suoi piani. Così egli mostra che tutta la forza viene da Lui, e toglie all’uomo ogni pretesa di capacità o di potere personale. Il credente si inchina davanti a Dio con riconoscenza e adorazione. 

giovedì 9 febbraio 2017

9 Febbraio

Non pronunciare il nome dell’Eterno, Dio tuo, invano; perché l’Eterno non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano.
Esodo 20:7

“Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome”.
Matteo 6:9

Il terzo comandamento:
Non pronunciare il nome di Dio invano

Cosa significa questo comandamento col quale Dio proibisce al suo popolo, e oltre al suo popolo anche a ciascuno di noi, di pronunciare il suo nome invano?
Prima di rispondere a questa domanda, consideriamo alcuni degli attributi peculiari di Dio: Egli è il Dio eterno (Isaia 40:28), il Dio di gloria (Salmo 29:3), il Dio che sa tutto (Ebrei 4:13). È anche un Dio santo, esente dal male (Osea 11:9). Se in questo mondo abbiamo rispetto per certi personaggi importanti il cui nome non citeremmo in modo irrispettoso, tanto più non dobbiamo usare il nome del Dio Onnipotente invano, cioè con leggerezza o in modo blasfemo!
Pronunciare il nome di Dio invano può significare:
– Associare il suo nome a un’espressione che esprime sorpresa, impazienza o collera. Queste espressioni sono purtroppo correnti nel linguaggio attuale.
– Pronunciarlo nel corso di rituali religiosi o di preghiere recitate in modo meccanico, senza che ci sia una vera fede consapevole di ciò che si dice.
– Invocare il nome di Dio per accreditare una falsa testimonianza o una menzogna.
Pronunciare il nome di Dio invano è una violazione del terzo comandamento della legge, su cui Dio non passa alla leggera.

(il seguito al 15 febbraio)

mercoledì 8 febbraio 2017

8 Febbraio

Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire.
Esodo 20: 4–5

(L’apostolo Paolo scriveva ai credenti di Corinto:) Fuggite l’idolatria.
1 Corinzi 10:14

Il secondo comandamento: Nessun idolo

Questo secondo comandamento, che mette al bando ogni idolo, è il seguito logico del primo: Non avere altro Dio all’infuori di me. Se Dio dev’essere riconosciuto come unico, Lui solo dev’essere adorato. Dio, che è spirito, può essere ridotto a una rappresentazione materiale della sua persona, raffigurato con statue, disegni o altre immagini? La Bibbia ci ricorda cosa sono gli idoli: “opera della mano dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono” (Salmo 115:4-8). Adorare questi oggetti è un’offesa a Dio. Il culto delle immagini era largamente praticato in Egitto dove gli Ebrei avevano soggiornato per quattro secoli, e l’idolatria regnava in Canaan dove quegli stessi Ebrei, a cui Dio diede la sua legge, stavano per entrare.
Ma anche oggi, nei nostri paesi cristianizzati, che dire della popolarità di certi oggetti a cui si attribuisce il potere di proteggere, di guarire, di portare fortuna?
L’idolatria può anche essere ideologica. Non vediamo forse una sorta di “adorazione” delle celebrità dello sport e dello spettacolo? Inoltre, i piaceri, il denaro, i divertimenti, il gioco possono avere un tale dominio su noi fino a diventare dei veri e propri “idoli”.

Dio esige l’esclusività; odia ogni forma di idolatria. Egli si è rivelato in Gesù Cristo come un Dio direttamente accessibile a chi si avvicina a lui con umiltà e sincerità. Che onore per noi poterlo pregare e adorare senza intermediari! Essere adorato in spirito e verità, questo è il suo desiderio (Giovanni 4:24). 

martedì 7 febbraio 2017

7 Febbraio

(Gesù disse:) “Chiunque beve di quest’acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vite eterna”.
Giovanni 4:13–14

Gioventù senza scopo

Anche oggi i giornali riportano la notizia di un drammatico incidente automobilistico avvenuto nella notte all’uscita di una discoteca. Tre giovani hanno trovato la morte. Succede in quasi tutti i fine settimana. Ci si vuole divertire, si vuole dimenticare per un momento le preoccupazioni e le delusioni della vita, evadere dalla quotidianità nel turbine di una notte trasgressiva… e la fine arriva, brutalmente, senza preavviso, lasciando le famiglie nell’angoscia e nella disperazione.
Nonostante tutte le campagne di prevenzione, quante vite sono rovinate o perdute! Il vuoto interiore è troppo grande, non vi sono più punti fermi morali. Molti si stordiscono con piaceri ingannevoli e false sensazioni di libertà.
Questo male non è nuovo. A suo tempo, il re Salomone, che non mancava di nulla, cercò di godere al massimo il suo benessere, ma fece l’esperienza che anche quello era “vanità”, e che “anche ridendo, il cuore può essere triste” “e la gioia può finire in dolore” (Ecclesiaste 2:1; Proverbi 14:13).
Il cuore umano ha bisogno di amore vero, ha sete di felicità e di stabilità. Forse qualche lettore le ha cercate nei “paradisi artificiali”, in quelle serate da “sballo”, in qualche relazione trasgressiva, e avrà sentito il vuoto enorme che tutto questo lascia.
Venite a Gesù; lui solo può riempire di gioia e di pace durature chi mette la propria fiducia in lui. Chiedetegli in ginocchio di rivelarsi a voi; Egli vi risponderà e cambierà la vostra vita.

lunedì 6 febbraio 2017

6 Febbraio

(Gesù disse:) “Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo”.
Giovanni 13:7

Il bene è per quelli che temono Dio, che provano timore in sua presenza.
Ecclesiaste 8:12

Fiducia

Gesù si era ritirato con i discepoli su un monte (Giovanni 6). Una grande folla l’aveva seguito e tutti avevano fame. Ma come nutrire cinquemila uomini? Un discepolo, Filippo, calcola: duecento denari di pane non basterebbero. Andrea, un altro discepolo, fa notare: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cosa sono per così tanta gente?” Avevano già dimenticato i primi miracoli che Gesù aveva fatto. Il Signore ascolta, ma “sapeva bene quello che stava per fare”; così mette alla prova i discepoli malgrado conoscesse la loro poca fede: “Date voi loro da mangiare”. Poi compie un nuovo miracolo: moltiplica i pani.
Un giorno il Signore viene a sapere che Lazzaro, il suo amico, era malato; ma aspetta due giorni prima di rispondere alla richiesta di aiuto delle due sorelle di Betania. Senza dubbio, né Marta né Maria né i discepoli avevano capito il motivo di quel ritardo. Ma Lui sapeva ciò che stava per fare, perché aveva detto: “Questa malattia non è per la morte, ma è per la gloria di Dio” (Giovanni 11:4). Non andava a guarire un malato, ma a risuscitare un morto, per mostrare nel modo più evidente la gloria di Dio.

Questi esempi ci incoraggiano a mettere la nostra fiducia nel Signore Gesù, la cui potenza è infinita. Lui solo può nutrire il nostro essere interiore, lui solo è la sorgente della vita. E se “noi non sappiamo pregare come si conviene” (Romani 8;26), Dio conosce ciò di cui abbiamo bisogno (Matteo 6:8) e che cosa sta per fare. Rimaniamo fiduciosi e aspettiamo la sua ora. 

domenica 5 febbraio 2017

5 Febbraio

Getta il tuo pane sulle acque, perché dopo molto tempo lo ritroverai.
Ecclesiaste 11:1

Non ci scoraggiamo di fare il bene… mieteremo a suo tempo.
Galati 6:9

Beati voi che seminate in riva a tutte le acque.
Isaia 32:20

La noce di cocco

La palma da cocco, mollemente adagiata su una spiaggia di sabbia fine sul bordo di una laguna blu, è ben più di una scena esotica da cartolina postale. È un “albero di vita” per gli abitanti di quelle isole, i quali utilizzano i suoi rami come copertura, il suo germoglio come cibo, la sua linfa come bevanda. Il suo frutto poi, la noce di cocco, è utilizzato per intero: fibre, latte, mandorla, polpa. Sapevate che questo frutto può galleggiare per dei mesi sull’acqua e poi, una volta arenato su una spiaggia, dare origine a un albero?
Gettare del seme sull’acqua e sperare di fare una raccolta può sembrare estremamente improbabile; eppure la Bibbia ci incoraggia ad agire così in certi casi. Gettare il pane sulla superficie delle acque, come è scritto in Ecclesiaste 12, equivale a seminare senza la previsione di un risultato. È fare ciò che è nelle nostre possibilità, lasciando che Dio compia l’imprevedibile, l’impossibile.

Allo stesso modo, quando spandiamo l’Evangelo, il vero pane di vita, dobbiamo accettare i rischi che questo comporta, e non lasciarci fermare dalle obiezioni e dalle difficoltà ma lasciare a Dio la cura di far germogliare nei cuori questo seme di vita. Chi dice semina dice messe. Dio promette che, come la pioggia e la neve innaffiano la terra e fanno germinare i semi e dare dei raccolti, così la Parola di Dio non tornerà a lui senza risultato (Isaia 55:10-11). 

sabato 4 febbraio 2017

4 Febbraio

La terra era corrotta davanti a Dio; la terra era piena di violenza.
Genesi 6:11

Non si udrà più parlare di violenza nel tuo paese… ma chiamerai le tue mura: Salvezza e le tue porte: Lode.
Isaia 60:18

Un mondo allo stato selvaggio

In questo mondo il più forte ha sempre ragione. Fin dal primo omicidio della storia, quello di Caino che uccide suo fratello Abele, la violenza caratterizza l’umanità. La crocifissione del Figlio di Dio è la dimostrazione più terribile di questo fatto.
Quando Dio distrusse il mondo antico col diluvio, ci è detto che “la terra era piena di violenza”. Il mondo nel quale viviamo è popolato dallo stesso genere di persone che la Scrittura definisce odiose e che si odiano a vicenda (Tito 3:3). Tutti concordano sul vantaggio che ci sarebbe vivendo in armonia, amandosi, aiutandosi. Ma le passioni, l’ambizione, l’orgoglio, l’egoismo spingono gli uni contro gli altri, famiglie contro famiglie, classi sociali contro altre, nazioni contro nazioni. La ruota della violenza non si ferma, stritolando prima uno e poi l’altro. Alcuni cercano di opporsi a tutto questo, ma invano. Quando si crede di aver raggiunto un risultato, ecco sorgere qui una rivoluzione sanguinosa, là un’ondata di razzismo o di fanatismo, e così via.
La Bibbia ci annuncia che verrà il giorno in cui “non si udrà più parlare di violenza” e “non impareranno più la guerra” (Isaia 60:18; 2;4). Colui che è chiamato “Principe di pace”, il Signore Gesù, ritornerà ma, questa volta, non sarà più per subire la violenza umana, ma per regnare. Egli è vivente e stabilirà la pace, ma prima giudicherà con estrema severità questo mondo incredulo e peccatore.

Beati quelli che, fin da ora, lo riconoscono e gli sono sottomessi! 

venerdì 3 febbraio 2017

3 Febbraio

Io sono l’Eterno, il tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avere altri dèi oltre me.
Esodo 20:2, 3

Fuori di me non c’è altro Dio, Dio giusto, e non c’è Salvatore fuori di me. Volgetevi a me e siate salvati.
Isaia 45:21-22

Il primo comandamento: Un solo Dio

A chi Dio indirizza questo comandamento? Al suo popolo, gli Ebrei, che alcuni secoli prima, per sfuggire alla carestia, si erano rifugiati in Egitto. Là erano diventati schiavi e avevano dovuto lavorare duramente per la costruzione delle città della valle del Nilo. Ma Dio aveva visto la sofferenza del suo popolo e lo aveva liberato in modo straordinario, come racconta il libro dell’Esodo. Liberato e sotto la guida di Mosè, quel popolo aveva intrapreso un lungo viaggio verso il paese che Dio gli aveva destinato. È al principio di quel viaggio che Dio gli parla.
Dio, l’onnipotente, ricorda al popolo la potenza con cui lo aveva liberato. Egli ama il suo popolo e desidera avere il primo posto in ogni cuore. È un Dio vivente che vuole stringere delle relazioni vive e vere col suo popolo, in totale contrasto con la cultura egiziana, impregnata di molte deità, nella quale gli Ebrei erano stati immersi.
Oggi, il popolo di Dio è l’insieme di coloro che hanno creduto in Gesù Cristo. La morte e la risurrezione di Gesù, Figlio di Dio, sono stati il mezzo straordinario per liberare dalla schiavitù del peccato tutti quelli che hanno messo la loro fiducia in Lui. Il peccato è una vera schiavitù alla quale nessuno sfugge.
Dio vuole che ciascuno di noi volga il proprio cuore a lui; la qualità della nostra relazione con Dio dipende da questo.

(il seguito all’8 febbraio)