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venerdì 17 maggio 2024

Una vita cambiata

(Gesù dice:) “Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me”.

Apocalisse 3:20

 

Una vita cambiata

 

Carl Lewis, atleta fuori dal comune, è stato l’uomo più veloce del mondo battendo il record dei 100 metri. Ha conquistato nove medaglie d’oro e detiene tre titoli olimpici consecutivi di salto in lungo. Nel corso di un’intervista ha dichiarato:

«Nel giugno del 1981, ho fatto un’esperienza che ha cambiato la mia vita. Stavo partecipando ai campionati americani di atletica in Luisiana, quando Willy G., un caro amico, atleta di fama mondiale di corsa a ostacoli, mi invitò ad andare in chiesa con lui. Io credevo di essere un cristiano perché avevo sempre frequentato la chiesa coi miei genitori, ma quest’idea, che la maggior parte dei cristiani ha, è del tutto sbagliata. Quel giorno il predicatore parlò dell’amore di Dio verso gli uomini e raccontò la venuta di Gesù Cristo sulla terra, la sua vita senza peccato, la sua morte in croce e la sua risurrezione, invitando tutti ad avere una relazione personale con Lui.

Durante la riunione il predicatore fece questa domanda: “Se tu morissi oggi, saresti sicuro di andare in cielo?” Io sapevo di dovermi mettere in regola con Dio ricevendo Gesù nella mia vita; così lo accettai come mio Salvatore e mio Signore. Per me fu una svolta radicale. Trovai anche molti amici credenti che mi incoraggiarono e mi aiutarono a mantenere la buona direzione, quella che onora Dio.»


giovedì 16 maggio 2024

Ideale o realtà?

“Carissimi, amiamoci gli uni gli altri perché l’amore è da Dio… Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” 1 Giovanni 4:7-8.

L’amore vero è per molti uomini e donne un ideale affascinante, ma irraggiungibile. Sfugge davanti a chi lo cerca, come l’orizzonte davanti a chi cammina. Quante delusioni hanno provato quelli che credevano di averlo finalmente trovato! 

La Bibbia, rivelazione di Dio, ci parla di un amore puro, reale, durevole, dimostrato dai fatti: “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” Giovanni 3:16. “Dio è amore. In questo si è manifestato per noi l’amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché, per mezzo di lui, vivessimo” 1 Giovanni 4:8-9. Gesù è forse morto per persone rispettabili, oneste, meritevoli? No, ma per persone che si oppongono a Dio e fanno il male. Ecco il suo amore!

Ma non è tutto qui. Non solo Dio ha dimostrato di amarci, ma è pronto a comunicare il suo amore a chi accetta il Suo Figlio come proprio Salvatore: “L’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato” Romani 5:5. Ecco perché il Signore Gesù può invitarci ad amare i nostri nemici, a fare del bene a quelli che ci odiano, a pregare per quelli che ci perseguitano (Matteo 5:44).

Solo questo amore scaturito da una sorgente divina ci permette di accettare il nostro prossimo, in particolare il nostro coniuge, così com’è, e di amarlo anche coi difetti che ha. 

Chiediamo al Signore la volontà e la forza che spesso ci mancano!

16 maggio - Il timore di Dio

Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria.

Isaia 6:3

 

Gesù Cristo… è il vero Dio e la vita eterna.

1 Giovanni 5:20

 

Il timore di Dio

 

Nel corso dei secoli, i credenti, in presenza di una manifestazione di Dio, hanno provato un senso di fiducia ma anche di timore. Così Mosè, quando ha udito la voce di Dio, si è nascosto la faccia “perché aveva paura di guardare Dio” (Esodo 3:6). Questo timore, che hanno provato anche altri personaggi come il profeta Isaia e l’apostolo Pietro, non è vera e propria paura, ma piuttosto un senso di profondo rispetto, l’emozione di trovarsi in presenza di Colui che ha creato ogni cosa, il solo degno di adorazione e di ubbidienza.

Dio si è rivelato a Mosè dicendogli: “Io sono colui che sono” (Esodo 3:14); un Dio eterno e infinito, senza il quale tutto cadrebbe nel nulla.

Ma questo Dio, che con la sua grandezza ha intimorito tanti uomini fedeli, è anche un Dio di bontà la cui presenza riempie di gioia e di fiducia il cuore del credente. Per questo il credente può dire: “Quanto a me, il mio bene è stare unito a Dio” (Salmo 73:28).

Rispetto e riconoscenza, questo è l’atteggiamento dell’adoratore. Inchinarsi davanti a Dio per ciò che Egli è, esprimergli stupore e meraviglia per le Sue opere. Ma soprattutto adorare al pensiero che il Dio di ogni eternità è venuto sulla terra nella persona di Cristo, il suo Figlio, che ha sofferto, è morto in croce, ma è poi tornato in vita. E tutto questo per dare a noi una vita senza fine in comunione con lui!


mercoledì 15 maggio 2024

l ritorno del Signore (1/4)

Sai tu che il Signore Gesù Cristo sta per tornare?

Da ogni parte migliaia di persone sono state rese attente a questo fatto solenne e, anche se gli schernitori degli ultimi tempi  affermano: “Dov'è la promessa della sua venuta?” (2 Pietro 3;4) e il malvagio servitore dica nel suo cuore: “il mio signore tarda a venire” (Matteo 24:48), tuttavia “colui che deve venire, verrà e non tarderà” (Ebrei 10:37), e  proprio “all'ora che voi non pensate il Figliuol dell'uomo verrà” (Matteo 24:44). Non si può dubitare che vi sia in coloro che appartengono al Signore una convinzione crescente, basata d'altronde sulla Parola, che ci avviciniamo alla fine della storia della Chiesa sulla terra e che il Signor Gesù sta per venire a prendere i suoi per introdurli nella casa del Padre.

Questo soggetto solenne con quello che ne deriva, è una cosa reale per te? Se no, voglia lo Spirito Santo servirsi di queste poche pagine per risvegliare la tua anima, “perché venendo all'improvviso non vi trovi addormentati” (Marco 13:36). Vi sono quattro cose che desidero presentare brevemente:

1) La promessa della venuta di Cristo.

2) La Persona che viene.

3) Lo scopo della Sua venuta.

4) La preparazione per la Sua venuta.


La promessa della Sua venuta

Vi fu un tempo in cui la Sua venuta come uomo dei dolori era una profezia non ancora adempiuta. Le generazioni si erano succedute, gli imperi erano sorti ed erano stati abbattuti. Israele e Giuda erano stati dispersi o condotti in cattività e un residuo di popolo era rientrato nel paese, ma il Messia promesso non era ancora venuto. La maggior parte di coloro che erano tornati dalla cattività di Babilonia si erano ristabiliti nel paese conservando solo una forma religiosa e dimenticato Colui che doveva venire.  All'improvviso ci fu un gran movimento a Gerusalemme: alcuni stranieri erano arrivati, proclamando la notizia straordinaria che il Re promesso da lungo tempo era nato. Dal palazzo di Erode ai sacerdoti nel tempio, e dai sacerdoti al popolo la notizia si diffuse rapidamente.

Ma quale fu il risultato prodotto dall'annuncio di questo fatto? Vi fu forse da parte dei figli d'Israele una voce unanime di lode a Dio, che adempiva finalmente la sua Parola  mandando il Messia? Ogni viso era forse raggiante di gioia ed ogni cuore esultante? Ahimè no! anzi la tristezza riempi la Città. “Il re Erode fu turbato e tutta Gerusalemme con lui” (Matteo 2:3). Ma perché questo? Se essi avessero tenuto conto delle Scritture a questo riguardo, avrebbero dovuto sapere che Isaia aveva annunziato che il Re sarebbe venuto e avrebbe anche regnato con giustizia. “il Re regnerebbe in giustizia” Isaia 32:1. Ma essi non erano preparati alla presenza di un Re Giusto, ne alla tagliente spada della Sua parola tanto che, dinanzi ai suoi insegnamenti, dovettero esclamare: “Nessun uomo ha mai parlato come costui” (Giov. 7:46) e “Che sapienza è mai questa che gli è data? E come mai si compiono tali potenti opere per mano sua?” Marco 6:2. Quindi ciò che avrebbe dovuto riempire ogni cuore in Gerusalemme di ringraziamenti e di gioia non produsse altro che timore, a causa dello stato del cuore del Suo popolo. La luce di Dio non può far altro che mettere in evidenza le tenebre che albergano nei nostri cuori e la luce doveva essere manifestata. “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano nel paese dell'ombra della morte, si è levata una luce” Isaia 9:1. 

Egli era venuto, venuto per rivelare il Padre, venuto non solo come il Messia d'Israele ma come il Salvatore del mondo. Il seguito è noto: Il Figliuolo Unigenito di Dio fu odiato e rigettato, e la sua vita sulla terra fini al Calvario dove fu inchiodato ad una croce e messo a morte per mano di uomini iniqui. “Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più della luce, perché le loro opere erano malvagie” Giov.3:19. 

Iddio, mandando il Signore Gesù, aveva cosi adempiuto la promessa fatta ai padri e i Giudei avevano adempiuto le parole dei profeti condannandolo (Atti 13:27,32, 33). Ma, prima della Sua morte, Colui che era stato promesso lasciò egli pure una promessa ai discepoli che amava. Erano riuniti attorno a Lui, l'ombra terribile della croce era  davanti a loro e il Signore l'aveva già anticipato. Che momento solenne! Pensate al dolore ed alla costernazione, che dovevano dipingersi sulle loro facce mentre  ascoltavano le Sue parole: “Il vostro cuore non sia turbato”, diceva “abbiate fede in Dio e anche in me”. Questo è come se avesse detto loro: Voi che avete fede e fiducia in Dio, benché non lo vediate, ora che io sto per andarmene, abbiate la stessa fiducia in me. Dio vi aveva fatto una promessa per mezzo dei Profeti e l'ha adempiuta fedelmente mandando me. Io vi faccio una promessa, credete che anche io l'adempirò.

Quale era dunque questa nuova promessa? Leggete Giovanni 14:2,3, e la troverete: “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore; se no, vi avrei detto che io vado a prepararvi un luogo?”. E se io me ne vado e vi preparo un luogo, tornerò e vi prenderò presso di me  affinché,  là dove io sono, siate ancora voi.


(segue)

15 maggio - Il mondo della notte

Ringraziando con gioia il Padre che vi ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. Dio ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio.

Colossesi 1:12, 13

 

Gettiamo dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.

Romani 13:12

 

Il mondo della notte

 

“Babilonia, il mondo della notte”. Ben visibile sul lato della strada, questo pannello pubblicitario di una discoteca attira gli sguardi e ci fa riflettere. La Bibbia cita sovente Babilonia, capitale dell’Impero Babilonese il cui nome significa “confusione”, famosa nel mondo di allora per i costumi depravati dei suoi abitanti. Ma cosa si va a cercare nei locali notturni? Un momento di oblio e di eccitazione, con l’aiuto dell’alcol, della droga, del ballo sfrenato, della musica assordante… Non è forse la conferma di queste parole della Bibbia: “Gli uomini hanno amato le tenebre più della luce, perché le loro opere erano malvagie” (Giovanni 3:19)? Questo mondo della notte non è soltanto quello delle tenebre fisiche, ma è soprattutto quello delle tenebre morali nelle quali si dibatte il peccatore lontano da Dio.

Dio indirizza ai credenti questo invito: “Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele; perché è vergognoso perfino parlare delle cose che costoro fanno di nascosto” (Efesini 5:11-12). “Poiché voi tutti siete figli di luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre” (1 Tessalonicesi 5:5). In quei locali notturni il credente non troverebbe altro che amarezza e avvilimento. Lasciamo che la Parola di Dio rischiari la nostra vita e ci preservi dal male. Spandiamo attorno a noi la luce divina: essa mostrerà agli altri la via della pace con Dio, l’unica che dà una felicità durevole, e che nulla ha a che vedere coi piaceri ingannatori ed effimeri che questo mondo offre.

martedì 14 maggio 2024

Egli ci parlava per la via

Quando udiamo i due discepoli del Signore dirsi l'uno all'altro: "Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentr'egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?", vorremmo fare anche noi la stessa esperienza (Lu. 24:13-35). 

Cosa ci occorre perché il Signore si unisca a noi nelle nostre tappe quotidiane e ci parli per via? Questo racconto risponderà a tale interrogativo se, senza perdere di vista le circostanze particolari di quei due discepoli, ci soffermiamo sul carattere generale degli insegnamenti che troviamo in questo episodio.

I due erano in cammino verso un villaggio di nome Emmaus. Possiamo pensare che tornassero a casa, senza tener conto delle promesse del Maestro, sebbene occupati di quello che era capitato "in quei giorni a Gerusalemme". Non erano gli unici a stupirsi di quegli avvenimenti. La testimonianza delle donne che si erano trovate al sepolcro di buon'ora era sembrata "una favola" per gli apostoli stessi. Il Signore allora ha avuto cura di fare in modo che i suoi si riunissero, in quel primo giorno della settimana, per trovarsi poi fra di loro e agire nei loro confronti secondo i bisogni e lo stato dei loro cuori. 

Così apparve a Maria Maddalena e le parlò, mentre a Pietro e a Giovanni non lasciò altro che la testimonianza del sepolcro vuoto: "Simon Pietro entrò nel sepolcro... Allora entrò anche l'altro discepolo (Giovanni)... e vide e credette" (Gv. 20:6-8). Nei riguardi dei due viaggiatori tristi e delusi che si allontanavano da Gerusalemme, si servirà di cure speciali per ricondurli dove aveva promesso che lo avrebbero incontrato.

Il Signore aveva il desiderio di riunire i suoi intorno a Sé, nel giorno della sua risurrezione. Questo giorno è per i suoi riscattati una controfigura del giorno della Pasqua, un nuovo inizio dei mesi, che simboleggia la vita di coloro che possono dire: "La nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata" (l Co. 5:7), e che possono celebrare la festa dei pani senza lievito con la sincerità e la verità; poiché quella festa rappresentava il cammino di santità che deve seguire ogni conversione.

Gesù dava così tanta importanza alla presenza dei suoi intorno a Sé che è andato Egli stesso a fare con loro una parte del tragitto da Gerusalemme a Emmaus, e a parlare con loro per consolarli e istruirli. Il Signore, più che fare loro dei rimproveri, si stupisce della loro incredulità e della loro lentezza di cuore a credere. Subito ricorda loro che bisognava che il Cristo soffrisse quelle cose, e comincia da Mosé e da tutti i profeti per spiegare loro "in tutte le Scritture" le cose che lo riguardavano. 

E' così che si cura anche della sua Chiesa: "Ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della Parola" (Ef. 5:25-27). Forse qualche rimprovero era da fare a quei discepoli; erano increduli, delusi, non cercavano la compagnia degli altri discepoli... Ma la risposta che il Signore porta a tutte le loro difficoltà è la rivelazione di Se stesso. Egli distoglie i loro pensieri dai loro problemi e dalle loro speranze deluse, per riempire i loro cuori di Lui, scaldare i loro affetti per Lui, spiegando loro le cose che lo riguardano. 

Al termine della tappa, il Signore mette alla prova il lavoro compiuto nei suoi, facendo come se volesse andare oltre. Egli usa la prova per benedire ancora di più. Ma i due discepoli si erano già attaccati a Lui. Come Giacobbe il quale, pur non conoscendo ancora il nome dell'uomo che aveva lottato con lui a Peniel, non voleva lasciarlo andare senza prima di essere stato benedetto, così anch'essi "lo trattennero dicendo: Rimani con noi". 

Allora, a quel profondo desiderio risponde lo stesso amore che vuole solo dare e dare ancora, e che chiede solo di essere così forzato. "Ed Egli entrò per rimanere con loro". Il suo ministerio di grazia si compirà fino alla fine poiché non lascia soli i suoi che desiderano la sua presenza.

Se Gesù è soltanto uno straniero per noi, continuerà la sua strada e noi la nostra. Lui che ci ama non ci chiederà niente finché non lo conosceremo quale Egli veramente è. Ma non appena lo riconosciamo come il Figlio di Dio, il Salvatore che ci ha amati e ha dato se stesso per noi, Egli reclama un posto nei nostri cuori, nella nostra vita, nelle nostre case. Allora entra per rimanere con noi e cenare con noi. 

Colpisce il fatto che Gesù non si sia mai imposto a nessuno. Se invitato, ha accettato l'invito, senza però rinunciare alla libertà e all'autorità di rimproverare e d'insegnare (Lu. 7:36-50, l0:38-42, ll:37-54). Nel caso di Zaccheo ha anticipato Egli stesso un invito che quell'uomo non aveva osato fargli, ed è entrato in casa sua (Lu. l9:1-l0). Se respinto, se ne è andato, senza tentare di convincere quelli che lo scacciavano (Lu. 4:29-3O, 8:37, 9:52-56). Certo, un'occasione che è stata offerta e che è stata disprezzata può non ripresentarsi mai più; e per molti questo rifiuto significherà la perdizione eterna.  

Il Signore dunque, invitato dai suoi, entra con loro. Dopo aver spezzato il pane, apre i loro occhi dopo aver aperto i loro cuori. Così può scomparire, poiché il lavoro compiuto è ormai perfetto e definitivo. Anche noi siamo ogni giorno in cammino. Non possiamo rimanere sempre nelle nostre case, ai piedi del Signore, nell'ascolto della sua Parola, né essere sempre riuniti in assemblea intorno a Lui. Ma anche "in cammino", per strada, possiamo udire la sua voce, se "le cose avvenute a Gerusalemme", le cose che lo riguardano, hanno del valore per i nostri cuori. 

Oggi è compito benedetto dello Spirito di verità di guidarci nella completa verità e lo fa glorificando il Signore Gesù, perché prende quello che è suo e ce lo annuncia (Giovanni l6:l3-l4). Il Consolatore rende testimonianza al Figlio di Dio e lo fa ricordandoci tutte le cose che Egli ha dette, e che fortificano e ravvivano i nostri affetti per Signore (Gv. l4:26).

Come possiamo udire la sua voce? E' vero che spesso, durante la giornata, i nostri occhi sono impediti a causa delle preoccupazioni, della cura che abbiamo di noi stessi, del nostro lavoro, e forse anche per altri motivi meno legittimi... Il Signore che legge nei cuori lo sa. Nondimeno, Egli ci parla, vedendo anche nei nostri cuori quello che soltanto la sua grazia si è compiaciuta di operarvi, e, a nostra insaputa, ci fa giungere le sue parole che ci preparano per il momento in cui potremo dirgli: "Rimani con noi".

Anche gli oggetti che ci circondano possono avere una voce, se ci ricordiamo del modo con cui il Signore sapeva parlarne quando camminava quaggiù. La farina, il lievito, il pane, ci danno abbondanti e profonde istruzioni (Es. 2; Gv. 6: 32-5O, Gv. l2:24, l Co. 5: 6-8 ecc...). Gli uccelli del cielo ci ricorderanno che il nostro Padre celeste ha cura di noi e sa di cosa abbiamo bisogno; "l'equilibrio delle nuvole" ci parla di Colui che è perfetto in conoscenza (Giobbe 37:l6). 

Possiamo anche trarre istruzione da certe scene della giornata. Molti anni fa un fratello ci comunicava le riflessioni che gli aveva ispirato un disegno raffigurante un orologio in una vetrina. Ci diceva che le lancette erano disposte un po' prima delle 12 e che sotto era scritto: E' più tardi di quanto tu  pensi. Evidentemente si riferivano alla mezzanotte. Ed egli aggiungeva: "Noi non avremmo  posto le lancette vicino alla mezzanotte, ma molto più avanti perché sappiamo che la notte è avanzata e il giorno è vicino (Ro. l3:l2). Queste cose possono rianimare in noi, in mezzo all'agitazione del mondo che ci circonda, la beata speranza, la fiducia, la pace. "Rallegratevi sempre nel Signore... Il Signore è vicino. Non angustiatevi di nulla" (FI. 4:6-4).

Ogni essere umano ha bisogno di sapersi amato, e ognuno ha bisogno di amare. Il figlio di Dio ha la risposta perfetta a questo bisogno, poiché "l'amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio" (1Gv. 4:7-10). E' l'amore del Signore che è penetrato nelle perplessità dei due discepoli e che li ha consolati sulla via di Emmaus. E' il loro amore per Lui, ravvivato nei loro cuori, che li ha distolti dai loro pensieri e ha dato loro il desiderio di condividere quella grande gioia con quelli che, come loro, amavano il Signore.

Ora abbiamo una Persona da amare. Conoscere Lui è un privilegio talmente grande da farci mettere al loro vero posto tutte le cose che così tanto ci occupano e che dovremmo considerare come "una perdita" (Fi. 3:8).

Anche noi abbiamo il privilegio di condividere le cose che riguardano il Signore con quelli che hanno parte alle nostre stesse benedizioni. Com'è prezioso, nel culto di adorazione, rallegrarsi insieme di un Salvatore così grande e perfetto, e dirci gli uni agli altri che "abbiamo visto il Signore". E innanzi tutto, dire al nostro Dio e Padre quello che abbiamo potuto afferrare delle glorie e dell'amore del suo Figlio diletto.

14 maggio - I capostipiti di due razze

Il primo uomo, tratto dalla terra, è terrestre; il secondo uomo è dal cielo.

1 Corinzi 15:47

 

Come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati.

1 Corinzi 15:22

 

I capostipiti di due razze

 

Dio presenta nella Bibbia soltanto due grandi “capifamiglia”. Dopo aver disubbidito, il primo uomo, Adamo, diventa il capostipite della razza degli uomini peccatori, come tutti noi siamo. Il secondo uomo, Gesù Cristo, perfettamente ubbidiente a Dio, diventa, dopo la sua morte in croce e la sua risurrezione, il capostipite di una nuova stirpe, quella dei peccatori pentiti, perdonati da Dio e salvati.

Questi due uomini sono i “capi” di due famiglie ben distinte: “Qual è il terrestre, tali sono anche i terrestri; e qual è il celeste, tali saranno anche i celesti” (1 Corinzi 15:48). La discendenza segue la sorte del proprio capofamiglia: “Come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati”. Ogni uomo discendente dalla stirpe di Adamo, può venire a far parte della discendenza di Cristo. “Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita” (1 Giovanni 5:12). Chi non crede in Lui partecipa alla tragica sorte della stirpe di Adamo: “l’ira di Dio rimane su di lui” (Giovanni 3:36); ma il credente diventa un figlio di Dio (Giovanni 1:12) quando riceve Gesù come il suo personale Salvatore.

A quale famiglia appartieni? Non correre il rischio di sentirti dire nel giorno del giudizio: Non avete voluto venire a me per avere la vita (Giovanni 5:40).