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domenica 30 novembre 2014

30 novembre

Fedele è Dio dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro
1 Corinzi 1:9

Gesù Cristo, il testimone fedele.
Apocalisse 1:5

Dio è fedele

La fedeltà, nelle relazioni umane, è una virtù apprezzata, però non è mai veramente sicura. Spesso ci riveliamo incapaci di attendere con fermezza ad un impegno o di mantenere una promessa. L’amico più sicuro potrebbe, un giorno o l’altro, deluderci, tradirci…
Il credente scopre la vera fedeltà sperimentando quello che dichiara la Bibbia.
– La fedeltà di Dio per perdonare i peccati:
“Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Giovanni 1:9).
– La sua fedeltà per proteggere il credente:
“L’intero essere vostro, lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Fedele è colui che vi chiama, ed egli farà anche questo” (1 Tessalonicesi 5:23-24)
– La sua fedeltà nella prova che il credente attraversa: “Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscirne, affinché la possiate sopportare” (1 Corinzi 10:13)
Al termine della vita, l’apostolo Paolo, che aveva perso il sostegno della maggior parte dei suoi fratelli in fede, rendeva testimonianza della fedeltà del Signore: “Tutti mi hanno abbandonato… il Signore però mi ha assistito e mi ha reso forte” (2 Timoteo 4:16-17).

“È un Dio fedele” concluderà Mosè alla fine dei quarant’anni della durata della traversata del deserto (Deuteronomio 32:4) alla guida del popolo d'Israele.

sabato 29 novembre 2014

29 novembre

I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l’opera delle sue mani. Un giorno rivolge parole all’altro, una notte comunica conoscenza all’altra. Non hanno favella, né parole; la loro voce non s’ode, ma il loro suono si diffonde per tutta la terra.
Salmo 19:1-3

Apriamo gli occhi!

Il proprietario di una bella villa ricevette a casa sua un lontano parente, venuto per la prima volta. Ma costui bestemmiava e malediceva continuamente. Alla domanda se non temesse d’offendere Dio con delle frasi simili, il visitatore rispose di no, perché, diceva, non aveva mai visto Dio!
La mattina seguente, i due uomini guardavano insieme alcuni quadri. Il proprietario disse: “Li ha dipinti mio figlio”. Il visitatore rimase estasiato, ma le sorprese non erano finite. Per tutta la giornata i due uomini ebbero occasione d’ammirare parecchi lavori realizzati dal figlio del proprietario, in svariati ambienti come il giardino, l’arredamento interno ed anche nel comune stesso. Il visitatore chiedeva ogni volta: “Chi ha fatto questo?” Immancabilmente otteneva la stessa risposta: “È mio figlio!”. Alla fine esclamò:
– Che fortuna avere un figlio simile!
– Come puoi dire questo? gli chiese l’ospite. Mio figlio non l’hai mai visto.
– Ma vedo quello che ha fatto!
– Ebbene! Vieni alla finestra e guarda tutto quello che ha fatto Dio. Non l’hai mai visto, ma vedi le sue opere!

Nessuno ha visto Dio, ma anche voi potete contemplare ogni giorno la sua creazione e riconoscere la sua esistenza e grandezza! Anche voi potete e dovete credere che questo grande Dio Creatore è anche un grande Dio Salvatore, che ha dato il proprio Figlio Gesù Cristo per condurvi a sé.

“Passiamo all’altra riva” - Matteo 14:22:36


I discepoli sono stati da poco testimoni della potenza del Signore che ha sfamato la folla e, tuttavia, quando le onde si scatenano sulla loro barca stentano a riconoscerLo. Le difficoltà della vita, i combattimenti a volte spossanti possono far dimenticare anche a noi di aver ricevuto in precedenza segni evidenti della Sua bontà e la consapevolezza che ogni cosa è diretta da Lui.

Ä  Riconoscere il Signore
È solo dopo essere stati liberati dal vento e dalle onde che i discepoli riconoscono il Signore.
È possibile dare a questo fatto un duplice significato: da una parte un credente può realizzare l’intervento del Signore in una circostanza penosa, non nel corso della prova stessa, ma più tardi, perché la sofferenza è stata come un velo all’inizio e un’esperienza benedetta in seguito; dall’altra vedremo solo al termine del nostro viaggio terreno come il Signore ha diretto la nostra vita anche se a volte essa ci è apparsa misteriosa.

Se da un lato il Signore non è stato riconosciuto subito, dall’altro possiamo vedere la premura del Signore nel farsi riconoscere. La sua voce, familiare a coloro che lo conoscono, ha parole rassicuranti: “coraggio, sono io” (27) e la fede che si appoggia alla Sua parola: “vieni” (29), porta Pietro ad andare verso Colui che lo ama.

Ä  Mancanza di fede
Ma perché questa fede iniziale viene a mancare e Pietro sta per affondare (30)? Perché Pietro ha spostato i suoi occhi per guardarsi intorno e vedere ciò che il vento produceva (30) sul mare, come se fosse stato più facile camminare su un mare calmo che su un mare in tempesta ma al grido: “Signore salvami” (31) Egli interviene in suo soccorso.

Nella vita possiamo trovarci spesso “nella tempesta”, ma non dobbiamo dimenticare mai che il Signore viene verso di noi (25) e ci incoraggia ad affrontare tutte le circostanze in modo coraggioso e senza paura (27), perché Lui è lì e vuole salire sulla nostra barca (32). Solo allora la sua presenza porterà la calma che ci permetterà di arrivare “all’altra riva” (22).

Facciamo nostre le parole del salmista: “Egli riduce la tempesta al silenzio e le onde del mare si calmano” (Sl 107:29/30).


D.C.

venerdì 28 novembre 2014

28 novembre

Così parla l’Eterno che ha creato i cieli, il Dio che ha formato la terra, l’ha fatta… l’ha formata perché fosse abitata: “Io non ho parlato in segreto in qualche luogo tenebroso della terra; non ho detto…: Cercatemi invano!”
Isaia 45:18-19

Indicatore stradale

“Il Figlio di Dio ha creato il mondo e, nella natura, lascia scorgere una specie di ombra delle sue perfezioni. Per questo, quando ci meravigliamo davanti allo splendore delle montagne innevate, alla bellezza selvaggia delle onde del mare, alla freschezza di un prato smaltato di fiori, intravediamo un’emanazione della bontà di Gesù Cristo.”
(Jonathan Edwards)

È stato detto che la natura è come un indicatore stradale che serve a dirigere i nostri pensieri verso il Creatore. Ci mostra un equilibrio ed una ricchezza che ci sorprendono e ci superano. Ci fa esclamare: “Veramente, ci deve essere qualcosa, o piuttosto qualcuno, dietro tutte queste meraviglie. Deve esserci Dio!” Tuttavia, la natura ci lascia su un piano di interrogativi, perché Dio non si rivela completamente per mezzo di essa. Vi manifesta la sua potenza e la sua sapienza, ma non la sua santità, né il suo amore nella loro pienezza.
La creazione, quest’indicatore stradale, ci parla dunque di Dio, ma presenta il rischio di catturare la nostra attenzione con quello che è visibile e palpabile. Rifiutare di andare più lontano dell’indicatore corrisponde a passare accanto alla realtà profonda delle cose, fermarsi a metà strada. Invece, seguire la sua indicazione permette di giungere ad una vera conoscenza del Dio vivente. Presente come "in filigrana" nella natura, Dio si rivela nella Bibbia; ed è pienamente manifestato in Gesù Cristo, suo unico Figlio, il nostro Salvatore.

giovedì 27 novembre 2014

27 novembre

Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi il culto.
Matteo 4:10

Tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che l’ha mandato.
Giovanni 5:23

A chi rendere culto?

Il culto è ogni servizio che i credenti rendono a Dio. È questo il vero senso della parola. Un servizio particolarmente elevato è l’adorazione, dovuta a Dio solo.
Ma la parola culto ha assunto anche un altro significato: quello di liturgia o d’insieme di pratiche regolate da una religione per rendere qualche servizio. Purtroppo esso può non essere altro che una forma, un insieme di riti esteriori, un formalismo. Ma “Dio è spirito; e quelli che l’adorano bisogna che l’adorino in spirito e verità” (Giovanni 4:24). La forma, anche se corretta, non ha alcuna importanza se è priva di contenuto.
Il terzo significato di questa parola è ancora più lontano dal pensiero di Dio: indica un’ammirazione mista a venerazione per una persona o un’idea. È così che si parla del culto degli antenati, della patria, della famiglia, del denaro… Si parlerà anche di un’ammirazione fanatica o d’un amore esclusivo per un oggetto, un film, una canzone, un artista… È un culto di idoli.
Che cos’è un idolo? È un fenomeno di moda, una chimera, una cosa vana. Gl’idoli sono “opera delle mani dell’uomo,… non parlano,… non vedono,… non odono… Come loro sono quelli che li fanno, tutti quelli che in essi si confidano” (Salmo115:4-8). Essi non daranno mai un senso alla vita. Non fanno parte delle cose divine ed eterne.

Più che futili, questi idoli sono pericolosi, perché trascinano lontano dal solo Dio vivente e vero.

Una folla affamata – Matteo 14:13/21

La morte di Giovanni ha, sicuramente, pesato sul cuore del Signore come un presagio dell’annuncio del Suo rigettamento e della Sua morte. Questa notizia Gli fa sentire il bisogno di restare da solo (14:13), ma quando la folla Lo raggiunge, il cuore di Cristo, che non pensa che agli altri, è mosso a compassione per essa e presto compirà un grande miracolo.

F  Una diversa visuale
I discepoli consigliano il Signore di licenziare la folla perché potesse provvedere ai propri bisogni ed hanno dei buoni motivi per farlo: è sera, l’ora è già passata, il luogo è deserto (15) e le persone sono affamate.

Il Signore ha un pensiero diverso e dice ai discepoli: “date loro voi da mangiare” (17). Queste parole mettono in evidenza la nostra insufficienza sotto tutti gli aspetti, ma la presenza del Signore può trasformare tutto.
Forse anche noi pensiamo che siamo “fuori orario”, che ciò che ci circonda sia un “luogo deserto” e come tale ci renda incapaci di rispondere ai bisogni di coloro che sono intorno a noi.

Quel poco che i discepoli hanno, cinque pani e due pesci, viene portato davanti a Lui e tutto cambia!
Il Signore “alza gli occhi verso il cielo” (19) dimostrando, così, di non prestare nessuna attenzione al luogo deserto e senza risorse che Lo circonda, poi rende grazie e rompe il pane donandolo ai discepoli che lo porgeranno alla folla.
Egli vuole che i Suoi siano pienamente dipendenti da Lui per essere, al momento opportuno, usati ed associati a Lui in questo lavoro d’amore nei confronti di una folla affamata.

F  Intorno a noi
Guardandoci attorno possiamo solo vedere una folla piena di bisogni in un mondo privo di ogni risorsa. Qual è il nostro atteggiamento?
Portiamo al Signore, attraverso la preghiera, quel poco che abbiamo ed attendiamo che ce lo restituisca per essere distribuito agli uomini. Allora faremo la stessa esperienza dei discepoli che assistettero ad un miracolo.

Questo principio si applica a tutto ciò che possiamo fare per il Signore. Occorre che ci serviamo di ciò che abbiamo senza attendere di avere di più e contare sul Signore che può benedire le risorse limitate come le più abbondanti.
Paolo poteva dire “la buona volontà, quando c’è, è gradita in ragione di quello che uno possiede e non di quello che non ha” (2 Co 8:12).


D.C.

mercoledì 26 novembre 2014

26 novembre

(Dio dice al profeta Ezechiele:) "Ecco, tu sei per loro come la canzone d’amore di uno che ha una bella voce e sa suonare bene; essi ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica".
Ezechiele 33:32

"Fuoco! Fuoco! Salvatevi!"

“Il fuoco si sviluppò dietro le quinte di un teatro. Il "buffone" venne ad avvertire il pubblico, ma si pensò che facesse uno scherzo e l’applaudirono; insistette a lungo e il pubblico rideva sempre di più. È così, penso, che perirà il mondo: nella gioia generale della gente che crede ad uno scherzo”.
Questa riflessione, che dobbiamo al danese Soren Kierkegaard, illustra bene la noncuranza degli uomini di fronte ai pericoli morali e spirituali.
Ci siamo abituati alle parodie, alle immagini virtuali della televisione, del cinema o dei computer. Eppure, l’attualità che spesso ci opprime dovrebbe indurci a riflettere seriamente. Ma finché non siamo toccati personalmente e direttamente, l’emozione che proviamo è fuggitiva, e ci rifugiamo presto nel conforto della nostra indifferenza.
Le informazioni si sono moltiplicate, ma non sono aumentate le nostre capacità di riceverle e di gestirle interiormente. Questa profusione d’informazioni ci ha piuttosto indurito il cuore e la sensibilità.
Il messaggio rivolto da Dio agli uomini corre anche il rischio di affogare nella massa d’informazioni che ci sollecitano quotidianamente. Eppure, per ognuno di noi, è una questione di vita o di morte. Sappiamo ascoltare la rivelazione di Dio? Prendiamo il tempo di riflettere leggendo la Bibbia? La nostra sorte eterna dipende dall’accoglienza che riserviamo al messaggio dell’evangelo. Al di fuori della fede in Dio, per mezzo di Gesù Cristo, non esiste luogo di riposo.

martedì 25 novembre 2014

25 novembre

Forza e gioia sono nella sua dimora.
1 Cronache 16:27

Io mi rallegrerò grandemente nell’Eterno; l’anima mia esulterà nel mio Dio; poiché egli mi ha riservato delle vesti della salvezza.
Isaia 61:10

Motivi di gioia in cielo

Nel cielo, abitazione del Dio beato, regna una gioia eterna che non può mai essere turbata. Nella Scrittura troviamo molte occasioni in cui questa gioia celeste è stata, è, o sarà, particolarmente sentita.
Quando Dio ha fondato la terra e ne ha stabilito le basi, “le stelle del mattino cantavano tutte assieme” (Giobbe 38:7). Che momento quando Dio ha “sospeso la terra sul nulla” (Giobbe 26:7)! Davanti allo spiegamento della potenza e della sapienza del Creatore, gli angeli esultarono di gioia.
Quando un angelo annunciò la nascita di Gesù ai pastori che custodivano il loro gregge nella contrada di Betlemme, tutto ad un tratto, nella notte, apparve una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio esclamando: “Gloria a Dio nei luoghi altissimi” (Luca 2:13). Essi scoprivano quello che l’apostolo Paolo chiama "un mistero": Dio manifestato in carne. Un grande motivo di gioia per la terra e per il cielo.
In Apocalisse 19:7, troviamo un altro motivo di gioia: “Rallegriamoci… perché sono giunte le nozze dell’Agnello”. Cristo (l’Agnello di Dio) avrà presso di sé la sposa (la Chiesa), che s’è acquistata al prezzo delle proprie sofferenze.
Ma ecco ancora un motivo di gioia che ci sorprende: “V’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede” (Luca 15:10). È questa la misura del valore di un’anima per il cuore di Dio. Egli non vuole la morte del peccatore, ma la sua conversione e la sua vita.

Un re dal cuore triste – Matteo 14:1/12

Giovanni Battista era stato imprigionato e questi versetti ci forniscono le motivazioni di questo arresto: non aveva temuto di riprendere Erode per la relazione che aveva con la moglie di suo fratello Filippo (3/4).

Ä  La morte di Giovanni Battista
Ora il fedele testimone paga con la vita la verità che ha avuto il coraggio di dire al re. La sua morte fa parte dei divertimenti e delle feste della corte reale; essa è l’orribile salario del piacere che il re malvagio si è offerto. Ben si addicono a lui le parole di Giacomo “sulla terra siete vissuti sfarzosamente e nelle baldorie sfrenate” (Gm 5:5). Umanamente parlando è una fine tragica ed anche terribile. Chi di noi desidererebbe una carriera con una simile fine? Ma agli occhi di Dio è questo il glorioso compimento di ciò che è chiamata “la sua missione” (At 13:25).
L’arma del carnefice lo fa entrare nel riposo eterno. I suoi discepoli lo seppelliscono poi informano il Signore (12). La “lampada ardente e splendente” (Gv 5:35) di cui avevano goduto per breve tempo si spenge, per fare posto alla “vera luce” che può consolarli.

Ä  Opportunità perdute!
Erode aveva udito “la fama di Gesù” (1), ma, anziché fermarsi a riflettere e ricercare un incontro con Gesù, preferisce fantasticare sulle “potenze miracolose” (2). Eppure, alla sua corte vi erano persone che avevano seguito il Signore.
-      Giovanna, la moglie di Cuza il suo amministratore, dalla quale il Signore aveva cacciato dei demoni, ora Lo assisteva coi suoi beni (Lu 8:3),
-   Manaem, suo amico d’infanzia (At 13:1), sarà fra i profeti e dottori della chiesa di Antiochia.
Possiamo essere certi che Erode conoscesse bene questi testimoni e di come la loro vita era cambiata, ma non ha voluto fare niente per seguire la stessa sorte, anzi, al contrario, la sua terribile morte avverrà “per non aver dato gloria a Dio” (At 12:23).

Può apparire strano il rifiuto di così tante testimonianze ed opportunità offerte ad un individuo, ma tale è la posizione di moltitudini di uomini ancora oggi. Il loro rifiutò, però, non ci deve scoraggiare nel presentare la persona di Cristo.


D.C.

lunedì 24 novembre 2014

24 novembre

Via da voi ogni amarezza, ogni cruccio e ira e clamore e parola offensiva con ogni sorta di cattiveria! Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri.
Efesini 4:31

Ogni uomo sia pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira; perché l’ira dell’uomo non compie la giustizia di Dio.
Giacomo 1:19

Pericolo dell’ira

Le ricerche nel campo dell’aggressività hanno dimostrato che questa aumenta quando è incoraggiata e sostenuta. È errato sostenere che l’aggressività diminuisce se si lascia esplodere la collera. L’ira non dominata è un comportamento distruttivo; far saltare, brutalmente, la valvola e dar libero corso alla propria collera, porta spesso a manifestare malvagità ed a ferire il nostro prossimo. L’ira repressa e tenuta in serbo è altrettanto pericolosa; è una delle cause principali delle difficoltà familiari e dei conflitti nelle aziende e nelle comunità.
Allora, che fare? Prima di tutto riconoscere davanti a Dio che l'ira è un peccato che dev'essere confessato davanti a lui; poi pregare perché Dio ci insegni a canalizzarla, ossia a identificarne le cause reali, a saperle esprimere con intelligenza e moderazione, e a cercare una soluzione con Lui. Reprimere l'ira senza questa presa di coscienza davanti a Dio non fa altro che produrre rancori e sentimenti di amarezza con possibili riflessi sullo stato di salute.

Un sentimento d'indignazione è legittimo davanti a tutto quello che offende il Signore. “Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sopra la vostra ira” ci dice l’apostolo Paolo (Efesini 4:26). Ma in tutte le nostre relazioni, impariamo a controllarci e a perdonarci gli uni gli altri; l'autocontrollo non è forse un frutto dello Spirito? (Galati 5:23).

domenica 23 novembre 2014

23 novembre

Nella loro angoscia gridarono all’Eterno ed egli li liberò dalle loro tribolazioni.
Salmo 107:6

Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più.
Matteo 6:33

"Non resta altro che pregare"

In un ristorante, due capi d’azienda discutono sui gravi problemi che fanno vacillare la loro società. Durante il pasto, considerano insieme tutte le soluzioni possibili atte a risolvere le difficoltà. Sorseggiando il caffè, uno di loro conclude un po’ ironicamente:
“Se tutto questo non funziona, non ci resterà altro che pregare”.
Pregare è sovente quello che si prevede come ultimo tentativo. Ma non è forse di lì che bisognerebbe incominciare con serietà e fiducia? Nessun nostro problema è troppo piccolo né troppo grande per Dio. Sovente pensiamo di essere in grado di affrontare da soli le difficoltà che si presentano; e allora mobilitiamo tutte le risorse a nostra disposizione per superare l’ostacolo. È questo il modo di agire giusto? Dio permette che incontriamo delle prove affinché abbiamo sempre più fiducia in lui.

C’è poi un campo in cui siamo completamente incompetenti. È quello che riguarda la salvezza della nostra anima. Non sforziamoci di trovare la soluzione in noi stessi, nel nostro ambiente o nella religione. Rivolgiamoci a Dio con la consapevolezza che il problema ci supera. Il male, che è alla base di tutti i problemi dell’umanità, non è più potente di Colui che è venuto a soffrire e a morire su una croce per perdonarci. Oggi, se poniamo la nostra fiducia in Gesù Cristo, il problema di base della nostra vita sarà regolato per sempre. Preghiamo ed entriamo così in comunicazione con Gesù Cristo, che desidera rivelarsi a noi come colui che salva. 

La pazienza di Dio - Geremia 44:19/30

Geremia ricorda le azioni malvagie ed i peccati abominevoli compiuti nel tempo dal popolo (20/21) dopo aver preso nota dell’oltraggiosa risposta di questo raduno di ribelli e ne trae le conclusioni: ad eccezione di un piccolo numero (28), questo popolo perirà in Egitto sotto i colpi e le calamità che l’attendono e dai quali “la regina del cielo” sarà incapace di preservarli.

Ø  Sopportazione
La ricerca insistente della propria volontà aveva portato questi uomini ad agire con un orgoglio tale che li ha portati alla ribellione aperta contro Dio che dal canto Suo, aveva pazientato ed avvertito il popolo attraverso i profeti ogni mattino.
Era, tuttavia, arrivato il momento in cui Dio non “ha più potuto sopportare” (22) e caccia via il suo popolo dalla sua presenza (2 Re 17:20), perché non c’era più rimedio (2 Cr 36:16).
Che tristezza per il cuore di Dio dover rivolgere a coloro che amava queste parole di giudizio: “saranno consumati … finché non siano interamente scomparsi” (27).

Niente è cambiato: ancora oggi gli occhi di Dio sono “troppo puri per sopportare la vista del male … e tollerare lo spettacolo dell’iniquità” (Ha 1:13), ma Dio usa ancora della pazienza nei confronti dell’uomo benché con la sua “ostinazione e con l’impenitenza” del suo cuore si “accumuli un tesoro d’ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio” (Ro 2:5).

Ø  Il faraone Cofra (30)
Il popolo si era rifugiato in Egitto nella vana speranza di scampare a Nabucco re di Babilonia, ma ora l’uomo in cui avevano posto la loro fiducia e che aveva preso il posto di Dio nel loro cuore sarebbe diventato un segno, con la sua morte, per la convalida delle parole di Dio.

Geremia aveva già messo in guardia il popolo dal mettere la fiducia in un uomo e dall’allontanare il cuore dal SIGNORE perché, così facendo, avrebbe perso di vista il proprio bene e lo aveva invitato, piuttosto, a confidare nel SIGNORE (17:5/7).

Questo principio resta vero anche per noi oggi. Se rimetteremo la nostra fiducia in Dio saremo “come un albero piantato vicino all’acqua … non si accorge quando viene la calura … e non cessa di portare frutto” (17:8).


D.C.

sabato 22 novembre 2014

22 novembre

Il sale è buono; ma se il sale diventa insipido, con che gli darete sapore? Abbiate del sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri.
Marco 9:50-51

Il sale

Credenti, la potenza della verità di Dio che abbiamo ricevuto da lui agisce nelle nostre anime per mezzo dello Spirito Santo, e ci rende capaci di rinunciare a noi stessi. Quest’energia morale dataci dalla verità, applicata alle anime nostre, è rappresentata dal sale che non doveva mancare in nessuna delle offerte fatte all’Eterno. “Condirai con sale ogni oblazione” (Levitico 2:13).
Nella vita del Signore Gesù abbiamo l’esempio prezioso di questa consacrazione completa alla gloria di Dio, di tale energia che respinge ogni male. Era un’offerta in cui "non mancava il sale", e Dio trovava tutto il suo compiacimento in lui, uomo perfetto per ubbidienza e santità.
Gesù ci ha lasciato un esempio perché seguiamo le sue orme (1 Pietro 2:21). Ma il "principe di questo mondo", mentre non poteva nulla contro di lui (Giovanni 14:30), trova in noi quello che la Bibbia definisce "la carne", la cui volontà ribelle risponde molto volentieri alle sue tentazioni. È per questo che abbiamo bisogno di "avere del sale" in noi stessi. Vegliamo affinché la verità non perda niente della sua freschezza e potenza nelle nostre anime; che possiamo sempre essere in grado di respingere il male proveniente dal di fuori, come pure di giudicare in noi stessi ogni attività interiore della carne.

La pace, nei nostri rapporti fraterni, è legata anche ad un cammino fedele in comune, sotto lo sguardo di Dio. Ci conceda il Signore la grazia di "avere del sale in noi stessi" e la pace tra di noi!

Unita’ in armonia – Salmo 133

Il versetto 1 di questo Salmo dovrebbe sempre trovare la sua applicazione sia nella chiesa locale che nella famiglia. Quando i fratelli “vivono insieme” è buono e piacevole non solo per loro, ma, prima di tutto, per il cuore del Padre.

I membri della famiglia di Dio sono uniti tra loro perché sono legati ad un’unica Persona: Cristo! Lui è nel cielo, sommo sacerdote, vero Aaronne, che ha donato il Suo Spirito, come un “olio profumato” che discende sui fratelli riuniti là dove Dio ha ordinato la benedizione eterna (3).

L’olio, figura dello Spirito Santo, è la sorgente dell’unità. Sparso sul capo d’Aaronne, esso scende in benedizione per i fratelli e la rugiada che gli è associata come un simbolo della Parola di Dio (De 32:2), è una benedizione per tutto il paese. Ogni mattino, come un bene prezioso, essa scende dal cielo per bagnare la terra (De 33:13).

L’unità del popolo di Dio non è, dunque il risultato di un’unione fra uomini ma trae origine da Dio stesso poiché tale è la Sua volontà: “voi siete una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato” (1 Pt 2:9). Non trae le sue risorse da cose terrene, ma da cose che provengono dall’alto. Per i credenti è da Cristo (in figura Aaronne), la testa, il capo della Chiesa (Ef 1:22) da cui provengono tutte le benedizioni.

La nostra responsabilità non è, dunque, di creare l’unità, ma di realizzare “l’unità dello Spirito” e mantenerla con il vincolo della pace (Ef 4:3).

Il Salmista aveva già espresso la sua gioia quando gli era stato proposto di andare alla casa del SIGNORE (Sl 122:1), ora ha sperimentato quante benedizioni si possono godere alla Sua presenza in compagnia dei suoi fratelli.

Il Signore ci dia veramente di poter sperimentare tale gioia in ogni occasione in cui possiamo godere della comunione fraterna.


            D.C.

“Noi non ti ubbidiremo” - Geremia 44:1/19

Geremia ricorda il giudizio che Dio  aveva esercitato su Gerusalemme e le città di Giuda e  come, ora, erano ridotti questi luoghi (2).
La ragione che lo porta a parlare così è la loro insistente idolatria. Essi non avevano cessato di bruciare incenso ad altri dei malgrado gli avvertimenti dei profeti che invitavano il popolo a cessare quelle cose che erano abominevoli agli occhi di Dio (4). Ora, anche in Egitto agivano nella stessa maniera.
E ora, perché vai per la via che conduce in Egitto? Per andare a bene l’acqua del Nilo?” aveva chiesto Dio all’inizio di questo libro (2:18), conoscendo bene le ragioni per cui non voleva che il Suo popolo scendesse in quel paese dai mille idoli: si sarebbe corrotto ancora di più. Possiamo essere certi che se Dio mette un ostacolo nel nostro cammino è perché vuole solo proteggerci contro i pericoli che Lui conosce, anche se, al momento, noi non ne comprendiamo i motivi. Insistendo nella nostra volontà noi possiamo solo farci del male (7).

Ø  “perché …?”, “avete forse dimenticato?”
Dio pone delle domande sul perché di questo atteggiamento insistente: “perché commettete questo gran male contro voi stessi?” (7), “perché provocate la mia ira?” (8), ma una domanda ancora più seria: “avete forse dimenticato?” (9). “Uomini superbi” (43:2), “gente dal collo duro” (At 7:51), alle quali le penose lezioni ricevute nel tempo non erano servite a manifestare un benché minimo pentimento. Niente, come il proprio orgoglio, conduce così rapidamente alla disobbedienza ed alla ribellione.

Ø  La regina del cielo.
Deliberatamente il popolo sceglie di servire gli idoli, così come avevano fatto i loro padri e non hanno vergogna di dichiararlo. Ormai è ribellione aperta contro Dio. Come era cambiato l’atteggiamento di quel popolo che, “salendo dall’Egitto verso Canaan”, seguendo i suoi conduttori, aveva preso una solenne decisione: “lungi da noi l’abbandonare il SIGNORE per servire altri déi … noi serviremo il SIGNORE, perché lui è il nostro Dio” (Gs 24:16/18), mentre questi, ora, attribuivano la loro miseria attuale all’aver cessato di offrire profumi “alla regina del cielo” (17)

Quante persone ancora oggi ragionano allo stesso modo: “Dio non mi ha dato ciò che io desideravo, perciò mi rivolgo altrove, a falsi dèi i quali, certamente, non mi rifiuteranno niente”. Questi versetti ci portano a riflettere sulla miseria del cuore dell’uomo al quale Satana ha accecato la mente (2 Co 4:4).

D.C.


venerdì 21 novembre 2014

21 novembre

(Dio dice:) "Voi mi cercherete e mi troverete".
Geremia 29:13

Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve; chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa.
Matteo 7:7-8

“Sono alla ricerca...”

Durante un funerale, il celebrante dichiarava, parlando del defunto: “Tutta la sua vita è stata una continua ricerca”.
“Essere alla ricerca” è un’espressione usata sovente da persone che esprimono in questo modo che, per loro, il cammino spirituale è impegnativo, di lungo respiro ed importante.
Il problema è che queste persone a volte sono alla ricerca fino alla fine della vita, senza mia trovare quello che cercano.
Se vi è già capitato di cercare a lungo un oggetto, sapete quanto sia sgradevole non trovarlo. Tutti noi abbiamo molte incertezze, interrogativi e formuliamo ogni tipo di ipotesi; corriamo anche il rischio che una continua insoddisfazione ci renda indisponibili per altre attività.
È augurabile che ciascuno di noi dedichi molta attenzione ai problemi importanti, come quello della salvezza e del nostro avvenire eterno. Sarebbe grave fidarsi dei mercanti d’illusioni. La nostra adesione passiva ad una religione qualsiasi finisce per anestetizzarci la coscienza. Ma Dio desidera forse che cerchiamo per tutta la vita, senza mai trovare veramente ciò che cerchiamo?

Il Signore non gioca a nascondino con nessuno. Se lo cercate con la lettura della Bibbia e con la preghiera, saprà farsi trovare da voi. La fede s’appoggia su delle certezze. “Queste parole sono fedeli e veritiere” (Apocalisse 21:5). Egli vi libererà dalle sabbie mobili delle vostre ipotesi e dei vostri interrogativi; Dio vi ama troppo per lasciarvi nel dubbio riguardo al suo amore ed alla vostra salvezza eterna. Scopritelo nella Bibbia che è la Parola di Dio.

Disobbedienza e conseguenze – Geremia 43:1/13

Ø  La reazione del popolo
La reazione di Iocanan e dei suoi compagni non si fa attendere: “Tu dici il falso; il SIGNORE, il nostro Dio, non ti ha mandato a dire: “non andate in Egitto per abitarvi” (43:2).
È il tipico modo di fare di coloro che hanno già preso delle decisioni e, quindi, non riescono ad accettare un pensiero diverso dal loro.
Scegliere prima, pregare in seguito, è un laccio che Satana tende spesso ai credenti.
Si consultano i fratelli, gli anziani, si espone la situazione e si chiede loro di pregare. Ma ecco che ci sconsigliano di fare quella cosa, ci mostrano i pericoli, ma … il nostro cuore ha già deciso e non torna indietro. Sono molte le situazioni in cui tutto questo può verificarsi. Per questo è importante prendere la buona abitudine di indirizzarsi al Signore prima di avere, interiormente, preso una decisione. In certe ore decisive della nostra vita, ci verrà del tutto naturale, prima di ogni altra cosa,  trovare l’aiuto di un Amico conosciuto da molto tempo.

Ø  Geremia trascinato in Egitto
I fatti seguono le parole. Iocanan raduna tutti, uomini, donne e bambini e scende in Egitto “perché non ubbidirono alla voce del SIGNORE” (43:7). Anche Geremia viene portato in Egitto (6) e giunto a Tapanes (7) avrà ancora un messaggio per il popolo ribelle.
Per tutta la vita Geremia era rimasto inascoltato ed i suoi avvertimenti erano stati disprezzati e, ancora una volta, la sua riprensione resterà senza effetti.

In mezzo ad un popolo disobbediente e ribelle la figura del profeta Geremia brilla come una stella in una notte oscura. Benché coinvolto, suo malgrado in questa ribellione, egli rimane fedele al suo Dio ed al servizio che gli era stato affidato (1:7).

Il Signore ci dia di seguire l’esempio di un servitore così fedele al mandato rivevuto!

            D.C.

giovedì 20 novembre 2014

20 novembre domenica

Ora queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l’amore.
1 Corinzi 13:13

La fede, la speranza e l’amore

Queste tre virtù ci collegano a Dio. Se ne togliete una, l’equilibrio della vita cristiana è compromesso.
– La fede, citata per prima, è la condizione indispensabile alle altre due: “Senza fede è impossibile piacere a Dio” (Ebrei 11:6). La fede consiste nel credere semplicemente tutto quello che Dio dice nella Bibbia. Credo a Dio quando m’assicura che sono salvato per la fede in Gesù Cristo, ed anche quando mi promette che posso contate su di lui ogni giorno.
– La speranza s’appoggia sulla fedeltà di Dio alle sue promesse: “Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri tra tutti gli uomini” (1 Corinzi 15:19). Ma, sia benedetto Dio, la nostra speranza è d’essere presto con Gesù risuscitato, per contemplare la sua gloria nel cielo ed essergli resi simili; e questa speranza è una certezza.

L’amore ha la propria sorgente in Dio stesso. “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Giovanni 4:19). L’amore impregna tutta la vita cristiana. “Se non avessi amore, non sarei nulla” (1 Corinzi 13:2). In questo i cristiani dovrebbero essere imitatori di Dio ed agire avendo sempre l’amore come movente: amore per Gesù, amore per Dio che è ora nostro Padre, amore per i fratelli e le sorelle nella fede, amore per gli uomini senza Dio, quindi senza speranza.

Risposta ad una preghiera - Geremia 42:1/22

Si ignora come Geremia sia venuto a trovarsi in questo luogo (41:17), resta il fatto che Iocanan  ed il popolo gli chiedono di pregare “affinché il SIGNORE Dio tuo, ci mostri la via per la quale dobbiamo camminare, e che cosa dobbiamo fare” (40:3). Geremia accetta di pregare per loro e promette di riferire ogni cosa che il SIGNORE gli dirà e, dal canto suo, il popolo dichiara che si atterrà a ciò che il profeta dirà da parte di Dio anche se aveva già preso in cuor suo una decisione.

Ø  Una risposta categorica
La risposta si fa attendere “dieci giorni” (42:7). Per il popolo c’è tutto il tempo per rendersi conto dell’ipocrisia della sua richiesta e per cambiare strada. Geremia, dal canto suo, sa attendere pazientemente la risposta di Dio senza dare opinioni al riguardo.
Spesso Dio mette alla prova la nostra fiducia in Lui facendo ritardare la risposta alle nostre preghiere. Se la nostra preghiera non è quella della fede cercheremo da soli delle soluzioni senza attendere pazientemente, dimostrando, così, di desiderare di fare più la nostra volontà che quella di Dio. Camminare per fede è difficile, ma è il cammino più sicuro.

La risposta di Geremia è categorica: “se continuate ad abitare in questo paese, io vi ci stabilirò e non vi distruggerò. … Non temete il re di Babilonia … perché io sono con voi per salvarvi … egli avrà compassione di voi” (11/12) ma se voi vi recherete in Egitto dove pensate di non trovare né fame, né guerra è proprio quello in cui vi imbatterete: “o superstiti di Giuda! Il SIGNORE parla a voi: non andate in Egitto!” (19).

Dio ha parlato, facendo conoscere la Sua volontà nei minimi dettagli. Tutto è messo davanti al popolo sia i vantaggi e le benedizioni (10/12), che i giudizi a cui andranno incontro se saranno disobbedienti. Quale sarà la scelta del popolo? L’obbedienza a Dio o farà quello che in cuor suo, forse, ha già deciso?

Qualcuno ha scritto: “fare un passo nella direzione sbagliata per sfuggire alle difficoltà è il modo più sicuro per incontrarle”.
Spesso anche a noi vengono date prove certe della volontà del Signore, ma quale atteggiamento assumiamo quando la risposta non è quella che avremmo voluto?


D.C.

mercoledì 19 novembre 2014

19 novembre

Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è un mio discepolo, io vi dico in verità che non perderà affatto il suo premio.
Matteo 10:42

Non dimenticate… di esercitare la beneficenza e di mettere in comune ciò che avete; perché è di tali sacrifici che Dio si compiace.
Ebrei 13:16

Follia o saggezza?

La principessa Eugenia di Svezia, commossa da un appello in favore degli orfani della sua città, vendette tutti i suoi diamanti per costruire loro una casa. Molti anni più tardi, un membro della famiglia reale citò quell'atto definendolo una follia.
– Follia, follia, rispose la principessa. È la cosa più saggia che io abbia mai fatto nella mia vita. Ogni volta che vado all’orfanotrofio, posso vedere i miei diamanti brillare nella gioia di quei bambini e sono ricompensata mille volte.
Non è un male avere denaro e beni materiali. Quel che è male è amare il denaro, porre la fiducia nei propri beni materiali e gloriarsene. Inoltre, l’accumulo dei beni corre il rischio di essere accompagnato da un impoverimento dei valori che il denaro non può procurare: la tranquillità di spirito, la pace, la gioia, la solidarietà con le sofferenze degli altri.

La Bibbia ci dice come infrangere quest’attaccamento alle ricchezze, questo potere del denaro su noi. È condividendolo con altri. Il donare ci libera anche dal timore dell’avvenire e ci rende più coscienti della grazia fattaci da Dio. Cristiani, donando diventiamo imitatori del nostro Padre celeste. Ma dobbiamo dare con gioia, con amore. Perché, l’apostolo Paolo scrive: “Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo ad essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente” (1 Corinzi 13:3).