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venerdì 26 febbraio 2021

26 febbraio - Dio comunica con l’uomo

I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l’opera delle sue mani.

Salmo 19:1

 

Badate di non rifiutarvi d’ascoltare colui che parla… colui che parla dal cielo.

Ebrei 12:25

 

Dio comunica con l’uomo

Salmo 19

 

I cieli raccontano la gloria di Dio… Non hanno favella, né parole; la loro voce non s’ode, ma il loro suono si diffonde”. Sì, il Creatore vuole comunicare all’uomo qualcosa della Sua grandezza mediante il creato, in particolar modo l’universo celeste che ci fa percepire l’infinito di Dio.

Per quanto sia eloquente questo linguaggio senza parole, spesso l’uomo non lo riceve, perché fa di se stesso il centro dei propri pensieri, preso dal vortice della vita o convinto di riuscire a spiegare tutto con la propria intelligenza e le proprie ricerche.

Dio usa anche un altro mezzo di comunicazione per farci conoscere non solo la Sua grandezza ma anche i Suoi pensieri. Lo fa tramite la Bibbia, la Sua Parola, rivelata oggi in modo meraviglioso in Colui che l’ha incarnata: Gesù, il Figlio di Dio, la Parola eterna venuta in questo mondo.

Cosa vuole comunicarci Dio? Dei comandamenti severi e duri? Assolutamente no! Dio desidera la nostra benedizione e la nostra gioia. La Parola di Dio ristora l’anima, la purifica, la rinnova. Ci rende saggi, rallegra il cuore, illumina gli occhi (Salmo 19:7, 8).

Molti di noi hanno il privilegio di avere a disposizione la Bibbia. Meditiamola! Il suo messaggio supremo è una Persona: il Figlio di Dio, il nostro Signore Gesù.

Se tu, lettore, non possiedi ancora una Bibbia o un Vangelo, procurateli oggi stesso e leggili. È l’unico consiglio che possiamo darti; sarà poi Dio a parlarti!

giovedì 25 febbraio 2021

25 febbraio - Fino a quando esiterete?

Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva.

Deuteronomio 30:19

 

Disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza e della sua costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento?

Romani 2:4

 

Fino a quando esiterete?

Le domande della Bibbia – leggere 1 Re 18

 

Nel racconto di 1 Re 18 vediamo da un lato Elia, il profeta dell’Eterno, e dall’altro 450 profeti di Baal (un idolo di quei tempi). Fra i due, i rappresentanti del popolo d’Israele. Era l’ora della scelta: chi è il vero Dio, l’Eterno o Baal? Elia si avvicina e dice: “Fino a quando zoppicherete dai due lati? Se il SIGNORE è Dio, seguitelo; se invece lo è Baal, seguite lui” (1 Re 18:21).

Quali sono oggi questi “due lati”? Sono la fede in Dio o la vita senza Dio… La decisione è importante, anzi determinante. La domanda di Elia, notiamo, era rivolta a persone religiose, apparentemente legate a Dio. Erano il Suo popolo, il popolo d’Israele. Oggi la stessa domanda è posta in questi termini: Seguiamo effettivamente il Signore, lo conosciamo come Salvatore, oppure procediamo in questa vita senza di Lui, pur dichiarandoci cristiani?

Dio non accetta questi compromessi, e per ognuno di noi viene il momento di decidere. A chi continua ad esitare, Dio dice: “Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca” (Apocalisse 3:15). Dio respinge gli indifferenti, quelli che anche senza opporsi apertamente a Lui rifiutano di conoscerlo a fondo, ed evitano ogni contatto personale con Lui.

Dio vuole che riflettiamo; non ci minaccia, ma ci invita a fare la buona scelta, quella della vita, come abbiamo letto oggi (Deuteronomio 30:19).

mercoledì 24 febbraio 2021

24 febbario - Di fronte alla croce di Cristo

Egli (Cristo) ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce… e mediante le sue lividure siete stati guariti.

1Pietro 2:24

 

Di fronte alla croce di Cristo

 

Ogni uomo, convinto di essere peccatore, non può non rendersi conto che la morte e il giudizio di Dio sono la giusta conseguenza del suo stato di peccato e dei misfatti commessi (vedi Luca 23:41) e che egli non può, qualunque cosa faccia, cambiare questo destino. Può lavorare e affaticarsi; può fare voti e prendere buone risoluzioni, cambiare il suo modo di vivere, riformare il suo carattere; può essere morale, retto e, secondo il significato umano della parola, religioso; può, anche senza avere fede, pregare, leggere la Bibbia o ascoltare delle prediche; può fare tutto ciò che rientra nelle capacità dell’uomo e, malgrado ciò, non avere davanti a sé che la prospettiva della morte e del giudizio di Dio!

Quando il peccatore giunge a questo punto, gli è presentata la croce di Cristo: essa gli fa vedere che Dio ha provveduto a tutto ciò che era necessario per cancellare la sua colpevolezza e la sua miseria. Alla croce, Cristo ha sconfitto, per il vero credente, la morte e il giudizio, e li ha sostituiti con la vita, la giustizia e la gloria. “Cristo Gesù… ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l’immortalità mediante il vangelo” (2 Timoteo 1:10). Egli ha glorificato Dio eliminando quello che ci avrebbe tenuti per sempre lontani dalla Sua santa e beata presenza: Egli “è stato manifestato per annullare il peccato con il suo sacrificio” (Ebrei 9:26).

martedì 23 febbraio 2021

23 febbraio - L’amore del Padre

Vedete quale amore ci ha manifestato (o donato) il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio!

1 Giovanni 3:1

 

L’amore del Padre

 

L’amore del Padre è, senza dubbio, il tema più elevato della rivelazione. L’amore di Dio nella sua misura illimitata è per il mondo intero, ed è proclamato a tutti gli uomini. “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unico Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16). Ma quando conosciamo Dio come Padre gustiamo il Suo amore in una personale, intima relazione con Lui. Nulla e nessuno può separare i credenti dall’“amore di Dio, che è in Cristo Gesù nostro Signore” (Romani 8:39).

Con che genere di amore ci ha amati il Padre? A motivarlo sono stati soltanto la nostra miseria e la nostra condizione di peccato? O siamo portati a dire che la caratteristica speciale dell’amore di Dio derivi dal fatto che ci mantiene davanti a Sé come figli diletti, noi che eravamo indegni della Sua grazia? Certo, quando consideriamo questo aspetto del Suo amore, e cerchiamo di sondarlo, la sua profondità, la sua altezza, la sua lunghezza e la sua larghezza illimitate ci sfuggono (Efesini 3:17-19).

Ma Dio trova in Se stesso i motivi per amare, più che in coloro che sono amati. E noi ci rallegriamo non soltanto nell’amore di Dio per noi, ma nel Dio che è amore (1 Giovanni 4:7,8). Dio ama perché è amore. Quindi, se penetriamo in un’intimità ancora più profonda, noi benediciamo il Padre non solo perché siamo amati da Lui, ma perché il Padre stesso ci ama, e perché ci ama come solo un Padre che è Dio può amare.

“In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che Egli ha amato noi e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati” (1 Giovanni 4:10). 

lunedì 22 febbraio 2021

22 febbraio - “Il mio nome è scritto!”

Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.

Luca 10:20

 

Se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco.

Apocalisse 20:15

 

“Il mio nome è scritto!”

 

“Papà, il mio nome è scritto sulla lista; guarda, ho vinto!” La mia piccola figlia ha partecipato ad un concorso di disegno e mi mostra con orgoglio la lettera che ha appena ricevuto. Non c’è dubbio, il suo nome è sull’elenco dei vincitori, ce l’ha fatta! Mio figlio maggiore, invece, ha certamente fallito l’obiettivo: i risultati pubblicati su Internet lo dimostrano; non figura nell’elenco dei diplomati di quell’anno… Tutti, per noi stessi o per altri, abbiamo conosciuto quei momenti di ansia che precedono l’attesa di un documento che attesta il successo o il fallimento.

Ma c’è un elenco ancora più importante di qualsiasi lista di premiati. È il “libro della vita”, aggiornato da Dio stesso. Per essere scritti su quel libro non si tratta di essere migliori o di avere più meriti; basta aver creduto in Gesù Cristo. Egli stesso ha detto: “Chi crede in me ha vita eterna” (Giovanni 6:47). Quest’affermazione senza equivoci mi dà una grande certezza: ho creduto che Gesù ha dato la Sua vita per me, dunque il mio nome è scritto nei cieli e posso rallegrarmi, senza riserve. Se il diavolo cerca di mettere il dubbio nel mio cuore, mi concentro su questo pensiero: Dio non può mentire; mi ha dato la vita eterna e io, per definizione, non la perderò mai.

Ma è altrettanto sicuro che se qualcuno non è scritto nel libro della vita, quando comparirà davanti al Giudice supremo verrà condannato e dovrà entrare nei tormenti eterni. Il libro della vita è davvero un documento di capitale importanza.

Lettore, il tuo nome c’è in quel libro?

domenica 21 febbraio 2021

Le afflizioni di Giuseppe

“Mandò davanti a loro un uomo, Giuseppe, che fu venduto come schiavo. Gli legarono i piedi con ceppi; fu oppresso con catene di ferro, finché si avverò quanto aveva predetto, e la parola del SIGNORE gli rese giustizia. Il re lo fece slegare, il dominatore di popoli lo liberò; lo stabilì signore della sua casa” 

(Salmo 105:17-21)


Un figlio amato da suo padre e odiato dai suoi fratelli

Giacobbe amava il figlio Giuseppe più di tutti gli altri (Genesi 37:3). L’aveva avuto dalla sua cara moglie Rachele che morirà poi alla nascita di Beniamino. Giuseppe, in cambio, era molto attaccato al padre. Per mostrare il posto particolare che aveva nel suo cuore, Giacobbe aveva dato a Giuseppe una veste “lunga e con le maniche”, ma questo non aveva fatto che accrescere l'odio dei suoi fratelli verso di lui. La loro gelosia faceva sì che essi non potevano parlargli amichevolmente (v. 4). È un avvertimento per noi: può accadere che i membri di una famiglia cristiana non vadano d’accordo a causa di motivi di questo genere, di trattamenti diversi, di predilezioni che generano invidie che non si cancelleranno mai più. 

Il primo carattere che si nota in Giuseppe è una coscienza sensibile. Benché giovane, gli era difficile sopportare le cattive intenzioni e la condotta discutibile dei suoi fratelli, e ne parlava a suo padre (v. 2).

Quando, per mezzo di sogni, Dio gli fa conoscere il futuro glorioso che lo riguarda, egli ne parla ai suoi fratelli e a suo padre (v. 5 -10) i quali però non possono accettare l’idea che un giorno il giovane Giuseppe possa occupare una posizione al di sopra di loro.

Un giorno, Giacobbe chiede a Giuseppe di andare dai suoi fratelli che sono al pascolo col gregge del padre per avere loro notizie e informarsi sullo stato del bestiame. Andare da quelli che lo odiavano non era senza rischio per lui; ciononostante, sottomesso all’ordine del padre, non solleva alcuna obiezione e accetta l’incarico dicendo: “Eccomi” (v. 13). Questa obbedienza è un’immagine dell’ubbidienza perfetta del Signore Gesù e anche un esempio per ciascuno di noi. 


Giuseppe venduto dai suoi fratelli

Per Giuseppe, che al momento ha 17 anni, stanno per iniziare 13 lunghi anni di sofferenze. Per affrontarli sarà solo, senza alcun soccorso umano, ma si appoggerà sul SIGNORE.

I suoi fratelli “lo videro da lontano e, prima che egli fosse vicino a loro, complottarono per ucciderlo. Dissero l'uno all'altro: «Ecco, il sognatore arriva! Forza, uccidiamolo e gettiamolo in una di queste cisterne; diremo poi che una bestia feroce l'ha divorato” (v. 18 -20).

Ruben tenta timidamente di opporsi. Allora lo spogliano del suo bell’abito e lo gettano in una cisterna vuota (v. 23 e 24), mostrandosi totalmente insensibili alla sua disperazione a al suo pianto; “poi si sedettero per mangiare…”. Vent'anni più tardi, quando la loro coscienza sarà risvegliata (42:21), diranno: “Vedemmo la sua angoscia quando egli ci supplicava, ma non gli demmo ascolto!” e riconosceranno la loro colpa. 

Poiché una carovana di Ismaeliti, che portava delle spezie in Egitto, passa di lì, Giuda propone ai fratelli di vendere Giuseppe come schiavo: “Che ci guadagneremo a uccidere nostro fratello e a nascondere il suo sangue? Su, vendiamolo agli Ismaeliti” (v. 26, 27). In cambio del loro crimine ottengono la ridicola somma di venti monete d’argento. Questa durezza del cuore umano anche verso il proprio fratello, ci fa pensare all’odio subito dal Signore respinto da parte del “suoi” (Giovanni 1:11): ingiustamente colpito, ingiuriato, coperto di vergogna, condannato e messo a morte.

I fratelli di Giuseppe saranno insensibili anche davanti al dolore del loro padre che fingeranno ipocritamente di voler consolare (v. 31-35), dolore che quel povero vecchio ingannato porterà per più di vent’anni, e che si aggiungerà a quello della perdita di Rachele.


Un servitore che faceva prosperare ogni cosa

Giuseppe serba nel suo cuore le promesse divine e tiene duro quando grandi sofferenze vengono a colpirlo, una dopo l'altra. Anche oggi, noi credenti dobbiamo basarci sulle grandi e preziose promesse ricevute da Dio (2 Pietro 1:4) e aspettare il loro compimento attraversando le prove che Dio stima necessarie.

Giuseppe non si lascia scoraggiare, ma si affida all’Eterno. Egli anticipa l'esortazione che la Lettera ai Colossesi rivolge agli schiavi: “Ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore. Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l'eredità. Servite Cristo, il Signore!” (3:22-24; vedere anche Efesini 6:5-8). 

Un cristiano, anche se giovane com’era Giuseppe, deve impegnarsi nel lavoro e rendere una buona testimonianza là dove si trova. Messo alla prova nel suo servizio, Giuseppe è fedele: “Il SIGNORE era con Giuseppe: a lui riusciva bene ogni cosa” (Genesi 39:2). Per questo il suo padrone Potifar gli lascia la cura di occuparsi di tutto ciò che gli appartiene (v. 5-6). Il Signore, uomo perfetto quaggiù, poteva dire parlando di Suo padre: “Faccio sempre le cose che gli piacciono” (Giovanni 8:29). Di Lui è detto, profeticamente: “Qualcuno mi comprò fin dalla mia giovinezza” (Zaccaria 13:5).


La fedeltà di Giuseppe davanti alla tentazione

“Giuseppe era avvenente e di bell’aspetto” (39:6), attira chi gli vive attorno. Ma lo aspetta una prova molto dura, quella della tentazione della moglie del suo padrone. Dio ha voluto che questo racconto - come anche quello della caduta del re Davide in 2 Samuele 11 - facesse parte delle Scritture per metterci in guardia contro alcuni pericoli specifici. Non dobbiamo mai pensare di essere al riparo da simili tentazioni (“Chi pensa di stare in piedi badi di non cadere”, 1 Corinzi 10:12); anzi, coscienti della nostra debolezza e della realtà della concupiscenza della carne, dobbiamo vegliare attentamente sulle nostre vie e appoggiarci sul Signore che può farci “stare in piedi” (Romani 14:4). 

Satana si serve di una donna perfida, la moglie di Potifar, per cercare di sedurre Giuseppe: “Unisciti a me!”. Giuseppe rifiuta e motiva il suo rifiuto: “Come dunque potrei fare questo gran male e peccare contro Dio?” (v. 9). L'adulterio non è soltanto un torto fatto al nostro prossimo, ma è prima di tutto un peccato contro Dio (cfr Salmo 51:4, scritto da Davide dopo il suo grave peccato). Tutto ciò che riguarda la trasmissione della vita dev’essere circondato dal più grande rispetto. Che contrasto tra l'atteggiamento coraggioso di Giuseppe e la leggerezza di cui si dà prova oggi riguardo alla fornicazione o all'adulterio!

Leggiamo che quella donna gliene parlava “ogni giorno” (v. 9), lo invitava ripetutamente a commettere il peccato. Giuseppe non le dà retta, anzi, evita con cura di trovarsi da solo con lei. Quando arriva il momento più pericoloso, fugge via (v. 12). Il suo comportamento è in accordo con l’esortazione di Paolo: “Fuggite la fornicazione” (1 Corinzi 6:18; cfr 2 Timoteo 2:22). Quando siamo in pericolo, impariamo a dire con fermezza “No”, e ricordiamoci che il pericolo può essere prevenuto: “Se il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te… E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te” (Matteo 5:29, 30). Non vedersi, non scriversi, non sentirsi più. “Il corpo… è per il Signore e il Signore per il corpo”; il nostro corpo “è il tempio dello Spirito Santo” (1 Corinzi 6:13,19; cfr 1 Tessalonicesi 5:23).

Per un giovane che vive solo, l’insensatezza di una sera può avere gravi conseguenze. Quando la tentazione si ripete, il desiderio e la concupiscenza diventano lancinanti. Guardiamoci dall’ozio della sera (Proverbi 7:6-27; 2 Samuele 11:2). La caduta non è inevitabile. La potenza del Signore ci protegge: “Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscirne, affinché la possiate sopportare” (1 Corinzi 10:13). Nessuno può sinceramente dire che la tentazione sia irresistibile se facciamo immediatamente appello alle risorse divine. Attorno al credente si trova, come lo ricorda Satana nel caso di Giobbe, “un riparo” (Giobbe 1:10). Molti credenti l’hanno sperimentato e sono riconoscenti al Signore; ma attenzione, la Parola ci avverte: “Chi demolisce un muro sarà morso dalla serpe” (Ecclesiaste 10:8; cfr Proverbi 6:27). Guardiamoci dalle tenebre morali in cui giace il mondo. Non lasciamoci attirare dalle innumerevoli cose cattive che ci vengono presentate de certe riviste o certi siti internet. Potremmo facilmente cadere in una delle trappole di Satana, che piacciono tanto alla nostra carne. Non pensiamo di essere sufficientemente forti da venirne fuori senza danno, come credeva Sansone quando ha inutilmente cercato di liberarsi “come le altre volte” (Giudici 16:20, 21). “Come potrà il giovane render pura la sua via? Badando a essa mediante la tua parola” (Salmo 119:9), ci ricorda il salmista. Conserviamola nel nostro cuore, di modo da non peccare contro Dio (v. 11).


La prova dell’ingiusta detenzione

Giuseppe ha tenuto fermo di fronte a quella grave tentazione e Dio è stato glorificato. Però, dopo una simile fedeltà, giunge per Giuseppe la prova di una tremenda ingiustizia da parte dei suoi padroni. In realtà, questa prova faceva parte della formazione che Dio si era proposta per il suo servitore, il quale un giorno avrebbe dovuto essere alla testa di un impero. Giuseppe viene accusato falsamente e gettato in prigione.

Questa volta, la prova sarà molto lunga. Secondo le espressioni del Salmo 105, i suoi piedi sono stati legati “con ceppi”, ed è stato oppresso “con catene di ferro” (v. 18). Giuseppe deve conoscere le crudeli sofferenze che a quel tempo erano riservate ai criminali. In queste condizioni, come avrebbe potuto realizzarsi l'avvenire brillante annunciato dai suoi sogni? Eppure, in Giuseppe la tribolazione produrrà pazienza “finché si avverò quanto aveva predetto, e la parola del SIGNORE gli rese giustizia” (v. 19). Tutto sembra terribilmente oscuro, ma Giuseppe resta fedele.

Tuttavia, l'Eterno era con Giuseppe là nella sua oscura prigione (Genesi 39:21, 23) come d'altronde lo era stato durante tutto il suo soggiorno in casa di Potifar. Nella sua angosciosa situazione, quel giovane ha fatto l'esperienza della presenza del suo Signore e della bontà di Colui che ha imparato a conoscere più intimamente. 

Il credente è in grado di gloriarsi nelle tribolazioni, “sapendo che l'afflizione produce pazienza, la pazienza esperienza, e l'esperienza speranza. Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5:3-5). Purtroppo, siamo spesso sconvolti quando le circostanze ci sono contrarie, com’era capitato a Giacobbe quando aveva pensato di essere stato privato di tre dei suoi figli: “Tutte queste cose pesano su di me” (Genesi 42:36).

“Il SIGNORE fu con Giuseppe, gli mostrò il suo favore e gli fece trovar grazia agli occhi del governatore della prigione” (39:21); costui “non rivedeva niente di quello che era affidato a lui”. Tutto quel che Giuseppe faceva prosperava “perché il SIGNORE era con lui” (v. 23; cfr Salmo 1:3). Giuseppe viene così scelto per servire due ufficiali: il capo dei coppieri e quello dei panettieri che erano stati messi in prigione per aver irritato il faraone e erano in attesa del loro giudizio. 

Nella sua triste situazione, Giuseppe si occupa degli altri, non si crogiola nel suo dolore. Un mattino, nota l'abbattimento dei due compagni di cella e li interroga affettuosamente (46:6, 7). Quelli raccontano di avere avuto un sogno e di non sapere come fare per interpretarlo. Allora Giuseppe, come farà Daniele più tardi, rende loro testimonianza che è Dio il solo che può dare l'interpretazione di un sogno.

Giuseppe, in prigione già da nove anni, dopo avere annunciato al coppiere la sua prossima liberazione, lo prega di ricordarsi di lui quando sarà stato ristabilito nelle sue funzioni (40:14, 15). Purtroppo, però, dopo essere stato liberato, il coppiere dimentica il suo compagno di sventura (v. 23), almeno per un certo periodo di tempo. 

Questo è l'egoismo tipico dell'uomo; ma qual è il nostro atteggiamento riguardo coloro che sono messi in prigione a causa della loro fedele testimonianza resa a Cristo? La Scrittura ci ricorda che i cristiani ebrei avevano mostrato simpatia per i carcerati (Ebrei 10:34), e la stessa Lettera ci esorta: “Ricordatevi dei carcerati, come se foste in carcere con loro; e di quelli che sono maltrattati, come se anche voi lo foste!” (13:3).


L’interpretazione dei sogni del Faraone

Se il coppiere si fosse preso a cuore la situazione di Giuseppe, quest'ultimo avrebbe potuto forse essere graziato e liberato, ma Dio aveva dei disegni diversi e meravigliosi: aveva deciso di dare a Giuseppe una posizione di supremazia e di gloria! L’apostolo Paolo rivela ai credenti afflitti che il Dio di ogni grazia, che li ha chiamati alla Sua gloria eterna in Cristo, dopo che avrebbero sofferto per un breve tempo li avrebbe Egli stesso perfezionati, resi fermi, fortificati stabilendoli su un fondamento incrollabile (1 Pietro 5:10). L'apostolo Paolo stimava che “le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev'essere manifestata a nostro riguardo” (Romani 8:18).

La carcerazione di Giuseppe si prolunga ancora per due anni, ma Dio non lo ha dimenticato (Isaia 49:15,16). In seguito ai sogni che hanno turbato il faraone e che nessuno indovino dell'Egitto ha saputo interpretare, Dio permette che al coppiere torni la memoria (Genesi 41:9-13). Chiamato dal Faraone, Giuseppe esce dalla “fossa”, si rasa e si cambia i vestiti. Umile e dipendente annulla se stesso e dà ogni gloria a Dio. Il Faraone aveva avuto due sogni che annunciavano l'arrivo imminente di due periodi di sette anni ciascuno, uno di abbondanza e l'altro di carestia, e con questi sogni Dio dichiarava a Faraone ciò che stava per fare. 

La Parola ci dice che è bene per l'uomo “portare il giogo della sua giovinezza” (Lamentazioni 3:27). Se il giogo del Signore è leggero (Matteo 11:30), quello degli uomini è spesso oppressivo. Dio permette questo genere di prove per spezzare il nostro orgoglio.

Con la saggezza ricevuta da Dio, Giuseppe dà al Faraone una chiara interpretazione dei sogni e inoltre gli suggerisce come fare per gestire prudentemente l'abbondanza degli anni a venire per essere preparati ad affrontare il periodo di carestia.


L’innalzamento di Giuseppe

Il Faraone crede alle parole di Giuseppe per la propria salvezza, quella del suo popolo e quella dei territori circostanti; e dice ai suoi servi: “Potremmo forse trovare un uomo pari a questo, in cui sia lo spirito di Dio?” (Genesi 41:38) e a Giuseppe: “Poiché Dio ti ha fatto conoscere tutto questo, non c'è nessuno che sia intelligente e savio quanto te. Tu avrai autorità su tutta la mia casa e tutto il popolo ubbidirà ai tuoi ordini” (v. 39, 40).

In quel momento Giuseppe ha trent'anni. Abbandonata definitivamente la divisa da carcerato, viene rivestito di una veste reale e delle prerogative legate alla sua dignità. In particolare, riceve dal Faraone l'anello che simboleggia il suo potere e un nuovo nome, che significa “rivelatore dei segreti” e “salvatore del mondo” (o anche “sostegno della vita”), tutti i nomi che evocano il Signore Gesù. Quando percorre tutto il paese d'Egitto si grida davanti a lui: “Abrec!” cioè “in ginocchio!” e riceve Asenat come sposa (v. 42-46).

Tutto questo parla in modo simbolico del Signore Gesù. Tutta la Parola ci parla delle Sue sofferenze e delle glorie che seguiranno (1 Pietro 1:11); senza dubbio, non esiste altro personaggio biblico che lo raffiguri in modo altrettanto completo. Ma Giuseppe, per la sua fedeltà, è anche un bel modello per noi!


Ph. Laügt

21 febbraio - L’incontro di preghiera

 Non abbandonando la nostra comune adunanza, come alcuni sono soliti fare.

Ebrei 10:25.

 

L’incontro di preghiera

 

Consideriamo la riunione di preghiera, cioè dei credenti che si trovano insieme, di comune accordo, con lo scopo di ringraziare Dio e presentargli le loro richieste. Non è esagerato dire che proprio nella gioia e nell’impegno di avere tali incontri sta la misura dell’amore che hanno per il Signore e della santità della loro vita. La preghiera è la barriera contro le infiltrazioni del mondo nella chiesa e nelle famiglie. Essa chiude la porta al male che cerca sempre di entrare e disperdere il gregge di Cristo, preserva i credenti dalle false dottrine e dalle divisioni, e mantiene una testimonianza unita ed efficace alla grazia di Dio. La preghiera è l’espressione della nostra continua dipendenza da Dio. Essa apre il cielo, da cui proviene tutto ciò di cui abbiamo bisogno.

Quando la Chiesa iniziò ad allontanarsi dalla verità, fin dal tempo degli apostoli, e quelli che rimanevano fedeli incominciarono a staccarsi dalla massa degli eretici, a distinguerli fu la loro fede e anche la loro debolezza. Erano un piccolo gregge che attingeva la sua forza dalla preghiera in comune.

Se i cristiani avessero perseverato nelle preghiere e nelle suppliche, e fossero stati più attenti ai bisogni della Chiesa, oggi non vedremmo il triste e vergognoso spettacolo di dispersione e di divisione. Facciamo in modo di avere degli incontri di preghiera e di lettura della Parola di Dio. È vano cercare la benedizione e la forza senza la potenza che proviene da Lui.

sabato 20 febbraio 2021

Attenzione

In questi giorni ho avuto la notizia della morte di una giovane donna che aveva lavorato nella mia stessa azienda. Aveva trentun anni ed è morta di infarto. Non aveva mai manifestato dell'opposizione nei confronti delle nostre convinzioni cristiane, era troppo educata per farlo, ma si dimostrava totalmente indifferente. In diverse occasioni ho parlato dell'Evangelo ad altri, lei era presente e sono sempre rimasto stupito della sua neutralità, freddezza, apatia, riguardo alla vita eterna. Il suo sguardo era vuoto, distante e privo di interesse. Adesso è morta e una nuova condizione, devastante e definitiva si è aperta dinanzi a lei. Tutte le cose udite e rifiutate, ora, sono diventate realtà. 

“Se non credete... morirete nei vostri peccati” Giov. 8:24.

Oggi, è ancora un giorno di grazia per tutti coloro che sono alla ricerca della pace. Oggi è ancora il tempo nel quale Dio riceve il peccatore che si pente e si avvicina a Lui con la fede. E' il giorno in cui chiunque crede nel Signore Gesù morto sulla croce per i nostri peccati ha la vita eterna. Ma questo tempo avrà termine. Attenti. Non sbagliatevi di giorno.

“Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori” Ebrei 3:15.

Oggi, Dio vuole salvarvi. Se rifiutate il suo amore, avrete a che fare con la sua giustizia.

Attenti a non sbagliare giorno.

20 febbraio - La preghiera personale

Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo… te ne darà la ricompensa.

Matteo 6:6

 

La preghiera personale

 

In molte religioni la preghiera è parte integrante della vita del fedele, ma il più delle volte si tratta di preghiere predefinite, studiate a memoria e recitate con una determinata cadenza, secondo un preciso rituale. Con queste preghiere si spera di ottenere il favore di un Dio di cui, in fondo, si ha paura, un Dio lontano, inflessibile, al quale si chiede aiuto quando le cose vanno male, ma da cui non si attende alcuna risposta personale.

Come prega il cristiano? Poiché è un figlio amato da Dio, il cristiano si rivolge a Lui come al Padre. Il modo con cui prega deriva da una relazione vivente, basata sull’amore e sulla fiducia, associata al santo rispetto che Gli è dovuto. Non prega Dio per guadagnare il Suo favore, e non teme la Sua ira, perché Gesù Cristo ha subito il castigo di Dio al suo posto, sulla croce, e ha ottenuto il suo perdono.

Un cristiano può pregare in ogni ora e in ogni luogo, per qualunque motivo e circostanza; e questo senza particolari preliminari. Nessuno gli detta la preghiera; è una preghiera spontanea e personale. Egli parla al suo Dio delle sue preoccupazioni, delle sue gioie, delle sue difficoltà, dei suoi problemi. E lo ringrazia per la Sua pazienza e le Sue benedizioni.

Un bambino può forse parlare al suo papà solo in determinate ore e con parole imparate a memoria? Se cade o si fa male, o se si trova davanti a un pericolo improvviso, non corre forse verso di  lui, senza esitazione, per esporgli con naturalezza il suo problema?

È sullo stesso principio di libertà filiale che il credente ha il privilegio di pregare il suo Padre celeste.

venerdì 19 febbraio 2021

Testimoni

“Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me” 

Galati 2:20.



Il servitore di Dio deve essere un canale di benedizione per gli altri e quindi deve avere un'identificazione con Cristo tale da trasmettere le cose di Dio non quelle dell'uomo. Non si tratta di una forte personalità umana che debba imporsi ad un'altra, ma la semplice trasmissione di ciò che viene da Dio.

Che scopo abbiamo quando ci presentiamo ad altri per parlare da parte di Dio?

“Che personalità meravigliosa!” “Che uomo affascinante!” “Che intuito straordinario!” .

Come può trasmettersi il vangelo di Dio ad altri attraverso tutti questi intralci?

Se l'individuo che parla attira l'attenzione su di sé per le sue qualità personali, il richiamo delle sue doti rientra nell'ambito delle attrattive umane; ma se la sua personalità è identificata con la personalità del suo Signore, allora l'attenzione che esercita conduce là dove Cristo può operare. 

Il pericolo sta nel gloriarsi degli uomini; il Signore vuole che sia Dio colui che è posto al centro perché solo in Dio sta la vita ed è a Lui che dobbiamo guardare.

19 febbraio - “Impegnatevi a cercare la santificazione”

Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore.

Ebrei 12:14

 

Purifichiamoci da ogni contaminazione di carne e di spirito, compiendo la nostra santificazione nel timore di Dio.

2 Corinzi 7:1

 

“Impegnatevi a cercare la santificazione”

 

Un agricoltore ara il suo campo, semina, spande dei concimi e lo coltiva, pur rendendosi conto che i risultati dipendono dalle forze della natura sulle quali non ha alcuna possibilità di influire. È il primo a riconoscere di non essere in grado di far germogliare il seme, di provocare la pioggia o far splendere il sole per avere un migliore raccolto. Perché il suo lavoro sia fruttuoso, bisogna che Dio agisca. D’altra parte, però, se l’agricoltore viene meno alle proprie responsabilità, non ha alcuna ragione per sperare in un buon risultato.

Amici cristiani, anche il successo dei nostri combattimenti spirituali – “stare saldi” e “resistere” (Efesini 6:8-10) – non dipende solo da Dio, ma anche da noi. Dio ci ha dato una nuova vita, che trova la sua gioia a vivere nella santità, nella purezza e nell’amore. Egli vuole darci la vittoria, ma noi siamo responsabili di “rivestirci della completa armatura” spirituale che Dio ci mette a disposizione (Efesini 6:10-18). Quest’armatura comprende in particolare la Parola di Dio, di cui dobbiamo nutrire la nostra anima, e la preghiera, che ci permette di “essere soccorsi al momento opportuno” (Ebrei 4:16).

Noi parliamo volentieri della vittoria che Cristo ha riportato sul peccato mediante la sua croce, e dello Spirito Santo che ci permette di essere vittoriosi nei combattimenti contro il male. Ma talvolta, purtroppo, dimentichiamo il nostro impegno e la nostra responsabilità di vivere nella santità.

E’ volontà di Dio che i Suoi figli si astengano dal male. E questo nostro impegno a non commettere peccato è un combattimento che dura tutta la vita!

giovedì 18 febbraio 2021

Le nostre riunioni di preghiera

Non si insiste mai abbastanza sull’importanza delle riunioni di preghiera e sul privilegio di radunarsi intorno al Signore per presentargli suppliche, intercessioni, ringraziamenti, per realizzare la nostra dipendenza da Dio, per sentire insieme la nostra debolezza, per riconoscere quanto abbiamo bisogno di essere guardati, sostenuti e incoraggiati, e mantenuti nella verità, nell’amore, nella pazienza, nella speranza.

Siamo esortati a pregare senza smettere mai. Quest’esortazione, rivolta a ognuno individualmente, si applica anche alle preghiere in assemblea, preghiere dove si esporranno i bisogni dei fratelli e sorelle, della vita dell’assemblea, della sua testimonianza e di tutti gli uomini. Quanti bisogni ci sono e quanto numerosi sono i soggetti di preghiera! Quanto le parole: “Non cessate mai di pregare” (1 Tessalonicesi 5:17) dovrebbero stringerci gli uni agli altri nelle nostre riunioni!

Il fatto stesso di trovarci insieme in uno stesso luogo, intorno al Signore, tutti animati da Lui e con un medesimo amore che ci unisce così strettamente, non dovrebbe attirare i nostri cuori e legarli l’uno all’altro in uno stesso sentimento?

Ma qual è la causa per cui le riunioni di preghiera sono generalmente così poco seguite?

Cerchiamola innanzi tutto in noi stessi. Non c’è forse un po’ di quella tiepidezza di Laodicea di cui parla lo Spirito nelle lettere indirizzate alle chiese? Se c’è, riconosciamola e umiliamoci.

Prima di recarci alla riunione, ci chiediamo quali sono i motivi, i bisogni, le persone, per cui dobbiamo rivolgere le nostre preghiere a Dio? Ha ognuno una piena libertà di comunicare all’assemblea quello che gli sta a cuore e di pregare egli stesso? Lo può fare anche il fratello più semplice. Abbiamo sperimentato più volte quanto è bella e utile una preghiera semplice e spontanea, anche solo con qualche parola e per un solo oggetto, ma espressa col cuore. E’ pure augurabile che gli argomenti per cui pregare che hanno esercitato alcuni membri della chiesa prima della riunione, siano conosciuti da tutti e comunicati, perché tutti siano esercitati prima di mettersi in ginocchio; e avendoli conosciuti possano con uno stesso sentimento rivolgere le loro preghiere al Signore. Sovente capita, soprattutto in un’assemblea numerosa, che alcuni presenti provino una certa sorpresa quando in una preghiera si fa riferimento a un decesso o alla malattia di un fratello o di una sorella che loro ignoravano.

Se il nome di una certa persona o un certo problema pronunciato in modo non chiaro non è stato capito, è bene che dopo la riunione ci si informi di che si tratta.

Si è sovente notato che quando una riunione di preghiera è convocata riguardo un soggetto difficile o una prova speciale, i fratelli e le sorelle sono più numerosi che nelle solite riunioni e che è più forte il sentimento della presenza del Signore e il sollievo provato per aver affidato il problema nelle Sue mani.

E’ anche molto utile che nelle assemblee ci siano comunicazioni sull’opera del Signore. Le comunicazioni fatte da fratelli che visitano le assemblee o portano il Vangelo, o le richieste di preghiere da parte di credenti lontani, spesso isolati e provati, devono essere conosciute per poter essere presentate al Signore.

Scrutiamo i nostri cuori. Non abbiamo forse abbandonato il primo amore, come la chiesa di Efeso? E a che punto è il nostro affetto fraterno? Siamo capaci di portare i pesi gli uni degli altri? Apriamo i nostri cuori ai fratelli ed alle sorelle, partecipiamo alle loro difficoltà, alle loro pene, alle loro gioie, sopportiamoci gli uni gli altri nella pace. E’ dell’abbondanza dei nostri cuori che parleranno le nostre bocche anche nelle riunioni di preghiera, se questi cuori saranno pieni del nostro amore per loro.

E’ necessario che le preghiere siano vive, spontanee, brevi, e non un’enumerazione lunghissima di richieste; gli altri non si sentirebbero coinvolti, si distrarrebbero e non ne serberebbero neppure il ricordo. Uscendo dalla riunione non potrebbero dire come Davide: “Una cosa ho chiesto al SIGNORE e quella ricerco” (Salmo 27:4). Dio si ricorda delle preghiere che gli abbiamo rivolto; non dobbiamo forse ricordarcene anche noi, per avere il cuore preparato a ricevere le benedizioni che abbiamo richieste e per offrire poi a Dio i ringraziamenti che gli sono dovuti?

Non dimentichiamo che la sera, dopo una giornata di lavoro e di fatica, è augurabile che le riunioni non si prolunghino. Le persone anziane, dopo un’ora di preghiere consecutive che occupano la mente e i cuori, si affaticano troppo e non riescono a prestare l’attenzione che vorrebbero.

Evitiamo che nelle nostre riunioni subentri la routine, la mancanza di semplicità e di dipendenza dallo Spirito Santo. Ma sopportiamoci gli uni gli altri. Se siamo soltanto un lumicino fumante, non spegniamolo; cerchiamo invece di attizzarlo per essere ristorati al suo dolce calore.

E non dimentichiamoci di ringraziare il Signore per tutte le benedizioni che ci ha concesso nelle riunioni di preghiera, e questo non certo grazie a noi ma a quello che Egli è.

Non trascuriamo queste riunioni!

“Facciamo attenzione gli uni e gli altri per incitarci all’amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda; tanto più che vedete avvicinarsi il giorno” (Ebrei 10:24, 25). 


M. Koekelin

18 febbraio - Fede e sentimenti

Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. 

Romani 5:1

 

Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio più eccellente di quello di Caino.

Ebrei 11:4

 


 

La fede non è un semplice sentimento o un’adesione dell’intelligenza; non è uno stato d’animo passeggero che oggi c’è e il giorno dopo può mutare o scomparire; è un’accettazione consapevole e incondizionata di Dio e della Sua parola, una ferma convinzione che tutto quello che ci rivela è vero ed eterno. La fede stabilisce un legame vivente che unisce il cuore a Dio e che Dio suggella col Suo Spirito.

I sentimenti umani, per quanto profondi e disinteressati, non possono mai unire l’anima a Dio. Non sono né divini né eterni, ma umani e passeggeri; sono come il ricino di Giona, che crebbe in una notte e in una notte seccò. La fede non è così. Per fede, il credente è giustificato (Romani 5:1) e diventa un figlio di Dio, per sempre. La fede purifica il cuore (Atti 15:9), opera per mezzo dell’amore (Galati 5:6), vince il mondo (1 Giovanni 5:4).

Il sentimento appartiene alla natura e alla terra, si occupa dell’io e delle cose di quaggiù; la fede si occupa di Cristo, crede al Suo sacrificio, e porta gli sguardi sulle cose del cielo. Il sentimento lascia l’anima nell’oscurità e nel dubbio, e la tiene occupata delle sollecitudini terrene; la fede introduce l’anima nella luce e nel riposo, e le fa conoscere la verità immutabile di Dio e del sacrificio di Cristo. 

mercoledì 17 febbraio 2021

Il cristiano ai giorni nostri

Desideriamo considerare tre tipi di difficoltà o di pericoli a cui i credenti sono costantemente esposti, e che è utile saper discernere.

Gli attacchi contro il Signore Gesù, la Sua opera e la verità biblica;

Il conformarsi al mondo, che è in crescita costante;

I cambiamenti sociali e culturali.


Attacchi contro il Signore Gesù, la Sua opera e la verità biblica

Dobbiamo spesso constatare che la gloriosa persona del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è misconosciuta e disprezzata. La Sua divinità o la Sua umanità sono messe in discussione anche da persone che si dicono cristiane. Sono negate o messe in dubbio anche il significato della Sua opera alla croce e la Sua risurrezione. Vengono deformate alcune parti della verità biblica, per esempio ciò che riguarda la giustificazione o la Chiesa. Molti si permettono d’interpretare la rivelazione di Dio a modo loro e secondo le loro idee personali.

Come reagiamo noi di fronte ad attacchi del genere? Dio ci chiede di prendere una posizione chiara. Se qualcuno viene da noi per predicare una dottrina diversa dalla “dottrina di Cristo”, non dobbiamo riceverlo in casa nostra e nemmeno salutarlo (2 Giovanni v. 7-11). Quando si insegnano degli errori riguardo alla Persona e all’opera del nostro Signore, dobbiamo opporci con fermezza, anche in pubblico, se è necessario (cfr. Galati 2:11-18). Tito ci esorta a respingere “l’uomo settario” e ad ammonirlo “una volta e anche due” (Tito 3:10-11). Nello stesso modo, dice Paolo, dobbiamo allontanarci da “quelli che provocano le divisioni e gli scandali in contrasto con l’insegnamento che avete ricevuto” (Romani 16:17).

Se si tratta della Persona del nostro Signore e della Sua opera, o delle verità fondamentali della Parola di Dio, il nostro atteggiamento dev’essere energico e senza compromessi, ma anche con umiltà, con dolcezza e con vero amore (cfr. Efesini 4:15) perché solo in questo modo si può intervenire con autorità morale. Cerchiamo di acquisire un buon discernimento spirituale, e non lasciamoci offuscare la mente da ogni sorta di considerazioni umane.


Il conformarsi al mondo

Oltre agli attacchi contro la verità, il mondo esercita continuamente la sua influenza sulla vita dei credenti. In questo non c’è niente di nuovo. L’apostolo Paolo, proprio all’inizio del cristianesimo, doveva dire ai credenti: “Non conformatevi a questo mondo” (Romani 12:2); sembra che il timore di Dio e la pietà siano sempre più rari nella società che ci circonda e a volte, purtroppo, anche fra i credenti.

Come reagiamo quando notiamo l’influenza del mondo sui cristiani, nei pensieri, nelle parole, nel comportamento e nello stile di vita sfrenato o nei vestiti sconvenienti? Potremmo essere portati a reagire in modo severo, con legalismo; forse, per frenare il declino vorremmo mettere dei divieti. Lo Spirito di Dio, tuttavia, nel Nuovo Testamento non c’insegna questo. Ricordiamo alcuni esempi nella Scrittura, sul modo giusto di comportarsi in questi casi.

- Essere un esempio

“Sii di esempio ai credenti, nel parlare, nel comportamento, nell’amore, nella fede, nella purezza” (1 Timoteo 4:12). Chi cammina nel sentiero stretto con il Suo Signore, seguendo le Sue orme, avrà il cuore aperto e generoso verso gli altri. Così potrà esser loro d’esempio.

- Predicare Cristo e la grazia

Che cosa fa Paolo, quando vede che i Colossesi hanno deviato dalla retta via nella loro vita di credenti? Non fa loro una predica legalista: presenta loro la verità di Cristo. Che cosa fa quando vuole salvaguardare i Romani da un comportamento conforme a quello del mondo? Presenta davanti ai loro cuori i numerosi e diversi aspetti della vita cristiana (Romani 12). A volte potrebbe sembrarci utile imporre dei limiti, quando vediamo che le cose vanno alla deriva; però, ponendo delle barriere, prima o poi provocheremo delle resistenze – quella rivolta interiore che la Scrittura presenta riguardo al popolo d’Israele sotto la legge. La grazia, invece, fortifica il cuore, porta il credente più vicino al Signore Gesù e al giudizio di se stesso secondo la Parola. La grazia non spinge nessuno su un sentiero carnale, ma parla al nostro cuore e alla nostra coscienza.

Fino a che punto conosciamo la vera grazia di Dio? Siamo coscienti del fatto che è sempre attiva a nostro favore? Pietro conclude la sua seconda Lettera incoraggiandoci a crescere nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Questa grazia e questa conoscenza ci proteggono ancora oggi.

Il cristianesimo vero non è “non fare” ma “fai per amore del Signore”. Le imposizioni non servono.


Mutamenti sociali e culturali

Dobbiamo far fronte non solo agli attacchi contro la Persona del Signore e contro la verità della Parola di Dio, non solo al declino spirituale causato dal nostro conformarci al mondo, ma anche ai mutamenti sociali e culturali. Spesso non è facile comprendere la differenza fra gli elementi cattivi del mondo – che si riconducono sempre alla concupiscenza della carne, alla concupiscenza degli occhi e all’orgoglio della vita (1 Giovanni 2:16) – e i semplici cambiamenti che derivano dall’evoluzione del mondo, della scienza e della tecnica.

Un tempo era normale che, in un’impresa, un operaio sbrigasse una notevole varietà di lavori. In seguito, si è imposta progressivamente la divisione del lavoro fra parecchi operai specializzati. Un tempo era raro che le ragazze avessero una formazione o degli studi che permettessero loro un impiego fuori casa e una carriera. Oggi è cosa normale. Il linguaggio e il canto si evolvono, come le abitudini di vita, la foggia degli abiti, i mezzi di comunicazione, ecc. Si può rimpiangere il passato, ma non tornerà più. (“Non dire: «Come mai i giorni di prima erano migliori di questi?», poiché non è da saggio domandarsi questo”- Ecclesiaste 7:10).  L’apostolo Paolo ha fatto i suoi viaggi a piedi o in barca a vela, ed ha scritto le sue lettere su pergamena. I nostri fratelli del 19° secolo hanno viaggiato su battelli a vapore, in diligenza e in treno; hanno usato la posta e il telegrafo. Oggi noi viaggiamo in treno, in auto o in aereo, e non spediamo solo le lettere per posta, ma forse più spesso via mail. In molti casi si tratta di un’evoluzione dalla quale i cristiani non possono, e non ne avrebbero ragione, prendere le distanze.

Invece, se si tratta di principi contrari all’insegnamento della Parola, come per esempio l’uguaglianza dei sessi o la libertà di pensiero, il cammino del credente fedele al Signore è molto chiaro.

Per far giungere il messaggio del Vangelo a degli increduli, forse oggi non è indicato limitarsi a mezzi come gli opuscoli o i libri. Spesso possiamo raggiungere i giovani solo attraverso internet. Oggi, se vogliamo farci capire non è opportuno usare un linguaggio antiquato, che era in uso uno o due secoli fa.

Forse è più delicato il tema del canto cristiano. Dobbiamo rifiutare decisamente le produzioni anti-scritturali nelle parole, nel genere e nel ritmo frenetico, ma teniamo conto del fatto che i giovani oggi considerano le cose in modo diverso da noi più avanti negli anni.

Di fronte a tanti cambiamenti, è essenziale esaminare in che misura possiamo accettarli o addirittura adottarli, restando in armonia con la Parola di Dio. Se è così, potremo, vivendo presso il nostro Signore e guardando a Lui, utilizzarli per il bene. Dobbiamo essere particolarmente prudenti, quando si tratti di cose – internet per esempio – che possono produrre grandi danni o di cose che, al momento della loro accettazione, sono legate a movimenti contrari alla Parola.

Separarsi dal mondo e dal male per seguire il nostro Signore Gesù dev’essere il frutto di una santità interiore, che si mostra poi anche esteriormente. Non siamo esortati a soffrire per la separazione dalle cose non buone , ma a soffrire “per la giustizia” e “a causa del Signore” (Matteo 5:10-12).

Non è sempre facile distinguere fra “conformarsi al mondo” (vedere Romani 12:2) da una parte, e “usare del mondo” facendolo, comunque, non per il proprio piacere (vedere 1 Corinzi 7:31). Certi mutamenti tecnici sembrano inevitabili, tuttavia si possono utilizzare se possiamo servircene vivendo vicini al Signore. Nella pratica, cerchiamo di seguire la volontà del Signore e non siamo troppo solleciti a pronunciare un giudizio sul comportamento dei nostri fratelli e sorelle. Esprimere un giudizio sul comportamento di qualcuno senza averlo esortato per correggerlo, è un agire non scritturale.

In conclusione, ricordiamoci la direttiva dell’apostolo Paolo: “Quindi, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri (1 Corinzi 4:8).


M. Seibel

17 febbraio - “Da dove vieni e dove vai?”

Tu hai preservato l’anima mia dalla morte, i miei occhi dalle lacrime, i miei piedi da cadute.

Salmo 116:8

 

(Gesù disse:) “Colui che viene a me, non lo caccerò fuori”.

Giovanni 6:37

 

“Da dove vieni e dove vai?”

Le domande della Bibbia (leggere Genesi 16)

 

Il futuro doveva sembrare ben oscuro ad Agar, la schiava della moglie di Abraamo. Era stata maltrattata dalla padrona ed era fuggita, ed ora si ritrovava sola nel deserto, senza risorse e… con un bambino in seno!

Non c’era nessuno che la potesse difendere; una schiava non aveva diritti. Che ne sarà di lei? Ma ecco che Dio le va incontro, la ferma nella sua fuga e le dice: “Da dove vieni e dove vai?”. Agar risponde con umiltà e Dio le dà l’unico consiglio possibile: “Torna dalla tua padrona e umiliati sotto la sua mano”. Poi le promette che il bambino che era in lei sarebbe diventato un capostipite di un grande popolo, e le ordina di chiamarlo Ismaele (che significa Dio ascolta). Agar è sollevata e chiama Dio “Atta-El-Roi”, che significa “Dio che vede”. Dio aveva visto la sua disgrazia e l’aveva soccorsa. Ora Agar non si sente più sola in quel deserto.

Lettore, forse mentre stai leggendo queste righe sei angosciato e turbato; non scoraggiarti, il Signore conosce la tua angoscia. Agar era senza speranza, ma ha trovato in Dio un conforto adeguato alla sua sofferenza. Fa’ come lei, ascolta le promesse di Dio credendo alla Sua Parola. Parlagli, digli: “Tu sei il mio Dio, colui che mi vede, che si rivela a me”. Lascia il tuo triste cammino, e ritorna là dove Dio ti vuole, anche se devi abbassare il capo. Il Signore ti riserva una bella speranza, e la pace del cuore e della coscienza!

martedì 16 febbraio 2021

Comunione col Padre e col Figlio

 “Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero” 

(1 Giovanni 5:20)

“Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo”

 (Giovanni 17:3)

Chiunque crede al Signore Gesù ha ricevuto non solo il perdono dei propri peccati, ma anche una vita tutta nuova. È nato da Dio e di conseguenza possiede la vita divina, la natura divina (Giovanni 1:13 – 2 Pietro 1:4). Questa vita, nella sua forma più piena, è chiamata “vita eterna”. Il Signore Gesù stesso è la nostra vita. “Egli è il vero Dio e la vita eterna” (1 Giovanni 5:20). Questo fatto, per noi che crediamo, ha delle conseguenze infinite e ci mette in una posizione di grazia e di favore: “ci ha resi graditi a sé, in colui che è l'amato” (Efesini 1:6 nella Versione Vecchia Diodati); siamo trasportati dall’amore del Padre nel “regno del suo amato Figlio” (Colossesi 1:13). Dunque, davanti a Dio, siamo pienamente accettati in Colui che Dio chiama “il Suo amato Figlio”.

La prima Lettera di Giovanni va ancora più lontano. Siamo fatti simili a Lui. “Il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui” (1 Giovanni 3:1). Come Egli è ora nel cielo, “tali siamo anche noi in questo mondo” (4:17). “Saremo simili a Lui, perché lo vedremo come egli è” (3:2), ma rimarremo pur sempre delle creature, non diventeremo mai “Dio”.

Confrontate anche 1 Giovanni 4:12 con Giovanni 1:18. Giovanni dice: “Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero”. Sta tutto in questo. Alla creazione, Dio ha dato ad Adamo lo “spirito” ed è questo che fa la differenza fra l’uomo e le bestie. L’uomo ha anche un’intelligenza molto elevata, la capacità di ragionare, di disquisire, di approfondire i pensieri, ma senza l’aiuto di Dio e senza lo spirito di Dio la sua pur grande sapienza non gli permette di arrivare a conoscere le cose del cielo: “Non ha forse Dio reso pazza la sapienza di questo mondo?... Il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza” (1 Corinzi 1:20-21). Nemmeno gli angeli, che appartengono ad un ordine di creazione più elevata di quello degli uomini, possono conoscere Dio nella Sua essenza e nel segreto dei Suoi pensieri. Essi sono dei servitori, potenti, certo, sempre pronti ad eseguire la volontà di Dio; ma anch’essi desiderano riguardare addentro alle cose che sono state annunciate a noi (1 Pietro 1:12).


“Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto” 

(Matteo 3:17)

A dei peccatori perduti, ma che hanno ricevuto il Signore Gesù, Dio ha ora donato Suo Figlio come nuova vita. In Lui e per Lui ha dato loro allo stesso tempo, la capacità di conoscerlo perché “Cristo Gesù da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Corinzi 1:30). Non soltanto possiamo vedere la gloria del Signore Gesù manifestata, così come il mondo la vedrà ben presto quando verrà sulla terra con le nuvole dal cielo e “ogni occhio lo vedrà” (Apocalisse 1:7), ma “noi lo vedremo come egli è” (1 Giovanni 3:2) e non soltanto come si manifesta. Si, già da ora possiamo comprendere i Suoi pensieri. Noi vediamo la Sua gloria e il nostro cuore ne è ripieno. Noi abbiamo dei pensieri e dei sentimenti comuni a Dio che apre il Suo cuore, parla di quello che lo riempie e possiamo ascoltare le Sue parole e condividere i Suoi sentimenti. Noi abbiamo comunione col Padre e col Figlio Gesù Cristo.

Di cosa è occupato il cuore del Padre? Non lo è forse del Figlio e di tutta la gloria della Sua persona e della Sua opera? Quando il Figlio era sulla terra, “tutta la pienezza della deità” ha abitato in Lui corporalmente (Colossesi 1:19 – 2:9). Dall’inizio del ministero pubblico del Signore (Luca 3:22) fino alla fine (Matteo 17:5), il Padre dice: “Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto”. 

Che grande cosa è stata quest’opera per il Padre! “Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita per riprenderla poi” (Giovanni 10:17). Il Padre ama Colui che è andato volontariamente alla croce, che è morto per glorificare il nome di Dio e per fare la Sua volontà. A tal fine, il Signore ha acconsentito a portare “i nostri peccati nel Suo corpo, sul legno” (1 Pietro 2:24). È stato “fatto peccato” (2 Corinzi 5:21). Ha portato il giudizio di Dio sul peccato (Salmo 22:1, Matteo 27:46). In tutto ciò è stato perfetto: “Cristo che mediante lo Spirito eterno offrì Sé stesso puro di ogni colpa a Dio” (Ebrei 9:14).


“Noi l'abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata… perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo perché la nostra gioia sia completa” 

(1 Giovanni 1:2, 4)

Il Padre ci dice: “questo è il mio diletto Figlio” e noi rispondiamo: “questo è il nostro diletto Salvatore”. Il Padre dice: “Per amore per me (Esodo 21:5) ha portato tutte le sofferenze del Golgota e ha compiuto l’opera che gli avevo affidato”, e noi possiamo dire: “Cristo ci ha amati e ha dato sé stesso per noi” (Efesini 5:2), “il Figlio di Dio in quale mi ha amato e ha dato sé stesso per me” (Galati 2:20). 

Questa Persona gloriosa che riempie il cuore del Padre riempie anche i nostri cuori? Il Padre ci mostra le glorie del Figlio e noi diciamo al Padre tutto quello che abbiamo trovato in Lui. È la comunione: dei sentimenti comuni, degli interessi comuni, la stessa Persona che riempie il cuore di soddisfazione e di gioia.

“Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione” (Romani 5:11). Forse questa è la cosa più elevata: conoscere Dio, gioire non solo delle benedizioni e di tutte le cose divine, ma ancora di più, gioire di Lui stesso! Così abbiamo comunione con Dio, con il Padre e con il Figlio! Realizzare questo rende il cuore perfettamente felice fin da quaggiù. Per questo Giovanni dice: “Queste cose vi scriviamo perché la nostra (o: la vostra) gioia sia completa” (1 Giovanni 1:4).

16 febbraio - Come se la mia anima danzasse di gioia (2/2)

Signore… nel tuo amore, mi hai liberato dalla fossa della decomposizione, perché ti sei gettato dietro alle spalle tutti i miei peccati.

Perciò, così parla il Signore, DIO: “I miei servi canteranno per la gioia del loro cuore”.

Isaia 38:16-17; 65:13-14

 

2. Come se la mia anima danzasse di gioia

Testimonianza d’una giovane artista

 

Erano trascorsi solo tre giorni dalla prima volta che avevo sentito spiegare la Bibbia. Ma là, nella mia camera, io affidai tutta la mia vita al Messia, il Signore Gesù Cristo. Ero nata di nuovo! Non ero più la vecchia Rosy! All’improvviso mi venne da ridere. Non era rispettoso, ma non potevo farne a meno tanto era grande la gioia e il sollievo che provavo. Ma non c’era nessuno vicino a me con cui condividere la mia gioia. Per tutta la vita ero andata alla ricerca di qualcosa di grande e di migliore. Ora capivo che dovevo proprio cercare Gesù.

Ripresi la Bibbia e cominciai a rileggere il libro di Isaia. Ogni parola sembrava scritta per me. Arrivai al capitolo 38: Ho avuto grande amarezza; ma tu, nel tuo amore, mi hai liberato dalla fossa della decomposizione, perché ti sei gettato dietro alle spalle tutti i miei peccati (v. 17).

Fui come abbagliata da una grande luce. La mia anima giubilava e danzava come un tempo facevo col mio corpo. Il mio viso, nello specchio, rifletteva il mio aspetto radioso. Dopo tanti anni di angoscia, di lotte, di aspirazioni deluse, avevo trovato la pace! Se non fosse che era sera inoltrata, sarei scesa in strada a raccontare ai passanti quello che mi era successo. La mattina seguente mi precipitai alla sala di riunioni cristiane, commossa fino al punto di non riuscire a parlare. Ma le parole erano inutili. Bastava che mi guardassero in faccia per capire che cosa stavo provando.”


Rosy Warmer

lunedì 15 febbraio 2021

15 febbraio - Come se la mia anima danzasse di gioia (1/2)

Gesù gli rispose: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio”.

“Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: Bisogna che nasciate di nuovo”.

Giovanni 3:3, 6-7

 

1. La mia ricerca della verità

Testimonianza di una giovane artista

 

“Quella sera, mentre leggevo la Bibbia, mi resi conto che qualcosa stava cambiando in me. Sempre più commossa, mi sentivo spinta alla ricerca della verità.

Avevo trent’anni. Da bambina avevo sofferto molto per il mio carattere ostinato e ribelle. Durante i miei studi di danza classica e di arti figurative avevo accettato ogni sorta di idee che incontravo sulla mia strada, senza darmi pensiero dei loro effetti nefasti. Il mio matrimonio fallì, i miei progetti e i miei sogni svanirono; pensai anche al suicidio, specialmente dopo la morte di mio padre avvenuta nei tempi terribili dell’occupazione nazista.

Ma quel giorno, per la prima volta, era come se un raggio di luce andasse crescendo di intensità man mano che avanzavo nella lettura. Lessi il capitolo 3 del Vangelo di Giovanni, dove Gesù dice a Nicodemo che bisogna nascere di nuovo per entrare nel regno di Dio. Nascere di nuovo! Com’era possibile? Come potevo iniziare una nuova vita io che avevo rovinato tutto? Un’angoscia insopportabile mi opprimeva. Ma proprio in quel momento la mia coscienza si aprì alla grazia di Dio. Lui mi aveva preservato dal suicidio. A mia insaputa, aveva agito in mio favore, malgrado i miei peccati, i miei sarcasmi e la mia incredulità. Ad un tratto mi ritrovai in ginocchio accanto al mio letto. Per la prima volta nella vita ho pregato. Il mio orgoglio era stato messo a tacere.”


(segue nel messaggio del 16 febbraio)

domenica 14 febbraio 2021

Non uccidete il cane

“Perché, quando io sono venuto, non si è trovato nessuno? Perché, quando ho chiamato, nessuno mi ha risposto?” 

Isaia 50:2.


Un uomo stava dormendo tranquillo nel suo letto quando il suo cane, che era legato nel cortile, si mise ad abbaiare. <Impossibile dormire in santa pace>, mormorò il padrone nel sonno e si rigirò nel letto, ma il cane continuava ad abbaiare. L'uomo esasperato si alzò volendo imporre il silenzio alla bestia. Niente da fare, il cane abbaiava ancora più forte. Fuori di se, il padrone staccò il fucile dal muro, uccise il cane e si rimise a letto: <Adesso finalmente potrò dormire tranquillo>.

Il mattino seguente, svegliatosi, rimase stupefatto per quello che era successo. Dei ladri avevano forzato la porta, erano entrati indisturbati e gli avevano ripulito tutta la casa portandogli via gli oggetti di valore, alcuni quadri, il televisore, il forno a microonde, lo stereo e perfino l'auto, visto che le chiavi erano appese in bella vista nell'ingresso.

Forse voi sorriderete per l'assurdità di quell'uomo, ma chissà quanti di voi staranno facendo la stessa cosa. La coscienza vi ricorda che siete in una posizione di pericolo, forse perché come credenti vi siete “addormentati”. I vostri sensi si sono intorpiditi come lo è il vostro senso del pericolo. O magari la vostra coscienza vi sta ricordando che siete peccatori, voi continuate a desiderare di “dormire” e rimanere nel vostra condizione ma ciò, per voi, sarebbe una perdita irreparabile. Chissà quante volte il cane ha abbaiato ma voi vi siete rigirati nel vostro letto desiderando solo che tacesse volevate essere lasciati in pace, ma “ Non v'è pace per gli empi, dice l'Eterno” Isaia 48:21. 

In un paesino del centro Italia si trova una strada chiamata: Via del tempo perduto. Quante strade in questo mondo potrebbero essere chiamate così! Forse anche in quella in cui abitiamo!

Che ne facciamo del tempo che Dio ci dà?

Il tempo perduto non si riacquista più. Conosco un credente anziano che, quando qualcuno gli chiede la sua età, lui, precisa sempre anche il numero dei suoi anni contandoli dal giorno in cui si è convertito. Il tempo precedente lo considera tempo perduto, dormiva. Ma purtroppo si può essere credenti e continuare a perdere il proprio tempo.

Non abbiamo solo la nostra coscienza ad avvisarci ma anche la Parola di Dio. Strumento ben più grande è preciso che è in grado di “svegliarci” aprendoci gli occhi sulla nostra condizione e sui pericoli a cui andiamo incontro.

14 gennaio - High tech

Il SIGNORE degli eserciti ha un giorno contro tutto ciò che è orgoglioso e altero, e contro chiunque s’innalza, per abbassarlo.

Isaia 2:12

 

(Gesù ha detto:) “Se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”.

Matteo 18:3

 

High tech

 

“High tech”, o alta tecnologia, è un’espressione sovente utilizzata per qualificare la gamma di prodotti più progrediti. Le nostre società occidentali sono fiere di poter mostrare questi tesori dell’industria. Per inventare e costruire automobili, aerei, treni e tutti quegli strumenti che fanno parte della nostra vita e che ci sembrano indispensabili, ci sono volute immaginazione e intelligenza; eppure, basta poco per rendere questi mezzi inutilizzabili. Nel dicembre 2009 in Francia, e nel febbraio 2012 in Italia, anche i treni ad alta velocità non riuscirono a circolare semplicemente per la neve e il gelo! Nell’aprile 2010, tutti gli aerei di gran parte dell’Europa rimasero a terra per la nube di cenere di un vulcano islandese!

Questi esempi dovrebbero farci riflettere. L’ingegnosità dell’uomo ci spinge spesso all’orgoglio, mentre la fragilità di ciò che creiamo dovrebbe mantenerci nell’umiltà. Oggi, Dio avverte che l’orgoglio è una trappola che fa perdere all’uomo il suo posto di creatura limitata e dipendente, e lo porta a credere di poter fare a meno del suo Creatore. Poniamoci di fronte a Dio, con la fiducia e la dipendenza di un bambino nei confronti dei suoi genitori. Ma il Dio onnipotente non è solo il Creatore; Egli è anche il Salvatore, e vuol essere il nostro Padre dandoci la posizione di Suoi figli, per mezzo della fede.