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giovedì 30 aprile 2015

Tre coscienze a confronto

2 Cronache 18 ci fornisce alcuni casi di “cattiva coscienza”, cioè di quello stato d’animo in cui l’uomo si viene a trovare quando ha la sensazione di fare una cosa sbagliata.
Proviamo a analizzare questo capitolo sotto questo aspetto, esaminando la condotta dei vari personaggi che appaiono e che ci mostreranno tre coscienze di sensibilità diverse:
-          quella del pio Giosafat, che è sensibile (anche se inascoltata),
-          quella dell’empio Acab che è insensibile (anche se esercitata),
-          quella del profeta Sedechia che è cauterizzata (perché sembra non esistere).

G  Il re Giosafat
Nonostante il comportamento avuto in questo capitolo, il re Giosafat è un re al quale il veggente Ieu può dire, da parte di Dio: “si sono trovate in te delle buone cose” (2 Cr 19:3). Certo una di queste non fu il contrarre parentela con l’empio re Acab (18:1) che andò a trovare qualche anno dopo (18:2). Questa parentela e questa visita lo metterà in una situazione da cui sarà difficile tornare indietro.
All’invito di partecipare a una guerra insieme, Giosafat non può che rispondere: “CONTA SU DI ME” (18:3). Poi, come se la coscienza si facesse sentire chiede ad Acab di consultare Dio tramite i profeti. Strano comportamento quello di ricercare la volontà di Dio dopo aver preso una decisione! Ma la coscienza è smossa e avverte il re che forse, nell’impegno ormai preso, c’è qualcosa che non è secondo la volontà di Dio. Sarà questo esercizio della coscienza di Giosafat sufficiente a far rivedere la decisione? Il resto della storia mostra che non basta un “esercizio della coscienza” ma occorre piuttosto una presa di posizione che questo re non è riuscito a prendere. Spesso siamo nel posto sbagliato e con le persone sbagliate e finiamo col prendere decisioni sbagliate anche quando la nostra coscienza ci attesta che qualcosa non va! Vigiliamo a questo riguardo.

G  Il re Acab
La richiesta di Giosafat di consultare Dio prima di partire per questa guerra (18:4) avrebbe dovuto far suonare un campanello di allarme, ovvero: “risvegliare la sua coscienza” ma questo re sembra non averne. Anche la richiesta di consultare ancora un profeta (18:6) [quattrocento non erano bastati (18:5)], avrebbe dovuto essere un motivo di riflessione ma anche questo non sembra scuotere la coscienza di questo re empio.
Il profeta Micaia interviene in questo episodio ed è il solo profeta che parlerà secondo il pensiero di Dio benché invitato a compiacere, almeno per una volta, il re (18:12/13). Acab ascolta ciò che Micaia dice ma la sua coscienza gli attesta che non è la verità (18:14/15), quando sentirà la verità non vi porrà mente (18:17). Dopo aver fatto imprigionare Micaia (18:25/26) parte per la guerra ma non senza aver prima preso qualche accorgimento: “Io mi travestirò per andare in battaglia” (18:29) e questo perché la coscienza di Acab non è tranquilla. Anziché fermarsi a riflettere cerca di risolvere la cosa con mezzi umani Nella mente di Acab c’è il pensiero che il suo travestimento avrebbe fatto concentrare il nemico su Giosafat ma Dio non si  lascia ingannare dall’uomo e farà sì che i nemici si allontanino da Giosafat (18:31). La coscienza si fa spesso sentire anche nell’empio, ma difficilmente questi l’ascolterà.

G  Il profeta Sedechia
A questo personaggio si addice quello che leggiamo in Geremia:
G  Il SIGNORE mi disse: “Quei profeti profetizzano menzogne nel mio nome; io non li ho mandati, non ho dato loro nessun ordine, e non ho parlato loro; le profezie che vi fanno sono visioni menzognere, divinazione, vanità, imposture del proprio cuore” (Gr 14:14);
G  “Così parla il SIGNORE degli eserciti: «Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano; essi vi nutrono di cose vane; vi espongono le visioni del proprio cuore, e non ciò che proviene dalla bocca del SIGNORE” (Gr 23:16).

La coscienza di questo profeta è ormai resa insensibile dall’allontanamento più totale dalla verità. Proferisce menzogne senza ritegno, così convinto di essere nel giusto che neppure la sentenza del profeta Micaia lo farà riflettere (18:23/24).

Il momento opportuno

In Ebrei 4:12/16 ci vengono presentate tre grandi risorse indispensabili per la nostra vita di credenti sulla terra:
G   la prima risorsa è la Parola di Dio (12). Questa Parola è:
-       vivente e efficace,
-       più affilata di una spada a doppio taglio,
-       penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito,
-       giudica i sentimenti e i pensieri del cuore;

G   la seconda è Cristo Sommo Sacerdote (14/15). Questo Sommo Sacerdote è:
-       un Grande sommo sacerdote,
-       simpatizza con noi nelle nostre debolezze,
-       è stato tentato come noi in ogni cosa;

G   la terza è il Trono della grazia (16). A questo Trono noi possiamo:
-       accostarci con piena fiducia,
-       trovarvi grazia,
-       essere soccorsi al momento opportuno.

Il Signore Gesù è il nostro intercessore presso Dio (Ebrei 7:25) ed il nostro Avvocato quando pecchiamo (1 Giovanni 2:1) e questi “servizi” del Signore nel cielo per noi garantiscono un libero accesso al trono della grazia perché il Signore si occupa costantemente di noi. È una libertà che i credenti del Vecchio Testamento non avevano ma tutto è cambiato dal momento in cui il Signore è entrato nel cielo come Uomo glorificato.
Il Signore non ci libera ogni volta dalla prova, ma attraversa la prova con noi.
Se leggi il racconto di Daniele 3 potrai comprendere meglio questo aspetto infatti leggiamo:
“Sadrac, Mesac e Abed-Nego risposero al re: “O Nabucodonosor, noi non abbiamo bisogno di darti risposta su questo punto. Ma il nostro Dio, che noi serviamo, ha il potere di salvarci e ci libererà dal fuoco della fornace ardente e dalla tua mano, o re. Anche se questo non accadesse, sappi, o re, che comunque noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai fatto erigere” (Daniele 3:16/18).
Il problema non era essere liberati dalla fornace ma dalla prova. La fiducia di questi uomini è ricompensata (al momento opportuno) dalla presenza di un quarto uomo il cui aspetto è simile a quello di un figlio di Dio (3:25).
Il momento opportuno è, dunque, il momento in cui Dio ritiene adatto, utile, appropriato, per rispondere alle nostre preghiere.
La nostra libertà è quella di poter andare in ogni momento davanti a Dio in preghiera ma Lui si riserva di rispondere alle nostre preghiere quando riterrà che sia il momento migliore per ricevere la risposta. Una risposta che potrebbe essere:
-       SI (Dio ci dà quello che chiediamo),
-       NO (Dio non ci dà quello che abbiamo chiesto),
-   ASPETTA (Dio ci darà più tardi quello che abbiamo chiesto - ci chiede di aspettare il momento opportuno),

-       LA MIA GRAZIA TI BASTA (Dio ha un piano per noi che oggi non possiamo capire ma che, al momento opportuno, comprenderemo e ci chiede di essere pazienti nell’attesa di capire il perchè delle cose che ci accadono, nella ferma convinzione che Egli fa ogni cosa per il nostro bene).

30 Aprile

Dio dunque, passando sopra i tempi dell’ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia.
Atti 17:30-31

Sì, io ti amo di un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà.
Geremia 31:3

Pentirsi - pentimento

Nella Bibbia queste parole, che alcune traduzioni moderne non rendono chiaramente, sono essenziali per esprimere correttamente il messaggio divino. Fin dall’inizio del suo ministero, Gesù ha proclamato: “Ravvedetevi e credete al vangelo” (Marco 1:15); e prima di lasciare questa terra, Egli ha spiegato che bisognava che il Cristo morisse e risuscitasse, e che dopo fossero annunciati il pentimento e il perdono dei peccati (Luca 24:47).
Cosa significa pentirsi? Prima di tutto provare un sincero dispiacere per la propria condotta, insieme alla consapevolezza di aver offeso Dio. Ma, ancora di più, è un cambiamento radicale del modo di pensare e di agire che ci fa abbandonare tutto ciò che non è bene nella nostra vita.
Il pentimento non è qualcosa di negativo; anzi, è un progresso morale. È forse negativo abbandonare una cattiva abitudine? È invece una prova di coraggio. Infatti il pentimento consiste nel lasciare un cammino di perdizione per prendere quello della vita (Atti 11:18).
Dove trovare la forza per pentirsi? In Dio stesso! È lui che ci domanda di pentirci e che ce ne darà la forza se gliela domandiamo. Il suo perdono è un dono, ma c’è bisogno del pentimento e della fede. Bisogna confidarsi in Dio per mezzo di Gesù Cristo e ricevere il suo amore, per abbandonare il peccato e trovare la pace per il presente e per l’eternità.


mercoledì 29 aprile 2015

29 Aprile

Ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani.
Atti 11:26

Essere cristiani: un titolo di gloria

Cristiano significa discepolo di Cristo. Fu ad Antiochia, una delle grandi città del mondo greco, città ricca e progredita, che questo nome fu attribuito a coloro che riconoscevano Gesù come il Cristo, il Salvatore inviato da Dio. Egli portava la grazia e la verità, ma gli uomini lo rifiutarono e lo crocifissero. Egli morì, risuscitò e fu elevato al cielo da Dio e poi fu predicato in tutto il mondo.
Non furono i Giudei a dare questo nome ai discepoli di Gesù di Nazaret, perché i Giudei aspettavano il Messia annunciato dai profeti, detto il Cristo, ma si rifiutavano di riconoscerlo in Gesù. Così la grazia di Dio aveva fatto spandere il Vangelo al di là delle frontiere d’Israele; la gente delle nazioni confinanti lo ascoltavano e credevano. Questo nome fu dato dai pagani a quelli che credevano in Cristo, sia di origine giudaica che appartenenti alle nazioni. Spesso veniva usato per derisione: "Ecco coloro che adorano come Dio una persona crocifissa!" Ma che titolo di gloria per questi discepoli, per tutti coloro che credono nel suo Nome, poter portare un tale appellativo!
Nel corso dei secoli l’appellativo "cristiano" è diventato comune a centinaia di milioni di uomini, ma ormai ha perso gran parte del suo significato, perché molti che si dicono cristiani non hanno una vera fede in Cristo e quindi non sono in un rapporto vitale con lui.
Ma coloro che sono stati riscattati da Cristo hanno la responsabilità di portare questo nome in modo degno di lui. Che il nome di Cristo possa essere onorato dalla vita di quanti portano questo nome!

martedì 28 aprile 2015

Una grande perdita

Roboamo fu il primo re di Giuda dopo la divisione del regno di Israele.
2 Cronache 12 e 13 ci narrano la storia del suo regno. Salito al trono a 41 anni regnò a Gerusalemme per 17 (2 Cronache 12:13), ma solo per i primi tre anni “seguì la via di Davide e di Salomone” (2 Cronache 11:17) poi, dopo che “si fu ben stabilito e fortificato … abbandonò la legge del SIGNORE” (2 Cronache 12:1). Dopo solo due anni (il quinto del suo regno) un nemico potente marcia contro di lui e minaccia da vicino Gerusalemme, dove sono ormai raccolti tutti i capi di Giuda (2 Cronache 12:59). Il profeta Semaia farà loro udire delle parole da parte di Dio che non lasciano dubbi: “Voi avete abbandonato me quindi anch’Io ho abbandonato voi nelle mani di Sisac” (2 Cronache 12:5). Benché il re e i principi del popolo si umilino davanti a Dio per i loro peccati il nemico saccheggerà la “casa del Signore” portando via anche “gli scudi d’oro che Salomone aveva fatti” (2 Cronache 12:9).

Quasi sicuramente si tratta degli scudi menzionati in 2 Cronache 9:15/16. Si tratta di 200 scudi d’oro del peso di Kg 7 e 300, più piccoli, del peso di Kg 2 per un totale di 2000 Kg d’oro. Basta guardare la valutazione dell’oro su un normale listino per comprendere la cifra incredibile del valore di quanto il nemico Egiziano si era appropriato.

Più tardi Roboamo sostituirà questi scudi con altri di bronzo (2 Cronache 12:11) il cui valore è sicuramente molto inferiore. La perdita è fatta ed è ormai impossibile tornare allo splendore di un tempo. Ogni volta che il re entrerà nella “casa del SIGNORE” la guardia reale si schiererà facendo mostra di questi scudi (cfr 2 Cronache  12:10/11) e il re, ogni volta, guardando quegli scudi di bronzo si ricorderà del suo peccato e della disciplina a cui il SIGNORE lo ha sottoposto.


Quando il nemico vince una battaglia anche il credente fa una perdita, spesso irrecuperabile. Il solo modo per non fare delle perdite è rimanere fedeli al Signore. La nostra fedeltà sarà benedetta e premiata. Allora invece di udire le parole “io mi sono allontanato da voi perché voi vi siete allontanati da me” sentiremo quelle belle parole che sono di grande incoraggiamento: “Il SIGNORE è con voi quando voi siete con Lui; se lo cercate Egli si farà trovare da voi” (2 Cronache  15:2). Di che altro abbiamo bisogno per conservare le grandi benedizioni che il Signore ci elargisce?

28 Aprile

Dio, nostro Salvatore… vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità.
1 Timoteo 2:3, 4

Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c’è chi lo annunzi?
Romani 10:14

Cogliere le occasioni

Una coppia sudamericana si era stabilita da poco nella mia cittadina nel nord-ovest dell’Italia. Il marito lavorava nei campi e sua moglie, Carmen, faceva la sarta. Quando mi aiutava ad aggiustare i vestiti dei miei bambini, chiacchieravamo a lungo nonostante la mia difficoltà a parlare spagnolo. Diverse volte abbiamo parlato di Dio, ma in modo vago, troppo vago… Questo mi metteva a disagio, perché avrei voluto andare all’essenziale: Carmen aveva accettato Gesù Cristo come suo Salvatore? Me lo chiedevo spesso, ma rimandavo sempre il momento di affrontare l’argomento.
Un giorno Carmen si ammalò gravemente. Andai a trovarla col desiderio di parlarle seriamente del Signore… Ma prima di entrare in casa, suo marito mi disse con severità: “Non una parola su Dio, altrimenti capirebbe che sta per morire!” Con grande tristezza, mi resi conto che avevo lasciato sfuggire un’occasione. Mentre Carmen si avvicinava alla fine della sua vita, continuavo a visitarla e a pregare il Signore per lei.
Proprio allora un pastore di Barcellona, di passaggio in Italia, venne a visitare le famiglie di lingua spagnola. Egli poté visitare Carmen e parlarle del Salvatore. Qualche giorno più tardi, morì in pace, felice di andare in cielo, perché aveva messo la sua fiducia nell’opera del Signore Gesù.

Quanto sono stata riconoscente al Signore perché si era rivelato a Carmen! Tuttavia mi sono sentita ripresa per non essere stata io a parlarle di Gesù… Non perdiamo le occasioni che Dio ci dà per testimoniare di Lui, per la Sua gloria e per amore del nostro prossimo. 

lunedì 27 aprile 2015

27 Aprile

In lei (la Parola) era la vita, e la vita era la luce degli uomini.
Giovanni 1:4

La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo.
Giovanni 1:9

(Gesù disse:) "Io sono la luce del mondo".
Giovanni 9:5

Luce umana, luce divina

Avete mai notato che la luce di una lampadina diventa insignificante quando la luce del giorno inonda una stanza? La luce della lampadina può essere paragonata ai pensieri umani. Essi proiettano una certa luce che aiuta a capire meglio le circostanze che il mondo attraversa. Ma come la lampadina non è che una pallida luce paragonata al sole, così tutti i pensieri umani sono ben poca cosa di fronte alla verità divina che Dio ha voluto comunicarci per mezzo della sua Parola, la Bibbia.
Rifiutarsi di aprire le persiane in una giornata di sole, e volersi rischiarare alla luce di una lampada elettrica, sarebbe un comportamento molto strano. Tuttavia, oggi, molti agiscono così. Si studiano le correnti di pensiero che si sono succedute nel corso dei secoli, ma si trascura o si rifiuta di cercare la verità divina nella Bibbia. È indispensabile essere a conoscenza di ciò che Dio dichiara per poi arrivare riconoscervi la voce stessa di Dio.
La Bibbia afferma che Cristo è la vera luce. Finché non entriamo in una relazione vivente con lui, siamo lasciati nell’incertezza e nella penombra dei pensieri umani. Gesù Cristo desidera farsi conoscere da noi come il nostro Salvatore. Egli è morto per darci una nuova vita. Aprite il vostro cuore a Cristo; egli vi inonderà con la sua luce e voi conoscerete il suo amore.

domenica 26 aprile 2015

A proposito di vita eterna

di: G. Bulleri

Dovremmo usare con attenzione molti termini che ci sarebbero di aiuto.  
L’uomo così come  era stato creato da Dio era destinato a durare nel tempo, quindi è eterno come essere . Ma quando Dio mette luce sulla condizione di questa sua creatura, chiama vita eterna  la vita che ci è donata per mezzo della fede e morte eterna la condizione di coloro che rifiutano di credere. Siamo abituati a definire la morte come qualcosa che pone fine, dà un taglio. No i morti non hanno cessato di esistere , ma continuano ad esistere, purtroppo  in quella condizione lontani da Dio. Quando la scrittura parla di morti, morti che risuscitano per comparire davanti a Dio, sono esseri destinati a rimanere in quella condizione per sempre: a durare per sempre come morti.
I credenti dureranno per sempre come esseri viventi. E questa vita che Dio ci dona è il renderci conformi all’immagine del suo Figliuolo, è la vita di Cristo. Qualche volta diciamo che una lettura degli Evangeli fatta con fede, con ammirazione, come Giovanni descrive il tempo in cui lui è stato con il Signore: quello che abbiamo visto, quello che abbiamo toccato, quello che abbiamo contemplato della Parola della vita (1 Giovanni 1:1), la vita eterna che ci è stata manifestata, la vita del Signore manifesta quello che sarà, ciò che noi realizzeremo pienamente nel cielo, ma che già su questa terra deve risultare in uno sprone per comportamenti, atteggiamenti che imiti in qualche misura colui che è il Vero Dio e la vita eterna (1 Giovanni 5:20)

Non occorre andare in cielo per saper cos’è la vita eterna, perché la vita eterna è stata manifestata davanti agli occhi dei credenti, di tutti gli uomini (ma gli uomini sono ciechi), ma in particolare i credenti che ci vedono nel Signore possono capire cosa è la vita eterna.

Tutti i credenti sinceri dovrebbero fare questa confessione: noi facciamo qualche cosa di buono nella nostra vita, qualche volta ci costa caro è uno sforzo è un farci violenza, perché la nostra natura non é manifestazione della vita eterna è purtroppo un misto  di carnalità, di umanità, di vecchio Adamo e di fede e nuova vita in Cristo. Quando saremo nel cielo saremo a casa nostra, quando realizzeremo che siamo figli di Dio, perché e la vita è nel Figlio e Lui ci ha dato il Figlio perché noi potessimo avere tutto ciò che comporta il concetto di vita eterna, quando saremo nel cielo tutto sarà naturale, tutto sarà spontaneo. Faremo quello che è divinamente bello, di cuore spontaneamente come una cosa naturale, saremo in cielo come a casa nostra.

Vediamo che a volte quando il Signore era sulla terra i discepoli parlavano tra loro, poi il Signore si avvicinava, si vergognavano di fare conoscere quali erano i loro pensieri, di cosa discutevano. Con i nostri buoni sentimenti benché siamo credenti  nella casa di Dio non ci troveremmo tanto bene, vi è una luce inaccessibile, c’è qualcosa che ci farebbe sentire come pesci fuor d’acqua. Il dono di Dio no, vuole che quando ci accoglierà nella sua casa, noi ci troveremo perfettamente a nostro agio, nel nostro ambiente, perché il Signore ci dona questa caratteristica. Ad esempio , è  lo Spirito del Figlio che produce nel cuore la capacità di poter dire Abba Padre (Galati 4:6)

Tutto quello che Dio ci ha dato, ce lo ha dato nel Figlio per riprodurre negli uomini che diventano figli di Dio per fede, delle caratteristiche del Suo Figliuolo.
Il Signore Gesù è e rimane unico. 
Non si parla di uguaglianza, ma di somiglianza al figlio di Dio. 
Questo è il grande dono che Dio ci ha dato, questa è la vita eterna che Dio ci dona. Era solo presso Dio e noi non potevamo conoscere niente, ma è venuta in questo mondo. Gli Evangeli sono il quadro più bello che noi possiamo immaginare, solo che noi non siamo bravi intenditori, non siamo capaci di vedere il capolavoro. Per valutare un grande quadro dobbiamo essere persone che hanno le capacità di capire dov’è il tratto eccezionale. La vita del Signore è esattamente questo. Ripetiamo perché ci sia di incoraggiamento. Osservare il Signore, leggere con fede gli Evangeli non solo per dire è il mio Salvatore è venuto per morire per me, perché ci interessa questo lato della presenza del Signore in questo mondo, ma per vedere la manifestazione della vita eterna e siccome Dio è amore e il Suo cammino lo porta alla croce a morire per noi è tutto compreso.


A volte si sente dire che l’Antico testamento non parla di vita eterna. Sostanzialmente è vero, finché il Signore non è venuto in questo mondo e ha illustrato che cosa veramente è la vita eterna, tutto quello non poteva essere ritratto davanti agli uomini, ma la vita del Signore è il ritratto della vita eterna vissuta e manifestata sulla terra. Certo la vita eterna è Cristo stesso “Egli è il vero Dio e la vita eterna”, lo è personalmente, ma lo è, e per noi è della massima importanza,  il modo in cui Lui ha vissuto in questo mondo manifestando la perfezione divina i caratteri di amore di un Dio che è venuto in questo mondo, in mezzo agli uomini, perché voleva donarci queste caratteristiche. L’esistenza eterna? No la vita eterna, la vita con Dio, nella perfetta tranquillità, nel nostro ambiente. Noi saremo nel cielo come a casa nostra, perché è la nostra patria.

26 Aprile


Quand’io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura?… O Eterno, Signore nostro, quant’è magnifico il tuo nome in tutta la terra!
Salmo 8:3-9

O mio Signor, grande Tu sei!

O mio Signor, se guardo il ciel, le stelle,
se penso ai mondi, opra di tua man,
se odo il tuon, la voce tua possente
che il tuo poter mi porta a meditar,
l’anima mia, Signore canta a te:
 Grande Tu sei!

Se penso, o Dio, al Figlio che hai donato
per me a morir, comprender, no, non so…
se penso a lui che in croce fu inchiodato
pel mio peccato e mi recò il tuo amor,
l’anima mia, Signore canta a te:
 Grande Tu sei!

E quando un dì, Signore, Tu verrai
e su nel ciel mi porterai con te,
di gioia il cuor traboccherà; adorando
ripeterà che grande sei, mio Re!
L’anima mia Signore canta a te:
 Grande Tu sei!

sabato 25 aprile 2015

25 Aprile

Dov’è la via che guida al soggiorno della luce?
Giobbe 38:19

Gesù gli disse: “Io sono la via, la verità e la vita”.
Giovanni 14:6


Dove portano tutte le strade?

A Roma, dice un nostro proverbio. Ma andare a Dio, è tutt’altra cosa. Tuttavia, molti nostri contemporanei pensano che tutte le religioni si equivalgano. Purché l’uomo sia sincero! Dio, se esiste, penserà al resto!
Questo modo di pensare può sembrare rassicurante. Posso quindi credere a qualsiasi cosa, a tutto e al contrario di tutto, o addirittura posso non credere affatto… a condizione che io sia sincero! Se Dio non esiste non perdo granché, e se esiste, mi sarà debitore dello sforzo che ho fatto per sottomettermi a una religione, o per fare tutto il bene che potevo fare.
Non è vero che tutte le strade portano a Dio; la Bibbia ci dice che c’è una sola strada per conoscerlo e per arrivare a Lui. Questa strada porta un nome: “Gesù Cristo”. Se vuoi seguire un’altra strada, dopo molti sforzi dovrai confessare: “Sono perduto”. Ma Gesù è venuto “per cercare e salvare ciò che era perduto” (Luca 19:10). Andare a Dio senza Cristo significa dover affrontare questi problemi: Accetterà Dio il male che ho fatto in questa vita? Certamente no. E allora come fare a cancellarlo? Nessuno può evitare questo problema. Negarne l'esistenza potrebbe sembrare una soluzione facile, ma non si regola un tale problema con la fuga e la menzogna.

Nessuno può costringere a credere al Vangelo, ma ciascuno pesi le proprie scelte: credere o non credere; e ne pesi anche le conseguenze. Il Vangelo non ci offre una religione migliore delle altre, ma la certezza di essere amati dal grande Dio Salvatore, e ricevuti da lui così come siamo e poi trasformati dalla fede in Cristo. Egli ci trasmette la pace della sua presenza e la certezza di vederlo un giorno. 

venerdì 24 aprile 2015

24 Aprile

Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio.
Romani 12:2


Il credente: la lettera di Cristo indirizzata al mondo

Dio ci chiederà conto dell’uso dei doni che egli ci ha fatto: la nostra vita, il nostro denaro, il nostro tempo, la nostra intelligenza… (Luca 19:11-27). Un solo bicchiere d’acqua fresca dato nel nome di Gesù, avrà una ricompensa eterna (Matteo 10:42). Chi ama il Signore Gesù non può fare a meno di cambiare il suo modo di vivere. Questo cambiamento si noterà principalmente in tre direzioni:
1.                  La rottura con il peccato che è costato così caro al nostro Signore. Commetteremo ancora degli errori, ma sarà un fatto accidentale, e noi ritroveremo la nostra comunione con Dio dopo averglieli confessati con umiliazione, poiché desideriamo essere “una lettera di Cristo” ben leggibile dal mondo che ci attornia (2 Corinzi 3:3).
2.                  La vita di fede quotidiana: sottoporremo i nostri progetti a Colui che dirige ormai la nostra vita, e così sarà prodotto in noi il frutto dello Spirito: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5:22).
3.                  Il desiderio di propagare il messaggio della salvezza attorno a noi: avremo voglia di far partecipare gli altri alla buona notizia dell’Evangelo.
In tutto questo abbiamo bisogno, passo dopo passo, di domandare l’aiuto del Signore. Senza di lui, non siamo in grado di compiere un solo passo che sia veramente alla sua gloria. Egli aveva avvertito i suoi discepoli: “Senza di me non potete far nulla” (Giovanni 15:5).

giovedì 23 aprile 2015

23 Aprile


Quanto all’amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri… Rallegratevi con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono; abbiate tra di voi un medesimo sentimento.
Romani 12:10, 15,16

Abbiamo cercato il nostro rifugio nell’afferrare saldamente la speranza che ci era messa davanti.
Ebrei 6:18


Perché le oche volano a V?

Avete mai osservato lo spettacolo stupefacente di un volo d’oche selvatiche nel cielo? Esse disegnano insieme un’immensa V e sembrano fare un solo movimento, tanto esso è armonioso. Ma il loro modo di volare non solo è bello, è anche efficace. Il battito delle ali di ogni oca crea uno spostamento d’aria molto utile per l’oca che segue. Perciò il volo è più veloce e più lungo di quello che potrebbe fare un’oca che volasse da sola. L’oca che si trova in testa ha il compito più difficile, ma questa posizione è scambiata a turno, così possono percorrere lunghe distanze senza fermarsi. Che solidarietà! Si pensa inoltre che il verso emesso durante tutta la durata del volo serva ad incoraggiare le oche più deboli. Se un’oca è stanca, un’altra l’accompagnerà a terra, e aspetterà che sia in grado di riprendere il volo. Questa straordinaria collaborazione contribuisce in gran parte alla sopravvivenza e al benessere di tutte.
Per noi cristiani, è il Signore Gesù, nostra Guida e nostro Pastore, che si trova in testa. Il suo desiderio è che ci amiamo gli uni gli altri di un amore reale, pratico, pieno di attenzioni. Grazie all’appoggio dei miei fratelli cristiani posso andare più avanti di quanto non riuscirei ad andare da solo. I miei sforzi compiuti nella fiducia e nella dipendenza del Signore Gesù sono d’aiuto alla famiglia della fede. La vita cristiana è un cammino, una corsa, uno slancio collettivo verso Colui che ci ha preceduti nella gloria: il Signore Gesù.

mercoledì 22 aprile 2015

Breve analisi della Epistola di Giuda

“Carissimi, avendo un gran  desiderio di scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto  a farlo per  esortarvi a  combattere  strenuamente per la fede che è stata  trasmessa ai santi una volta per sempre” (Giuda 3).

Giuda – il cui nome significa LODE -  desiderava ardentemente scrivere, ma non aveva certo l’intenzione di scrivere quello che poi ha scritto. Senza alcun dubbio, egli avrebbe potuto impiegare il suo tempo in maniera più felice e confortante scrivendo sulla “comune salvezza” ma Dio, che gli aveva dato il desiderio di scrivere, aveva deciso che il messaggio di Giuda consisteva nell’esortare molto seriamente i credenti a “combattere strenuamente per la fede”. Si è detto, della sua epistola, che annuncia la decadenza e la morte del cristianesimo nel mondo. Il soggetto è l’apostasia che cambia la grazia di Dio in dissolutezza introdotta sottilmente da uomini empi all’interno del cerchio della professione cristiana.

Il linguaggio di Giuda è potente e profetico. Per illustrare la condizione del cristianesimo, che si sarebbe sviluppato negli ultimi tempi, Giuda ricorda alcuni passati episodi di rivolta contro l’autorità benevola di Dio. Israele aveva conosciuto la benedizione d’essere liberato dall’Egitto, ma, a causa della sua incredulità, un gran numero di persone era morta nel deserto. Anche gli angeli, riccamente benedetti da Dio, sono decaduti a causa della loro ribellione e custoditi “nelle tenebre e in catene eterne, per il gran giorno del giudizio” (6). Sodoma e Gomorra, Caino, Balaam e Core sono tutti avvertimenti terribili per quello che concerne il giorno del giusto giudizio di Dio.

Tutto questo può sembrare molto serio e negativo, ma le ultime parole di Giuda: “ma voi carissimi ...” (20) sono un incoraggiamento positivo alla fede ed alla fiducia nel Dio vivente e la LODE (24/25) rimane l’atteggiamento che conviene a tutti i figli di Dio, là dove il nome del Dio sovrano è stato disonorato.

Seguire Cristo

Allora uno scriba, avvicinatosi, gli disse:
«Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai».
Matteo 8:19

Questo è un primo aspetto del seguire Cristo in rapporto alla nostra decisione.

Il cristiano non segue una religione segue una persona: Cristo. La Sua potenza ci separa da tutto ciò che prima erano le nostre aspirazioni e i nostri desideri.
In questo versetto troviamo delle belle parole dette anche con sincerità ma che esprimono solo la fiducia in se stessi e che provengono dalla vecchia natura. Non dobbiamo discutere tanto sulla buona volontà di questo scriba ma possiamo dire con certezza che quest’uomo aveva ancora da imparare una grande lezione: avrebbe dovuto prima di impegnarsi a seguire il Signore, calcolare attentamente il costo della affermazione: “ti seguirò ovunque!”.
È facile seguire la “via larga” dove non c’è né scherno, né derisione e dov’è la corrente stessa che ci trasporta ma, se questo commino è facile da seguire, è altrettanto difficile camminare nella “strada stretta”.
Il “seguire Cristo” comporta l’incontro con l’incomprensione degli uomini, spesso della famiglia stessa e che può, in certi casi, trasformarsi nella persecuzione da parte del mondo.
Possiamo concludere questo primo aspetto affermando che la decisione di “seguire Cristo” non deve essere un passo fatto con un atto di leggerezza.


Un altro dei discepoli gli disse:
«Signore, permettimi di andare prima
a seppellire mio padre».
Matteo 8:21

Questo versetto ci offre lo spunto per una seconda riflessione sul seguire Cristo in rapporto alla precedenza assoluta che Cristo deve avere nella nostra vita.

“Permettimi prima …” indica la disponibilità a seguire il Signore ma non di darGli il primo posto.
Se mettiamo fra noi e Lui  i nostri desideri, i nostri idoli, i nostri affari personali e di famiglia non potremo seguirLo come Lui desidera. Più saremo “immischiati in faccende della vita” (2 Timoteo 2:4) meno avremo la possibilità di realizzare il “seguire Cristo”. Niente e nessuno dovrebbe distoglierci dalla persona del Signore lasciando a Lui di gestire, secondo la Sua volontà, tutta la nostra vita. Sarà lui a condurci e fare in modo che anche gli affetti naturali possano essere mantenuti e trovino il loro giusto posto nella nostra vita. 

Possiamo concludere questo secondo aspetto affermando che la decisione di “seguire Cristo” significa dare al Signore il PRIMO POSTO.


Poi Gesù,partito di là, passando,
vide un uomo chiamato Matteo, che sedeva al banco delle imposte
 e gli disse: “Seguimi”. Ed egli, alzatosi, lo seguì.
Matto 9:9

Questo terzo aspetto del “seguire Cristo” è in rapporto alla chiamata.

In questo versetto troviamo la chiamata di un discepolo che, all’istante, prende la sua decisione. Il solo appello che il Signore gli fa è sufficiente per fargli prendere la sua decisione. A differenza dello scriba che prende la decisione senza pensare alle conseguenze, o del discepolo che ha altre priorità, Matteo non ha nessun dubbio alla chiamata del Signore.
Matteo è chiamato mentre, seduto al banco delle tasse svolge la sua professione, giusta per certi versi, odiata per altri, ma ecco che la sua vita cambia all’udire una sola parola: “SEGUIMI”.
Un tale appello ha anche per noi oggi una così grande potenza? Può una Sua parola cambiare la nostra vita? Così dovrebbe. Quando il Signore ha bisogno di noi chiama e la Sua chiamata esige una risposta pronta, decisa e immediata. I risultati del cambiamento di Matteo furono visibili nell’immediato e così sarà anche per noi.
Possiamo concludere questo aspetto del “seguire Cristo” affermando che quest’atto deve essere fatto con decisione quando è Lui che chiama.

Allora Gesù disse ai 
Suoi discepoli:
 “Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso,
prenda la sua croce e mi segua”
Matteo 16:24

In questo versetto il Signore non si rivolge a qualcuno in particolare ma a tutti i Suoi discepoli.

Nei versetti precedenti di questo capitolo troviamo la bella confessione di Pietro (13/20) e, subito dopo, la sua fiducia nella carne (21/23). Questo ci fa comprendere che dobbiamo imparare una grande lezione: non dobbiamo confidare in noi stessi. Se il credente non veglia su se stesso può passare da un momento in cui è lo strumento di rivelazioni da parte del Padre a un momento in cui non si ha “il senso delle cose di Dio”.

La rinuncia a se stessi e nelle proprie forze è parte integrante del cammino di colui o colei che desidera “seguire Cristo”. Ognuno di noi può avere molte idee di cosa significhi “seguire Cristo”, ma vi sono due cose che hanno la priorità:
-          Rinunciare a noi stessi che significa essere dedicati completamente al Signore e utilizzare le proprie facoltà nella Sua completa dipendenza. Io devo essere NULLA perché Lui possa essere TUTTO.
-          Prendere la propria croce che non significa, come molti dicono, dare un valore alle nostre sofferenze per trarne vanto, ma realizzare giorno dopo giorno il disprezzo e l’incomprensione che il mondo ha per noi.

Possiamo concludere questo aspetto del “seguire Cristo” affermando che seguirLo significa rinunciare a noi stessi e essere  pronti a soffrire per lui.


Gesù gli disse:
“Se vuoi essere perfetto, vai,
vendi ciò che hai e dallo ai poveri,
e avrai un tesoro  nei cieli;
poi, vieni e seguimi
Matteo 19:21

Questo passo ci mostra un aspetto del seguire  Cristo in rapporto a tutto quello che può essere qualcosa che ci impedisce di seguire Cristo come Lui vorrebbe.

Quali sono i legami del nostro cuore che ci impediscono di seguire Cristo? Nel nostro versetto, per quel giovane, era la ricchezza materiale, ma per ognuno di noi può essere qualcosa di diverso. Tutto ciò che ci lega a questo mondo e che ci impedisce un cammino di santificazione per seguire Cristo è ciò di cui dovremmo disfarci. Quest’azione responsabile suggerisce un attento esame di se stesso e una presa di coscienza alla luce della Parola di Dio, questa spada a due tagli che penetra nel cuore e nella coscienza per risvegliare i nostri sentimenti.

Possiamo concludere questo aspetto del “seguire Cristo” affermando che seguirLo significa essersi sbarazzati di tutto ciò che costituisce un impedimento.

“Fa’ che seguendo Cristo, finché in casa entreremo, con dignità il nome Suo portiam!”
(Cantici Spirituali 108)

di: Daniele Calamai

22 Aprile

Quale Dio è come te, che perdoni l’iniquità?… Egli getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati.
Michea 7:18-19

Il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.
Romani 6:23


Le profondità dell’oceano

Billy era conosciuto nel suo villaggio per l’uso eccessivo di alcol. Un giorno ha ascoltato l’Evangelo, e ha ricevuto Gesù Cristo nella sua vita. Ora che è libero dalla schiavitù dell’alcol, non si vergogna di parlare a tutti della sua gioia. Egli legge la Bibbia come una lettera che Dio ha voluto far pervenire agli uomini, e non finisce mai di stupirsi. Un giorno, Billy sente dire che l’oceano può raggiungere la profondità di undicimila metri. Allora esclama: “È meraviglioso: nella Bibbia Dio dice che ha gettato tutti i miei peccati nelle profondità dell’oceano; è chiaro che non potranno essere mai ritrovati se l’oceano è così profondo!”
È vero, Dio non si ricorda più dei peccati di coloro che hanno creduto nel Signore Gesù: sono tutti perdonati. Quando siamo andati a Gesù, abbiamo gustato una gioia e una pace intense. Poi forse, con il passare degli anni, ci capita di lasciarci prendere dai dubbi, o anche di ritornare sugli errori commessi in passato e già confessati. Ricordiamoci sempre che il Signore ha portato tutto il peso delle nostre colpe. Non dobbiamo più camminare portando addosso il peso dei nostri peccati. Afferriamo, con una fede rinnovata, il perdono di Dio. Allora potremo esclamare con riconoscenza e gioia: “Signore, tu, nel tuo amore, mi hai liberato dalla fossa... ti sei gettato dietro alle spalle tutti i miei peccati” (Isaia 38:17).