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mercoledì 31 dicembre 2014

31 dicembre

Tu fermati, e ti farò udire la parola di Dio.
1 Samuele 9:27

Se invocate come Padre colui che giudica senza favoritismi, secondo l’opera di ciascuno, comportatevi con timore durante il tempo del vostro soggiorno terreno.
1 Pietro 1:17

Il periodo dei bilanci

Alla fine dell’anno si rivedono i conti e si fa il bilancio delle attività di ogni impresa industriale, artigianale o commerciale. Un risultato positivo – che si traduce in un utile – è in genere il segno della prosperità e della continuità dell’impresa. Se questo risultato è nullo o negativo, il responsabile dovrà cercarne le cause e prendere misure urgenti per raddrizzare la situazione.
Non ci sono anche in ogni esistenza umana delle tappe in cui sarebbe necessario “fare il punto”, esaminare in presenza di Dio la bilancia dei profitti e delle perdite? Il cristiano allora si porrà qualche domanda: La “comunione con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo” (1 Giovanni 1:3) è una realtà per me? Ho imparato a conoscere meglio l’amore del mio Signore? Oppure, distratto da tante attività e preoccupazioni, da molto tempo ho lasciato che si stabilisse una certa distanza tra la mia anima e lui?
E voi, che forse non conoscete ancora Gesù come vostro Salvatore personale, avete fatto un passo verso Dio? Certamente Egli vi ha rivolto molti richiami simili a quello del versetto di oggi. Avete riflettuto su ciò che vi aspetta nel momento in cui terminerete la vostra esistenza durante la quale non avete tenuto conto di Dio?

È lui che valuterà senza possibilità di ricorso il bilancio definitivo della vostra vita. Oggi vi è ancora offerta una salvezza gratuita. Non rifiutatela.

“E voi chi dite che io sia?” (Matteo 16:13-17)

Saranno rimasti un po’ imbarazzati i discepoli a questa domanda del Signore. Eppure un’idea dovevano pure averla. Era stato facile per loro riferire il pensiero degli altri: “Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti”. Tante teste, tante idee. Soprattutto, tanta colpevole ignoranza in un popolo che avrebbe dovuto conoscere le Scritture e aver custodito con cura la rivelazione del pensiero di Dio. Ma loro, avevano delle convinzioni precise? La domanda era chiara e solenne. Voi che mi seguite, che udite i miei insegnamenti, che siete spettatori dei miei miracoli... voi, chi dite che io sia? Penso che ci sia stato qualche attimo di silenzio prima che Pietro, col suo solito ardire, dicesse: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Possibile che Pietro sia arrivato a tanto? Che avesse capito così bene chi fosse il Signore? Leggendo i Vangeli si direbbe che i discepoli abbiano “creduto” varie volte. In Giovanni 2:11, dopo il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana, è detto che “i suoi discepoli credettero in Lui”, Ma quando placa la tempesta sul Mar di Galilea si stupiscono e si chiedono l’un l’altro: “Chi è dunque costui al quale persino il vento ed il mare ubbidiscono?” (Matteo 14:33).
Poco dopo, una notte, il Signore va incontro a loro camminando sul mare. Subito si spaventano credendo di vedere un fantasma. Ma, constatato che era veramente Lui, si tranquillizzano, e Pietro vuole andargli incontro, camminando sull’acqua. E finché la “fede” lo sostiene, ci riesce. Che miracolo! Che grande Signore! Stupiti e ammirati si prostrano davanti a Lui e dicono: “Veramente tu sei Figlio di Dio”. Ma non lo sapevano già? Forse si, però non ne erano tanto convinti.

Passano i giorni, e il Signore compie un altro dei suoi miracoli. Con sette pani e “pochi pesciolini” dà da mangiare a “quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini” (Matteo 15:32-38)! Chi può compiere un tale miracolo se non Dio? Ma la memoria è corta e il cuore indurito. Parlando del lievito dei Farisei, il Signore deve dire loro: “Non riflettere e non capite ancora? Avete il cuore indurito? E non vi ricordate? Quando io spezzai i cinque pani per i cinquemila, quante ceste di pezzi raccoglieste?... Non capite ancora?” (Marco 8:17-21).
Alla trasfigurazione, Pietro, per così dire, mette il Signore sullo stesso piano di Mosè e di Elia, proponendo di fare una tenda per uno; e Dio deve intervenire dal cielo indicando il Signore come “suo diletto Figlio”, il solo che dovesse essere ascoltato. Eppure, proprio lui aveva dichiarato con enfasi: “Signore, da chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Giov. 6:68-69).
Nonostante queste convinzioni, nell’orto di Getsemani Pietro sguaina la spada per difendere il Signore dai nemici che lo assalgono, senza pensare che Lui, in qualità di Figlio di Dio, avrebbe potuto pregare il Padre che gli avrebbe mandato, in quell’istante, “più di dodici legioni di angeli” (Matteo 26:53).
Anche dopo la sua risurrezione, i due discepoli sulla strada per Emmaus dicono sconsolati: “Noi speravamo che fosse lui...” (Luca 24:21).

La loro fede nel Signore aveva sempre bisogno di nuove conferme, di nuove esperienze; è vero, non avevano ancora ricevuto la potenza dall’alto, lo Spirito “della verità”, che “scruta le profondità di Dio” (1 Cor. 2:10), che prende le cose di Cristo per annunciarle ai credenti (Giov. 16:13), E’ per Lui che noi oggi conosciamo Dio come Padre (Rom. 8:16), ed è Lui che, nello stesso tempo, “attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio”. Ma c’era anche poca conoscenza delle Scritture, c’erano idee preconcette, c’era quella debolezza umana che constatiamo anche in noi stessi.
Alla domanda del Signore, comunque, Pietro dà la risposta giusta e, sembra, con una buona dose di convinzione. Ma non veniva da lui. Non era stata la sua intelligenza, il suo livello di comprensione, la sua maturità, la sua conoscenza, a fargli comprendere che il Signore Gesù era “il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Era stata una rivelazione del “Padre che è nei cieli”; e per questo Simone, figlio di Giona, era “beato”.
Chi dite che io sia? La domanda viene rivolta ancora oggi ad ognuno, uomo o donna, grande o piccolo, colto o ignorante. Un Cristo semplicemente uomo non potrebbe salvare altri. E nemmeno un Cristo profeta. Solo Dio può salvare la sua creatura e, per fare questo, “per condurre molti figli alla gloria”, ha dovuto mandare il proprio Figlio che ha partecipato alla “carne e al sangue” (Ebrei 2:14-17) divenendo così “simile in ogni cosa ai suoi fratelli”.
Quando è venuto al mondo, in casa sua, fra i Giudei, non è stato ricevuto perché non è stato riconosciuto per quello che era. “Non è il figlio del falegname? - dicevano - E’ un uomo per bene. No, sobilla le folle”, “E’ un posseduto... “. Quando l’Eterno aveva mandato la manna nel deserto, gli Ebrei l’hanno chiamata manna, che significa “che cos’è?”. Quando è venuto il “vero pane che scende dal cielo e dà la vita agli uomini” è successa la stessa cosa: “Chi è costui?”. Solo una fede vera e un vero amore per Dio poteva far riconoscere il Figlio, perché il Dio “che è nei cieli”, a che ha fede e amore, rivela i suoi misteri.

Non si può credere al Signore come piace a noi. Dio ce lo presenta come suo Figlio ed è così che dobbiamo riceverlo. Ci dice che era senza peccato, e che non ha né conosciuto né commesso peccato; e così noi lo crediamo. A salvarci è la fede nel Cristo del Nuovo Testamento ricevuto per quello che è, nella sua natura e nella sua opera, esattamente come lo Spirito ha voluto rivelarcelo, senza i ritocchi o gli aggiustamenti che la ragione e la logica umana vorrebbero apportare.
Ma anche noi che abbiamo fermamente creduto in Lui e lo abbiamo ricevuto come nostro Salvatore a volte siamo colti dal dubbio, esattamente come i discepoli. Quando preghiamo il Signore per molto tempo e non otteniamo risposta ci sembra che sia stato sordo alle nostre suppliche; eppure, non ha detto che ascolta le nostre preghiere? Non ha detto che se preghiamo con fede otterremo? Quante volte ci sentiamo soli ad affrontare situazioni tristi e difficili, e ci verrebbe da dire: “Il Signore mi ha  abbandonato”; eppure non ha promesso che sarà con noi fino alla fine? Certe prove sono così pesanti che ci sembra che superino la nostra capacità di sopportazione; eppure, non ha il Signore promesso che non saremo provati al di là delle nostre forze?

La nostra fede nel Signore dovrebbe prescindere dalle circostanze e dalle situazioni della vita. Egli è per noi tutto quello che ha detto di essere. La sua fedeltà non viene certamente meno, le sue promesse le manterrà sicuramente; al momento opportuno interverrà, risponderà, si farà sentire presente con tutta la potenza del suo amore. E se poi, a causa di dure e prolungate sofferenze ci ha preso lo scoraggiamento e siamo assaliti da dubbi, Lui ci comprende ed è pronto a consolarci, perché anche questo ha detto che l’avrebbe fatto. “Allora gli apostoli dissero al Signore: Aumentaci la fede” (Luca 17:5). Non possiamo fare anche noi questa preghiera?

A. Apicella          

martedì 30 dicembre 2014

30 dicembre

Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato.
Romani 10:9

Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita.
Apocalisse 22:17

La fuga del tempo

Mi tornano in mente alcuni versi di una poesia di Victor Hugo, imparati a scuola. Il poeta evoca il nobile e paziente lavoro del seminatore:
“Si sente a che punto egli deve credere
alla fuga utile dei giorni”.
Questo pensiero del tempo che fugge ci coinvolge tutti. I giorni che passano li utilizziamo bene? Abbiamo approfittato del tempo che Dio ci dà per rispondere alla sua chiamata? O abbiamo finora indurito il nostro cuore? Disprezzeremmo le ricchezze della bontà di Dio, della sua pazienza e della sua lunga attesa, ignorando che la sua bontà ci spinge al pentimento? (Romani 2:4)
La Bibbia, Parola di Dio, ci propone una decisione da prendere: “Ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva” (Deuteronomio 30:19).
Dio ci "ordina" di credere in Gesù Cristo che ha mandato nel mondo a morire sulla croce (Atti 17:30). Sì, è proprio oggi il momento favorevole. Domani forse sarà troppo tardi per venire a prendere gratuitamente dell’acqua della vita (Apocalisse 22:17).

Se udiamo questa voce e diamo una risposta affermativa, possiamo veder trascorrere i nostri giorni senza timore. Entrati nel campo della fede, non fissiamo più lo sguardo sulle cose che si vedono, ma su quelle che non si vedono, poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne (2 Corinzi 4:18). In questo modo scopriamo la vera utilità della nostra vita (Proverbi 4:18).

lunedì 29 dicembre 2014

29 dicembre

Preparati… ad incontrare il tuo Dio.
Amos 4:12

Il nostro Dio Salvatore… vuole che tutti gli uomini siano salvati.
1 Timoteo 2:3-4

Il Figlio dell’uomo (Gesù) ha sulla terra autorità per perdonare i peccati.
Matteo 9:6

Siamo pronti?

I profondi mutamenti che hanno accompagnato il cambio del millennio ci fanno riflettere e c’interpellano. Siete pronti? Pronti per vivere in un'Europa unita dai confini sempre più vasti? Pronti per l'informatizzazione a tutti i livelli? Certamente, dobbiamo essere pronti ad affrontare i cambiamenti della società, ma c’è una preparazione molto più importante, quella della nostra eternità.
Il tempo scorre via rapidamente e non conosciamo il giorno in cui sarà tagliato il filo della nostra vita. Pertanto è importante ascoltare, senza tardare, il messaggio di salvezza rivolto a tutti dal Dio d’amore: “Preparati ad incontrare il tuo Dio” (Amos 4:12). Non illudiamoci; la salvezza è una questione personale. “Nessun uomo può riscattare il fratello… Il riscatto dell’anima sua è troppo alto, e il denaro sarà sempre insufficiente” (Salmo 49:7-8). Allora, veniamo a Gesù, il cui sangue sparso alla croce può purificarci da ogni peccato. Rimandare è molto pericoloso, poiché il domani non ci appartiene. È la perdizione incontrare Dio come giudice sovrano e rendergli conto della nostra vita; specialmente con la colpa di avere trascurato la grande salvezza che Egli ci ha offerto. “Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” (Giovanni 3:36).

Oggi è forse per voi l’ultimo richiamo al pentimento. Affidate a Gesù la vostra sorte eterna. Fatelo subito!

Con lo spirito, ma anche con l'intelligenza

Quando Dio parla, l'uomo non deve mettere completamente da parte la propria intelligenza, come qualcuno potrebbe pensare. Dio non dice mai delle cose che l'uomo possa definire "assurde". Non c'è nessun insulto all'intelligenza nella rivelazione di Dio, niente che contrasti con la logica e il buon senso. "Le parole della mia bocca sono tutte rette per l'uomo intelligente" (Prov. 8:8-9).
Non voglio con questo dire che l'uomo, se volesse, riuscirebbe a comprendere le cose di Dio; perché è scritto che "il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza" (1 Cor. 1:21). Senza la fede e l'opera dello Spirito Santo le cose di Dio restano inspiegabili e incomprensibili, poiché la sapienza di Dio è "misteriosa e nascosta" (1 Cor. 2:7); ma nessuna persona onesta potrà trovare mai delle assurdità nelle Sue sante parole. "Non c'è saggezza, non intelligenza... che valga contro il Signore" (Prov. 21:30).
Assurda e illogica è l'idolatria, sotto tutte le sue forme, anche quella, a volte mascherata, del nostro mondo materialista; eppure pochi se ne rendono conto poiché la loro intelligenza è "ottenebrata" a motivo dell'indurimento del loro cuore" (Ef. 4:18).
Se il "contestatore di questo secolo" ritiene pazzia la predicazione della croce è solo perché rifiuta deliberatamente di riconoscersi peccatore e si pone con orgoglio sullo stesso piano di Dio. Ma il fatto che Dio sia intervenuto per salvare l'uomo mandando il proprio Figlio a morire per i peccatori, non può essere ritenuto una cosa "assurda" nemmeno per la logica umana. Che un innocente accetti di subire la condanna al posto di un colpevole non è né illogico né irrazionale. E' un atto grandissimo di amore che chiunque può comprendere e apprezzare. Vi sono molte persone colte e intelligenti che, pur non avendo accettato il Signore come loro Salvatore, sono affascinate dall'opera di Cristo e, in genere, da tutta la rivelazione di Dio. Non per questo, però, saranno salvati poiché, come sappiamo, la sola adesione intellettuale alle cose di Dio senza la fede e senza che il cuore sia toccato non serve per ottenere la salvezza.
Questo è tanto più vero per noi credenti che siamo "rinnovati nello spirito della nostra mente" (Ef. 4:23). Se realizziamo nella pratica questo "rinnovamento" (Rom. 12:2) non ci conformeremo al mondo e offriremo i nostri corpi a Dio in sacrificio vivente. Questo ci permetterà di "conoscere per esperienza quale sia la volontà di Dio" e scoprire che essa è "buona, gradita e perfetta", e che non contrasta per niente contro la logica e l'intelligenza. Tutto quello che faremo e diremo seguendo la volontà del Signore non andrà mai contro il buon senso comune, né contro il buon gusto, né contro le norme più elementari del discernimento e della discrezione.
"Fratelli, non siate bambini quanto al ragionare; siate pur bambini quanto a malizia, ma quanto al ragionare siate uomini compiuti" (1 Cor. 14:20). "Io parlo come a persone intelligenti; - scrive Paolo ai Corinzi - giudicate voi su quello che dico" (10:15).
In questi ultimi decenni Satana ha sfoderato un'arma molto efficace, quella delle emozioni, perché sa bene che la sua influenza sull'essere umano, e quindi anche sul credente, è tanto più forte quando più questi si lascia trasportare da stimoli emotivi. Perdendo il freno e il controllo dell'intelligenza e del ragionamento si perde anche la direzione dello Spirito Santo per discernere il bene dal male, l'opera di Dio da quella del nemico. Paolo dice che Dio "ci ha dato uno Spirito di forza, d'amore e di autocontrollo (oppure: di sobrio buon senso)" (2 Tim. 1:7).
Ho conosciuto dei credenti che perdendo il controllo su se stessi sono stati talmente sopraffatti dalle emozioni da arrivare a un vero e proprio stato di "trans". Questa situazione psichica può sopraggiungere inaspettatamente, specialmente in persone con un temperamento "emotivo", o può essere ottenuta con particolari metodi, ben noti in altre culture, quali il ripetere per molto tempo una stessa frase, il cantare ripetutamente una stessa melodia, oppure con l'eccitazione collettiva. Ma la Parola di Dio non prevede queste cose e Dio non le può approvare.
In questo stato di trans, che nel campo religioso viene definito dagli studiosi "estasi mistica" o "trans estatico", la persona cade a terra, balbetta cose incomprensibili, oppure grida e si agita. I fenomeni dell'estasi mistica sono, sotto molti aspetti, simili a quelli conseguenti all'assunzione di droghe per quel senso di "beatitudine" che provocano, dovuto al momentaneo distacco della mente dalle cose reali e concrete della vita. Ma Dio non ha nulla a che fare con queste cose. La storia ci riferisce che fin dai tempi antichi questo fenomeno era ricercato e praticato in tutte le religioni pagane.
I credenti, con l'intelligenza rinnovata dallo Spirito Santo, non devono cadere in questo tranello del nemico. Le nostre emozioni vanno tenute a freno e controllate. Persino quando si trattava di parlare lingue straniere (il dono delle lingue) o di cantare dei cantici, l'apostolo Paolo insegnava un totale controllo dell'intelligenza: "Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza; salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l'intelligenza" (1 Cor. 14:14-15). E Paolo aggiunge: "Nella chiesa preferisco dire cinque parole intelligibili (lett. con la mia intelligenza) per istruire anche gli altri".
In questi ultimi tempi, in mezzo a una cristianità in crisi, in preda alla più grande confusione, abbiamo tutti bisogno di molto discernimento per identificare le opere del nemico che con molta astuzia, mascherato da angelo di luce, esercita la sua influenza nefasta e distruttrice.
Un cristianesimo intellettuale, freddo, formalista, senza un minimo di sentimento, non è certo quello che il Signore vuole. Ma è altrettanto pericoloso un cristianesimo fatto solo di emozioni e di trasporto, e che non ha, come fondamento, una buona conoscenza della Parola del Signore e dei suoi insegnamenti. Già Salomone scriveva: "Lo zelo senza conoscenza non è cosa buona" (Prov. 19:2).

Intelligenza e cuore vanno sempre insieme; intelligenza rischiarata dallo Spirito e cuore sensibile all'amore del Signore. Una buona conoscenza della Parola unita al calore e all'entusiasmo è un binomio imprescindibile per essere credibili quando parliamo agli altri della nostra gioia in Cristo, e per provare al Signore che tutto il nostro essere, raziocinio e sentimenti, è coinvolto per Lui.

di A. Apicella

domenica 28 dicembre 2014

28 dicembre

(Gesù) ricevette da Dio Padre onore e gloria quando la voce giunta a lui dalla magnifica gloria gli disse: “Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto”. E noi abbiamo udito questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo.
2 Pietro 1:17-18

La trasfigurazione di Gesù

Il racconto della trasfigurazione di Gesù ci è riferito nei tre evangeli: Matteo, Marco e Luca. Quello è stato un momento unico nella vita di Gesù sulla terra, che Pietro, Giacomo e Giovanni hanno ricordato per tutta la vita. Sono stati testimoni, per un breve momento, della gloria futura di colui che amavano e in cui confidavano! È come se si fosse alzato un velo.
Infatti Gesù, il Figlio di Dio, è vissuto in questo mondo nascondendo la sua gloria divina. È vissuto nella povertà, senza dimora stabile; ha conosciuto la fame, la sete, la fatica, la sofferenza e, alla fine, la morte. Ma, durante la trasfigurazione, per un momento, Gesù è apparso ai discepoli in tutto lo splendore del suo essere; e loro, sorpresi in presenza di una simile gloria, hanno udito la voce di Dio: “Questo è il mio Figlio diletto,… ascoltatelo!” (Matteo 17:5).

Tale visione ha dato loro fiducia nella potenza e nella prossima venuta del Signore Gesù. Più tardi, alla luce di quell’avvenimento, hanno anche compreso perché dovesse essere crocifisso. Il racconto di Luca ci dice infatti che Mosè ed Elia parlavano col Signore della morte che avrebbe sofferto a Gerusalemme. La sua morte è stato il potente atto di redenzione che assicura liberazione e salvezza a tutti quelli che pongono la loro fiducia in lui. Gesù solo poteva essere il Salvatore del mondo, perché è contemporaneamente uomo perfetto e Figlio unico e diletto di Dio.

Il libro dei ricordi di Dio

"Un libro è stato scritto davanti a Lui per conservare il ricordo di quelli che temono il SIGNORE e  rispettano il suo nome” (Malachia 3:16).       

Fa piacere a tutti essere ricordati. Gran parte delle imprese umane è fatta con questo scopo. Scritti, invenzioni, opere d'arte, monumenti, mantengono vivo il ricordo di grandi personaggi. Ma sono davvero tutti uomini "grandi" secondo il pensiero di Dio? Meritano davvero tutti di essere ricordati? La vita dissoluta e immorale di tanti artisti, le stragi compiute da condottieri e capi di stato, il rifiuto di Dio da parte della maggioranza di loro dovrebbe farli dimenticare al più presto e per sempre. Ma il mondo non può avere il metro di misura di Dio.
Gli Amalechiti erano una grande e potente nazione. Quando gli Israeliti, usciti dall'Egitto, dovettero attraversare il loro territorio, questi li contrastarono, piombando da dietro sui più deboli e stanchi, e "non ebbero alcun timore di Dio" (Deuteronomio 25:17-18). Allora Dio disse a Mosè: "Quando il Signore, il tuo Dio, ti avrà dato pace... cancellerai la memoria di Amalec sotto il cielo" (v. 19). La stessa sorte meritano tutti i nemici di Dio e del suo popolo di ogni tempo: "Signore, Dio nostro, altri signori fuori di te hanno dominato su di noi... quelli sono ombre e non risorgeranno più; tu li hai distrutti e ne hai fatto perire ogni ricordo" (Isaia 26:13).
Che vantaggio c'è ad essere ricordati in un mondo su cui incombe il giudizio di Dio, ma non comparire in quel libro che "è stato scritto davanti a Lui per conservare il ricordo di quelli che temono il SIGNORE e rispettano il suo nome"?
Ecclesiaste 9:15 racconta di un uomo "povero e saggio" che con la sua saggezza salvò la città assediata da potenti nemici. La Bibbia parla di lui, anche se il suo nome non è riportato, ma negli annali della storia umana il quell’uomo non compare. "Nessuno conservò il ricordo di quell'uomo povero".
Dio non dimentica i suoi fedeli, anche se, attraversando circostanze tragiche e dolorose, qualcuno può averlo pensato. Giuseppe, ingiustamente incarcerato, chiese al suo compagno di prigione, che stava per essere liberato: "Ricordati di me quando sarai felice... ti prego, parla di me al faraone e fammi uscire"; ma lui "non si ricordò di Giuseppe, e lo dimenticò" (Genesi 40:14 e 23). Dio però aveva in mano la situazione e non aveva perso di vista il suo servo fedele. "Colui che domanda ragione del sangue si ricorda dei miseri e non ne dimentica il grido" (Salmo 9:12)
Maria di Betania versò sul capo e sui piedi del Signore un profumo di gran prezzo. Per molti, anche per i discepoli, fu una perdita, uno spreco, un impiego sconsiderato. Un atto da dimenticare. Ma per il Signore, quella dimostrazione pubblica di quanto fosse stimato e apprezzato, quella testimonianza palese del valore che Egli aveva per lei e di quanto meritasse di ricevere da chi lo amava, non era da dimenticare. "In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato il vangelo, anche quello che costei ha fatto sarà ricordato, in memoria di lei" (Marco 14:9).
"La memoria del giusto è in benedizione", scrive Salomone in Proverbi 10:7. Ricordarsi di coloro che il Signore ricorda edifica, incoraggia, stimola al bene. Il ricordo dei conduttori e di quale sia stata la fine della loro vita (Ebrei 13:7) sprona ad imitare la loro fede.
Il Signore Gesù è fondamentalmente dimenticato dal mondo. Il suo nome è escluso dai dibattiti e dalle conversazioni. Se circola ancora un po' nei nostri Paesi detti cristiani è però svuotato del suo significato profondo, sganciato dal suo sacrificio espiatorio e dai risultati eterni della sua opera. Ma ai suoi Egli dice, porgendo il pane e il calice: "Fate questo in memoria di me" (Lu. 22:19). "Al tuo nome, al tuo ricordo, anela l'anima" (Isaia 26:8). "Essi proclameranno il ricordo della tua gran bontà e canteranno con gioia la tua giustizia" (Salmo 145:7).

Credo che anche a noi credenti di oggi si rivolga l'esortazione del profeta: "Voi che destate il ricordo del Signore, non abbiate riposo" (Isaia 62:6)!

A. Apicella

sabato 27 dicembre 2014

27 dicembre

…Avendo l’apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza.
2 Timoteo 3:5

Come dunque avete ricevuto Cristo Gesù, il Signore, camminate in lui; radicati, edificati in lui e rafforzati dalla fede.
Colossesi 2:6-7

Albero di Natale

Da parecchi anni, a Natale, viene piantato un abete, alto circa venti metri, all’angolo di piazza Kleber a Strasburgo. Quest’albero desta l’ammirazione di tutta la gente che va e viene per acquisti natalizi.
Eppure, per quanto sia bello, presenta una differenza fondamentale rispetto agli alberi della stessa specie che popolano i boschi dei dintorni.
Infatti, quell’abete non ha radici. È stato semplicemente segato e piantato nel lastrico della piazza. Durante tutto il periodo delle feste, darà l’illusione di essere vivo.
Molte persone assomigliano a quell’albero. Hanno una vita religiosa, una solida cultura cristiana, frequentano delle funzioni e partecipano ad opere caritatevoli, senza peraltro avere una reale relazione con Dio.
Dopo le feste, l’abete sarà tolto ed il buco richiuso. Che cosa si farà con quell’albero di Natale così maestoso? Legna da ardere, o qualche asse! Gli altri abeti invece continueranno a vivere e a crescere.

Se la nostra fede si riassume nell’appartenere semplicemente a una religione, siamo come quell’albero di Natale. Abbiamo soltanto un’apparenza di vita. Forse siamo stati battezzati e ci siamo sposati in chiesa. In altre parole, siamo dei cristiani di circostanza. Ma se conosciamo Gesù Cristo come nostro Salvatore personale, la nostra vita spirituale è radicata in lui. Chiediamoci: la nostra fede è solo un’apparenza o abbiamo una relazione vivente con Dio?

Animali puri e impuri

Deuteronomio cap. 14

"Voi siete figliuoli dell'Eterno... Voi siete un
 popolo consacrato all'Eterno" (v. 1,2,21).

Dal v. 1-3 di Deuteronomio 14 si comprende che l'appartenenza a Dio non era solo una questione di scelta, di elezione. C'era un legame profondo, molto stretto, tra Dio e il suo popolo Israele: il legame che unisce un padre al proprio figlio. Anche noi siamo legati a Dio da un rapporto di figliolanza: siamo stati fatti "partecipi della natura divina" (2 Pietro 1:4), siamo "nati da Dio" (Giovanni 1:13), siamo tutti "figliuoli di Dio per la fede in Cristo Gesù" (Galati 3:26), abbiamo ricevuto lo Spirito di adozione per il quale gridiamo: Abba, Padre (Romani 8:15). Rapporto benedetto che implica grandissimi privilegi e che, ovviamente, comporta anche delle responsabilità. Prime fra tutte la "santificazione" personale e la "consacrazione", il separarsi dal male e il darsi interamente a Dio e al suo servizio, poiché per questo siamo stati eletti, ed è giusto che Egli possa portare a compimento la sua opera e i suoi progetti attraverso di noi.
Israele non doveva, per nessuna ragione, imitare le usanze dei popoli pagani: non farsi incisioni nel corpo, non radersi i peli (v.1), non farsi tonsure al capo né radersi i canti della barba (Levitico 21:5), perché era un popolo "santo", separato per Dio. A loro Dio diceva: "Santificatevi, dunque, e siate santi, perché io sono santo" (Lev. 20:26); e a noi che crediamo al Signore sono ripetute le stesse parole (1 Pietro 1:16).

Animali puri e impuri: cosa significa per noi? (v. 4-21)
Gli stranieri che abitavano in mezzo al popolo potevano mangiare di tutto, ma gli Ebrei no. Ogni bestia morta da sé (v. 21), così come quelle strangolate o uccise da belve o da rapaci, erano proibite. Ma c'era anche una distinzione da fare fra gli animali: i "puri" erano quelli che si potevano mangiare, gli "impuri" erano vietati. Mosè ne dà qui un elenco, con meno dettagli però di Levitico11:2-23.
E' chiaro che noi credenti siamo esentati da questi obblighi legali. 1 Timoteo 4:4 insegna che "tutto ciò che Dio ha creato è buono e nulla è da riprovare, se usato con rendimento di grazie". Possiamo dunque mangiare liberamente "tutto quello che si vende al macello, senza fare inchieste per motivo di coscienza" (1 Corinzi 10:25). Però possiamo trarre da questi ordinamenti delle lezioni spirituali di altissimo interesse.
A rendere puro o impuro un animale erano certe caratteristiche anatomiche e fisiologiche alle quali noi diamo un significato simbolico. L'unghia spartita, il piede forcuto, e la ruminazione erano caratteri necessari per rendere puri i mammiferi erbivori (v. 6). Le pinne e le squame (v. 9) rendevano puri i pesci. Per gli uccelli c'è semplicemente l'elenco di quelli proibiti che, in generale, erano i rapaci e i volatili che si nutrono di carogne. I rettili (in italiano: gli insetti) alati erano tutti impuri (v. 19). Erano anche proibiti i piccoli animali che strisciano e tutti i rettili (Lev. 11:29-31). All'Eterno si dovevano offrire solo animali puri, e fra questi solo quelli espressamente indicati dagli ordinamenti del culto.
La ruminazione è come una seconda digestione, un ripassare alimenti già utilizzati per trarne ulteriore nutrimento. E' quello che dobbiamo fare con la Parola di Dio: "mangiarla", come ha fatto il profeta Geremia che dice: "Tosto che ho trovato le tue parole, io le ho divorate; e le tue parole sono state la mia gioia, l'allegrezza del mio cuore" (15:16); e poi meditarla, ritornarci su, approfondirne gli aspetti che possono essere passati inosservati, per trarre da essa il maggiore vantaggio possibile. Questo aiuta anche a memorizzare i testi biblici, il che ha la sua importanza sia per noi stessi sia quando parliamo ad altri del Signore. "Beato l'uomo... il cui diletto è nella legge dell'Eterno, e su quella legge medita giorno e notte" (Salmo 1:2).
L'unghia spartita consente di allargare la superficie di appoggio del piede per poter camminare anche su terreni molli senza sprofondare. E' figura di un cammino stabile, sicuro, che non affonda nel fango del peccato. "Che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo in santità ed onore, non dandosi a passioni di concupiscenza" (1 Tess. 4:5). "Ma il Signore è fedele, ed Egli vi renderà saldi e vi guarderà dal maligno" (2 Tess. 3:3).
Le scaglie dei pesci sono una protezione dagli agenti esterno e anche dagli attacchi dei nemici. Si può fare il parallelo con l'armatura di Efesini 6 che il Signore ci mette a disposizione ma che tocca a noi indossare. Le pinne danno rapidità e forza al nuoto, permettendo di andare anche contro corrente. Non dovrebbe essere questo il nostro procedere in questo mondo? "Non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati, mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la volontà di Dio" (Romani 12:2).
Il rettile striscia sul terreno ed è figura di ciò che è mondano, attaccato alla terra. Il rettile "alato" raffigura un misto di "celeste" e di terreno, un connubio di due cose che non possono andare insieme. "Cercate le cose di sopra... fate morire le vostre membra che sono sulla terra" (Colossesi 3:1,5).


Ma qualcuno potrebbe chiedersi: è giusto cercare simboli e paralleli spirituali in quelle antiche prescrizioni? Possiamo dire di sì; Paolo l'ha fatto in 1 Corinzi 9:9-10 dove, proprio da un ordinamento di Deuteronomio 25:4 che riguarda i buoi, trae una lezione morale sui diritti dei servitori del Signore e sul comportamento dei cristiani nei loro confronti: "Difatti, nella legge di Mosè è scritto: «Non mettere la museruola al bue che trebbia il grano». Forse che Dio si dà pensiero dei buoi? O non dice così proprio per noi? Certo, per noi fu scritto così; perché chi ara deve arare con speranza e chi trebbia il grano deve trebbiarlo con la speranza di averne la sua parte.".

di A. Apicella

venerdì 26 dicembre 2014

26 dicembre

Insegnaci a contare bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio.
Salmo 90:12

Guardate dunque con diligenza a come vi comportate, non da stolti ma da saggi; ricuperando il tempo, perché i giorni sono malvagi.
Efesini 5:15-16

Prendersi del tempo

Un uomo d’affari diceva a un amico: “Sai che cosa regalerò a mio figlio per Natale?” Gli fa vedere un foglio di carta su cui ha scritto: “Nicola, trascorrerò del tempo con te ogni giorno di questa settimana e lo impiegheremo come vorrai tu”.
C’è un regalo più bello di quello di dedicare del tempo a coloro che amiamo? Non è una prova d’amore? Anche i bambini apprezzano il fatto di avere il padre o la madre tutti per loro. S’instaura un sentimento di sicurezza, di comprensione e d’affetto. Si stabilisce un legame profondo.
Ma che cosa vuol dire “prendersi del tempo”? È rinunciare a tanti impegni per mettere a parte un momento da dedicare all’altro, per trascorrere alcuni istanti insieme. È considerare colui con cui si conversa, magari passeggiando, come una persona molto importante. Il modo con cui impieghiamo il tempo manifesta quali sono le priorità nelle nostre valutazioni.

Quanto è difficile all’uomo stressato della nostra epoca “prendersi del tempo”! Ma è prioritario che io mi prenda del tempo per Dio: fermarmi un momento, capire che cosa inseguo, quali sono i miei scopi, i miei valori. Trovare ogni giorno il tempo per leggere la Bibbia ed ascoltare quello che Dio mi dice. Prendermi del tempo per parlargli, per pregarlo. Niente può sostituire gl’istanti che trascorriamo nell’intimità del nostro Signore. Gli uomini che sono stati i più attivi per Dio, i più utili e i più saggi, sono quelli che hanno saputo consacrare un periodo della loro giornata a questo appuntamento giornaliero.

giovedì 25 dicembre 2014

25 dicembre

Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
Luca 2:7

(Gesù dice:) "Se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò da lui ed egli con me".
Apocalisse 3:20

Nessun posto per lui

L’albergo era al completo? I genitori di Gesù erano troppo poveri? Quel che è certo è che per loro non c’era posto. Alla sua nascita, Gesù fu dunque coricato in una mangiatoia. È questa l’accoglienza che l’inviato di Dio ha dovuto ricevere da parte degli uomini.
Se un tempo Gesù non è stato ricevuto nell’albergo, oggi è nel nostro cuore che desidera entrare. Abbiamo un posto per lui? Vogliamo riceverlo? Riceverlo consiste semplicemente nel credere in lui, comprendere che è morto al nostro posto, amarlo. Gesù è stato crocifisso per subire il castigo che noi meritavamo. Ora è vivente e, se lo riceviamo, viene ad abitare in noi con il suo Spirito.
Cristiani, poniamoci degli interrotativi. Che posto ha Gesù nella nostra vita? Di cosa è occupato il nostro cuore e a cosa pensiamo durante tutta la giornata? Se la nostra mente è piena di preoccupazioni, di fantasia, di progetti, non ci sarà posto per il Signore. Gesù è il dono di Dio. Troviamo il tempo per accoglierlo, con preghiera e leggendo la Bibbia!

Gesù disse a Zaccheo: “Oggi debbo fermarmi a casa tua” (Luca 19:5) Questi scese velocemente e lo ricevette con gioia. Aveva bisogno di Gesù. E noi? Ancora adesso il Signore potrebbe dirci: “Voglio dimorare a casa tua; fammi un posto negli spazi della tua vita: nel tuo lavoro, nei tuoi svaghi…” Cosa risponderemo? Che “in ogni cosa Egli abbia il primato” (Colossesi 1:18)!

mercoledì 24 dicembre 2014

24 dicembre

"Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: Oggi nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore".
Luca 2:10-11

Una grande gioia

“Non temete”. Il mondo è pieno di problemi che creano ansia e paura: paura dell’incidente, degli altri uomini, del domani, della morte: però Dio mi dice: “Non aver paura!”
“Una buona notizia”. Come un tempo i pastori, anch’io ho bisogno e voglia di udire una buona notizia. Sarà un cambiamento!
“Una grande gioia”. Non semplicemente una consolazione, neppure un’aria di festa per una notte, ma una vera gioia che dura senza diminuire!
“Che tutto il popolo avrà”. Allora non è solo per me, ma anche per il mio congiunto, i miei figli, i miei genitori, i vicini. E anche per te, lettore!
“Oggi”. Non è un sogno, e neppure una speranza per domani; è una realtà per oggi, per adesso!
“È nato per voi un Salvatore”. Che notizia straordinaria! C'è qualcuno che mi ama, che mi comprende e che afferma che non è tutto perso, che s’avvicina a me dove sono, nello stato in cui mi trovo e mi propone d'aiutarmi, di liberarmi, di salvarmi!

Ecco che cosa mi occorre: Gesù. Egli non è più il bambino coricato nella mangiatoia; sì è fatto uomo, ma è il Dio vivente, il Salvatore di chi ha fiducia in lui. Dice a ognuno di quelli che lo cercano: Anche se hai l’impressione che io sia molto lontano, ti conosco e so a che punto sei. Ho fatto tutto per salvarti. Parlami a tua volta; con le tue parole. Vedrai allora quanto io ti amo e desidero renderti felice!

"Innalzato"

Tre volte, nel Vangelo di Giovanni, il Signore usa l'aggettivo "innalzato" (o "elevato") alludendo alla sua morte sulla croce. E questo può stupirci in quanto una simile espressione sembra più adatta a descrivere un onore, un riconoscimento, un'alta posizione, piuttosto che un'umiliazione come quella della crocifissione. Non per niente Giovanni, intuendo la difficoltà, ci tiene a precisare che il Signore "così diceva per significare di qual morte doveva morire" (12:33).

"In Filippesi 2:6-8 Paolo scrive che il Signore "annichilì se stesso prendendo forma di servo, e divenendo simile agli uomini; ed essendo trovato nell'esteriore come un uomo, abbassò  se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte della croce ".  Lui, il Messia, il vero re dei Giudei, non meritava certo una croce. Il popolo avrebbe dovuto accoglierlo a braccia aperte, portarlo in trionfo, acclamarlo con grida di gioia, farlo sedere in alto, al di sopra di tutti, su un trono di gloria. Invece, fu condannato a morte come un malfattore. La crocifissione fu un affronto orribile fatto alla sua santa Persona, un segnale evidente del disprezzo e dell'odio che covava nel cuore degli uomini nei confronti Dio.

 Nessun apostolo ha detto o scritto che Gesù è stato "innalzato" sulla croce. Invece, il giorno della Pentecoste, Pietro proclama ad alta voce, di fronte alle migliaia di Ebrei che si erano radunati, che "Gesù è stato esaltato (o innalzato; il termine è il medesimo nell'originale) alla destra di Dio" (Atti 2:33), e lo ripete nel discorso del cap. 5: "Iddio lo ha esaltato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore" (v.31). E' vero. "Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome... affinché ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore" (Fil.2:9-11).

Eppure il Signore disse di Sé che sarebbe stato "innalzato", riferendosi alla sua morte in croce, e lo disse in tre occasioni precise e molto significative.


1. "Bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato" (Giovanni 3:14).

Nicodemo non aveva capito. L'idea di dover "nascere di nuovo" gli sembrava assurda. "Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel seno di sua madre e nascere?". Umanamente, l'obiezione era giustificata; ma il Signore parlava di un'altra "nascita", della quale non bisognava meravigliarsi in quanto sarebbe stata opera dello Spirito, una delle cose "celesti" (v.12) che la mente umana non può afferrare, ma che la fede riceve e accetta senza alcuna titubanza.

Ma come comprendere la nuova nascita senza conoscere prima la croce di Cristo? La croce di Cristo è alla base di tutta l'opera di Dio, perché solo la sua morte permette a Dio di perdonare l'uomo peccatore.  Nello stesso tempo, però, è anche l'unico fondamento della fede, perché nessuno sarà mai perdonato se non crede nel Cristo morto in croce per i suoi peccati.

Così, a un Nicodemo titubante che, in quanto dottore della legge avrebbe dovuto capire qualcosa ma in quanto uomo peccatore non poteva ancora  comprendere, il Signore anticipa il mistero della croce. "Bisogna" che il Figliuol dell'uomo sia innalzato. Dio non aveva altro mezzo. La sua morte era una necessità nel piano divino di grazia. Elevato, come lo fu il serpente nel deserto, fatto "peccato" per noi, Gesù Cristo ci libera dall'ira a venire. "Egli che non commise peccato, ha portato Egli stesso i nostri peccati nel suo corpo, sul legno" (1 Pietro 2:22-24).


2. "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che sono io" (Giovanni 8:28).

I Giudei non avevano capito. Non avevano capito che Gesù parlava del Padre (v.27) perché non volevano credere ch'Egli fosse il Cristo proceduto da Lui. La diatriba continua fra i capi dei Giudei e Cristo verteva proprio su questo fatto. Quaranta volte circa ritorna in questo Evangelo la frase "Colui che mi ha mandato" o espressioni equivalenti. E lo stesso Giovanni lo ribadisce nella sua Epistola: "In questo si è manifestato per noi l'amore di Dio: che Dio ha mandato il suo unigenito Figliuolo nel mondo affinché, per mezzo di Lui, vivessimo... In questo è l'amore: che Egli ha amato noi e ha mandato il suo Figliuolo per essere la propiziazione per i nostri peccati... E noi abbiamo veduto e testimoniamo che il Padre ha mandato il Figliuolo per essere il Salvatore del mondo" (1 Giov. 4:10:14).

Così, ai Giudei increduli che, in quanto depositari delle rivelazioni di Dio avrebbero dovuto comprendere, ma in quanto peccatori e ribelli non erano in grado di afferrare nulla del suo piano di salvezza, il Signore anticipa il mistero della croce. "Quando avrete innalzato il Figliuol dell'uomo, allora conoscerete che sono io  il Cristo". L'"Io sono", Colui che era, che è e che sarà, l'Eterno, si è fatto uomo per amore della sua creatura. Ma ci vuole la croce per capire. La croce è la chiave per conoscere i misteri di Dio. E solo la fede nella croce di Cristo rivela la grandezza del Salvatore, la sua provenienza celeste sebbene in un corpo di uomo, la deità di Colui  che è "sopra tutte le cose, Dio benedetto in eterno" (Rom. 9:5).


3. "E io, quando sarò innalzato dalla terra, trarrò tutti a me"                               (Giov.12:32).

La folla non aveva capito. C'era stata una voce dal cielo, e non era per il Signore, ma per loro (v. 30). Alcuni dicevano che un angelo gli aveva parlato, altri che era stato un tuono. Il Signore aveva insegnato che chi lo voleva servire doveva anche seguirlo, e il Padre l'avrebbe onorato. Ma seguirlo non era cosa da poco. Egli si rassomigliava a un "granello di frumento" (v. 24) che, caduto in terra, per portare molto frutto doveva morire. Seguire il Signore è prima di tutto morire con Lui. "Chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà in vita eterna" (v. 25). La prima tappa è la croce. E quando diceva "Io trarrò tutti a me" alludeva proprio a questo. Non c'è vita per noi se prima non c'è la morte. Non c'è il cielo se prima non c'è la croce. "Ora, se siamo morti con Cristo, noi crediamo che anche vivremo con Lui" (Rom. 6:8). "Voi moriste, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio" (Col. 3:3).

Ma come capire queste cose senza prima capire la croce di Cristo? Essa sola è la chiave per intendere quest'altro mistero, quello della nostra identificazione con Lui, nella sua morte, prima, e poi nella sua risurrezione. "Poiché, se siamo divenuti una stessa cosa con Lui per una morte somigliante alla sua, lo saremo anche per una risurrezione simile alla sua, sapendo questo: che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con Lui, affinché il corpo del peccato fosse annullato" (Rom. 6:5).

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"Innalzato". Soltanto perché, sulla croce, era di qualche metro più alto del suolo? Non credo. "Innalzato" perché, proprio nel più profondo abbassamento, la sua gloria ha brillato come non mai. Da parte sua, l'uomo, innalzando Cristo sulla croce, non intendeva certo esaltarlo; anzi, intendeva infliggergli il più infamante supplizio. Tuttavia la croce lo ha esaltato perché ha fatto risaltare tutta la grazia e l'amore del Signore, e del Padre che l'aveva mandato. Perché là, inchiodato su quel legno, attira Ancora oggi lo sguardo  stupefatto e ammirato di tutti i credenti.

Il Cristo che soffre e che muore non è un debole e nemmeno un vinto. "E' stato crocifisso per la sua debolezza" (2 Corinzi 13:4), nel senso che ha accettato volontariamente di non far valere i suoi diritti, di lasciarsi uccidere senza reagire, né come uomo, né come Dio. Ma proprio qui sta la sua grandezza e la sua forza. La forza dell'amore  che soffre ogni cosa e sopporta ogni cosa per quelli che ama. La grandezza del Dio creatore di tutte le cose che, con quell'atto supremo, vince il principe di questo mondo e libera i suoi prigionieri.


Il Signore sulla croce è dunque veramente "elevato". Elevato per noi che l'abbiamo conosciuto e lo amiamo. Elevato non per i ragionamenti e la logica umana, ma per la fede, la sola che può penetrare nella dimensione infinita dell'amore di Dio.  

A. Apicella

martedì 23 dicembre 2014

23 dicembre

Tu sei Dio, le tue parole sono verità.
2 Samuele 7:28

Trovata (la pecora), tutto allegro (il pastore) se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: ”Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta".
Luca 15:5-6

Come essere sicuro di essere salvato? (II)

Credere a Dio è dare la precedenza alla sua Parola rispetto ai nostri pensieri ed ai nostri sentimenti. È un primo punto da afferrare. Occorre anche credere che egli è amore e che desidera veramente salvarci.
Ricordo ancora il luogo in cui, improvvisamente, m’è venuto in mente questo versetto: “L’Eterno ha voluto salvarmi” (Isaia 38:20). In un istante ho capito che Dio mi aveva amato per primo, che aveva voluto salvarmi e fare di me un suo figlio. Ho avuto la certezza di essere salvato. Lo Spirito Santo mi presentava questo versetto con tutta la sua forza di convinzione. Mi aveva preparato interiormente, ed ora la Parola di Dio poteva mettere le sue radici in me. Ho accettato che Dio mi amasse veramente, che amasse me, personalmente. Sapevo che gli appartenevo; Gesù aveva pagato, per questo, un prezzo molto elevato.
Eppure c’era ancora una lezione da imparare. Per un certo periodo sono stato assalito da molti dubbi, finché, un giorno, ho letto questo pensiero di un credente: “Non rimettete in dubbio, nel buio del turbamento e della tentazione, quello che avete imparato nella luce”. Era vero, e m’è stato utile ritornare all’amore del Signore che s’è definitivamente imposto al mio cuore e alla mia coscienza. Da quel giorno ho sperimentato che il Signore mi segue, mi tiene per mano, mi rialza, mi fortifica. È lui che mi tiene nelle sue mani e nessuno può strapparmi a lui. Mi porta sulle sue spalle.

Restiamo stabili, fermi nella fede, coscienti dell’amore di Dio. È lì che il credente trova la sorgente per la sua vita.

lunedì 22 dicembre 2014

22 dicembre

Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio non ha la vita. Vi ho scritto queste cose perché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio.
1 Giovanni 5:12-13

Avendo creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo.
Efesini 1:13

Come essere sicuro di essere salvato? (I)

Desidero descrivervi le quattro lezioni che ho dovuto imparare in relazione con la mia salvezza. Ero un adolescente spensierato quando, una sera, mio padre mi diede un opuscolo cristiano, pregandomi di leggerlo. Con mia grande sorpresa, rispondeva alla mia domanda segreta: Sono realmente salvato? Da qualche tempo ero preoccupato a quel riguardo. A volte ero fiducioso, ma altre volte mi chiedevo se non m’illudessi, se non fossi solo uno che desiderava essere salvato, ma che non lo fosse realmente.
Quel foglietto arrivò al momento opportuno. Spiegava che non bisognava guardare né ai propri pensieri, o ai sentimenti, o ai dubbi, ma a ciò che afferma la Parola di Dio. Quando dice che chi crede ha la vita, è la verità, anche se non si prova nessuna particolare emozione. Era una prima lezione.
Dopo qualche tempo sono andato ad assistere ad una riunione per giovani, tenuta da un servitore di Dio. È lì che ho capito una seconda lezione. Pensavo che il predicatore avrebbe citato molti versetti sulla salvezza e che ci avrebbe chiesto di credere in Gesù Cristo. In effetti, ha citato dei versetti, ma soprattutto ci ha parlato con affetto e ci ha incoraggiati, dicendoci: “Siate pazienti e abbiate fiducia nel Signore. Venuto il momento, dopo che la vostra coscienza sarà stata sensibilizzata, Gesù vi riempirà della gioia della salvezza. È Dio stesso che, con il suo Spirito, ve ne darà la certezza”.

(il seguito domani)

domenica 21 dicembre 2014

21 dicembre

Egli (Dio) ti coprirà con le sue penne e sotto le sue ali troverai rifugio.
Io esulto all'ombra delle tue ali.
Salmo 91:4; 63:7

Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!
Matteo 23:37

Protetto e riconfortato

Come la chioccia veglia sulla sua covata, coprendo i pulcini con le piume e riparandoli sotto le ali al minimo pericolo, così il Signore vuole non solo proteggere, ma confortare, consolare: ”Sarete portati in braccio, accarezzati sulle ginocchia. Come un uomo consolato da sua madre, così io consolerò voi” (Isaia 66:12-13). Dio non è lontano o indifferente. Vuol dare piena sicurezza a chi confida in lui, fargli sentire la dolcezza della sua presenza.
Certo, si può respinge questa protezione, cercare di cavarsela da soli, rifiutare d’ascoltare Dio. Ma quando si sono esaurite tutte le risorse umane, quando si è toccato il fondo, che cosa rimane? Da parte nostra, nient'altro che un amaro senso di debolezza, una costatazione dolorosa di fallimento e un cuore indurito… Ma, da parte di Dio, finché dura il giorno della grazia, c’è sempre la stessa chiamata, il desiderio di vederci ritornare a lui, per il nostro bene eterno.
Gesù ha detto: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo” (Matteo 11:28).
“Il Dio eterno è il tuo rifugio; e sotto di te stanno le braccia eterne” (Deuteronomio 33:27).

sabato 20 dicembre 2014

20 dicembre

Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Salmo 23:4

Uno dei suoi discepoli gli disse: “Signore, insegnaci a pregare”
Luca 11:1

Fiducia

Quando tento di fare io qualcosa, fallisco; quando mi confido in Gesù Cristo, Lui riesce.
Corrie Ten Boom
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La pazienza consiste nel confidare in Dio per risolvere i nostri problemi, ma senza fissargli un limite per farlo.
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Tutto quello che ho visto m’insegna a confidare nel Creatore per tutto quello che non ho visto.
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Stiamo tranquilli: tutto quello che ci è nascosto non è nascosto a Dio.
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Se Dio permette che sulle nostre spalle ci siano dei pesi da portare, non lo fa per schiacciarci ma per farci mettere in ginocchio
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Non prego per avere un peso più leggero, ma per saperlo portare con il Signore.
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Se i vostri problemi sono troppo piccoli per presentarli in preghiera al Signore, allora sono anche troppo piccoli perché dobbiate preoccuparvi.