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sabato 31 maggio 2014

31 Maggio

Ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza.
Ecclesiaste 12:1

Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti.
2 Timoteo 2:8

Non lasciar passare il tempo

Nel salone d'una casa di riposo, osserviamo una dozzina di persone anziane che è lì seduta. La maggior parte di loro non partecipa ad alcuna conversazione. Ve ne sono di totalmente dipendenti dalla persona che li spinge sulla sedia a rotelle; vorremmo portar loro un messaggio di affetto, d'incoraggiamento, ma è difficile stabilire una comunicazione.
Se abbiamo ancora buona salute e tutte le nostre capacità intellettuali, siamo riconoscenti a Dio! Ma dobbiamo anche riflettere circa l'impiego che ne facciamo. Chiediamoci se viviamo per noi stessi, senza altro scopo che soddisfare i nostri bisogni materiali e i nostri piaceri, dimenticando ciò che la Bibbia dice: "Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio" (Matteo 4:4).
È soltanto in questa vita il tempo adatto a ricevere il nutrimento dell'anima che si trova nella Parola di Dio. Leggendola noi scopriamo il suo messaggio essenziale che concerne Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Egli è diventato uomo per liberarci dal male: si è caricato dei peccati di tutti quelli che so affidano a lui. Dio, che ha accettato il suo sacrificio perfetto, lo ha risuscitato e glorificato. Così Dio è giusto quando dichiara giusto colui che ha fede in Gesù Cristo (Romani 3:26).
Non aspettiamo la vecchiaia, che peraltro non siamo certi di raggiungere, per volgerci con fede verso il Salvatore!

venerdì 30 maggio 2014

30 Maggio

Gesù... sopportò la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio.
Ebrei 12:2

Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce.
1 Pietro 2:24

Il grande "perché?"

Se desideriamo vedere in tutta la sua realtà l'atteggiamento di Dio di fronte al peccato, e il vero carattere della sua santità, dobbiamo solo contemplare la croce di Cristo e ascoltare quel grido d'angoscia che risuona in mezzo alle tenebre del Calvario: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Una simile domanda non era mai stata posta, e mai ne sarà posta una uguale. Essa rimane unica nell'eternità, considerando sia Chi l'ha espressa, sia Colui al quale era rivolta. La croce dà la misura dell'odio di Dio contro al peccato, ed è anche la misura del suo amore per il peccatore. È su questa base divinamente giusta che Dio fa grazia, perdona i nostri peccati e considera perfettamente giusti tutti quelli che si pentono.
Molti disprezzano la croce e persistono nel loro odio contro Dio, oppure dicono che Dio è troppo buono per arrivare a punire i malvagi; ma che ne sarà di loro? Ecco la risposta: "Chi rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui" (Giovanni 3:36).
I peccatori che rimanessero indifferenti potrebbero essere salvati, visto che Dio ha dovuto dare, abbandonare e colpire il suo Figlio diletto per salvare il suo popolo? Il Signore Gesù sarebbe dunque morto per nulla? Dio lo avrebbe colpito senza che fosse necessario? No! "Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui" (Isaia 53:5).

Da uno scritto di C. H. Mackintosh

giovedì 29 maggio 2014

Bethel 2009 - Fidati di me

Per visualizzare la dispensa in oggetto utilizzare il seguente link:

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29 Maggio

Come la cerva desidera i corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente; quando verrò e comparirò in presenza di Dio?
Salmo 42:1-2

La sete dell'anima

Noi tutti, un giorno o l'altro, abbiamo sperimentato la sete. Questa parola mi richiama alla mente delle immagini molto nette: i miei tre anni trascorsi nei deserti aridi e polverosi dell'Africa settentrionale. Mi ricordo che certe volte, quando le provviste d'acqua erano esaurite, tutto il mio essere era un lamento inespresso: acqua, acqua! Nient'altro che l'acqua poteva far tacere quel grido. 
Nel Salmo 42, Davide ci parla di un'altra sete; non quella del corpo, ma quella dell'anima. Questa sete rievoca altri ricordi altrettanto vivi. Mi ricordo dei molti anni in cui ero alla ricerca d'una soddisfazione che mi sfuggiva sempre. La ricercavo in tutto ciò che mi si presentava, nel campo fisico, estetico, intellettuale, nella musica, il teatro, la filosofia o il piacere dei sensi. Ma più mi davo a questa ricerca, più mi sentivo vuoto e frustrato. Alla fine, ho trovato la risposta, la stessa risposta che Davide aveva trovato tremila anni prima: "Quando verrò e comparirò in presenza di Dio?" (Salmo 42:2).
In ciascuno di noi esiste una sete dell'anima, un'aspirazione interiore profonda che non può essere soddisfatta che da Dio stesso. È ciò che ho sperimentato quando ho incontrato Dio rivelato in Gesù Cristo, una sera, da solo, nella camera di una caserma, leggendo la Bibbia. Meravigliosa esperienza che mi ha cambiato la vita!

Derek Prince

mercoledì 28 maggio 2014

Bethel 2010 - F.A.Q. (Domande ricorrenti)

Per visualizzare la dispensa in oggetto utilizzare il seguente link:

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28 Maggio

Che cos'è l'uomo perché tu ti ricordi di lui o il figlio dell'uomo perché tu ti curi di lui?
Ebrei 2:6

Non c'è nessun giusto, neppure uno.
Romani 3:10

Coabitazione

Citiamo dal noto scrittore francese Albert Camus: "L'uomo è l'inconcepibile e scandaloso mistero della bellezza e del male, del sole e del fango, della vita e della morte".
Questa coabitazione nell'uomo del meglio e del peggio non è forse l'esperienza di ognuno di noi?
Il meglio: sono le capacità intellettuali dell'essere umano mediante le quali esplora con mezzi sempre più efficaci l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo. Maggiori ancora sono le azioni di altruismo, di dedizione, compiute nel corso dei secoli da uomini e donne che hanno consacrato (e qualche volta persino dato) la loro vita per il prossimo.
Il peggio: la violenza, gli scandali e l'immoralità che riempiono le pagine dei giornali ne sono una testimonianza. Ma non abbiamo bisogno di spulciare la cronaca per convincerci che l'uomo è capace del peggio. Se siamo obiettivi, riconosceremo che anche noi, in fondo, siamo capaci del peggio. 
La Bibbia, che è la Parola di Dio, svela la ragione profonda di questa stupefacente miscela di meglio e di peggio, sicché nessuno può pretendere di essere giusto agli occhi di Dio. Questa mescolanza deriva dal nostro allontanamento da Dio.
Ma la Bibbia ci dà anche il rimedio: andare a Dio così come siamo, riconoscere onestamente le nostre colpe e riporre la nostra fiducia in lui. Dio perdona il credente perché, sulla croce, Gesù Cristo ha regolato per sempre il problema del male che ci allontana da Dio. Egli è la sola strada verso Dio. 

martedì 27 maggio 2014

Giuseppe - L’ultimo muro


La vita di Giuseppe è stata costellata da grandi difficoltà, momenti lunghi di prova, pericoli. Sappiamo che Giacobbe, nelle sue parole profetiche in Genesi 49, lo paragona ad un albero fruttifero i cui rami si stendono oltre il muro.  Come già evidenziato nell’articolo “I rami che si stendono sopra il muro” un’applicazione morale di questo passo è che quest’uomo  ha dimostrato fede e portato frutto per Dio in ogni circostanza della sua vita.

                Guardando alla sua storia crediamo di poter affermare con certezza che:
- Per fede ha servito quando era nella casa di Potifar;
- Per fede è fuggito alle tentazioni della moglie di Potifar per non peccare contro Dio;
- Per fede ha sopportato l’ingiustizia della prigione;
- Per fede ha perdonato i suoi fratelli;
- Per fede ha potuto affermare ai suoi fratelli: “Dio mi ha mandato qui prima di voi, perché sia conservato di voi un residuo sulla terra e per salvare la vita a molti scampati”. Genesi 45:7.
E molto altro oltre a questo.

                Se leggiamo però nel capitolo 11 dell’epistola agli Ebrei, l’autore della lettera si esprime in questo modo: “Per fede Giuseppe, quando stava per morire, fece menzione dell’esodo dei figli di Israele e diede disposizione circa le sue ossa” Ebrei 11:22.
Questo brano ci trasporta agli ultimi attimi della vita di quest’uomo di fede.
Ricordiamo qual è la definizione di fede e cosa dobbiamo fare guardando alla fede di chi ci ha preceduto.
“Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono” Ebrei  11:1. La stessa lettera ci dice “Ricordatevi dei vostri conduttori, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; e considerando quale sia stata la fine della loro vita, imitate la loro fede”(13:7).
Allora vediamo come Giuseppe ha finito la corsa e cosa dobbiamo imitare di questa fede.

                Giuseppe è un uomo che si è avvicinato al momento della morte in modo consapevole. Era conscio che il momento di lasciare la scena di questo mondo stava arrivando. Possiamo dire che per gli uomini  la morte è un muro che fa paura. Nella Bibbia è definita come “il re degli spaventi” Giobbe 18:14. Per l’essere umano è un terreno inesplorato. I credenti certamente hanno delle promesse che sono contenute nella Parola di Dio, ma la morte però anche per loro è qualcosa che porta dolore, che crea un distacco e separa dalle persone care.  La Bibbia, inoltre definisce la morte un nemico, l’ultimo nemico che sarà vinto.  Anche Giuseppe aveva delle promesse e su  di esse si fondava. Erano le promesse che Dio aveva fatto ad Abramo tanti anni prima. Ascoltiamo direttamente dalla voce di Giuseppe cosa disse ai suoi fratelli. “Giuseppe disse ai suoi  fratelli:<<Io sto per morire, ma Dio per certo vi visiterà e vi farà salire, da questo paese, nel paese che promise con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe>>. Giuseppe fece giurare i figli di Israele, dicendo: <<Dio per certo vi visiterà; allora portate via da qui le mie ossa>>. Genesi 50:24-25.
 Dio aveva fatto delle promesse ad Abramo (Genesi 15:7-16), le stesse erano state rinnovate ad Isacco (Genesi 26:2-6) e a Giacobbe(Genesi 28:13-15). E’ interessante notare che Giacobbe aveva detto a Giuseppe: “Ecco, io muoio; ma Dio sarà con voi e vi farà ritornare nel paese dei vostri padri” (Genesi  48:21).
Possiamo dire che le promesse di Dio passano attraverso le generazioni,  sia quelle  fatte ad Abramo che quelle per i credenti del tempo attuale. Ognuno però se ne deve appropriare personalmente per mezzo della fede. Questo è ciò che ha fatto Giuseppe. Possiamo notare la sua convinzione. Per ben due volte ripete “Dio per certo  vi visiterà”.  Non ci sono dubbi nelle sue parole, ci sono solo certezze. Questa espressione  “vi visiterà”, fa intendere che Dio sarebbe intervenuto in potenza in favore del suo popolo. Ci ricordiamo che qualche generazione dopo, quando Mosè ed Aaronne andarono dagli anziani di Israele , è detto: “Essi compresero che il Signore aveva visitato i figli di Israele e aveva visto la loro afflizione, e s’inchinarono e adorarono”. Le parole di Giuseppe dovevano ricordare che l’Egitto era solo un’esperienza transitoria per Israele. Questo popolo aveva un paese promesso.  Dio  avrebbe mantenuto le sue promesse e nemmeno i suoi resti sarebbero dovuti rimanere in Egitto. Notiamo anche la solennità del momento: “fece giurare i figli di Israele”.

                Come ci poniamo davanti alla morte? Il nostro corpo può tornare alla terra, quello di Giuseppe è stato messo in un sarcofago, ma “sappiamo infatti che se questa tenda che è la nostra dimora terrena viene disfatta, abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d’uomo, eterna nei cieli” (2 Corinzi 5:1). Siamo animati da questa certezza di fede? La trasmettiamo anche agli altri?

                Un altro aspetto importante da considerare. Che impatto ha avuto sulle generazioni successive  la fede di Giuseppe? Io credo che i resti di Giuseppe, conservati dagli Israeliti, fossero una testimonianza permanente del fatto che Dio avrebbe liberato il suo popolo e mantenuto le sue promesse. C’era stata la schiavitù, peraltro prevista nella promessa fatta ad Abramo, le condizioni di vita degli Israeliti peggioravano progressivamente, ma le ossa di Giuseppe ricordavano che ci sarebbe stata una partenza per il luogo della promessa.  Riflettiamo un momento su quanto è accaduto per la decima piaga: alla concitazione, alla tensione  di quegli attimi, alla Pasqua che doveva essere mangiata “in fretta”, agli Egiziani che “fecero pressione sul popolo per affrettare la sua partenza” (Esodo 12:33), ad un popolo di seicentomila uomini che si mette in cammino. E in tutto questo scenario  la Parola ci dice: “Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe; perché questi aveva espressamente fatto giurare ai figli di Israele, dicendo:<<Dio, certamente vi visiterà; allora, porterete con voi le mie ossa da qui>>” (Esodo 13:19). Tutto questo non parla ai nostri cuori? Le parole di Giuseppe, e la volontà che queste esprimevano, erano passate attraverso le generazioni! Nonostante tutto quello che era accaduto nel corso di quegli anni, le sue parole non erano state dimenticate.
 Se abbiamo sperimentato di essere al capezzale di un nostro congiunto credente, che in modo cosciente si avvicina alla morte, la sua pace, la sua calma, la sua serenità, il fatto che aspetti di entrare nella pace del Suo Salvatore in attesa della risurrezione del corpo, credo che possano avere un effetto dirompente su di noi.  Sono la dimostrazione che il credente può superare questo muro, l’ultimo muro di questa vita, con la forza che Dio dà, avendo davanti la gloria celeste, il luogo che il Signore ci ha promesso e preparato. Questo ci dà forza e ci può donare la  piena convinzione che Dio darà anche a  noi la stessa energia spirituale quando questo momento verrà.

                Passano gli anni, il popolo dopo il pellegrinaggio nel deserto arriva in Canaan, conquista il paese. La Parola ci ricorda:  “E le ossa di Giuseppe, che i figli d’Israele avevano portate dall’Egitto, essi le seppellirono a Sichem, nella parte del campo che Giacobbe aveva comprato dai figli di Chemor, padre di Sichem, per cento pezzi di denaro; e i figli di Giuseppe le avevano ricevute come eredità(Giosuè 24:32).
Il viaggio è terminato. Dio ha mantenuto le sue promesse nonostante le infedeltà del popolo. I figli di Giuseppe  ricevono la parte di eredità nel paese promesso, una parte doppia. La sepoltura delle ossa di Giuseppe in quel luogo avrebbe parlato anche alle generazioni successive e rimanevano testimoni della fedeltà e della potenza di Dio verso il Suo popolo.  Giuseppe e il popolo di Israele avevano delle promesse terrene e Dio le ha mantenute, la morte non ha minimamente scalfito le certezze di fede di Giuseppe. Noi per il tempo presente potremmo essere chiamati a passare per la morte, magari in modo consapevole, come è stato per Giuseppe. L’apostolo Paolo, condannato a morte, scrivendo a Timoteo, vedendo la  sua vita terrena giungere al  termine scriveva: “Quanto a me io sto per essere offerto in libazione, il tempo della mia partenza è giunto” (2 Timoteo 4:6). Non parla di fine, di termine, parla di partenza. Il termine veniva utilizzato in campo nautico, quando una nave levava l’ancora e scioglieva le vele. Per il credente la morte non è la fine, non è un muro insormontabile, è addormentarsi nella pace del Salvatore per essere alla Sua presenza in una  gioiosa e cosciente attesa della risurrezione del corpo. Paolo scriveva ai Filippesi al cap 1 versetto 23  “..ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio. Giuseppe attendeva che i suoi resti fossero trasportati dall’Egitto in Canaan e noi? “Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa” (Filippesi 3:20-21).
Quali grandi promesse abbiamo grazie al valore dell’opera di Cristo! Che certezze ha la fede! Non ci sono muri insormontabili per i credenti!


Cesare Casarotta

Lettura giornaliera della Bibbia

Questo libro della legge non si allontani mai dalla tua bocca, ma meditalo giorno e notte. 
Giosuè 1:8


È bello avere a disposizione questo strumento, e leggerlo ogni giorno è molto utile. Ma di basilare importanza è la regolare e giornaliera lettura della Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse, effettuata ripetutamente durante la vita. È di assoluta importanza che la mente e il cuore siano completamente impregnati della conoscenza della Bibbia. Nulla può prendere il suo posto; essa è il fondamento su cui si potrà costruire ogni altro studio più approfondito. Leggere ripetutamente l’intera Bibbia dà una conoscenza completa e bilanciata del pensiero di Dio che vi è rivelato e preserva da visioni estreme e unilaterali delle Sacre Scritture. Leggere solo e sempre i brani preferiti non è una buona abitudine, perché “ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare…” (2 Timoteo 3:16).  
Chi legge la Bibbia per la prima volta è meglio che inizi dai Vangeli, per proseguire poi col resto del Nuovo Testamento e successivamente col Vecchio Testamento. Se si riesce a leggere un capitolo al giorno, l’intera Bibbia sarà finita in tre anni; se si leggono tre capitoli al giorno, in un anno sarà tutta letta. Per leggere tre capitoli ci vuole mezz’ora, mentre per una lettura attenta di un capitolo non ci vorranno più di dieci minuti; un tempo che si può trovare anche nelle giornate più impegnate. 
Anche se i nostri pensieri, nel corso delle nostre giornate, sono rivolti a Lui, sarebbe bene dedicare un tempo preciso per ascoltare la sua voce nella sua Parola e parlargli con la preghiera.

27 Maggio

L'Eterno non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell'uomo: l'uomo guarda all'apparenza, ma l'Eterno guarda al cuore.
1 Samuele 16:7

(Gesù disse:) "Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".
Matteo 7:21

Era un falso

Da molti anni una tela era appesa in sala da pranzo. Era attribuita al famoso pittore fiammingo Rubens. Poi arrivò la guerra, con le sue privazioni, e si decise di vendere il quadro. Un esperto, invitato per stimarne il valore, lo ispezionò accuratamente e scosse la testa: "Non ne ricaverete granché; è una copia!". Per tanto tempo molti erano stati tratti in inganno, ma l'occhio dell'esperto non si era sbagliato e aveva distinto la frode.
Si incontrano molte persone, soprattutto nelle nostre società occidentali, che si dicono cristiane e passano come tali agli occhi dei loro simili. La vera questione è sapere se portiamo questo nome, che significa discepoli di Cristo, a giusto titolo. Posso avere una vita onesta, una buona moralità, andare in chiesa di tanto in tanto, ma se non ho riconosciuto la mia colpevolezza davanti a Dio e accettato la salvezza che Egli offre mediante la fede nel suo Figlio morto sulla croce, allora non sono altro che un falso cristiano.
Possiamo ingannare gli altri, ingannare anche noi stessi, ma c'è un esperto che non commette errori e che conosce il fondo dei cuori. Verrà il giorno in cui sarà emesso un verdetto definitivo. Allora quelli che portano giustamente il nome di Cristo saranno ammessi nella felicità della sua presenza eterna, e gli altri non vi troveranno posto. Finché la pazienza di Dio dura, che ciascun cristiano s'interroghi sulla realtà del nome che porta!

“Quanto più…”

(Gesù disse ai suoi discepoli:) “Non siate in ansia per la vita, di quel che mangerete, né per il corpo, di che vi vestirete; poiché la vita è più del nutrimento e il corpo più del vestito. Osservate i corvi: non seminano, non mietono; non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. E voi, quanto più degli uccelli valete!” 
Luca 12:22-24


La vita è più di tutte le ricchezze, più della bellezza e della salute, più della cultura e del successo. Per quanto grandi siano i progressi della scienza e della tecnica, la vita è più ancora. Ma cos’è questa vita così preziosa? Lo scopriremo con osservazioni accurate nei nostri microscopi? Svelerà i suoi segreti mediante attente riflessioni filosofiche? Potremo afferrarla attraverso l’arte?
No; né la scienza, né la filosofia, né le arti sono sufficienti per dire che cos’è la vita, né tanto meno per offrire una guida. Essa è più grande di tutto ciò che il nostro spirito può abbracciare, più forte di tutte le nostre esperienze, eppure è così fragile, così breve… Da dove viene la vita e dove va? Su questo fondamentale argomento della vita e della sua conclusione, siamo ridotti a non poter fare altro che delle ipotesi, oppure possiamo ottenere delle certezze?
La risposta può darcela solo Dio. Solo Lui può rivelarci che cosa è veramente la vita, la sua origine, il suo divenire, perché è Lui che la dà. Il semplice fatto che noi “viviamo” dimostra la Sua esistenza. Dio, come ci dice la Bibbia, è il Vivente. Dio è la sorgente della vita, della vita fisica che Egli dona e conserva, ma anche, e soprattutto, della vita eterna che Egli dà a tutti coloro che credono in Gesù.
“SIGNORE… in te è la fonte della vita” (Salmo 36:5, 9). “Il SIGNORE è il baluardo della mia vita” (Salmo 27:1).

L’equilibrio della saggezza – Ecclesiaste 6:1 – 7:22


·         I limiti dell’uomo (6:1/6)
Riflettiamo su alcune questioni essenziali:
avere tesori e gloria (2), vivere molti anni ed avere molti figli (3) non sono garanzia di felicità e soddisfazione. Non possiamo vivere una vita felice e soddisfatta lontano da Colui che dà il godimento di tali cose (2), la morte sopraggiungerà mettendo fine a tutte le speranze.

·         Le fatiche dell’uomo (6:7/12)
Gli occhi (9) permettono di rallegrarsi della vita (Proverbi 15:30) e provare delle gioie (1:8 – 11:7), ma l’uomo non può cambiare le situazioni in cui viene a trovarsi. Cosciente delle sue debolezze i suoi tentativi di contendere con Colui che è più forte di lui (10) diventano inutili. Gli sforzi per cambiare le cose sono inutili, perché l’uomo non conosce né ciò che sia bene per lui (12), né ciò che riserva il futuro (12). Solo Dio conosce il nostro futuro e sa ciò che è bene per noi (cfr. Michea 6:8)!

Siamo così chiamati ad imparare ad apprezzare ciò che abbiamo piuttosto che inseguire i desideri del cuore nel tentativo di realizzarli con mezzi umani.

·         Scelte fatte con saggezza (7:1/12)
La “saggezza” ha molti aspetti ed il suo scopo principale è di aiutarci ad onorare Dio nella nostra vita. In questi versetti ne possiamo evidenziare sette per il nostro equilibrio:
G  La reputazione che è più importante dell’apparenza. Essa dimostra ciò che siamo, resiste al tempo e non si volatilizza come il profumo (1).
G  Il giorno della morte (e non la morte), il luogo del lutto, la tristezza, fanno prendere coscienza dell’inevitabilità della fine di ogni cosa, mette fine all’orgoglio e rende sensibili all’amore di Dio (2/4).
G  La riprensione che conduce alla vita (Proverbi 15:31) è messa in contrasto con l’adulazione che non è che un fuoco alimentato da pruni: non dura e non fa calore (5/6).
G  L’oppressione che porta alla rivolta e la corruzione che porta all’immoralità, rendono incapaci di distinguere il bene dal male. Come vincere su queste cose? Con la pazienza legata ad una piena fiducia in Dio (7).
G  La fine di una cosa ci porta a fissare i nostri sguardi non sul passato ma nella speranza delle cose future (8/10) – cfr. Efesini 1:18.
G  La ricchezza dà una certa protezione, ma la saggezza conduce ad una vita equilibrata (11/12).

·         Un giusto equilibrio (13/22)
Leggendo questi versetti comprendiamo l’assurdità e l’incoerenza della vita dell’uomo, ma al centro c’è un consiglio: “chi teme Dio evita tutte queste cose” (18).
L’equilibrio della saggezza è  il segreto della nostra forza (19).


D.C.

Dio nel suo santuario – Salmo 68:20/35


·         Il Salvatore ed il Liberatore (20/23)
Se è  bello conoscere la salvezza è ancora più bello conoscere il Salvatore, perché comprenderemo la potenza illimitata di Dio, Colui al quale appartiene il preservare dalla morte (20), che distrugge i nemici (21) e che dona ai Suoi una completa vittoria.

·         Dio nel Santuario (24/27)
Il nemico è distrutto e Dio entra nel Suo Santuario (24) e così come quando Davide, dopo la sconfitta dei Filistei, trasporta l’Arca (1 Cronache 14:8/17 – 15:25/29), tutto il popolo è riunito per gioire della presenza di Dio: cantori, suonatori e fanciulle (25). C’è (27) il piccolo Beniamino, “l’amato dall’Eterno” (Deuteronomio 33:12), ci sono i principi di Giuda e la loro schiera che ha l’aiuto dell’Eterno nel combattere i suoi nemici (Deuteronomio 33:7), c’è Zabulon che si rallegra e chiama i popoli al monte (Deuteronomio  33:19) e c’è Neftali, sazio di favori e ricolmo di benedizioni (Deuteronomio  33:23).
G  Cari ed amati nel Signore siamo anche noi di coloro che sono amati dal Signore, che godono del Suo aiuto nel combattimento della fede e che, ricolmi di favori e di benedizioni, chiamiamo anche gli altri alla montagna di Dio per entrare nel Suo santuario?

·         Lode al Signore di tutta la terra (28/35)
Presto tutto sarà ricondotto sotto lo scettro di Cristo e tutte le nazioni recheranno doni a Gerusalemme (29); tutti tenderanno le loro mani verso Dio (30/31), canteranno e salmeggeranno al nome dell’Eterno (32), riconosceranno la Sua potenza (34).
Ma, nell’attesa che i diritti regali del nostro Signore siano manifestati agli uomini, riconosciamo la grandezza e la potenza di Dio verso tutti i credenti, dei quali Israele è una figura in questo Salmo, con un santo timore che conviene a coloro che Lo servono.



D.C.

lunedì 26 maggio 2014

26 Maggio

Si grida per le molte oppressioni, si alzano lamenti... ma nessuno dice: "Dov'è il mio Creatore, che nella notte ispira canti di gioia?"
Giobbe 35:9,10

Un canto nella notte

Immaginiamo la scena descritta al capitolo 16 (v. 16-34) del libro degli Atti. Siamo a Filippi, piccola città della Macedonia. Passeggiamo vicino alla prigione. È mezzanotte. All'improvviso, ci sembra di sentir cantare. Sono chiaramente dei cantici. Li riconosciamo facilmente, perché non sono delle grida di rivolta né di sofferenza. Sono delle voci di uomini. Ma il canto è molto calmo, un'armonia serena. Il canto proviene proprio dalla prigione. È possibile che dei prigionieri possano cantare in questo modo? Sì, Paolo e Sila, che predicavano l'evangelo, sono sereni, anche se rinchiusi nella prigione. I soldati che li hanno portati lì li hanno frustati ripetutamente. Nessuno si è occupato delle loro piaghe. Anzi, il carceriere ha messo ai loro piedi dei pesanti ceppi.
Ma come potevano ancora cantare le lodi di Dio? Essi pregavano e il Signore Gesù era accanto a loro. Il Signore fa persino venire un terremoto e le porte della prigione si aprono. Così i due prigionieri sono liberi, ma non fuggono. Erano lì per annunciare la salvezza per grazia.
Il carceriere credette il messaggio dell'Evangelo. Ospitò i prigionieri a casa propria. Curò le loro piaghe; e presto fu battezzato, lui e tutti i suoi. "Che debbo fare per essere salvato?" aveva chiesto a Paolo e Sila. "Credi nel Signore Gesù e sarai salvato", fu la risposta. È una risposta che vale anche per voi.

La montagna di Dio - Salmo 68:1/19

Leggendo questo Salmo, il credente impara a conoscere la bontà di Dio attraverso la storia di Israele, come Dio è stato in mezzo a lui e le benedizioni che gli ha elargito.

·         Levati o Dio (1/3)
Israele, sotto la protezione di Dio, ottiene un duplice scopo: la liberazione dai suoi nemici e la gioia della Sua presenza.
Che questa sia anche la nostra parte: quella di godere della vicinanza del Signore e la sicurezza di essere nelle Sue mani (Giovanni 10:28/29).

·         Un canto di riconoscenza (4/6)
Il primo soggetto di questo canto è il nome di Dio come lo fu dopo il passaggio del Mar Rosso (Esodo 15:2). Niente può opporsi all’amore di Dio ed i giusti si rallegrano in esso senza nessun timore. Solo i nemici hanno da temere (6).
Il credente oggi conosce l’amore di Dio rivelato in Cristo e fa sue le parole: “rallegratevi del continuo nel Signore” (Filippesi 4:4).

·         La bontà  di Dio rivelata attraverso la storia d’Israele (7/14)
Le cure di Dio per Israele si manifestarono per tutta la traversata del deserto (7) così come nel paese dove aveva trovato dimora (10) ed aveva goduto delle cure della bontà di Dio anche in momenti di particolare bisogno (9).
Anche quando si erano “riposati fra gli ovili” (13), immagine dell’indifferenza e della ricerca della prosperità materiale (cfr. Giudici 5:16 – Deuteronomio 32.15), non furono abbandonati (13).

·         La montagna di Dio (15/19)
Basan e le sue molte cime (15) rappresentano ciò che è grande agli occhi degli uomini, ma la gloria della montagna di Dio è più grande, perché Dio ha scelto di abitarvi (16). È la montagna di Moriah dove sorgeva il tempio (2 Cronache 3:1), legata ad avvenimenti nei quali la grazia di Dio si rivela ed il sacrificio di Cristo è, in figura, anticipato (Genesi 22 – 1 Cronache 21). È il monte della santità sul quale ha stabilito il Suo Re (Salmo 2:6). È il luogo dal quale gli angeli potenti in forza (17) sono pronti ad esercitare la Sua volontà.
Comprendiamo così che le parole del v. 18 sono relative a Cristo. Paolo le riprenderà per enumerare i doni dati alla Chiesa (Efesini 4:8/12). Cristo, salito in alto (18) è la sorgente della liberazione, di tutti i doni spirituali e di tutte le benedizioni.
Le glorie del Signore ed i doni elargiti ai Suoi suscitano la riconoscenza del salmista (19) verso l’Iddio della nostra salvezza (19). Sia così anche per noi oggi!


D.C.

domenica 25 maggio 2014

Giudice o avvocato?

(Gesù) ci ha comandato di annunziare al popolo e di testimoniare che egli è colui che è stato da Dio costituito giudice dei vivi e dei morti.
Atti 10:42

Se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto.
1 Giovanni 2:1


Qualcuno vorrebbe Gesù Cristo come avvocato perché difenda la sua causa nel giorno del giudizio. Ma non  è questo il messaggio biblico.
Il giudizio finale non sarà altro che l’applicazione di una condanna già pronunciata. Noi tutti siamo colpevoli a causa dei nostri peccati, e la sentenza di morte è stata emessa: “Non c’è nessun giusto, neppure uno” (Romani 3:11); “il salario del peccato è la morte” (Romani 6:23). Ma l’applicazione della pena è stata sospesa poiché Dio è amore e non vuole la morte del peccatore. Egli ha dato il suo proprio Figlio, non per difenderci, ma perché subisse al nostro posto il castigo che noi tutti meritavamo. Per questo è morto sulla croce, Lui il solo giusto, per noi ingiusti. Noi che abbiamo confessato i nostri peccati e abbiamo messo la nostra fiducia in Lui non siamo degli innocenti, ma dei colpevoli che sono stati graziati (Giovanni 5:24), dei peccatori lavati dai loro peccati. Coloro che rifiutano questa grazia, invece, incontreranno come giudice proprio Colui che ancora oggi vuole essere il loro Salvatore. “Chi non crede è già giudicato perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio” (Giovanni 3:18).
È per noi credenti che il Signore Gesù riveste attualmente il ruolo di avvocato. La sua presenza alla destra di Dio è la testimonianza che tutti i nostri peccati sono perdonati. Essa dimostra che tutto è stato pagato una volta per sempre alla croce del Calvario. “Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” (Romani 8:1)!

Una guida per la vita

Gesù gli disse: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. 
Giovanni 14:6

SIGNORE, in te confido; fammi conoscere la via da seguire, poiché io elevo l’anima mia a te… Insegnami a fare la tua volontà, poiché tu sei il mio Dio. 
Salmo 143:7, 8, 10


“Incitare il camminatore, il viaggiatore, il semplice visitatore a mettersi in cammino per trovare la stella, la scintilla che lo guiderà nel lungo itinerario della vita… Tale è il filo conduttore di questo percorso fotografico”. In questi termini è descritto il tema dell’esposizione di un artista. Questo testo ci chiama in causa: qual è la direzione della nostra vita? Abbiamo trovato una strada sicura, una guida fedele, uno scopo che valga la pena? 
In una società in cui i punti di riferimento sono sempre più sfuocati, rischiamo di essere “smarriti come pecore”, di seguire ognuno “la propria via” (Isaia 53:6).
Ma il Dio d’amore non vuole lasciarci su strade sbagliate. La Bibbia è la guida di tutti coloro che hanno messo la loro fiducia in Dio: “La tua parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero” (Salmo 119:105). Essa ci rivela Gesù Cristo, il Figlio di Dio, venuto dal cielo per salvare gli uomini. Per coloro che credono, è il Buon Pastore che ha dato la vita per le sue pecore. Di loro dice: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna” (Giovanni 10:27, 28). Presto porterà in cielo, come ha promesso, coloro che lo amano: “Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi” (Giovanni 14:3). Non cerchiamo guide umane, nessuna è infallibile, ma lasciamoci guidare dal nostro Salvatore e Signore!

25 Maggio

Non ti affannare per diventar ricco, smetti dall'applicarvi la tua intelligenza. Vuoi fissare lo sguardo su ciò che scompare? Poiché la ricchezza si fa delle ali, come l'aquila che vola verso il cielo.
Proverbi 23:4-5

Cose vane

Un bambino gioca con un vaso che contiene una moneta. Fa scivolare la mano nel vaso per cogliere l'oggetto luccicante ma, col pugno chiuso, non riesce a tirarlo fuori dal vaso. Suo padre, sentendolo piangere, accorre. "Piccolo, lascia la moneta e tieni le dita ben diritte, come ti faccio vedere; così potrai tirar fuori la mano". E il bambino capisce che non può tenere la moneta e contemporaneamente tirar fuori la mano. 
Questo aneddoto ci fa pensare al giovane che Gesù incontra (Matteo 19:16-26). Vorrebbe avere la vita eterna, ma quando Colui che potrebbe dargliela gli chiede di lasciare i suoi beni, non riesce a decidersi e se ne va tutto triste. Quante volte il cristiano è ostacolato, frenato nel suo progresso spirituale, perché dà troppa importanza alle occupazioni di questo mondo!
Ricordiamo a quale conclusione arriva Salomone nel libro dell'Ecclesiaste: "Ho applicato il cuore a cercare e a investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo... intrapresi grandi lavori; mi costruii case... non privai il cuore di nessuna gioia... Vanità delle vanità, tutto è vanità!" (Ecclesiaste 1:13; 2:4,10; 12:10).
Non mettiamo la nostra fiducia nell'incertezza delle ricchezze, ma nel Dio che ci dà ogni cosa (1 Timoteo 6:17).

Come Dio chiama tutti gli uomini

Per fede Abraamo, quando fu chiamato (da Dio), ubbidì. 
Ebrei 11:8

Quelli che (Dio) ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati. 
Romani 8:30


Per quanto riguarda la salvezza, Dio chiama tutti gli uomini. Un giorno nella vita di ognuno c’è sicuramente un appello di Dio. Chi legge la Bibbia vede chiaramente che la chiamata di Dio al pentimento e alla fede ricorre decine e decine di volte. Essa è come scritta a lettere cubitali dalla prima all’ultima pagina e non ha bisogno di spiegazioni teologiche né di ragionamenti filosofici.  
Ma per chi non ha mai avuto la possibilità di conoscere le Scritture c’è un altro modo attraverso il quale Dio si rivela, ed è la creazione. Nelle sue straordinarie opere “la sua eterna potenza e divinità” (Romani 1:20) sono talmente evidenti che nessun essere umano, fosse pure un selvaggio, può negare l’esistenza di un Creatore onnipotente. Non solo, ma la sua immensa grandezza fa risaltare la piccolezza dell’uomo, e la sua perfezione mette molto bene in evidenza il suo stato di peccato. C’è anche la coscienza che accusa il peccatore (2:14-15), ma può essere indurita e falsata. 
Insomma, Dio ama la sua creatura e vuole salvarla, e Cristo ha pagato per il peccatore che si pente, in qualunque epoca e in qualunque contesto sia vissuto. Ha pagato per me e per voi. 
Lettore, se non l’hai ancora fatto, rispondi oggi alla chiamata di Dio accettando per te l’opera di Cristo. 

L’uomo, il giusto, le autorità - Proverbi 29:1/15


·         L’uomo
Ecco una verità importante: il tempo per pentirsi è limitato (1). La grazia viene offerta ad ogni uomo, ma chi persiste nel suo stato di peccato incontrerà, improvviso ed irrimediabilmente, il giudizio di Dio.
Le compagnie sono importanti (3), come illustra la parabola del figliol prodigo (Lu 15) prima della sua conversione. Dopo la conversione, però, quale gioia per il padre. Non è la stessa gioia che prova il Padre celeste alla conversione di ogni uomo?
Che responsabilità per coloro che “lusingano” l’uomo (5) con false prospettive di salvezza, non fanno che tendergli una rete nella quale finiranno prigionieri. Parliamo del Signore a tutti, anche a costo di essere odiati (10) dal mondo.

·         Il giusto
Il mondo è contento della presenza dei credenti (2). Pensa di loro che sono delle brave persone che, invece di commettere delle malvagità, cantano e si rallegrano nel Signore (6), che sono persone che si prendono cura dei deboli (7), che invece di soffiare sul fuoco per alimentare le discordie sanno calmare le liti (8) trattenendo la loro ira (11), perché sanno che se contenderanno con il mondo non potranno che suscitare la sua ira o la sua derisione, perché sanno che con il mondo non potrà esservi nessuna intesa (9).

·         L’autorità
Alcuni caratteri che sono la base dell’autorità:
ü  la responsabilità: coloro che sono a capo imprimono il loro carattere ai loro sottoposti (12),
ü  l’uguaglianza: una posizione d’autorità non è sinonimo di superiorità perché davanti a Dio non c’è differenza sociale (13). Dio fa levare il sole sopra ogni uomo (Matteo 5:45) ed offre la grazia a tutti,
ü  la giustizia: la corruzione e l’ingiustizia hanno un potere destabilizzante (4, 14),
ü  l’educazione: abbiamo sotto gli occhi, ogni giorno, l’effetto di una educazione lassista e le sue conseguenze sulla società (15).
Sappiamo bene che non possiamo sperare che l’uomo stabilisca un governo perfetto e giusto secondo i pensieri di Dio, ma possiamo pregare facendo delle richieste precise per coloro che sono stati stabiliti da Dio (Romani 13:1) come nostri governanti (cfr.  1 Timoteo 2:1/2 - Geremia 29:7).


D.C.

Proverbi Di Salomone - Proverbi 28:15/28


·         Il leone e l’orso (15)
Figure applicabili al nemico (1 Pietro 5:8 – cfr. 1 Samuele 17:34/37) che signoreggia sull’uomo utilizzando la ricchezza ed il guadano disonesto (16) per assoggettare gli uomini alla sua schiavitù.
·         L’assassino (17)
Caino uccise suo fratello e fu condannato ad essere “vagabondo e fuggiasco” (Genesi 4:12) e la sua coscienza lo rese inquieto per tutta la vita. L’espressione “nessuno lo fermi” indica che la giustizia avrà il suo corso, ma nessuno ci potrà impedire di presentare l’evangelo a tali uomini, perché solo il sangue di Cristo purifica da ogni peccato.
·         L’aiuto di Dio (18/22)
Pochi versetti che contrappongono chi cammina integramente al perverso (18), il  lavoratore al pigro (19), l’uomo fedele a chi ha fretta d’arricchirsi (20), ma Dio promette il Suo aiuto a chi cammina in modo integro a chi è zelante e fedele. Non poniamo il nostro cuore nelle ricchezze, rischieremo di cadere in miseria (22) e se useremo riguardi personali cadremo nella trasgressione (21).
·         Il vero amore (23)
Quando nostro fratello commette un errore sappiamo esercitare la riprensione mostrandogli tutto il nostro amore? Se lo facciamo, avremo recuperato un fratello e, alla fine, saremo cari al suo cuore. Spesso comporterà l’incomprensione  ma noi avremo dimostrato il nostro amore.
·         La famiglia  (24)
I genitori sono, per i propri figli, i rappresentanti diretti dell’autorità e dell’amore di Dio. Un peccato nei loro confronti è estremamente grave (1 Timoteo 5:8). Può prendere forme sottili e ammantarsi anche di religiosità (cfr. Marco 7:10/12).
·         La fiducia in Dio (25/26)
Questi due versetti contrappongono la fiducia in se stessi alla fiducia in Dio.
L’orgoglio che conduce all’avidità e che impedisce di riconoscere i propri errori genera, per finire, delle contese, ma, al contrario, il credente confida nel Signore in un cammino che conduce alla prosperità spirituale.
·         Dare (27)
Questo versetto sembra un paradosso, come possiamo pensare di dare ed  avere la certezza di non essere mai nel bisogno? Non varrebbe la pena di accantonare i nostri beni per poterne disporre in momenti di bisogno? No! il Signore ci dice che è più bello dare che ricevere (Atti 20:35) e che chi da “presta al SIGNORE che gli contraccambierà l’opera buona” (Proverbi 19:17).
·         I giusti (28)
Questo proverbio mostra come i giusti abbiano un’influenza benefica in mezzo alla società (cfr. 11:10/11 – 14:34 – 28:12 – 29:2).


D.C.

sabato 24 maggio 2014

24 Maggio

Non siate tristi; perché la gioia dell'Eterno è la vostra forza.
Neemia 8:10

Gioisco della tua parola, come chi trova un grande bottino.
Salmo 119:162

Gioia vera che viene da Dio

La lettura della Parola di Dio aveva causato un sentimento di tristezza e di vergogna fra il popolo di Dio al tempo di Neemia. Ognuno si sentiva colpevole e fortemente ripreso nella propria coscienza. Può essere che la lettura dell'Evangelo abbia questo stesso effetto per noi. Bisognava reagire, è ciò disse loro Neemia.
Leggendo la Bibbia, corriamo due pericoli opposti: 
1. Pensare che quello che leggiamo non sia per noi, che quel testo non ci riguardi personalmente.
2. Essere spaventati davanti alla santità di Dio e trascurare la grazia che ci offre.
Lo scopo principale della Parola di Dio è di rivelarci il mezzo per il quale la nostra relazione con Dio può essere ristabilita. Questo mezzo è Gesù Cristo che è andato di persona alla croce per salvarci. "In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati" (Atti 4:12). Per accettare questa salvezza occorre anzitutto riconoscerne il bisogno. Quindi Dio ci presenta le sue esigenze, che mettono in evidenza la nostra colpa davanti a lui.
Se Dio conduce la nostra coscienza a questa convinzione, ci annuncia anche la buona notizia della salvezza in Gesù Cristo. Egli riempie il cuore del peccatore pentito del sentimento della sua grazia. Una volta ricevuta, essa produce la gioia, una gioia serena, duratura, fondata sulla Parola di Dio, che non dipende dalle circostanze nelle quali possiamo passare.

Cosa significa per noi seguire il Signore?

Il giorno seguente, Gesù… trovò Filippo, e gli disse: “Seguimi”. 
Giovanni 1:43

E, passando, vide Levi, figlio d’Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli, alzatosi, lo seguì. 
Marco 2: 14


I discepoli avevano scelto di dire “sì” al Signore che li chiamava e lo avevano seguito. Ma cosa può significare per noi oggi “seguire il Signore”? Loro sono vissuti per più di tre anni al suo fianco; sono stati con Lui giorno e notte per le strade della Palestina, con Lui nelle case di chi li ospitava, con Lui sul monte, nelle città e nei villaggi, con Lui sulle rive del mare e in mezzo al mare… 
Seguire il Signore era per loro un fatto concreto. E quando Lui li ha lasciati per salire in cielo, dopo la risurrezione, hanno forse smesso di seguirlo? Assolutamente no. Nel loro modo di predicare e di comportarsi la gente vedeva chiaramente che “erano stati con Gesù” (Atti 4:13) e che con Gesù erano rimasti. Per seguire il Signore bisogna amarlo, e per amarlo bisogna conoscerlo. Più lo conosciamo, più gli daremo fiducia e agiremo come Lui vuole, rinunciando con gioia a noi stessi. 
Noi credenti seguiamo il Signore quando nella nostra vita ci impegniamo a imitare Lui, la sua grazia, la sua coerenza, la sua onestà morale, la sua dedizione al Padre; quando, come ha fatto Lui, compiamo l’opera che il Padre ci ha affidato che è quella di far conoscere al mondo la sua grazia e il valore eterno della croce di Cristo. Mettere i nostri piedi nelle orme di Gesù è il nostro dovere e il nostro alto privilegio! Sebbene la “distanza” fra il Signore e noi sia grandissima, essendo la sua perfezione irraggiungibile, abbiamo ugualmente la gioia di seguirlo da vicino, come le pecore seguono il pastore che va davanti a loro; e questo richiede, come sempre, comunione e preghiera. 

Dio non cambia

Io, il SIGNORE, non cambio. 
Malachia 3:6

Ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c’è variazione né ombra di mutamento. 
Giacomo 1:17


Il nostro mondo evolve rapidamente. Istituzioni finanziarie e imprese che sembravano solide crollano. Guerre crudeli straziano le popolazioni di diversi paesi del globo, provocando morti, fame, epidemie. Sono in atto evidenti cambiamenti climatici, gli equilibri ecologici sono alterati. I valori morali vengono costantemente rimessi in discussione, perché, si dice, bisogna vivere al passo coi tempi…
Così, tutto cambia: ma sapete che cos’è che cambia più in fretta di tutto? Noi stessi! La nostra vita scorre e nulla può fermarla. Inevitabilmente l’invecchiamento avanza riducendo le nostre forze, la nostra memoria, la nostra lucidità. 
Tuttavia, c’è qualcosa che non cambia perché è immutabile: la fedeltà di Dio. Ci troviamo ancora in un’epoca in cui la grazia divina permette a chiunque di avvicinarsi al Signore per conoscere il suo amore. Il peccato ha prodotto una separazione fra Dio e la sua creatura (Isaia 59:2), ma Gesù ha “fatto la pace mediante il sangue della sua croce” (Colossesi 1:20). Non ci resta che avvicinarci a Lui per conoscere questa pace della coscienza e del cuore. In mezzo a un mondo sempre più incerto e turbato, possiamo sperimentare la solidità di ciò che Dio ha stabilito, possiamo vivere per fede sotto il suo sguardo. Facciamo affidamento sul suo amore che non può cambiare; la pace traboccherà dal nostro cuore e la fiducia riempirà il nostro spirito.
Oggi Dio vi ripete: “Ascoltami… Io sono; io sono il primo e sono pure l’ultimo… Avvicinatevi a me” (Isaia 48:12, 16).

Un’ancora per l’anima

Noi… abbiamo cercato il nostro rifugio nell’afferrare saldamente la speranza che ci era messa davanti. Questa speranza la teniamo come un’ancora dell’anima, sicura e ferma che penetra oltre la cortina, dove Gesù è entrato per noi quale precursore. 
Ebrei 6:18-20


Quando i marinai per tenere ferma la nave gettano l’ancora, questa non è trasportata dal vento e dalle onde. Non si vede né il fondo del mare, né l’ancora che vi è adagiata. Ma una catena parte dalla nave e attraversa le onde agitate, per sparire nelle profondità. Non si vede la causa, ma si vede l’effetto: la stabilità della nave.
Quest’immagine illustra una realtà spirituale molto importante. Un vero cristiano è solidamente ancorato a Cristo per mezzo della fede. Invece di essere gettata nelle acque agitate di questo mondo, l’ancora delle nostre anime è saldamente fissata in cielo, dove Gesù è entrato dopo aver ottenuto per noi una redenzione eterna (Ebrei 9:12). Egli vi è entrato come precursore, e noi lo raggiungeremo un giorno (Giovanni 17:24), se abbiamo riconosciuto in Lui il nostro Salvatore.
Abbiamo posto la nostra speranza in Gesù Cristo? Solo Lui può preservarci dal naufragio e condurci al porto desiderato dalle nostre anime (Salmo107:30).
Il fondo del mare dove l’ancora è posata resta nascosto agli occhi dei marinai. Allo stesso modo, non vediamo Gesù con i nostri occhi, ma siamo legati a Lui per mezzo della fede: sappiamo che Egli è vivente e che risponde alle nostre preghiere. Coloro che osservano la nostra vita e ci vedono conservare la fede anche in mezzo alle prove, possono capire che siamo legati a Cristo, sorgente e sostegno della nostra vita.

venerdì 23 maggio 2014

23 Maggio

"Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!"
Giovanni 1:29

Il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui, e grazie alle sue ferite noi siamo stati guariti.
Isaia 53:5

L'Agnello salvatore

Il turista in visita al villaggio di Werden, nella Ruhr, può rimanere sorpreso vedendo, in cima al tetto della chiesa, un agnello in pietra, lavorato a scalpello senza altra decorazione. Durante la costruzione dell'edificio, un operaio che stava per finire il suo lavoro sul tetto perse l'equilibrio per la rottura di una corda che teneva il suo cesto di tegole. Sarebbe certamente morto se, miracolosamente, non fosse caduto su un montone che stava brucando nei pressi. L'animale perse la vita salvando quella dell'artigiano il quale, in segno di gratitudine, fece realizzare quella scultura e la pose ben in vista sul tetto.
Questa storia ci fa pensare a Gesù Cristo, che la Bibbia chiama sovente Agnello di Dio, e la cui morte ha salvato e vuole ancora salvare innumerevoli persone. Contrariamente all'animale della nostra storia, che non è stato altro che un attore passivo, il Signore Gesù ha preso parte attiva nella nostra salvezza; prima ancora di venire come uomo in questo mondo, sapeva che sarebbe dovuto morire su una croce, e l'ha accettata per amore per noi. Il suo sacrificio è stato volontario; ha preso su di sé tutti i nostri peccati e ne ha assunto la colpa davanti al Dio giusto e santo. E la vita che comunica ora a quelli che credono in lui riguarda la nostra anima; essa è eterna.
Ma attenzione! La sua morte non salva chi non vuole essere salvato. Egli vuol essere il Salvatore di tutti, ma non impone la salvezza; la offre gratuitamente a quelli che si riconoscono perduti e si rivolgono con fede a lui. Che ognuno accetti per se stesso il sacrificio dell'Agnello di Dio!

Il Signore della mia vita

Volgetevi a me e siate salvati, voi tutte le estremità della terra! Poiché io sono Dio, e non ce n’è alcun altro. 
Isaia 45:22

(Tommaso disse a Gesù:) “Signor mio e Dio mio!” 
Giovanni 20:28


“Ho vissuto i primi anni della mia vita nei Paesi Baschi. Davanti a un paesaggio tanto magnifico, non ho mai dubitato che solo un grande Dio avesse potuto compiere una tale opera. Di ritorno dal servizio militare, all’età di vent’anni, ho incominciato seriamente a interessarmi di religioni, cristianesimo, buddismo, e anche di esoterismo, spiritismo e yoga. Ero curioso di vedere le risposte che si potevano trovare alle domande fondamentali quali la sofferenza, la malattia, la morte, il senso della vita.
Conoscevo poco la Bibbia malgrado sei anni passati in un convitto cristiano. La religione mi aveva solo dato la conferma dell’esistenza di Dio.
In un gruppo biblico ho imparato che Dio ci parla attraverso la Bibbia. Le ragioni avanzate mi hanno convinto dell’ispirazione e dell’autorità della Parola di Dio.
Allora, sono diventato “religioso”, ma non conoscevo ancora la salvezza personale attraverso il pentimento e la fede nel Salvatore Gesù Cristo. Dopo aver assistito a una conferenza sulla Bibbia, ho capito che Dio mi parlava chiaramente della miseria della mia vita senza speranza.
Per parecchi giorni ebbi una forte lotta interiore, perché sapevo che dovevo pentirmi e abbandonare molte vecchie abitudini. Ma Cristo ha vinto. Convinto che Egli è morto per i miei peccati ed è risuscitato, ora so di avere la vita eterna. Da trentotto anni mi aiuta a servirlo. Egli è il meraviglioso Signore della mia vita!”

Felice resa

“Tornate figli traviati, io vi guarirò dei vostri traviamenti!”
“Eccoci, noi veniamo da te, perché tu sei il SIGNORE, il nostro Dio”. 
Geremia 3:21-22

Nel tornare a me e nello stare sereni sarà la vostra salvezza. 
Isaia 30:15


Arrendersi all’amore di Dio vuol dire rinunciare a dibattersi per salvare se stessi, riconoscere di essere senza risorse davanti alla sua santità. È un vero mistero sapere di essere amati da un Dio che dovrebbe condannarci a causa della nostra natura ribelle!
Arrendersi, vuol dire accettare che Dio ci ami così come siamo. È dargli fiducia e credere che il suo Figlio Gesù Cristo è venuto sulla terra per portare il castigo dei nostri peccati, che è stato crocifisso per noi. Non significa niente per te il fatto che Dio possa accogliere tutti coloro che credono nel suo Figlio e considerarli giusti e non più peccatori? “Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato” (Atti 16:31).
Arrendersi a Dio è dunque provare la più grande felicità della propria esistenza. È avere per mezzo di Cristo la pace con Dio, la pace dopo la lotta e la paura, una pace che si traduce in gioia e lode.
Chi diventa credente dovrà affrontare situazioni nuove e difficili, perché Satana farà di tutto per distoglierlo dal Signore e riempire la sua mente di dubbi. Ma la sua anima è liberata, calma e felice: ha trovato il suo Salvatore, il suo Signore. Ogni conversione è un autentico miracolo dell’amore divino che ci libera dalle nostre vane lotte e piega il nostro orgoglio. Io mi inchino davanti a Dio poiché in Lui ho trovato il mio Signore, un “padrone” buono e pieno di grazia. 
Egli sta aspettando anche te, come un padre aspetta il ritorno del figlio che aveva abbandonato la famiglia. “Tornate a colui dal quale vi siete così profondamente allontanati” (Isaia 31:6). 

Costruire e vegliare - Salmo 127

Questo Salmo ci parla delle nostre responsabilità e delle nostre attività in questo mondo sia nell'ambiente del lavoro che della famiglia.
Non abbiamo nessuna difficoltà ad ammettere che il Signore deve essere alla base della nostra famiglia ma per quanto riguarda la nostra professione in che misura lasciamo agire il Signore?

Ø  Nel lavoro.
Se il Signore è veramente “il Signore della nostra vita”, come spesso affermiamo, anche la nostra vita professionale appartiene a Lui. Tutto gli appartiene ed invano ci “affaticheremo a costruire” (1) ed invano “veglieremo” (2) se non è Lui che costruisce e protegge.
Possiamo alzarci presto, andare a letto tardi, essere presi da molti impegni, darsi molti tormenti (3) ma “ciò che fa ricchi è la benedizione del SIGNORE” (Proverbi 10:22). Il lavoro è un mandato divino confidato all’uomo prima della sua caduta (Genesi 1:26) ed a causa di questa il suolo è stato maledetto ma non il lavoro che Dio si compiace invece di benedire (Deuteronomio 30:9). Il lavoro è dunque un privilegio e non un diritto o una punizione.

Ø  La famiglia
Se è il Signore che ha costruito la casa (1) allora i figli saranno un dono che viene direttamente dal Signore (3). Se i genitori si amano e sono fedeli l’uno all'altro i figli apprenderanno presto la sottomissione ed  il rispetto imparando a vivere nel timore del Signore e saranno come frecce (4) nelle mani di un abile arciere: non falliranno mai il bersaglio, ed a loro volta resteranno fermi nei loro principi davanti ai loro nemici senza essere confusi (5).

Cari genitori cristiani che futuro prepariamo ai nostri figli?
Non dimentichiamo mai che non hanno solo bisogno, in questo mondo, di benessere e sicurezza materiale ma anche e soprattutto di un apporto spirituale in mezzo ad una società che fa di tutto per influenzare negativamente i nostri giovani.
  

D.C.