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domenica 31 gennaio 2021

Schiavi

“Siete servi di colui a cui ubbidite” 

Romani 6:16.



Questo versetto presenta un concetto molto importante: l'unico responsabile del fatto di essere dominato sono io, giacché io sono stato colui che si è sottomesso a quella forza.

Questa sorte di schiavitù si presenta sotto forme abilmente mimetizzate per apparire insignificanti. Quante ho volte mi sono sentito dire: “Oh, io posso rinunciare a questa abitudine quando voglio”.

Falso.

Non lo puoi, poiché le hai ceduto di tua spontanea volontà e ora quella abitudine ti domina completamente. Per uscirne occorre una scelta decisa, una svolta risoluta. Ogni forma di schiavitù sarà spezzata con la nostra sottomissione a Cristo.

“Promettono loro la libertà, mentre essi stessi sono schiavi della corruzione, perché uno è schiavo di ciò che lo ha vinto” 2 Pietro 2:19. Con questa espressione l'apostolo Pietro descrive lo stato morale dei falsi dottori. Questi uomini “audaci e arroganti” propagatori di eresie di perdizione, erano diventati schiavi della corruzione. Il peccato li aveva vinti e assoggettati. Pietro diceva “non possono smettere di peccare” (2:14), “sono schiavi della corruzione perché uno è schiavo di ciò che lo ha vinto”. Questo principio è vero. La sua portata è assai vasta. Lo possiamo applicare all'uomo nella carne, all'incredulo, e al credente; lo possiamo usare per spiegare situazioni morali o materiali: esso è sempre valido.

Il figliol prodigo è fuggito da casa per soddisfare le proprie concupiscenze, avendo a disposizione dei beni datigli dal Padre, ma non aveva saputo valutare i privilegi dell'ubbidienza, il valore dell'amore del Padre e della sua compagnia e si è trovato schiavo, a lavorare per niente, senza mai potersi saziare, avvilito e miserabile. Perché è questo che produce questo tipo di schiavitù.

Questa è la condizione in Adamo “carnale venduto schiavo al peccato” Rom. 7:14. Gli resta, è vero, la libertà di scelta, ma questa libertà è solo teorica e a meno che qualcuno non intervenga per riscattarlo, l'uomo da solo, non potrà mai liberarsi da solo.

Anche un credente può scegliere di ubbidire alla propria carne. Le passioni cercano sempre di avere il sopravvento, i desideri della carne vogliono essere soddisfatti, la concupiscenza reclama la sua parte, le cose del mondo trovano posto a poco a poco nel cuore dei credenti, sono nemici a volte apparentemente inoffensivi che se si lasciano entrare nel proprio cuore, nella propria famiglia e quando vi avranno preso posto avrà inizio la schiavitù. “Chi commette peccato è schiavo del peccato” Giov. 8:34. I credenti mondani sono così “hanno cura della carne per soddisfare le concupiscenze” Rom.13;14.

“Fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un'occasione per vivere secondo la carne” Galati 5:13.

31 gennaio - Per fede comprendiamo

La fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo.

Romani 10:17

 

Per fede comprendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; così le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti.

Ebrei 11:3

 

Per fede comprendiamo

 

Nel settembre 2008, il Centro Europeo di Ricerca Nucleare ha messo in funzione il più potente acceleratore di particelle del mondo. La comunità scientifica attende con impazienza i risultati di esperimenti che dovrebbero permettere una migliore conoscenza della materia e della sua formazione. Ma i ricercatori sanno già che se questi risultati permetteranno di risolvere certi problemi, ne solleveranno altri altrettanto complicati. Ciò che constatava il fisico Jack Steinberger (premio Nobel) è ancora attuale: “Malgrado i progressi notevoli… le questioni fondamentali che non trovano risposta non mancano. E quelle che rimangono senza soluzione sono più complesse di quelle chiarite dalla mia generazione”.

Per quanto utile e appassionante, la ricerca scientifica non riesce a spiegare tutto. Neanche la Bibbia spiega nei dettagli la creazione dell’universo, ma rivela che c’è un Creatore, infinitamente più saggio e potente dell’uomo. Egli parlò, e la cosa fu; egli comandò e la cosa apparve” (Salmo 33:9). La fede accoglie questa dichiarazione perché è il Creatore stesso a confermarla. Questo non impedisce agli scienziati di proseguire nel loro lavoro, ma quelli cristiani lo fanno con umiltà. Uno di loro, Isaac Newton, diceva: “La forza di gravità spiega il movimento dei pianeti, ma non è in grado di spiegare ciò che li mette in moto. Dio governa tutte le cose, e Lui solo conosce tutto ciò che è, e tutto ciò che può essere”. 

sabato 30 gennaio 2021

L'erba sulla strada

 “Non abbandoniamo la nostra comune adunanza” 

Ebrei 10:25.


In un piccolo villaggio dell'Africa era stata costruita una capanna in posizione centrale rispetto a tutte le altre abitazioni. L'Evangelo aveva fatto presa su tutti i componenti del piccolo villaggio e da ogni abitazione partiva un sentiero che portava a quel luogo di ritrovo. Lì, tutti si potevano recare per pregare o per udire la Parola di Dio.

Un giorno un giovane convertito andò a bussare alla porta del vicino: Fratello, gli disse, l'erba cresce sul tuo sentiero.

Forse meritiamo anche noi lo stesso rimprovero. Lasciamo crescere l'erba sulla strada che conduce al luogo in cui ci si raduna per la preghiera, la lettura della Parola di Dio?

Il Signore ha promesso la sua presenza in mezzo ai duo o tre che si radunano nel suo nome (Matteo 18:20), e questo incontro è insostituibile.

Facciamo attenzione, l'erba cresce in fretta sul sentiero, così in fretta che presto non lo distingueremo più. Non vedremo più il sentiero.

30 gennaio - Il Signore Gesù e la sofferenza

Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore.

Apocalisse 21:3-4

 Il Signore Gesù e la sofferenza

 

Per chi riceve la testimonianza della vita di Gesù, non possono esserci dubbi sull’amore di Dio verso l’uomo. Ma Gesù non è più sulla terra, e noi continuiamo a convivere con le sofferenze, le malattie, i lutti…

Non dimentichiamo che la sofferenza e la morte che regnano nel mondo sono una conseguenza del peccato dell’uomo. Gesù non ha nascosto agli uomini il loro misero stato morale, ma questa verità è stata respinta, e gli uomini si sono sbarazzati di Lui condannandolo a morte. C’è da stupirsi se, dopo aver respinto Colui che Dio ha mandato, la situazione del mondo non faccia che peggiorare? Vorremmo considerare Dio responsabile di questo declino?

Consideriamo la croce del Signore. Quando l’odio dell’uomo si è scatenato contro di Lui, l’amore di Dio verso l’uomo si è manifestato nella maniera più evidente. In che modo? Direte voi. Perché Gesù, sulla croce, ha preso il posto dell’uomo colpevole e ha portato il giudizio che noi tutti meritavamo a causa del peccato. Con la sua morte, Gesù ha riportato una vittoria definitiva sul diavolo, perché libera dal suo potere tutti coloro che credono in Lui, e anche sulla morte, perché Lui è risuscitato ed è salito in cielo, e così sarà per tutti i credenti.

In questa attesa, la malattia e la sofferenza diventano un mezzo per imparare a conoscere il “Dio di ogni consolazione” (2 Corinzi 1:3), perché Lui solo può dare “una consolazione eterna e una buona speranza” (2 Tessalonicesi 2:16).


venerdì 29 gennaio 2021

Parole rassicuranti

“A chi vorreste assomigliare Dio? Con quale immagine lo rappresentereste?” Chiede il profeta (Isaia 40:18).


Voi e io cominciamo ogni giorno bisognosi di qualcosa. 

Sono infatti i bisogni primari a spingerci fuori del letto.

Ma per Dio non è così.

Non è una creatura, è autosufficiente, non dipende da niente e da nessuno.

Non ha bisogno di riprendere fiato.

Non ha bisogno di cibo o di consulenza medica.

“Il Padre ha vita in se stesso”. Giovanni 5:26.

Non è semplicemente vivo, ma è vita lui stesso.

Era prima che qualsiasi cosa fosse.


Somma tutto questo. 

Senza bisogni. 

Senza età. 

Senza peccato.


Non fa meraviglia che abbia detto: “Io sono Dio, e non ce n'è alcun altro; sono Dio, e nessuno è simile a me” Isaia 46:9.

Ma la maestà e la Santità di Dio sono delle buone notizie?

Quando Isaia lo vide, non poté fare a meno di dire: “Guai a me, sono perduto! Perché io sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; e i miei occhi hanno visto il Re, il Signore degli eserciti” Isaia 6:5.

La  maestà e la Santità di Dio non sono delle buone notizie, ma le parole che Egli ha lasciato per noi sì.

“Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” Giovanni 3:16.

29 gennaio - Il Signore Gesù e la sofferenza

Il diavolo pecca fin da principio. Per questo è stato manifestato il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo.

1 Giovanni 3:8

La grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo.

Giovanni 1:17


 Il Signore Gesù e la sofferenza

 

Vicino a un pozzo, in pieno mezzogiorno, Gesù, stanco e assetato, aspetta. Vuole calmare la coscienza di una donna peccatrice e spegnere la sete del suo cuore (Giovanni 4:3-26). Gesù non disprezzava nessuno ed era attento ai problemi di ciascuno.

Di fronte alla morte, in molti casi, Gesù mostra la Sua potenza divina e la Sua simpatia. Lo vediamo risuscitare una bambina di dodici anni e renderla ai genitori. Ad una vedova che piange l’unico figlio, rivolge queste parole di conforto: “Non piangere”; fa rizzare il morto e lo restituisce a sua madre. Piange con Marta e Maria, prima di far uscire dalla tomba il loro fratello Lazzaro, sepolto da quattro giorni. Dio non è insensibile ai nostri lutti e ai nostri dolori.

In tutta la sua vita Gesù ci rivela dunque un Dio d’amore, di bontà e di compassione davanti alla sofferenza. Ci mostra pure che noi non riusciamo a capire tutto e che ci sono delle circostanze in cui dobbiamo sottometterci con fiducia.

Questa vita meravigliosa di Gesù è all’opposto dell’idea che ci facciamo di un Dio lontano, insensibile, se non addirittura duro verso l’uomo. È il diavolo la fonte di queste menzogne. Il suo scopo costante è allontanare l’uomo da Dio, e riempire il nostro cuore di rivolta e di sfiducia. Gesù è venuto per guadagnare la nostra fiducia, calmare le nostre sofferenze, confutare le menzogne del diavolo e distruggere le sue opere. La sua vita è un percorso d’amore, di luce e di bontà verso tutti gli uomini; la sua morte è la loro salvezza. “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Giovanni 14:9).


(segue nel messaggio di domani)

giovedì 28 gennaio 2021

Alla scuola di Dio

La focaccia rivoltata

“Efraim si mescola con i popoli. Efraim è una focaccia non rivoltata” (Osea 7:8). Questa figura descrive lo stato morale di Israele che si era alleato al mondo – rappresentato dall’Egitto e dall’Assiria – e non si era pentito. 

Una focaccia non rivoltata, cotta solo da una parte, non è appetitosa: dev’essere prima cotta sul fuoco da ambedue le parti e solo in seguito potrà servire da nutrimento. Uno che si dice credente e poi si associa al mondo e si comporta come i non convertiti, è una focaccia non rivoltata. Ha due facce, con consistenza e aspetto diversi, e non può sentirsi a suo agio né in compagnia dei veri credenti, né in quella delle persone del mondo. Ma anche il credente deve fare attenzione a non farsi complice di Satana, né a identificarsi con un mondo di cui costui è il capo, un mondo che ha crocifisso Cristo e lo rigetta ancora. I più pericolosi strumenti del diavolo sono proprio i falsi credenti che si associano al mondo e indietreggiano davanti alla croce. Paolo li chiama “nemici della croce di Cristo”, non propriamente “nemici di Cristo”, ma della sua croce. Infatti, rifiutano di lasciarsi “crocifiggere”, e vogliono salvare la loro vita in Adamo, pur pretendendo di seguire il Signore (Filippesi 3:18, 19; Matteo16:24-26). Ma un cristianesimo senza croce è un cristianesimo senza Cristo. 

Per il credente la frontiera con questo mondo sarà sempre “la croce del nostro Signore Gesù Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso e io sono stato crocifisso per il mondo” (Galati 6:14). Questo confine è tracciato prima nel nostro cuore, secondo il posto che Cristo vi occupa, poi nel nostro cammino quaggiù dove dobbiamo dimostrare che, come Lui, anche noi non siamo del mondo (Giovanni 17:14, 16). 

Seguendo l’esempio di Mosè, dobbiamo, per fede, congedarci definitivamente dall’Egitto, il paese della nostra “nascita”, senza temere la collera del re che ci inseguirà, ma che non potrà nuocerci se dimoreremo in Colui che l’ha vinto alla croce. Quando ci saremo incamminati nel deserto, se ci affideremo a Lui, i cocomeri dell’Egitto non occuperanno più né i nostri pensieri né i nostri desideri; ma se cerchiamo di stabilirci nel deserto o, peggio ancora, di ritornare in Egitto, Dio dovrà “rivoltare la focaccia” sul fuoco, infrangere la nostra volontà personale con la sua disciplina e raggiungere il male fin nelle sue radici più profonde, per liberarci dalla morsa del mondo e del suo principe e ricondurci all’obbedienza alla Sua volontà. “Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui… Il mondo passa con la sua concupiscenza, ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1 Giovanni 2:15) 

Quanto più un cristiano ha a che fare col mondo, tanto più è esposto al pericolo di conformarsi allo spirito di questo secolo. Se così avviene, Dio interverrà per rompere i lacci che l’hanno legato e per questo scopo si può anche servire delle difficoltà che si incontrano nella vita. 


Il tralcio potato  

“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo…. Ogni tralcio che dà frutto, lo pota (o lo “monda”; letteralmente lo “purifica”), affinché ne dia di più” (Giovanni 15:1, 2). Le cure della disciplina paterna si applicano solo ai suoi figli, i tralci che danno frutto. Che conforto per il credente chiamato ad attraversare la prova, il sapere che, se suo Padre lo “purifica” come si fa col tralcio, è perché dia più frutto! Lo scopo di quest’opera paterna di purificazione è perché i suoi figli manifestino sempre di più la vita della vera vite, cioè del Signore. E’ vero che solo nella gloria “saremo simili a Lui, perché lo vedremo com’Egli è” (1 Giovanni 3:2), ma la volontà del nostro Padre è che, fin da quaggiù, “siamo ricolmi di frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” (Filippesi 1:11).

Questa potatura è dolorosa, perché il Coltivatore deve eliminare tutto quello che impedisce al tralcio di portare frutto in abbondanza. Egli desidera ottenere del frutto, più frutto, molto frutto. Il Signore dice: “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli” (v. 8). Condividiamo il desiderio del  Padre e rallegriamoci del fatto che, nel suo amore, Egli ci guiderà, con la sua disciplina piena di grazia, allo scopo che si è proposto!

Ma perché sia raggiunto questo scopo, bisogna anche dimorare in Cristo. “Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me… Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché, senza di me, non potete far nulla” (v. 4 e 5). 

Dio vuole farci progredire nella comunione con Cristo. Le vanità temporanee occupano troppo facilmente, nei nostri cuori, il posto che appartiene a Lui, privandoci così della sua comunione. E’ dunque una grazia che Egli, a volte mettendo delle prove sulla nostra via, ci porti a dimorare in Cristo e a portare più frutto. Separati da Cristo siamo incapaci a far fronte, coi nostri sforzi, alla nostra responsabilità di cristiani. La vita nuova del credente rimane legata a Colui che ne è la sorgente, come il tralcio è legato al ceppo. 

Quando attraversiamo la prova, consoliamoci e rallegriamoci al pensiero che è il divino Coltivatore che pota il tralcio, e che Lui conosce il nostro stato e le nostre circostanze. Egli sa di quale prova abbiamo bisogno perché sia raggiunto il suo scopo e, di conseguenza, regola ogni cosa. “L’opera sua è perfetta, poiché tutte le sue vie sono giustizia. E’ un Dio fedele… Fedele è colui che vi chiama ed Egli farà anche questo” (Deuteronomio 32:4; 1 Tessalonicesi 5:24). Possiamo dunque dire con Davide: “Dio mio, in te confido; fa’ che io non sia deluso… Nessuno di quelli che sperano in te sia deluso” (Salmo 25:1- 3)

Focaccia rivoltata sul fuoco che consuma i legami che ci legano al mondo; tralcio mondato dal Padre, perché rifletta meglio le perfezioni della vera Vite. “Chi può insegnare come lui?”, dice Eliu (Giobbe 36:22). Riceviamo con gioia, e nella sottomissione alla Sua volontà, le benedizioni che Dio ha in vista per noi per mezzo della Sua disciplina.

M. Tapernoux

28 gennaio - Quando è Dio che promette

 (Dio dice:) “Io non ti lascerò e non ti abbandonerò”.

Ebrei 13:5

 

Quando è Dio che promette

 

Che promessa preziosa è quella del versetto di oggi!

Questa promessa fu fatta da Dio per la prima volta al popolo d’Israele in Deuteronomio 31:6 ed è ricordata da Mosè. Nel Nuovo Testamento è ripetuta dall’autore della Lettera agli Ebrei. Vediamo quindi che è una promessa valida per ogni generazione in ogni epoca. Anche per i nostri giorni.

Quante volte leggiamo di neonati abbandonati davanti al portone di una chiesa o addirittura in un bidone della spazzatura, e di bambini che crescono completamente trascurati dai genitori! Non sono rari, purtroppo, i mariti e le mogli che si lasciano, procurando al cuore dei loro figli delle ferite profonde. Nemmeno coniugi sposati da decine di anni sono immuni dal rischio di queste devastanti esperienze.

Ma Dio dice: “Io non ti lascerò e non ti abbandonerò”. Questa è una promessa senza condizioni. Sia che siamo diventati credenti da poco tempo, sia che conosciamo il Signore da molti anni, Egli ci dice ancora: “Io non ti lascerò e non ti abbandonerò. Così noi possiamo dire con piena fiducia: Il Signore è il mio aiuto; non temerò. Che cosa potrà farmi l’uomo?” (Ebrei 13:5-6).

Anche le parole che Dio rivolgeva a Israele, e che leggiamo in Isaia 41:10, sono più che mai attuali per noi che, avendo creduto al Signore Gesù, gli apparteniamo per l’eternità: Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia”. 

mercoledì 27 gennaio 2021

Un tempo per costruire

“Ma ciascuno badi a come vi costruisce sopra” 

(1 Corinzi 3:10)


Dio costruisce, il nemico distrugge. Il Pastore raduna, il lupo disperde. Noi di chi siamo collaboratori, del Pastore o del lupo?

In Matteo 16:18 il Signore Gesù dice: “Edificherò la mia chiesa”. Efesini 2.21 ci parla di questo “edificio” la cui crescita è perfetta e del quale il Signore stesso è architetto e costruttore. Ma in 1 Corinzi 3:6-17, l’apostolo Paolo ci parla della costruzione della casa di Dio affidata all’uomo. Dio opera, Dio fa dei “doni”; è la sua “casa”; ma concede a noi la grazia di essere suoi “collaboratori”, e qui la nostra responsabilità è messa alla prova.

La nostra vita, la condotta, le parole dovrebbero contribuire a questa “edificazione”. “Ogni cosa è lecita, ma non ogni cosa edifica” (1 Corinzi 10:23). Com’è il nostro cammino a questo riguardo?

Nell’assemblea, “si faccia ogni cosa per l'edificazione” (1 Corinzi 14:26). Il nostro obiettivo nelle riunioni e nei nostri rapporti con la fratellanza, lo stato della nostra anima e tutto quello che noi portiamo, sono veramente “per l’edificazione”, oppure contribuiscono a rovinare, allontanare, raffreddare gli entusiasmi e l’amore per il Signore?

Costruire un edificio pietra su pietra è un lavoro lungo e difficile che richiede molta perseveranza e molto zelo. Lo vediamo in Esdra. Distruggere è questione di un momento; “un solo peccatore distrugge un gran bene”, dice l’Ecclesiaste (9:18). Ai Caldei bastò un giorno per distruggere il tempio di Salomone, per la cui costruzione c’erano voluti tanti anni. 

Di fronte alla grandezza del compito di ricostruzione, molti potrebbero esitare, ma la Parola viene in nostro aiuto: “Non già che siamo da noi stessi capaci di pensare qualcosa come se venisse da noi; ma la nostra capacità viene da Dio” (2 Corinzi 3:5).

C’è “un tempo per demolire e un tempo per costruire” (Ecclesiaste 3:3). Bisogna prima di tutto togliere le cose che ingombrano; molti pregiudizi e false idee devono essere messe da parte. Ma non è detto “un tempo per costruire e un tempo per demolire”; il demolire viene prima. Se Dio deve eliminare molte cose, è per costruire al loro posto ciò che è bene per noi. Come collaboratori di Dio, il nostro compito è di capire quando e dove abbiamo il compito di costruire. C’è un esercizio e una formazione preliminare. Bisogna sedersi e valutare bene le cose prima di edificare una torre. La preghiera sarà fondamentale in questa preparazione. 


Lo scopo della costruzione

La Bibbia ci mostra molti edifici, alcuni dei quali sono stati costruiti per l’uomo:

- Ioiachim, uno degli ultimi re di Giuda, costruisce “per se stesso” una grande e lussuosa casa. Ma il profeta gli dice: “Guai a colui che costruisce la casa senza giustizia, e le sue camere senza equità… Egli la riveste di legno di cedro e la dipinge di rosso… Ma tu non hai occhi né cuore per la tua cupidigia” (Geremia 22:13,14 e 17).

- Nabucodonosor si era impegnato con tutte le sue forze per costruire Babilonia, e diceva: “Non è questa la grande Babilonia che io ho costruita come residenza reale, con la forza della mia potenza, e per la gloria della sua maestà?” (Daniele 4:30).

La casa edificata sulla sabbia poteva avere lo stesso aspetto di quella edificata sulla roccia, ma non ha resistito alla tempesta (Luca 6:48-49).

Noi tutti possiamo “costruire” la nostra vita, la nostra famiglia, la nostra giornata, ma dobbiamo farlo per Dio e secondo la sua volontà.

- Noè “preparò un’arca per la salvezza della sua famiglia” (Ebrei 11:7).

- Davide avrebbe voluto costruire il tempio perché Dio avesse una dimora stabile in mezzo al suo popolo, ma questo privilegio non gli fu accordato. Nondimeno, “con le sue fatiche”, preparò i materiali in vista della costruzione di quello splendido edificio che sarà poi suo figlio Salomone a edificare (1 Cronache 22:14).

- Al tempo di Neemia bisognava ricostruire le mura di Gerusalemme perché fossero una separazione dalle nazioni nemiche e garantissero l’unità del popolo di Dio; e in quell’opera è detto di molti che hanno riedificato le mura davanti alla loro casa.

Oggi la casa di Dio è fatta di pietre viventi, che sono i credenti; è un edificio “ben collegato insieme”, è “l’abitazione di Dio per mezzo dello Spirito” (Efesini 2:21-22). 

Quali sono gli scopi e le motivazioni di ciò che stiamo edificando oggi in questo mondo?


Le fondamenta dell’edificio

Il futuro di ogni edificio dipende dalle sue fondamenta. Colui che ha costruito sulla roccia (Luca 6:48) ha dovuto scavare e scavare in profondità, ma la casa ha resistito alla tempesta, mentre quella costruita sulla sabbia è crollata.  La casa di Ioiachim, costruita sull’ingiustizia, non ha durato, e nemmeno la grande Babilonia di Nabucodonosor.

Il tabernacolo era innalzato nel deserto, ma aveva delle basi d’argento, figura della redenzione operata da Cristo in nostro favore, noi che eravamo schiavi di Satana e del peccato. Il tempio di Gerusalemme fu costruito sul monte Moria sul quale Isacco, figura di Cristo, avrebbe dovuto essere sacrificato, e sul quale c’era l’aia di Arauna il Gebuseo dove Davide aveva eretto un altare al Signore ottenendo grazia e perdono (2 Samuele 24:18 e 25). 

“Come esperto architetto, ho posto il fondamento – diceva Paolo – e nessuno può porre altro fondamento oltre a quello già posto, cioè Cristo Gesù” (1 Corinzi 3:10,11). Il Signore l’aveva preannunciato: “Su questa pietra edificherò la mia chiesa” (Matteo 16:18). Cristo è il fondamento incrollabile della casa di Dio. Non dobbiamo mai dimenticare che il fondamento della Chiesa è anche il fondamento della chiesa locale nella quale ci raduniamo e alla quale siamo tanto legati.


G. André

27 gennaio - La compassione

(Gesù disse:) “Guardatevi dal disprezzare uno di questi piccoli; perché vi dico che gli angeli loro, nei cieli, vedono continuamente la faccia del Padre mio che è nei cieli”.

Matteo 18:10

 

“Io ho pietà di questa gente”.

Marco 8:1-2

 

La compassione

 

I racconti dei Vangeli ci coinvolgono per la loro semplicità. Per loro mezzo Dio si rivela. E questa rivelazione è per tutti noi. Osservate Gesù attorniato dai bambini. I suoi discepoli vorrebbero respingerli, pensano che quei piccoli lo disturbino; ma Gesù, indignato, li rimprovera e, prendendo in braccio quei piccoli, li benedice (Marco 10:13-16). In ogni occasione Egli mostra per i bambini un tenero interesse. Ancora oggi il nostro Dio ha compassione dei tanti bambini di questo mondo, vittime dell’egoismo e della violenza dell’uomo.

Una sera di sabato portarono a Gesù molti malati. Malgrado la fatica d’una lunga giornata, il Signore li accolse con compassione. Avrebbe potuto guarirli tutti con una sola parola. Invece si occupò di ciascuno di loro personalmente (Luca 4:40). Lettore, se tu oggi stai soffrendo, sii certo che Dio si occupa del tuo caso particolare, come se fosse l’unico.

Grandi folle seguivano continuamente il Signore, anche per molti giorni. Egli li ammaestrava senza stancarsi e guariva i loro malati. Una volta i discepoli, affaticati, gli suggerirono di mandarli via perché andassero a comprarsi da mangiare. Ma Gesù rifiutò di lasciarli andare digiuni. Molti erano venuti da lontano e non avrebbero sopportato la fatica del cammino (Marco 8:3). Così, con un miracolo straordinario, Egli moltiplica dei pani e dà da mangiare a quelle migliaia di persone.

Se l’umanità non rifiutasse Dio, quale benessere vi sarebbe per tutti!

martedì 26 gennaio 2021

Invito

“Il regno dei cieli è simile a un re, il quale fece le nozze di suo figlio. Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze; ma questi non vollero venire. Mandò una seconda volta altri servi, dicendo: "Dite agli invitati: Io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono ammazzati; tutto è pronto; venite alle nozze". Ma quelli, non curandosene, se ne andarono, chi al suo campo, chi al suo commercio” 

Matteo 22:2-5.


Inviti, ne avrete sicuramente ricevuti nella vostra vita. Sorprese che a volte arrivano improvvise e più l'invito è importante più grande è la gioia nel riceverlo.

Ricevere un invito significa venire onorati, essere tenuti in grande considerazione.

Quanto è brutto essere esclusi, non ricevere mai un invito. Siamo abituati a dover presentare delle credenziali. Su i lavoro occorre presentare un curriculum, per certe università si devono superare dei test di ammissione, per alcuni impieghi è richiesta la bella presenza ecc. ecc. Caso mai ci tenevamo in modo particolare ma non avevamo le credenziali e siamo stati esclusi.

Ma gli inviti più incredibili non si trovano dentro le buste colorate, si trovano nella Bibbia.

Dio è un Dio che invita un Dio che chiama.

“Venite alle nozze”!

Dio è un Dio che apre la porta e fa segno ai pellegrini di accomodarsi alla tavola imbandita e l'invito non è solo per un pasto, è per la vita. Un invito ad entrare nel suo regno e stabilirsi in un mondo privo di lacrime, di morte, di dolore.

Chi può entrarvi? Chiunque lo desidera. L'invito è universale e personale allo stesso tempo.

Vi siete mai chiesti come si sentisse il Signore mentre raccontava queste parabole?

Se mai vi è accaduto che un vostro invito venisse ignorato, allora potreste avere una lontanissima idea di ciò che vuole dire.

La maggior parte delle persone non respinge il Signore...solo non prende in seria considerazione il suo invito, non vuole entrare, mostra scarsa attenzione se non disprezzo per la grandezza di quell'invito e non entrerà.

Non è incredibile che Dio lasci a noi la scelta? Pensateci.

Ci sono molte cose nella vita che noi non possiamo scegliere. Non possiamo scegliere se nascere o no con un naso grosso, non possiamo scegliere il colore della nostra pelle, se avere gli occhi blu e i capelli ricci. Ma possiamo scegliere dove trascorrere l'eternità.

La grande scelta Dio la lascia a noi. La decisione fondamentale è nostra.

Che cosa state facendo con l'invito di Dio?

Che cosa state facendo con la sua personale richiesta di vivere sempre con lui?

26 gennaio - L’immagine del Dio invisibile

Dio… ha parlato a noi per mezzo del Figlio… Egli, che è splendore della sua gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza.

Ebrei 1:1-3

 

Gesù… è andato dappertutto facendo del bene e guarendo tutti quelli che erano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.

Atti 10:38-39

 

L’immagine del Dio invisibile

 

La Parola di Dio ci parla di Gesù in termini degni della massima attenzione. Il Vangelo di Giovanni inizia con questa dichiarazione: Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, è quello che l’ha fatto conoscere” (Giovanni 1:18). Nello stesso Vangelo, Gesù dichiara ai discepoli: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Giovanni 14:9). L’apostolo Paolo, più tardi, parlerà di Gesù come immagine del Dio invisibile”, e dicendo che “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità” (Colossesi 1:15; 2:9).

Dio stesso rende testimonianza a Gesù da una nube luminosa: Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo” (Matteo 17:5). Sono affermazioni di capitale importanza.

Nel tempo, Dio si è rivelato in diversi modi, attraverso il creato o tramite gli antichi profeti d’Israele. Ma fino alla nascita di Gesù, nessuno poteva dire di aver veramente conosciuto l’amore di Dio. Nel Suo Figlio, Gesù Cristo, Dio si è rivelato nei Suoi caratteri di santità, di giustizia e soprattutto di amore e, in un certo senso, si è reso visibile.

Volete conoscere Dio, ciò che Egli è, ciò che pensa di noi esseri umani, del nostro stato di peccato, delle nostre sofferenze, e ascoltare le risposte che dà? Leggete i quattro Vangeli e poi proseguite con le Lettere degli apostoli. Vedrete vivere in mezzo a noi quell’Uomo straordinario, e comprenderete il significato del progetto di salvezza che Dio ha realizzato per mezzo di Lui.

lunedì 25 gennaio 2021

Un frutto che rimane

"Il frutto della giustizia si semina nella pace per coloro che si adoperano per la pace" 

Giacomo 3:18.


“Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”

Giovanni 15:16


Così diceva il Signore intrattenendosi coi suoi discepoli poco prima di annunciare loro che, dopo la sua morte e la sua risurrezione, avrebbe mandato lo Spirito Santo il quale, oltre a consolarli, li avrebbe ammaestrati, diretti, fortificati. Ma lo dice anche ai credenti di tutti i tempi; anche a noi, oggi.

Queste parole del Signore ci interpellano, individualmente e collettivamente. Anche noi siamo di quelli che l’apostolo Paolo chiamava “i nostri”, a proposito dei quali scriveva: “Imparino anche i nostri a dedicarsi a buone opere… affinché non stiano senza portar frutto” (Tito 3:14).

È certamente vero che il frutto in tutti i suoi aspetti (amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo) non proviene da noi stessi, ma è lo Spirito Santo, che abita in tutti i veri credenti, a produrlo (Galati 5:22). Ma è altrettanto vero che nessun frutto si vedrà nella nostra vita se la nostra volontà non è in gioco, se non decidiamo di metterci a disposizione del Signore e se non permettiamo al suo Spirito di agire in noi; e questa decisione non può essere presa una volta sola per tutte, ma dev’essere rinnovata, giorno dopo giorno. Il Signore si aspetta da noi un impegno perseverante per portare molto frutto.


Impegno

“Mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza l’autocontrollo, all’autocontrollo la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’affetto fraterno; e all’affetto fraterno l’amore” (2 Pietro 1:5, 10).

Qui c’è qualcosa di più di un consiglio o di un’esortazione, si tratta di un ordine: “Aggiungete”. Un ordine da eseguire non alla leggera, ma “mettendoci ogni impegno”. All’anello iniziale della fede siamo chiamati ad aggiungere una serie di altri anelli per formare una catena che si conclude  con l’amore, che è ancora più alto dell’affetto fraterno. E questo amore è, nello stesso tempo, sia il primo aspetto del “frutto dello Spirito” (Galati 5:22) sia l’anello che rende compiuto il nostro progresso spirituale. Alle volte siamo portati a seguire la nostra inclinazione naturale, a dire, riferendoci a qualcuno: Non mi sento di amarlo. L’amore, che pur viene dallo Spirito e non da noi (cfr. Romani 5:5), è da ricercare, da coltivare da parte nostra; con impegno, forse proprio perché non sorge spontaneo in noi.

Ma lo stesso impegno ci è richiesto se desideriamo che nella nostra vita si vedano tutti gli aspetti del frutto che lo Spirito produce: “Impegnatevi a fare il bene davanti a tutti gli uomini” (Romani 12:17). Fare il bene è un’espressione che ci apre un ampio ventaglio di possibilità: “Finché ne abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti; ma specialmente ai fratelli in fede” (Galati 6:10). Quindi, pur tenendo conto delle precedenze indicate, non possiamo escludere nessuno. Perché “davanti a tutti gli uomini?” Perché la testimonianza palese porti gloria a Dio. Non è per metterci in evidenza ed essere ammirati. Se così fosse, non si tratterebbe del frutto dello Spirito. Chiediamo al Signore di saper vegliare anche su ciò che ci spinge al ben operare.

L’impegno ci è richiesto anche per ricercare e mantenere la pace nelle nostre relazioni non solo fraterne ma con tutti, senza dimenticare però la purezza: “Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione” (Ebrei 12:14). Anche la pace nelle nostre relazioni reciproche, che va perseguita con impegno, non può essere realizzata venendo meno a ciò che il Signore ci chiede: “Siate santi in tutta la vostra condotta” (1 Pietro 1:16). Non c’è momento della nostra vita in cui ci è consentito di convivere con il male.


Perseveranza

In una notissima parabola, il Signore Gesù parla del seme “che è caduto in un buon terreno”, e ci spiega che si tratta di “coloro i quali, dopo aver udito la parola… portano frutto con perseveranza” (Luca 8:15). La pianta è germogliata, è cresciuta, ha messo foglie e forse fiori; questo è il lavoro di Dio, che non dipende da noi. E poi è venuta la stagione dei frutti. Ma c’è un segreto perché la pianta si sviluppi, prosperi e i frutti maturino: il terreno deve essere annaffiato, e questo dipende da chi coltiva.

L’acqua da far scorrere nel buon terreno non è nascosta, ma scorre vicino a noi, è a nostra disposizione: si tratta della Parola di Dio (Efesini 5:26). L’apostolo Paolo, istruendo il giovane Timoteo per il suo ministero nella chiesa di Efeso, dopo averlo esortato ad essere d’esempio ai credenti, gli raccomanda: “Applicati, finché io venga, alla lettura…” (1 Timoteo 4:13). Applicarsi a fare qualcosa non significa farlo di tanto in tanto, ma con continuità, perseverando. E ai Colossesi scriveva: “La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente” (3:16). La Parola è un nutrimento spirituale completo, per mantenere in buona salute il nostro “uomo nuovo” (Efesini 4:24) e renderlo produttivo.

Ancora Paolo, quando parla del proprio lavoro veramente fruttifero di evangelista e di servitore della Chiesa, non paragona la propria vita a una passeggiata, ma a una corsa, una gara: “corro verso la meta per ottenere il premio”; e questo faceva “dimenticando le cose che stanno dietro” e protendendosi “verso quelle che stanno davanti” (Filippesi 3:13-14). Nessun indugio, arresto o deviazione di percorso. L’autore della Lettera agli Ebrei (forse Paolo stesso) raccomandava a se stesso e a tutti i credenti: “Corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù” (Ebrei 12:2).

Ma durante questa “corsa” non possiamo fare a meno di fermarci per la preghiera: “Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie” (Colossesi 4:2).


Abbondanza

Il Signore Gesù, il “buon pastore”, parlando delle sue pecore, affermava: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giovanni 10:10). La vita che il Signore conferisce a chi crede in Lui è rigogliosa, esuberante; è una vita che inizia quando afferriamo per fede Cristo come Salvatore e Signore, e che si prolunga fin nell’eternità. Di conseguenza, nella nostra vita di credenti sulla terra si dovrebbe vedere un’abbondanza di frutti rigogliosi, non scarsi e malaticci.

Paolo, scrivendo ai Filippesi, si esprimeva così: “Prego che il vostro amore abbondi sempre più in conoscenza e ogni discernimento, perché possiate apprezzare le cose migliori… affinché siate limpidi e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di frutti di giustizia” (1:9-11). Notiamo che ancora una volta l’amore è in primo piano come movente di ciò in cui dobbiamo abbondare: una conoscenza della Parola di Dio non fine a se stessa, ma volta ad accrescere la capacità di discernere le cose “migliori”, di fare delle scelte secondo la scala di valori di Dio, senza conformarci a “questo mondo” (Romani 12:2).

Siamo quindi esortati, in vista del “giorno di Cristo” nel quale “l’opera di ognuno sarà messa in luce” (1 Corinzi 3:13), ad essere ricolmi di frutti di giustizia. Si tratta certamente non della nostra giustizia, ma “della giustizia che viene da Dio, basata sulla fede” (Filippesi 3:9). Siamo dunque tutti noi ad essere, personalmente, messi di fronte a circostanze e ambienti in cui il Signore ci chiede di essere giusti. “Praticare la giustizia e l’equità è cosa che il SIGNORE preferisce ai sacrifici” (Proverbi 21:3). Ma se pratichiamo la giustizia, anche noi saremo più felici: “Far ciò che è retto è una gioia per il giusto” (Proverbi 21:15); ed è incoraggiante ciò che Dio dice del “giusto” secondo i suoi pensieri: “Nella casa del giusto c’è grande abbondanza” (Proverbi 15:6).

Giacomo ci parla della “saggezza che viene dall’alto”. Anche in questo dobbiamo abbondare; infatti, essa è “piena di misericordia e di buoni frutti” (3:17); quindi, non una saggezza fatta soltanto di parole e atteggiamenti, come spesso vediamo, ma una saggezza che si manifesta con azioni concrete verso il nostro prossimo, usando misericordia, non intransigenza e durezza.

Non pensiamo che i frutti prodotti siano soltanto in favore degli altri; anche per noi ci saranno dei risvolti positivi: “La luce spunta nelle tenebre… per chi è misericordioso, pietoso e giusto” (Salmo 112:4). Dio non delude mai, e lo possiamo sperimentare ogni giorno!


Ferruccio Cucchi

25 gennaio - Il camaleonte

Nessuno accende una lampada e poi la copre con un vaso, o la mette sotto il letto; anzi la mette sul candeliere, perché chi entra veda la luce.

Luca 8:16

 

(Gesù disse:) “Mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra”.

Atti 1:8

 

Il camaleonte

 

Il suo nome è famigliare anche ai bambini. Sappiamo tutti che questo rettile, che assomiglia a una lucertola, ha la sorprendente facoltà di cambiare colore; così si confonde con l’ambiente, passa inosservato e sfugge ai predatori.

Questo animale è citato una volta nella Bibbia, in un elenco di animali che gli Israeliti dovevano considerare “impuri” (Levitico 11:30); come mai? Quale applicazione spirituale possiamo trarne?

Dio vorrebbe che la presenza dei cristiani sulla terra fosse ben visibile. Gesù ci ha dato l’esempio: ogni volta che veniva interrogato sulla Sua identità, rispondeva con franchezza. Non cercava di passare inosservato; la Sua presenza e il Suo parlare coinvolgevano gli uditori.

E noi, siamo dei cristiani “camaleonti”? Persino l’apostolo Pietro cercò di confondersi con quelli che stavano per crocifiggere il suo Maestro. Era rimasto vicino al fuoco con le guardie quando Gesù fu portato al luogo del processo, e la sua mancanza di coraggio lo portò a dire per tre volte: “Non conosco quell’uomo!» (Matteo 27:94). Eppure, quanto Lo amava! Questo episodio ci è riportato non per giudicare quell’apostolo, ma per vigilare su noi stessi. In molte occasioni potremmo nascondere la nostra appartenenza a Gesù Cristo: in una sala d’attesa, un cantiere di lavoro, una mensa aziendale, una sala degli insegnanti… Non nascondiamoci, ma cogliamo le occasioni e facciamoci conoscere come testimoni visibili della grazia del nostro Dio.

domenica 24 gennaio 2021

In viaggio fuori da Noril'sk

Questa città della Russia è tristemente nota non tanto per il suo clima molto rigido (temperature invernali sotto i -40°C)  ma è famosa per le sue miniere di metallo (platino, nichel, rame, palladio) e di carbone; circa l'1% delle emissioni globali di diossido di zolfo provengono da Noril'sk, con alte concentrazioni di anidride solforosa. Lo smog forma una cappa perenne in questa città e le temperature rigide contribuiscono al mantenerlo a bassa quota a tal punto che molto spesso non si riesce a vedere l'altro lato della strada.  La percentuale di tumori è altissima, gli occhi lacrimano continuamente e sono perennemente arrossati, i polmoni bruciano e la vita media è decisamente bassa.

Mi ha particolarmente colpito la storia di un bambino dell'età di dieci anni che per un qualche motivo aveva avuto occasione di uscire da questa città nella quale era sempre vissuto fino allora. Con una certa tristezza era montato sul treno insieme ad altri bambini ed a una accompagnatrice  per fare un lungo viaggio. La sua sorpresa nel vedere le meraviglie della natura alla luce del sole e all'aria fresca lo avevano stupito talmente tanto che si era messo a piangere di fronte ad un tale spettacolo.

Lo studio della prima parte della lettera ai Romani, può essere paragonato proprio a questo “viaggio”. Dopo aver lasciato la valle dove la contaminazione e il peccato rendono l'ambiente irrespirabile perché pervaso da una realtà di morte, si sale verso l'alto. Man mano che avanziamo, l'aria si fa sempre più pura. Grazie all'opera redentrice del Signore Gesù si scoprono nuove realtà e privilegi. Dall'inquinamento più spaventoso si passa ad un ambiente sano, incontaminato.

All'inizio della lettera, l'apostolo, nel descrivere la realtà umana così come essa è, aveva dovuto dire: “L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia” Romani 1:18. Nessuno s'illuda il comportamento ribelli degli uomini non solo li rende “inescusabili”, mali pone sotto la sua giusta condanna. A tal punto che possiamo leggere quell'angosciante grido: “Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?” v.7:24.

L'Evangelo che giunge a noi ha lo scopo di aprirci gli occhi, di dissipare quelle nebbie che provocavano la nostra cecità spirituale e mostrarci la grazia salvifica di Dio.

Adesso dopo aver spiegato dettagliatamente in che modo Dio è intervenuto in Cristo Gesù, per porre rimedio ai disastri causati dal peccato, l'apostolo può affermare: “Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” Romani 8:1. Tutto questo è frutto dell'opera redentrice di Dio che tramite Gesù Cristo “giustifica” colui che crede (Rom.5:1), lo unisce indissolubilmente a Lui (Rom. 6:5) e lo sottrae alle giuste esigenze della legge (Rom,7). Adesso possiamo respirare a pieni polmoni e contemplare le ricchezze della sua grazia.

24 gennaio - È un fatto!

Chi crede nel Figlio di Dio ha questa testimonianza in sé; chi non crede a Dio, lo fa bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha resa al proprio Figlio.

1 Giovanni 5:10

 

(Gesù disse:) “Le opere che faccio nel nome del Padre mio, sono quelle che testimoniano di me”.

Giovanni 10:25

 

È un fatto!

 

L’evangelista Giovanni ci racconta la storia di un uomo cieco dalla nascita che Gesù ha guarito. Interrogato dalle autorità, nemiche del Signore, rimane saldo e tranquillo; nessuno lo può convincere che Gesù non può aver compiuto un tale miracolo; così risponde: “Una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo” (Giovanni 9:25). Lui non era in grado di analizzare il miracolo e, comunque, non era quello che gl’importava. C’era un fatto e questo gli bastava: era cieco ed ora ci vedeva!

Quell’uomo, fino a quel momento, non aveva visto niente del mondo e neppure la persona di Gesù. Ma quando i suoi occhi si sono aperti, ha visto il sole brillare, la gente camminare, e ha visto Gesù! Allora, ha creduto che Lui era venuto da Dio e Gli si è prostrato davanti in adorazione.

Il cristianesimo è basato su dei fatti, anche se la nostra ragione non riesce a capire tutto. Perderemmo il nostro tempo – e lo faremmo perdere anche a te – se volessimo dimostrarti che il Vangelo è vero. Lo si accetta per fede, e lo si vive giorno dopo giorno. E quando lo si è accettato, è il Vangelo stesso a darci la convinzione della sua autenticità e dell’autenticità del suo messaggio.

Ma tu, lettore, se il Signore non ha guarito la tua anima, sei ancora cieco. Se lo ricevi nel tuo cuore potrai dire come quell’uomo: Ero cieco, mi rendevo conto della mia miseria, ma non conoscevo né le esigenze di Dio, né il Suo amore. Ma Gesù, mio Salvatore e mio Signore, mi ha aperto gli occhi, e ora ci vedo!


sabato 23 gennaio 2021

Atteggiamenti sbagliati

“...chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti” 

Marco 10:43-44.


Quando Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, si confrontarono con il Signore Gesù, l'antitesi fra questi e loro era quasi totale: Lui era venuto per dare e per servire, loro volevano ricevere e comandare. Oggi noi siamo davanti alla stessa alternativa.

“Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, si avvicinarono a lui, dicendogli: Maestro, desideriamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo” v.35.

La loro richiesta potrebbe benissimo figurare nel guiness dei primati come la peggiore preghiera mai verbalizzata nella Scrittura, perché sarebbe difficile superare un così vistoso egocentrismo. Immaginando che ci sarebbe stato una corsa alquanto profana ai posti più importanti del regno, quindi ritenevano prudente prenotarsi. La loro preghiera era un tentativo di piegare la volontà di Dio alla propria, mentre la vera preghiera equivale ad arrendere la propria volontà a quella di Dio.

In secondo luogo, c'è la scelta fra il potere e il servizio. Chiesero al Signore di poter sedere ai suoi due lati nel regno. Su cosa immaginavano di sedere? Sul pavimento? Su panche o su sgabelli? No, si aspettavano sicuramente di sedere su dei troni. Provenivano da una famiglia della classe media, avevano una attività di pesca con persone a loro servizio e pensavano di, non solo mantenere, ma addirittura accrescere la loro posizione con l'avvento del regno. In altre parole il commento del Signore fu: “Voi sapete che quelli che sono reputati prìncipi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi” v.42-43.

La nuova comunità del Signore è organizzata su un principio diverso: servizio non potere, umiltà non autorità. Inoltre, indicava loro che nel mondo ci sono due diverse gamme di valori, il simbolo dell'una è il trono, il simbolo dell'altra è la croce.

23 gennaio - È un pastore per me

Così dice il Signore, DIO: “…Come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così io andrò in cerca delle mie pecore e le ricondurrò da tutti i luoghi dove sono state disperse… le pascerò”.

“Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, rafforzerò la malata.”

Ezechiele 34:11, 12, 16

 

È un pastore per me

 

La Bibbia paragona il comportamento dell’uomo a quello di una pecora, animale che non ha tante risorse né mezzi di difesa. Gesù era profondamente commosso vedendo i suoi contemporanei vivere “come pecore che non hanno pastore” (Marco 6:34).

L’umanità è vista come una folla che percorre una strada larga e agevole, dove ciascuno crede di poter vivere come gli piace, indipendentemente da Dio. Ma questo percorso porta ad allontanarsi per sempre da Lui; è la “perdizione” eterna (Matteo 7:13). Sì, l’umanità è simile a un gregge disperso, senza punti di riferimento e senza guida.

Ma Gesù Cristo è venuto, da parte di Dio, proprio per avvertire gli uomini della gravità della loro situazione. Ha dichiarato con forza: “Io sono il buon pastore” (Giovanni 10:11).; “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Giovanni 14:6). Egli invita ora quelli che lo ascoltano a riconoscere che stanno percorrendo una strada sbagliata, a cambiare subito direzione e a ritornare sulla via che Egli stesso apre per loro: la strada stretta della fede e della fedeltà ai Suoi insegnamenti, ma anche la strada della pace e della vera felicità.

Il Signore Gesù, molto più di un normale pastore, è arrivato a dare la propria vita per le sue pecore: Egli stesso ha subito il castigo che noi tutti meritavamo per la nostra disubbidienza, e per aprirci la via che ci fa conoscere Dio come nostro Padre.

Oggi ancora, due strade si aprono davanti a voi. Date fiducia a Gesù, “il buon Pastore”, cercate di conoscerlo leggendo il Vangelo e affidate a Lui la direzione della vostra vita.

venerdì 22 gennaio 2021

Dedicarsi ai bambini

“Quand'ero ancora bambino presso mio padre, tenero e unico presso mia madre, egli mi insegnava dicendomi: Il tuo cuore conservi le mie parole; osserva i miei comandamenti e vivrai” 

Prov.4:3-4.


Gli adulti hanno idee precise, ne sono soddisfatti e le difendono. Non è così dei bambini. I loro pensieri e le loro opinioni non sono ancora formati; essi sono come dei vasi che aspettano di essere riempiti. Se non siamo noi a riempirli, lo farà qualcun altro. Il diavolo è in cerca di recipienti vuoti per poter riempire con i “veleni” di questo mondo, dalla disubbidienza, alla menzogna o le tante cose prive di valore che popolano cosi facilmente i cuori degli uomini.

Se nelle nostre librerie spopolano solo libri di svago, se le nostre case sono piene di quotidiani di gossip, settimanali scandalistici che propongono come modelli personaggi molto spesso corrotti e abbondano di immagini prive della ben che minima morale, come possiamo noi pretendere che abbiano una valutazione corretta di ciò che è bene e di ciò che è male? Se infedeltà, inganno, adulterio, fornicazioni, proposti da gran parte dei programmi TV diventano per loro cose accettabili, come potranno i principi divini regolare la loro vita?

22 gennaio - Religione o fede?

Il nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù… ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone.

Tito 2:13-14

 

Religione o fede?

 

È innegabile che il cristianesimo è stato all’origine di numerosi progressi sociali. Molti valori come la giustizia e la solidarietà fanno parte dell’eredità cristiana, sebbene siano rivendicati anche dalla società laica. Paradossalmente, quei valori sono sempre riconosciuti validi, mentre la religione cristiana sembra in crisi e le chiese si svuotano… Potremmo allora chiederci: il messaggio cristiano è ancora attuale?

La crisi della religione cristiana ci permette di fare la distinzione fra religione e fede, fra la forma esteriore e la realtà del cuore, l’adesione formale a una serie di dogmi e una relazione personale e vivente con Dio. La Bibbia dice che l’uomo senza relazione con Dio non può che dibattersi nei suoi problemi; la sua volontà e i suoi sforzi, per quanto lodevoli, lo aiuteranno certamente nella realizzazione di un certo progresso sociale, ma non potranno mai trasformare il mondo in un paradiso in cui regnino giustizia, amore e pace, perché il cuore dell’uomo è malvagio e incurabile (Geremia 17:9). Cristo non è venuto sulla terra per aiutare gli uomini a migliorarsi, ma – e questo è il vero senso dell’Evangelo – è venuto per salvarli da un’infelicità eterna. “Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce” (1 Pietro 2:24). “Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati” (Atti 10:43). Non è la religione che salva, ma la fede in Lui. Verrà il giorno, e non è lontano, in cui Egli non si presenterà più come Salvatore, ma come Giudice; e tutti coloro che non avranno creduto in Lui quando erano in vita saranno condannati per sempre.

giovedì 21 gennaio 2021

Mandali via!

“Congeda la folla”  “Lasciali andare”  (Matteo 14:15, Marco 6:36)

Il Signore Gesù aveva mandato i dodici discepoli per predicare l’Evangelo e guarire i malati. Ed essi, al loro ritorno, si riuniscono attorno a Lui e gli riferiscono tutto quello che hanno fatto e insegnato. Che gioia ritrovarsi intorno al Maestro, e accogliere il suo invito di ritirarsi “in un luogo solitario” per riposarsi un po’! Ma ecco che, arrivati nel luogo previsto, trovano una gran folla, così il Signore, mosso a compassione, si mette ad insegnare. Le ore passano e i discepoli ne hanno abbastanza; vanno dal Signore Gesù e gli dicono: “Il luogo è deserto e l’ora è già passata; congeda la folla, affinché possa andare nei villaggi a comprarsi da mangiare”. E che delusione quando il Signore risponde: “Date loro voi da mangiare” (Matteo 14:15-16). 

Che differenza fra il cuore del Maestro e quello dei discepoli! Il Signore pensa ai bisogni delle folle “stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore” (Matteo 9:36) e invita i discepoli a pregare che il Signore della messe mandi degli operai nella sua messe... Ma loro avrebbero preferito restare tranquillamente attorno al Maestro e intrattenersi con Lui nella tranquillità. Il loro unico pensiero è di mandare via la folla perché possa comprarsi dei viveri. No, “non hanno bisogno di andarsene”, dice Gesù. 

I discepoli fanno, nell’ambito delle cose materiali, la stessa esperienza che tanti credenti dopo di loro faranno nell’ambito spirituale: avendo pochissimo da dare come nutrimento alle anime, se quel poco lo portano al Signore con fiducia, Lui può moltiplicare le loro scarse risorse e soddisfare chi ha dei bisogni.


“Mandala via, perché ci grida dietro” (Matteo 15:23)

Di fronte alla continua opposizione dei farisei, il Signore si era ritirato “nel territorio di Tiro e di Sidone”. Per strada, una donna cananea lo supplica di aver pietà di sua figlia, crudelmente tormentata da un demonio. Gesù non le risponde. Ella insiste, grida. I discepoli sono molto infastiditi da quell’insistenza e pregano il Signore di mandarla via. Gesù non li ascolta e risponde alla donna, che rimane piuttosto perplessa, forse ferita. 

Quella donna era cananea, idolatra, estranea alle promesse e ai patti dei figli d’Israele. Senza dubbio il Signore era stato mandato in primo luogo “alle pecore perdute della casa d'Israele” e non era bene “prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini”. Ma la donna accetta umilmente questa posizione spregevole: “Sì, Signore, eppure anche i cagnolini mangiano delle brìciole che cadono dalla tavola dei loro padroni” (Matteo 15:23). In risposta a questa grande fede, la sua figlia è guarita.

Per i discepoli, quella donna non avrebbe dovuto gridare dietro al Signore per ricevere il suo aiuto e godere della sua potenza. Avrebbe dovuto solo mandarla via! Ma il Signore della gloria non era sceso sulla terra per rimandare a mani vuote quelli che venivano a Lui; e sottolineando che era venuto in primo luogo per Israele, ha dato prova che la sua grazia si sarebbe estesa anche alle nazioni, come aveva annunciato il profeta: “È troppo poco che tu sia mio servo per rialzare le tribù di Giacobbe… voglio fare di te la luce delle nazioni, lo strumento della mia salvezza fino alle estremità della terra” (Isaia 49:6).


“Allora gli furono presentati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano” (Matteo 19:13)

Il Signore Gesù aveva accolto le folle, aveva insegnato e guarito i malati; aveva detto: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo” (Matteo 11:28). Ma vedere il loro Maestro che si occupa anche dei piccoli bambini, imponendo loro le mani e pregando, per i discepoli è troppo. Doveva occuparsi anche di quei piccoli? Non aveva già abbastanza da fare con gli adulti? Così sgridano quelli che avevano portato i bambini al Signore perché se ne andassero.

Ma nel cuore infinito del Salvatore c’è posto anche per i bambini: “Lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro” (Marco 10:14). Il Signore li prende in braccio, impone loro le mani e li benedice.

Perché occuparci dei bambini, dirà qualcuno, per parlar loro del buon Pastore e del suo amore? Quando saranno più grandi avranno il tempo di ascoltare quelle cose! Satana cerca di impadronirsi molto presto della mente dei bambini per influenzarli con idee sbagliate e pericolose; lui sa quanto è importante per il loro futuro gli insegnamenti che ricevono da piccoli. Anche i governi dittatoriali, contrari a Dio e al Vangelo, si comportano allo stesso modo coi bambini e coi ragazzi, inculcando nella loro mente le loro idee sbagliate. Ma il Signore ha mostrato quanto sia importante che i piccoli abbiano un contatto personale con un Lui che li accoglie e li benedice.


“Non voglio rimandarli digiuni” (Matteo 15:32)

“Gli si avvicinò una grande folla che aveva con sé degli zoppi, dei ciechi, dei muti, degli storpi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli (Gesù) li guarì” (Matteo 15:30). Da tre giorni erano con Lui e non avevano più nulla da mangiare, così Gesù dice: “Non voglio rimandarli digiuni, affinché non vengano meno per strada” (v. 32). E anche in questo caso, nonostante la poca premura dei discepoli, risponderà pienamente ai bisogni di quella folla.

“Colui che viene a me, non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:37). Alla fine della storia della Chiesa, come quando non vi era più spazio per Lui nella chiesa di Laodicea, il Signore è ancora alla porta e bussa! “Se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta – dice – io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me” (Apocalisse 3:20). La Scrittura si conclude con un ultimo appello: “Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda in dono dell'acqua della vita” (id. 22:17). 

Il Salvatore che accoglie le folle, e perfino i piccoli bambini, ha sempre le braccia aperte per ricevere chiunque va a Lui. Ma bisogna “venire”, bisogna “volere” prendere gratuitamente dell’acqua della vita, bisogna aprirgli il cuore.

Che grande privilegio hanno i credenti di essere degli strumenti di cui il Maestro può servirsi per far conoscere a tutti la sua grazia!

G. André

21 gennaio - Dio non è morto

Così parla il SIGNORE: “…La mia mano è davvero troppo corta per liberare, oppure non ho la forza di poter salvare?”

Isaia 50:1-2

 

“Certo, ho visto l'afflizione del mio popolo… ho udito i loro gemiti”.

Atti 7:34

 

Dio non è morto

 

Il celebre leader nero americano Frederick Douglass, un tempo schiavo (1818-1895), pronunciò a Boston un discorso commovente in un’epoca in cui la situazione della gente di colore era particolarmente critica: “Non possiamo tornare in Africa, non risolverebbe i nostri problemi. Non possiamo andare in Canada, non sopporteremmo il clima. E qui, privi di ogni diritto, siamo minacciati e maltrattati…”

Quando si sedette, ci fu un silenzio opprimente. Allora un’anziana donna, usurata dal lavoro, si alzò e chiese ad alta voce: “Frederick, Dio allora è morto?”. In sala si levò un brusio; si riaccese un raggio di speranza. Una luce aveva brillato e il quadro tetro dipinto da Douglass svanì. La domanda di quella donna aveva richiamato l’attenzione dei presenti sul potere sovrano che può  rovesciare ogni situazione e rispondere ai problemi più difficili.

Non è così anche per noi quando vediamo le difficoltà addensarsi come nuvole prima della tempesta? Allora, se siamo scoraggiati da una situazione che appare inestricabile, eleviamo i nostri pensieri verso Dio. Ricordiamoci che Lui ci ama e che ha ogni potere. Per ogni problema che ci assilla, Dio ha delle soluzioni inattese, o comunque, in ogni caso, ci sa colmare d’una pace vera e profonda. All’apostolo Paolo, che per tre volte aveva chiesto a Dio di essere guarito da un male che lo affliggeva, Dio ha risposto: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza” (2 Corinzi 12:9).

mercoledì 20 gennaio 2021

Non lasciar passare il tempo

“Ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza” 

Ecclesiaste 12:1.


Nel salone d'una casa di riposo dove andavo a trovare mia zia, osservavo una dozzina di persone anziane che erano lì sedute. La maggior parte di loro non partecipava ad alcuna conversazione. Ve ne erano di totalmente dipendenti dalla persona che li spingeva sulla sedia a rotelle; avrei voluto portare loro un messaggio di affetto, d'incoraggiamento, ma era difficile stabilire una comunicazione. Un cuore vissuto nella superficialità, nella ricerca delle proprie gioie, lontano da Colui che soddisfa i bisogni dell'anima, col tempo, diventa ancor più “insensibile” e vuoto.

Se abbiamo ancora buona salute e tutte le nostre capacità intellettuali, siamo riconoscenti a Dio! Ma dobbiamo anche riflettere circa l'impiego che ne facciamo. Chiediamoci se viviamo per noi stessi, senza altro scopo che soddisfare i nostri bisogni materiali e i nostri piaceri, dimenticando ciò che la Bibbia dice:"Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio"  Matteo 4:4.

Il tempo adatto a ricevere ciò che è essenziale per la nostra anima è oggi e questo nutrimento si trova nella Parola di Dio. Leggendola noi scopriamo il suo messaggio essenziale che concerne Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Egli è diventato uomo per liberarci dal male: si è caricato dei peccati di tutti quelli che si affidano a lui. Dio, che ha accettato il suo sacrificio perfetto, lo ha risuscitato e glorificato. Così Dio è giusto quando dichiara giusto colui che ha fede in Gesù Cristo (Romani 3:26).

Non aspettiamo la vecchiaia, che peraltro non siamo certi di raggiungere, per volgerci con fede verso il Salvatore!

“Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!” Ebrei 4:7.

20 gennaio - La fine dei tempi

Insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo non sarà che principio di dolori.

Matteo 24:7-8

 

O Dio… tu sei il mio sostegno e il mio liberatore.

Salmo 70:5

 

La fine dei tempi

 

Ogni giorno sentiamo parlare di catastrofi, violenze, scandali, guerre. Il bene e il male si confondono, l’individualismo impera, Dio è ignorato, negato o mal conosciuto (quante cose orrende vengono fatte nel Suo nome!). Tutto questo ci porta a ritenere che la “fine dei tempi” sia prossima. Dove sta andando il mondo? La Bibbia ce lo annuncia già da molto tempo: verso il giudizio di Dio. Ma per ognuno c’è ancora tempo per ravvedersi ed essere riconciliati con Lui. E questo tempo è oggi.

Si sente dire a volte: “Dio è troppo buono, alla fine salverà tutti”. Ci si aspetta che la giustizia umana condanni chi ruba, chi fa violenza, chi uccide, e poi si nega a Dio il diritto alla giustizia, pretendendo che accolga quelli che lo respingono e che hanno crocifisso Suo Figlio! Dio desidera la felicità per la Sua creatura, ma guai a chi respinge la salvezza che Egli offre in dono! Non dimentichiamo che la morte, oltre ad essere il punto finale della vita sulla terra, è anche il momento del passaggio nell’eternità e dell’incontro con Dio. La situazione così preoccupante del mondo è un avvertimento per tutti. È urgente cercare di conoscere Dio, per essere riconciliati con Lui e non dover subire il Suo giudizio.

Ma la Bibbia esorta anche chi è già credente: “Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi, quali non dovete essere voi, per santità di condotta e per pietà… Fate in modo di essere trovati da Lui immacolati e irreprensibili nella pace” (2 Pietro 3:11, 14).