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giovedì 31 luglio 2014

31 Luglio

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.
Giovanni 3:16

Da questo abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli.
1 Giovanni 3:16

Un errore diretto da Dio

Siamo nel 1979. Viktor Kilmenko, cantante finlandese di origine russa, si era convertito da poco alla fede cristiana. Non volendo più cantare le sue canzoni leggere e spesso immorali, rinuncia a tutti i contratti con la televisione e i locali di divertimento. Ma come fare per vivere, lui e i suoi? Così supplica il Signore perché gli apra una strada.
Una notte, dopo aver pregato per tanto tempo, Viktor vede un libretto sul tavolino da notte della sua camera d'albergo. Lo apre e nota sulla prima pagina i riferimenti d'un versetto biblico. Cerca questo versetto nella Bibbia e legge: "Noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli". È il Signore che gli parla. Comprende allora la chiamata di Dio, deve avere il coraggio di andare in Unione Sovietica a parlare di Dio ai suoi parenti.
L'indomani, quando si sveglia, Viktor si propone di rileggere il versetto che l'ha coinvolto. Dov'era quel passo? Lo cerca nella Bibbia. Ma non trova lo stesso testo: ieri si trattava di dare la vita per i fratelli, e ora il testo parla dell'amore di Dio che ha dato il suo Figlio per il mondo. Dopo molte verifiche, Viktor capisce di aver sbagliato: ha confuso l'evangelo di Giovanni con la prima epistola di Giovanni! Ma tramite questo errore, Dio gli ha parlato. Così, rispondendo alla chiamata del Signore, Viktor subito si dedicò all'annunzio dell'evangelo sulle onde radio, in favore di quelli che non avevano la libertà religiosa. 

La bontà del Padre – Matteo 7:7/12

·         Chiedete e vi sarà dato.
Il Signore ritorna sui sentimenti di fiducia che i figli devono avere nei confronti del loro Padre celeste (cfr 6:25/34) ed insegna che per ricevere bisogna chiedere. La preghiera è la base della vita cristiana e siamo chiamati a chiedere con fede, precisione e perseveranza.

·         Cercate e troverete.
Ciò che l’uomo cerca è ben diverso da ciò che cerca il credente. Il credente è chiamato a ricercare ”prima il regno di Dio e la giustizia” (Matteo 6:33). Se ci incamminiamo in questa ricerca, troveremo sicuramente la strada che ci porterà alla meta.

·         Bussate e vi sarà aperto.
La porta del Padre non è mai chiusa per i figli, occorre solo bussare per entrare. La preghiera conduce alla comunione ed a chi domanda cose intelligenti viene risposto (Giovanni 15:7). Il Padre potrà provare la fede con la pazienza ma, al momento opportuno, “darà cose buone a quelli che gliele chiedono” (11).

·         Cose buone.
L’esempio dato è quello di un padre di famiglia per dimostrare che anche gli uomini malvagi (11) sono disposti a rispondere ai bisogni dei loro figli e non darebbero loro delle cose inutili, come una pietra (9), o pericolose come un serpente (10).
I genitori cristiani non dimentichino mai di chiedere le cose buone al Padre per se stessi e per i loro figli. E non solo le cose materiali, ma anche quelle spirituali per nutrire l’anima, perché “non di pane soltanto vivrà l’uomo” (Matteo 4:4).

·         Verso gli altri.
Siamo invitati a comportarci verso gli altri come il Padre agisce con noi. Saremo capaci di farlo solo nella misura in cui la nostra vita dipenderà interamente da una preziosa comunione col Padre attraverso la preghiera e la lettura della Parola.



D.C.

mercoledì 30 luglio 2014

30 Luglio

Grandi sono le opere dell'Eterno, e contemplate da chi le ama. Le sue opere sono splendide e magnifiche.
Zaccaria 9:17

(I figli di Core cantavano profeticamente riguardo a Cristo:) "Tu sei bello, più bello di tutti i figli degli uomini; le tue parole sono piene di grazia".
Salmo 45:2

Bellezza fisica e bellezza morale

"È magnifico!". Queste parole ci escono spontanee dalle labbra davanti a un bel tramonto, a un paesaggio di montagne maestose o contemplando le onde dell'oceano. Siamo profondamente sensibili alla bellezza, che fa sgorgare nel credente una lode spontanea verso il nostro grande Dio creatore. Una lode per la sua potenza e la sua grandezza, e anche una riconoscenza per la sua bontà. Egli ha voluto che vivessimo in mezzo a una natura bella, varia, vivente.
"È bellissimo!" Queste parole ci vengono ancora sulle labbra quando siamo testimoni di un'azione particolarmente generosa, disinteressata, o coraggiosa. Perché esiste anche una bellezza morale che suscita meraviglia. La bontà, la rettitudine, la dedizione, la generosità, tutte queste virtù sono come tanti colori che compongono un quadro armonioso e delicato.
Una tale bellezza morale è stata rivelata al massimo livello quando Gesù Cristo ha camminato sulla terra. "Egli ha fatto ogni cosa bene" (Marco 7:37), si diceva di lui. Mostrava un equilibrio perfetto e un amore instancabile. Sapeva parlare agli umili, sapeva rispondere alle persone importanti. Era nello stesso tempo dolce e forte.
Oggi ancora possiamo contemplare il Signore leggendo gli evangeli, e questo è importante! Infatti, essere cristiani significa ammirare Gesù, discernere in lui il Figlio di Dio, e credere in lui. Credere che la sua opera sulla croce è sufficiente per salvarci, credere alle sue parole che procurano la vita, confidarsi completamente in lui e camminare sulle sue orme.

La condotta verso gli altri - Matteo 7:1/6

·         Non giudicate (1/2).
La tendenza a giudicare gli altri è tipica del cuore umano. La Parola dà un grande spazio a questo soggetto e ci invita a giudicare “secondo giustizia” (Giovanni 7:24).
Non possiamo fare a meno di prendere atto delle azioni degli uomini e giudicare il bene ed il male, ma dobbiamo fare attenzione a giudicare i motivi che fanno agire i nostri fratelli.
Noi possiamo giudicare “i sentimenti e i pensieri” del nostro cuore alla luce della Parola (Ebrei 4:12) ma “i pensieri dei cuori” dei nostri fratelli saranno manifestati dal Signore stesso in un tempo futuro (1 Corinzi 4:5).


·         Nell’occhio del fratello (3/5).
La pagliuzza è un corpo estraneo, minuscolo, che può essere vista solo con un’attenta osservazione. Questo è spiare il fratello e ciò porta spesso ad un’azione pungente ammantata di carità: “fratello permetti di aiutarti …” senza essersi prima esaminati alla luce divina.
Facciamo grande attenzione a questo insegnamento: se siamo portati a giudicare gli altri e, spesso, senza sapere i reali motivi dei fatti, rischiamo di non discernere bene i nostri propri difetti. Ma nella misura in cui ci giudicheremo davanti a Dio in modo schietto e senza scrupoli, saremo meno disposti a vedere il male nei nostri fratelli.
L’ipocrisia (5) nasconde agli altri la nostra colpevolezza, ma finisce anche per nascondere la nostra.

·         Preservare ciò che è santo (6).
Gli uomini sono spesso insensibili al bene e moralmente riprovevoli e non è sempre conveniente mettere alla loro portata le cose sante che potrebbero finire per profanare, tuttavia, noi possiamo sempre cogliere ogni “occasione favorevole” per predicare loro la Parola (2 Timoteo 4:2).

  

D.C.

martedì 29 luglio 2014

29 Luglio

E ora, o Signore, che aspetto? La mia speranza è in te.
Salmo 39:7

Eccolo ora il giorno della salvezza!
2 Corinzi 6:2

Che cosa aspetto?

Aspettare qualcosa che si desidera o che ci è promesso richiede pazienza. E se abbiamo davanti un evento che ci preoccupa, la nostra attesa diventa apprensione. "Che aspetto?" si chiede l'autore del Salmo 39. In realtà, che cosa aspettiamo, voi ed io, nel corso della nostra vita? Che cosa si aspetta la gioventù, l'uomo maturo o la persona anziana? Che cosa si aspetta il malato, il detenuto, il profugo? Dobbiamo riflettere con attenzione.
Ciò che aspetto non dipende sempre dagli altri. Non è forse vero che spesso sono io stesso responsabile di ciò che mi capita? Se aspetto la guarigione senza lasciarmi curare, se pretendo l'amore degli altri, senza meritarlo, o se aspetto un miglioramento dei miei introiti senza voler lavorare, non devo stupirmi se poi non ottengo quello che aspetto. 
Inoltre, non bisogna lasciar passare il momento in cui la risposta è a portata di mano. Se aspettiamo ancora, non ci resterà più tempo per impegnarci a servire il prossimo e amare Dio; ma soprattutto non avremo più tempo per credere e per essere salvati.
Qualcuno dirà: Io non ho ancora la fede, aspetto che mi sia donata. Ma questo dipende solo da te, lettore, perché l'opera della salvezza è stata compiuta da duemila anni e il suo valore è sempre il medesimo, per te e per me, oggi. Dio ha accettato quest'opera del Signore Gesù; manca soltanto l'accettazione da parte tua. Nessuno può credere al tuo posto.

La festa delle Capanne – Giovanni 7:1/13


Questa era l’ultima delle sette feste del calendario ebraico e con la Pasqua e la Pentecoste aveva un carattere obbligatorio (De16:16). Questa festa prefigura lo stabilimento futuro del regno di Cristo e la benedizione finale d’Israele; per questo il popolo avrebbe dovuto darsi interamente alla gioia (Deuteronomio 16:15).
Ma dov’è la gioia in questo capitolo? Solo l’accettazione delle parole che il Signore pronuncerà l’ultimo giorno della festa (37) potranno procurarla. Anche questa festa, come la Pasqua (2:13), è definita una “festa dei Giudei” (2) perché esse avevano perso il loro vero carattere.

·         L’incredulità dei fratelli del Signore,
è apertamente dichiarata (5). Occorrerà tutto il dramma della croce, ed un opera potente della grazia per cambiare il loro cuore. Tutto sarà diverso dopo l’ascensione del Signore  (Atti 1:14).

Tutto questo non è un solenne avvertimento per noi? Potremmo essere vissuti in un ambiente cristiano favorevole ma aver perso di vista, se non essere totalmente estranei, alla grazia di Dio.
Solo la fede che riceve la verità se ne appropria ed agisce di conseguenza per piacere a Dio (Ebrei 11:6).

·         Il mio tempo” (6)
Questo tempo di cui parla il Signore è quello in cui stabilirà il Suo regno di giustizia quando apparirà         (2 Tessalonicesi 1:10) in gloria.
Quel momento è ancora futuro ed anche il credente non può ricevere la gloria da un mondo che ha rigettato Cristo. Per Cristo e per coloro che desiderano seguirLo, il tempo attuale non è quello degli onori ma dell’obbrobrio.
Il Signore non si assocerà ai Suoi fratelli nell’andare alla festa (8), resterà  ancora un po’ in Galilea (9), poi vi andrà col solo scopo di presentare un messaggio di salvezza per tutti coloro che hanno sete (37).

·         A Gerusalemme, ma in segreto (10)
Se il Signore non fosse salito a Gerusalemme per la festa avrebbe trasgredito la legge (De 16:16) perciò vi sale in segreto ma non per timore di essere perseguitato, come sicuramente sarebbe stato (1), o per ricevere gli onori come avrebbero voluto i fratelli (3), ma per obbedire e servire il Padre e dare al popolo quella gioia che il rituale di otto giorni di festa (Levitico 23:33/36) non avrebbero portato. I Giudei Lo cercano (11) e non certo per amore, parlano di Lui in modo contraddittorio (12) ma con la paura di farlo apertamente (13).
Così facendo la folla dimostra i tratti caratteristici di un vero servitore: “nella gloria e nell’umiliazione, nella buona e nella cattiva fama” (2 Corinzi 6:8).


D.C.

lunedì 28 luglio 2014

28 Luglio

Queste cose avvennero loro per servire da esempio, e sono state scritte per ammonire noi.
1 Corinzi 10:11

Tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza.
Romani 15:4

L'Antico Testamento è superato?

Siamo alla fiera di Genova, allo stand della Bibbia. Un giovane si avvicina e chiede un "Nuovo Testamento" precisando che non vuole comprare la Bibbia completa perché l'Antico Testamento è superato. Superato? Veramente?
Certo, l'Antico Testamento può sorprendere, perché molte sue pagine sono state scritte da più di tremila anni. Ma Gesù stesso ci ha insegnato come leggerlo. Quando due suoi discepoli, scoraggiati, se ne andavano al villaggio di Emmaus, li confortò mostrando loro che l'Antico Testamento parlava già di lui.
La Bibbia, pur essendo composta da parecchi libri raggruppati in due "testamenti", forma però un tutto unico che ha come argomento Gesù Cristo. Nell'Antico Testamento Egli ci è presentato in maniera velata, attraverso dei personaggi (Isacco, Giuseppe, Davide) e alcuni ordinamenti del culto: il santuario e i suoi utensili, i diversi sacrifici e le feste, ecc.
Nel Nuovo Testamento, queste figure prendono il loro vero significato quando vediamo Gesù nella sua umiltà, la sua opera redentrice alla croce e il suo glorioso ritorno. Così il Nuovo Testamento ci rivela, nella sua pienezza, la dimensione spirituale dell'Antico e dà la conclusione.
"Investigate le Scritture!" (Giovanni 5:39). Quest'invito fatto dal Signore Gesù concerneva allora proprio l'Antico Testamento, perché il Nuovo non era ancora stato redatto. Chiediamo a Dio di aprirci gli occhi per scoprire le meraviglie della sua Parola (Salmo 119:18).

Le promesse e la fede.

di A. Apicella

"Fedele è Colui che ha fatto le promesse"
Dio è fedele. Se fa delle promesse le mantiene. Non si pente d'averle fatte. Ed è anche puntuale perché è scritto che "non ritarda l'adempimento delle sue promesse" (2 Pietro 3:9). Dio non manca di parola, come facciamo noi. Abramo lo sapeva bene, tanto che era pienamente convinto che quanto Egli aveva promesso era "anche in grado di compierlo" (Romani 4:21). Anche Sara, sua moglie, ritenne "fedele Colui che aveva fatto le promesse" (Ebrei  11:11). Se Ebrei 10:23 ci incoraggia a mantenere ferma la confessione della nostra speranza "senza vacillare" è perché "fedele è Colui che ha fatto le promesse". 
"Dio non può mentire", ricorda Paolo a Tito (1:1).

E' necessaria la fede
Ma per godere dell'adempimento delle promesse è necessaria la fede. "Per fede... ottennero l'adempimento di promesse" (Ebrei 11:33) siano queste a scadenza immediata o futura. 
Solo il credente può appropriarsi di tutte le promesse di Dio, e sul loro insieme fonda la sua speranza. Solo lui ne può godere Se Abramo contava sulle promesse divine è perché "credette a Dio che fa rivivere i morti e chiama all'esistenza le cose che non sono"; e in questa fede non è venuto meno (Romani 4:19); anzi, "fu fortificato nella sua fede e diede gloria a Dio" (v. 20). Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Innumerevoli sono i personaggi sia dell'Antico che del Nuovo Testamento i quali, grazie alla loro fiducia in Dio, hanno visto adempiersi promesse preziose.  Così è per chiunque crede, non solo per gli eroi e i campioni della fede, ma anche per i credenti umili e semplici che non spiccano per imprese straordinarie e memorabili. 

Promesse per oggi
Dio ha fatto a noi suoi figli, divenuti tali per la fede in Cristo, delle promesse meravigliose, per il presente e per l'avvenire. Ha promesso la libertà e la vittoria sul mondo, promette aiuto e consolazione nelle prove, forza e coraggio nella testimonianza, pace interiore e riposo dell'anima. Il loro puntuale adempimento ci dà sicurezza, rallegra i nostri cuori, fortifica la nostra fede. 

Promesse per il futuro
Altre promesse invece sono per un tempo futuro, e anche quelle si adempiranno puntualmente; ma per fede già ne godiamo, come anticipandone la realizzazione, poiché "la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono" (Ebrei  1:1). Il fatto che Dio la comunichi la salvezza a chi crede è la realizzazione di una promessa fatta "prima di tutti i secoli da Dio, che non può mentire" (Tito 1:2). Noi credenti già la possediamo per fede, ma il suo reale e pieno compimento è futuro, e avverrà quando entreremo nel cielo, dopo che il nostro corpo mortale "avrà rivestito immortalità" (1 Corinzi 15:54). Per questo è anche scritto: "Siamo stati salvati in speranza... ma se speriamo ciò che non vediamo, noi l'aspettiamo con pazienza" (Rom. 8:25). In questo senso, quindi, la salvezza che ogni credente ha dal momento della conversione, fa pure parte delle promesse future.
Abbiamo poi la promessa del ritorno di Cristo ("Tornerò e vi accoglierò presso di me"), dell'eredità celeste ("Affinché i chiamati ricevano l'eterna eredità promessa", Ebrei 9:15), del regno ("Eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano", Giacomo 2:5), delle corone ("Riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso a coloro che lo amano", Giacomo 1:12), dei nuovi cieli e della nuova terra ("Secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra", 2 Pietro 3:13).
Molti uomini e donne di fede dell'Antico Testamento sono morti "senza ricevere le cose promesse, ma le hanno vedute e salutate da lontano, confessando di essere stranieri e pellegrini sulla terra" (Ebrei 11:13).
Alle promesse di beni futuri è collegata la pazienza, la costanza. "Avete bisogno di costanza affinché, fatta la volontà di Dio, otteniate quello che vi è stato promesso" (Ebrei 10:36). "Siate imitatori di quelli che per fede e pazienza, ereditano le promesse" (Ebrei 6:12). 
Ma c'è un principio importante da tener sempre presente: se Dio può fare delle promesse a noi, esseri umani, è solo grazie a Cristo, alla sua opera di riconciliazione e di intercessione, al suo sacrificio che ha consentito a Dio di perdonare i peccati di quelli che hanno la fede. "Infatti tutte le promesse di Dio hanno il loro "sì" in Lui" (2 Corinzi 1:20).

domenica 27 luglio 2014

27 Luglio

Il Signore è veramente risorto.
Luca 24:34

(Pietro disse ai Giudei:) "Voi rinnegaste il Santo, il Giusto… e uccideste il Principe della vita, che Dio ha risuscitato dai morti. Di questo noi siamo testimoni".
Atti 3:14-15

Una risurrezione trionfante

Gesù aveva detto più volte ai suoi discepoli: “Bisogna che il Figlio dell’uomo soffra molte cose e… sia ucciso, e risusciti il terzo giorno” (Luca 9:22; 18:33); e così avvenne. Ma essi restavano scettici, domandandosi addirittura cosa volesse dire. 
Tuttavia non mancavano degli esempi di risurrezione. Già nell’Antico Testamento, alcuni uomini di Dio – Elia (1 Re 17:21-23), Eliseo (2 Re 4:35) – avevano riportato in vita dei morti. Gesù stesso per tre volte aveva ridato la vita sotto gli occhi dei suoi discepoli: alla figlia di Iairo (Matteo 9:25), al figlio della vedova di Nain (Luca 7:15), infine a Lazzaro, fratello di Marta e Maria (Giovanni 11:44). 
La risurrezione è un fatto accertato. Riguardo a quella di Gesù, la Scrittura ci fornisce delle precisazioni per mezzo di testimoni degni di fede. I capi del popolo Giudeo, temendo che accadesse un tale evento, sigillarono la pietra del sepolcro e vi misero la guardia (Matteo 27:66). Ma la potenza di Dio prevalse: “Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre” (Romani 6:4), “apparve a più di cinquecento fratelli in una volta” (1 Corinzi 15:6); e il Signore Gesù stesso dichiara: “Ero morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli” (Apocalisse 1:18). 
Prima di risuscitare Lazzaro, aveva dichiarato: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Giovanni 11:25). Il credente sa che, se passa per la morte, il Signore lo risusciterà ben presto per averlo per sempre con sé!

Io ti passai accanto - Ezechiele 16

C'è un neonato abbandonato in terra, in aperta campagna. E' una femmina. L'hanno gettata lì subito dopo la nascita. Non l'hanno lavata né fasciata. Si dibatte nel sangue.
Ma qualcuno le passa accanto. Sa che morirebbe senza il suo intervento e le parla. Le dice "Vivi! tu che sei nel sangue". Glielo ripete ancora: "Vivi!". Le fa delle promesse straordinarie. Quel piccolo essere indifeso, destinato a morire, abbandonato da tutti, sarebbe vissuto, sarebbe venuto su come "il germoglio dei campi" che, miracolo della natura, si moltiplica e si moltiplica, fino a produrre innumerevoli pianticelle. 
Così descrive il profeta Ezechiele (16:4-6) la chiamata di Abramo. Sembra incredibile, ma lo Spirito usa proprio questa sconcertante e, per certi versi, macabra raffigurazione, per mettere a fuoco alcune fondamentali verità. 
Quel neonato che si dibatte nel sangue qui raffigura Abramo, ma il suo stato è anche quello di ogni essere umano lontano da Dio a motivo del peccato, schiavo di Satana. Nessuno può aiutarlo. Morirà certamente. E' nato per vivere, ma la vita gli sfugge. Come Adamo che aveva ricevuto il soffio di vita dal Creatore, ma che, per disubbidienza, ha dovuto sentirsi dire "Certamente morirai" (Genesi 2:17).
Ma c'è un Dio che ama la sua creatura. Non è un Dio lontano (Atti 17:27). Si trova lì, al momento giusto, come al capezzale di un morente, per prendersene cura e garantirgli la vita. "Io ti passai accanto, vidi che ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi! tu che sei nel sangue! Ti ripetei: Vivi!" (v. 6).
"Vivi!". Chi può dare quest'ordine se non Lui? Chi può pronunciare queste parole in un mondo dove regna la morte, e ad una creatura che ha perso ogni diritto alla vita?
Il neonato "si dibatte". Si direbbe che abbia voglia di vivere ad ogni costo. Tenta di uscire da quella tragica situazione, ma non ne è in grado, perché non sa come fare e non può fare nulla.
Così l'Eterno ha trovato Abramo. In una città idolatra, in una famiglia idolatra (Giosué 24:2). Quando l'Israelita, entrato nel paese promesso, si presentava davanti a Dio per offrirgli le primizie dei frutti, doveva pronunciare un breve discorso che così iniziava: "Mio padre (Abramo) era un Arameo sul punto di morire (alcuni traducono errante)" (Deuteronomio 26:5). Lo stesso cap. 16 di Ezechiele così incomincia: "Per la tua origine e per la tua nascita sei del paese del Cananeo " (v. 3).
Ma a quest'uomo, Dio ha promesso la vita; e non soltanto per sé. Una discendenza numerosa "come le stelle del cielo" e "la sabbia del mare" è la vita che si moltiplica e si perpetua nei secoli. 
La neonata cresce. Diventa bambina poi ragazza. Si sviluppa, giunge al colmo della bellezza (v. 7), ma è "nuda e scoperta". E di nuovo ricorre questa frase: "Io ti passai accanto" (v. 8). Qui c'è la formazione del popolo d'Israele. Alla fine dei quattro secoli di soggiorno in Egitto, i discendenti di Giacobbe erano numerosissimi. Ma erano schiavi. La conoscenza del Dio di Abramo era molto limitata. Non avevano altare per offrire sacrifici.  Nelle case di molti di loro c'erano degl'idoli. Ma li chiama "mio popolo". "Ho visto, ho visto l'afflizione del mio popolo che è in Egitto, ho udito il suo grido... conosco i suoi affanni. Sono sceso per liberarlo" (Esodo 3:7-8). E' l'Eterno colui che passa accanto a quella fanciulla, copre la sua nudità e la sua vergogna, la lava, la unge con olio, la ama. L'adorna di gioielli e di vesti di seta. L'amore di Dio per il suo popolo è ampiamente descritto nella Parola. "Io ti amo di un amore eterno - fa dire da Geremia - perciò ti prolungo la mia bontà" (31:3). Ma con altrettanta frequenza ricorrono espressioni commoventi e severe, di sconforto e di delusione, e anche parole minacciose per la sua infedeltà e la sua ribellione. "Tu ti prostituisti... prendesti pure i tuoi bei gioielli fatti del mio oro, e ti facesti delle immagini d'uomo... Prendesti quelle vesti ricamate e ne ricopristi quelle immagini..." (v. 15-34).
Da quando il profeta scrisse queste parole, passarono molti secoli. Ed ecco che il Signore Gesù ripropone, in parabola, la situazione disperata del suo popolo e dell'uomo in generale, e la grazia infinita di Dio che lo vuole salvare. "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e s'imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono, poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto" (Luca 10:30-35). Di nuovo lo stesso tragico quadro. Di nuovo sangue e prospettiva di morte.  E di nuovo Dio che si presenta, perché il Samaritano della parabola è certamente il Signore che viene in casa sua, in un popolo oppresso, per liberarlo, ma col progetto ben più esteso di portare la salvezza a tutti gli uomini. "Un Samaritano, passandogli accanto, lo vide e ne ebbe pietà; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe".
Chi osa dire che Dio non s'interessa della sua creatura? o che è un Dio lontano, indifferente alla sua disperata situazione? Cristo è venuto, animato da un infinito amore, quello stesso che il Padre aveva per il suo antico popolo. E' sceso in terra, è passato accanto a un'umanità morente, si è chinato sulle sue piaghe. E' venuto per dirci "Vivi!". E' morto e risuscitato perché i credenti avessero la vita e l'avessero "in abbondanza" (Giovanni 10:10).
Ci può essere amore più grande? E ci può essere affronto più grave di quello di ignorare deliberatamente un tale amore? Per questo peccato, il popolo d'Israele ha pagato un gravissimo prezzo e ancora lo sta pagando. E così sarà fino al suo pentimento e alla sua conversione. E per non aver tenuto conto di Dio e delle sue rivelazioni l'umanità intera, compresa la cristianità fatta di falsi credenti, subirà fra non molto un tremendo castigo. Ma quelli che sono scampati alla morte, che hanno accettato di farsi curare le piaghe dal Dio d'amore, vivranno. Vivranno per sempre, con Lui!

sabato 26 luglio 2014

26 Luglio

Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio". Detto questo, spirò.
Luca 23:46

Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita per riprenderla poi.
Giovanni 10:17

"Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio" (VII)

Quest’ultima frase di Gesù sulla croce rievoca tutta l’intimità dell’amore e della comunione fra Gesù e suo Padre. Come aveva detto prima delle tre ore di tenebre, Gesù ripete: “Padre”. L’espiazione è compiuta, la questione dei nostri peccati è regolata. 
Perfettamente in pace, pienamente cosciente, Gesù sta per deporre la sua vita, sta per donarla. Dopo aver chinato il capo, egli rimette il suo spirito nelle mani del Padre. È l’atto finale del suo sacrificio volontario. Egli stesso ha separato il suo spirito dal corpo e l’ha rimesso a Dio suo Padre.
Più volte il Nuovo Testamento ci riporta che Gesù ha dato se stesso (Galati 2:20; Efesini 5:2,25; Tito 2:14). Tutte queste espressioni fanno brillare la grandezza e l’amore di colui che dava la sua vita. Nessuno aveva il potere di prendergliela (Giovanni 10:18), ma egli l’ha offerta affinché noi potessimo ricevere una nuova vita, spirituale, affidandoci a lui. 
Il Signore Gesù affronta la morte tranquillamente, come vincitore, sapendo che Dio risusciterà il suo corpo (Atti 2:27). Per mezzo della sua morte egli ha distrutto la potenza del diavolo che ci spaventava (Ebrei 2:14). La settima frase annuncia il riposo della nuova creazione. Il peccato e il male sono vinti alla croce e la creazione è liberata e restaurata. Così come il settimo giorno della creazione è stato il giorno del riposo e della soddisfazione del Creatore, così la settima frase introduce il Signore nel luogo di riposo: le mani del Padre. 
Imitando Gesù, davanti alla morte anche noi possiamo affidarci con tranquillità nelle mani del nostro Dio e Padre.

Le nozze di Cana – Giovanni 2:1/12

·         Gli invitati
La festa di nozze è uno dei più bei giorni della vita. Tutto viene ben organizzato nei minimi dettagli allo scopo di fare una bella figura durante la festa. Si invitano i parenti, le persone care, gli amici, perché si desidera che la gioia di questo giorno sia condivisa da tutti coloro per i quali nutriamo un affetto.
Di Maria, la madre di Gesù, è detto che era là (2), ma il Signore ed i Suoi discepoli furono espressamente invitati (3).
È evidente che gli sposi avevano piacere di avere il Signore a questa festa, perché potesse condividere con loro la gioia di questo momento particolare.
G  Ci sono dei momenti, nella nostra vita di particolare gioia, che condividiamo col Signore?

·         La mancanza di vino
Il vino, nella Parola di Dio, è simbolo della gioia (Giudici 9:13) e, forse, non a caso fra le tante cose che potevano venire a mancare in queste nozze è proprio questo elemento che viene a mancare.
Forse si erano invitate troppe persone, forse se ne era preparato poco, rimane il fatto che adesso c’è un problema e deve essere  risolto.
G  Quante volte nella vita sorgono inaspettati dei problemi di cui non sappiamo comprendere il perché. Che fare allora?

·         Un occhio attento ai bisogni
Maria, come un supervisore della festa, si rende conto che il vino è finito, presto il problema verrà fuori. Qualcuno dovrà affrontare le sue responsabilità, la gioia degli sposi sarà turbata, tutto si guasterà, niente sarà come prima!
Maria sa che il Signore è presente e sa che Lui può intervenire. Allora va direttamente da Lui.

·         Presentare i bisogni ed esortare
Non è facile saper presentare i bisogni al Signore senza prospettarGli quelle soluzioni che crediamo risponderebbero alle nostre esigenze.
Maria, qui, è un bell’esempio. Ella va dal Signore e gli dice semplicemente: “non hanno più vino” (3). La sola e semplice esposizione del problema è di per sé una dimostrazione di fede. Bisogna lasciarsi andare alla Sua volontà sovrana che ogni cosa può e dispone per il bene dei riscattati.
Il Signore le ha fatto capire che può intervenire e che lo farà al momento opportuno (4). Va così dai servitori e li prepara. Li  esorta a quell’obbedienza che permetterà ai presenti di ricevere tutte quelle benedizioni, rappresentate dall’acqua mutata in vino con piena gioia di tutti.
G  Ringraziamo il Signore per quei fratelli che vegliano su di noi, intuiscono i nostri bisogni e intervengono con la preghiera presso il Signore!


                D.C.

venerdì 25 luglio 2014

25 Luglio

Quando Gesù ebbe preso l’aceto, disse: "È compiuto!" E, chinato il capo, rese lo spirito.
Giovanni 19:30

Gesù, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio… Infatti con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati.
Ebrei 10:12,14

"È compiuto!" (VI)

Le tre ore di tenebre sono terminate. Gesù beve l’aceto, adempiendo anche in questo particolare (Salmo 69:21) tante profezie che erano state scritte a suo riguardo; e allora esclama: “È compiuto”. La sua missione sulla terra è portata a termine. Quand'era venuto aveva potuto dire: “Ecco, vengo per fare, o Dio, la tua volontà” (Ebrei 10:7). Ora egli ha completato ciò che il Padre gli aveva dato da fare (Giovanni 17:4). 
Gesù ha perfettamente glorificato Dio. Ogni credente può dire: il Figlio di Dio “mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Galati 2:20). Tutto scaturisce dalla croce: la salvezza di ogni credente, la formazione della Chiesa, l’accesso al Padre, l'instaurazione di "nuovi cieli e di una nuova terra nei quali abiti la giustizia” (2 Pietro 3:13)… tutto si basasulla morte di Gesù. 
Questa sesta frase è come la firma che Cristo pone sul testo che fa la relazione di ciò che egli ha compiuto. Nel testo originale la parola è una sola: “Teletestai”. Si sono ritrovati dei papiri dove compaiono delle fatture con la parola “Teletestai” scritta di traverso, per indicare che la fattura era stata pagata interamente. 
L’opera del Signore Gesù alla croce è perfetta e completa. “Niente c’è da aggiungervi, niente da togliervi” (Ecclesiaste 3:14). La nostra fiducia sulla salvezza eterna non può riposare né sulle nostre azioni, né sui nostri meriti, né su ciò che scaturisce da noi stessi, ma semplicemente sul sacrificio di Gesù Cristo, perfetto, completo, accettato da Dio.
Mentre le religioni umane dicono: “Fate”, Gesù proclama al mondo intero: “È compiuto!”.

Matrimonio & famiglia cristiana (Marriage & Christian family)

Per ascoltare i brani utilizza i seguenti link:

Studio Pesaro 12-13 Luglio 2014

Files audio (Eng. - Ita.)

1° Incontro parte A - Link

1° Incontro parte B - Link

2° Incontro - Link

3° incontro - Link

La chiesa di Antiochia – Atti 11:19/30

Antiochia era, all’epoca, considerata “la terza capitale dell’impero romano”.
Là l’evangelo viene predicato da credenti che fuggivano dalla persecuzione (19) ma che non esitavano a testimoniare la loro fede. Alcuni solo ai giudei (19), altri, originari di Cipro e Cirene, più aperti alle relazioni con i pagani, non esitarono a parlare con dei greci “portando il lieto messaggio del Signore” (20). Dio, per l’azione dello Spirito, agisce in modo che si formi un nuovo centro indipendente dalla presenza apostolica e lo fa attraverso semplici credenti perseguitati.

·         Formazione di un’assemblea locale
Leggendo passi come questo non possiamo fare a meno di notare come la grazia di Dio operi per abbattere le barriere sociali e culturali e quali siano i meravigliosi risultati della semplice predicazione dell’evangelo.
La formazione di questa chiesa locale ha inizio con la persecuzione verso i credenti, ma è il frutto della loro fedeltà e del loro amore per le anime.
Il Signore non tarda a benedire questi pionieri e la semplicità della loro predicazione fa sì che “la mano del Signore era con loro” e furono molti coloro che si convertirono al Signore (21).

·         Barnaba ad Antiochia
Anche questa notizia arriva a Gerusalemme (22), ma è troppo recente l’esperienza fatta con Pietro per criticare quello che è accaduto senza aver raccolto prima tutte le informazioni necessarie.
Da Gerusalemme si manda, perciò, Barnaba a verificare la situazione. Barnaba accetta quest’incarico ed una volta giunto là non può che rallegrarsi constatando la grazia di Dio (23). Felice di ciò che constata li esorta ad attenersi al Signore con cuore risoluto. Ma il suo servizio per questi credenti non si fermerà qui. Cosciente del grande lavoro che c’è in questa chiesa locale prima cerca Saulo a Tarso (25) ed insieme a lui inizieranno un ministerio in questa chiesa che li porterà a rimanere un anno, per poi essere chiamati dallo Spirito ad una missione ancora più importante (Atti 13:2).

·         Una chiesa attiva
La chiesa di Antiochia comincia la sua crescita. Formata da semplici discepoli ed insegnata da apostoli (Barnaba e Saulo) è anche oggetto delle visite di alcuni profeti (27) le cui parole produrranno un amore fraterno non finto (Romani 12:10), che provvede alle necessità dei santi (Romani 12:13).

Cari santi, considerando la chiesa di Antiochia, come si è formata, come è cresciuta e tutta la sua attività descritta in questi versetti, ci stupiremo forse che fu lì che il mondo li chiamò per la prima volta “cristiani” (26)?


D.C.

giovedì 24 luglio 2014

24 Luglio

Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era già compiuta, affinché si adempisse la Scrittura, disse: "Ho sete". C’era lì un vaso pieno d’aceto; posta dunque una spugna, imbevuta d’aceto, in cima a un ramo d’issopo, l’accostarono alla sua bocca.
Giovanni 19:28-29

"Ho sete" (V)

Con la quinta frase sulla croce, dopo le tre ore di abbandono, Gesù chiede da bere. Le sue ferite, il suo combattimento morale, gli fanno soffrire una sete ardente. Ma non è solo per questo che dice: “Ho sete”. Sulla croce, come d’altronde durante tutta la sua vita, Gesù ha sempre fatto la volontà di Dio. Nonostante la sua intensa sofferenza egli grida: “Ho sete” perché la santa Scrittura aveva annunciato in anticipo: “Mi hanno dato da bere aceto per dissetarmi” (Salmo 69:21). 
Ma possiamo pensare che questa frase del Signore rivesta un’altra portata spirituale. Avendo compiuto l’opera, il Signore Gesù guarda oltre. La sete che sente rievoca il desiderio intenso della gioia della presenza di Dio: “O Dio… di te è assetata l’anima mia” (Salmo 63:1). La sua sete è un segno dell’imminenza del regno in cui gusterà ben presto la comunione completa di suo Padre e dei suoi. Egli ha detto: “Ho sete” per poter diventare la sorgente d’acqua viva per tutti coloro che confidano in lui. Egli offrirà al mondo l’acqua viva della salvezza (Giovanni 4:14).

La difesa di Pietro - Atti 11:1/18


Dal giorno della Pentecoste è la prima volta che Pietro incontra l’opposizione dei credenti Giudei. Per loro, colui che era alla testa degli apostoli aveva compromesso la testimonianza cristiana con un atteggiamento a dir poco rivoluzionario. Il loro atteggiamento è molto umano, ma il Signore agirà in modo da far comprendere a tutti che non vi è un limite alla grazia di Dio.

·         Pietro ripreso dai fratelli
Le novità vengono risapute molto velocemente e non sono mai accettate subito. La notizia che Pietro è andato in casa di Cornelio giunge a Gerusalemme prima di lui (2), ma chi aveva riportato la notizia non l’aveva riportata in modo conveniente e, certamente, non animato da un spirito buono, così è fonte di uno scandalo.
Facciamo attenzione, cari fratelli e sorelle, a non imitare tali persone ricordandoci che: “quando manca la legna, il fuoco si spegne; e quando non c’è maldicente cessano le contese” (Proverbi 26:20).
Pietro è preso da parte da fratelli animati da quegli stessi pregiudizi che lui stesso aveva manifestato alcuni giorni prima quando non aveva ancora capito   che il peso della tradizione non poteva prendere il posto delle parole del Signore, che aveva detto ai Suoi che “nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti” (Luca 24:47).

·         La difesa di Pietro
Anche un apostolo come Pietro deve rendere conto delle sue azioni. Egli comprende bene l’atteggiamento dei suoi fratelli; non aveva anche lui contestato più volte l’operato e le parole del Signore? Forte di queste esperienze, può comprenderli e rivolgersi a loro con pazienza ed umiltà (4) raccontando quello che lui ed altri sei fratelli (12) avevano fatto e visto (5/17).
Quando ci sono delle difficoltà in mezzo ai credenti la migliore attitudine è, certamente quella di esporre  ogni cosa senza lasciare nessun ombra.
La comunicazione e la testimonianza di più fratelli sono elementi essenziali per sgombrare il campo da ogni malinteso. La risposta tranquilla di Pietro ha calmato i fratelli (Proverbi   15:1) e Dio ha operato in modo da riconciliarlo con tutti (Proverbi  16:7).

·         Il risultato
La discussione cessa, riprenderà più tardi sotto un’altra forma (Atti 15). 
Per ora, a Gerusalemme, il risultato sorpassa le aspettative. I fratelli glorificano Dio (18) riconoscendo che Dio ha concesso il ravvedimento anche agli stranieri.

Quando Dio lavora nel cuore per la potenza dello Spirito, le situazioni apparentemente inestricabili trovano sempre una soluzione”.


                D.C.

mercoledì 23 luglio 2014

23 Luglio

Dall’ora sesta si fecero tenebre su tutto il paese, fino all’ora nona. E verso l’ora nona, Gesù gridò a gran voce: "Elì, Elì, lamà sabactanì?" cioè "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".
Matteo 27:45-46

"Perché mi hai abbandonato?" (IV)

Dobbiamo meditare questa quarta frase del Signore Gesù crocifisso con profondo rispetto. È una parola d’importanza capitale, di un'intensità che resta insondabile per noi. Dopo mezzogiorno, si fa buio a Gerusalemme. Tenebre sovrannaturali hanno ricoperto il paese. Non più scherni, non più ingiurie, gli uomini sono messi da parte. Dio sottrae il Figlio agli sguardi umani. Ciò che accade durante quei momenti non può essere capito da una creatura.
Nessuno potrà mai penetrare nello sconforto provato da Gesù nel corso di quelle tre ore di tenebre. Il nostro Salvatore restò in una solitudine totale, abbandonato dal suo Dio perché espiava i peccati di tutti coloro che avrebbero creduto in lui. Lui, il Figlio diletto del Padre, in quel momento era privato della presenza del suo Dio. Perché? Perché per amore egli si era identificato con noi peccatori. Egli ha preso su di sé la maledizione che noi meritavamo a causa dei nostri peccati. Ricordiamoci sempre della sofferenza di Gesù sulla croce. Senza le ore di espiazione, nessuno sarebbe potuto essere salvato. Il castigo delle nostre colpe sarebbe sempre davanti ai nostri occhi.
In quelle ore di abbandono, la santità di Dio splende: Dio condanna il proprio Figlio. Ma lo fa per amore, lo fa per salvare noi che invece non lo amavamo. Amore del Padre, amore del Figlio! Tema eterno di adorazione per noi credenti! È per voi e per me che egli è stato abbandonato da Dio sulla croce.

Una tomba vuota – Giovanni 20:1/10


Il momento della risurrezione del Signore non è stata visto da nessuno, “Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre” (Romani 6:4).
La tomba vuota dimostra la veridicità delle Scritture e di ciò che il Signore aveva detto, è la prova suprema della divinità di Cristo (Romani 1:4), è il fondamento assoluto della fede cristiana (1 Corinzi 15:14).

·         Maria Maddalena
In questo Evangelo, in particolare, viene messo in evidenza il comportamento di Maria Maddalena.
Al sepolcro Maria “vide la pietra tolta dal sepolcro” (1) e focalizzare lo sguardo su questo particolare la porterà ad interpretare ciò che ha visto secondo la logica umana: se il sepolcro è aperto, allora vuol dire che qualcuno ha tolto il corpo del Signore da lì anche se poi non saprà spiegare dove questo corpo è stato messo (2). Solo più tardi, un incontro personale col Signore cambierà il suo modo di vedere le cose e sarà latrice di un messaggio importante che riporterà fedelmente come le è stato dato (vrs 11/18).

·         Pietro e Giovanni
Pietro e Giovanni corrono insieme (4) al sepolcro, ciò che è stato loro detto deve essere verificato. Giovanni arriverà per primo sul luogo, ma non entrerà, forse per non contaminarsi (Nu 19:16), ma Pietro nella sua irruenza non esita ad entrare e ciò che vede (il termine greco usato: theorei, esprime il guardare attentamente) sono “le fasce per terra” (8) che dimostravano che il corpo era stato sciolto da esse (cfr. Giovanni   11:44), mentre “il sudario ripiegato” era in un luogo a parte. Tutto esprimeva una cosa fatta con calma e con ordine e non in fretta come avrebbero fatto dei profanatori di tombe che avessero voluto trafugare il corpo del morto.
Entrando nel sepolcro in due (8) viene stabilita una testimonianza secondo le Scritture (2 Corinzi 13:1). Giovanni ha visto, ha creduto, ma sono ancora legati al passato, la loro convinzione sulla risurrezione è ancora superficiale e se ne tornano a casa (12). Solo più tardi questa diventerà, progressivamente, una certezza.

Spesso anche noi, cari fratelli e sorelle, ci lasciamo trasportare da una prima impressione come Maria e rischiamo di usare la nostra logica al posto di comprendere ciò che Dio ci vuol dire. E quanto spesso, come Pietro,  Giovanni ed altri discepoli  siamo “lenti a credere” (cfr. Luca 24:25)!

·         Risuscitato!
Il Risuscitato non ha preso niente da questa terra, neppure i suoi vestiti mortuari. Egli ha portato nel cielo solo i segni della Sua crocifissione a testimonianza dell’opera compiuta!


D.C.

martedì 22 luglio 2014

22 Luglio

Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre... Gesù dunque, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: "Donna, ecco tuo figlio!" Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!" E da quel momento, il discepolo la prese in casa sua.
Giovanni 19:25-27

"Ecco tuo figlio… ecco tua madre!" (III)

Nella sua prima frase sulla croce, Gesù domanda il perdono per coloro che lo hanno crocifisso. Nella seconda, per la sua grazia, trasforma un omicida in uno dei suoi compagni nel cielo. Nella terza, affida teneramente sua madre al suo discepolo Giovanni. 
Come non essere toccati dall’affetto e dalle cure che Gesù, nonostante le sofferenze crescenti, ha dimostrato a sua madre? Che delicatezza in mezzo all’odio che lo circondava! Ma pure, che dignità! perché Gesù è "il Signore" di sua madre come del suo discepolo. Non è un morente che dipende dalla bontà dei suoi, ma un figlio amorevole che tiene conto dei futuri bisogni di sua madre. 
Gesù ha pronunciato questa terza frase prima di entrare nelle tre ore di tenebre dell’abbandono di Dio. Anche i legami terreni più legittimi, quelli di un figlio verso sua madre, dovevano essere spezzati. Gesù doveva entrare da solo nel luogo in cui Dio stava per giudicare il peccato del mondo. 
Sembra che Giovanni prenda subito Maria in casa sua e che la madre di Gesù non assista alla morte del figlio. In compagnia dei discepoli di Gesù ella troverà una dolce consolazione, dopo i tanti dolori che le erano stati predetti (Luca 2:35). La troveremo, dopo la risurrezione e l'ascensione del Signore, insieme al gruppo di credenti che, con agli apostoli, aspettavano in preghiera la venuta dello Spirito Santo, che li avrebbe uniti per formare il primo nucleo di quella che sarà la Chiesa del Signore (Atti 1:14).

Davanti a Pilato - Giovanni 18:28/40


·         Ritualismo ed ipocrisia
Il Signore era stato portato davanti alle autorità religiose che, anziché svolgere il loro ruolo davanti a Dio, si comportarono più da accusatori che da giudici, mettendo in atto ciò che avevano già deciso (Giovanni  11:53).
Nonostante stessero per compiere, consapevolmente, l’atto infame di consegnare un innocente ad essere condannato a morte, i capi sacerdoti e la classe religiosa rispettano scrupolosamente ogni forma rituale religioso rifiutandosi di entrare nel Pretorio e contaminarsi così in vista della Pasqua (28). Il ritualismo e l’ipocrisia sono i peggiori aspetti della religione!

·         Senza prove.
 Senza nessuna prova il Signore è davanti a Pilato. È lì per un ragionamento logico: “poiché è un malfattore” (30) è stato portato davanti a Pilato e “poiché è davanti a lui, deve essere condannato”. Pilato comprende che il prigioniero è innocente, ma ama più la sua reputazione davanti ai Giudei che lo detestato in quanto rappresentante del potere di Roma. Egli tenta anche di lasciarlo nelle loro mani (31), ma essi rifiutano quest’offerta accettando, così, il giogo dei romani. Essi mostrano così la loro volontà di “farlo morire” e non di “giudicarLo” e, così facendo, la volontà di Dio è compiuta, secondo la quale il Cristo doveva morire per crocifissione (Giovanni  12:37).

·         “Sei tu il re dei Giudei?”
A questa domanda il Signore risponde con un’altra domanda che ha per scopo di risvegliare la coscienza del suo interlocutore (34). Cosa voleva in realtà Pilato? Giudicare secondo convinzione personale o compiacere i Giudei e Roma? Si imponeva una scelta!

·         “Che hai fatto?”
È la stessa domanda che Dio ha fatto a Caino dopo che ebbe ucciso Abele (Genesi 4:10). Ma qui i ruoli sono completamente rovesciati ed il Signore continuerà fino alla fine della conversazione a spostare l’attenzione sulla natura della verità.

·         “Che cos’è verità?”
Per terminare una conversazione scottante, Pilato pone questa domanda ed esce senza attendere risposta da Colui che avrebbe potuto rispondere: “Io sono …la verità” (Giovanni   14:6), Lui che era venuto nel mondo per testimoniare “della verità” (37).
Essere: “della verità” (37) è qualcosa di più che essere onesti e sinceri o dire di conoscere la verità, è essere in uno stato che permette di amarla e metterla in pratica (1 Giovanni   3.18/19) è: essere da Dio (Giovanni   8:46/47).

·         Gesù o Barabba?
Tutto si compie con questa scelta. Il popolo sceglie “un ladrone” (38) al posto di Colui che era andato attorno facendo del bene (Matteo 4:23). Sceglie Barabba che significa: “figlio di suo padre” anziché Gesù, il “Figlio del Padre”.


D.C.

lunedì 21 luglio 2014

21 Luglio

Gesù gli disse: "Io ti dico in verità che oggi tu sarai con me in paradiso".
Luca 23:43

Ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio.
Filippesi 1:23

"Oggi tu sarai con me in paradiso" (II)

La seconda frase che Gesù pronuncia sulla croce è una promessa di salvezza fatta dal Giudice supremo ad un condannato. Non si tratta di un perdono temporaneo, ma della pace eterna; non la vita che continua sulla terra, ma il regno di Dio e la risurrezione per una nuova vita in cielo. 
All’inizio i due malfattori crocifissi con il Signore lo insultavano. In seguito uno dei due cambia atteggiamento. Egli riconosce la sua colpa e proclama l’innocenza di Gesù: “Noi… riceviamo la pena che ci meritiamo per le nostre azioni; ma questi non ha fatto nulla di male”. In quel momento cruciale, è l’unico a rendersi conto della perfezione di Gesù e a pregarlo: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. 
La risposta è immediata, la promessa è certa: “Oggi tu sarai con me in paradiso”. Nessuna fase transitoria, nessuna minaccia di giudizio. Il brigante condannato dagli uomini è assolto da Dio e ciò solo grazie al fatto che Gesù avrebbe espiato le sue colpe davanti a Dio. Egli riceve la certezza di una salvezza personale alla presenza del Salvatore stesso. Avvenire meraviglioso che condivideranno tutti coloro che si saranno affidati a Cristo!
Gesù è il Salvatore di vite rovinate. Non disperiamoci a causa del male che abbiamo commesso. Gesù è potente per salvare anche oggi. Egli ha conosciuto la più grande umiliazione, il più profondo abbassamento, la morte disonorevole della croce per farci conoscere l'amore di Dio suo Padre. Per l'eternità!

l’arresto del signore - Giovanni 18:1/11


Il Signore era venuto nel mondo per dare la Sua vita (Matteo 20:28) ed è pienamente cosciente che ciò che Lo attende è la morte mediante crocifissione (3:14 – 8:28).

·         Il giardino degli Ulivi
Uscito di casa dove ha celebrato la Pasqua con i discepoli si reca in un giardino chiamato Getsemani (che significa: “frantoio”) e nel quale si era spesso intrattenuto con loro (2). Giovanni tace su tutti i dettagli dell’agonia del Signore in questi ultimi momenti della Sua vita terrena, ma  non possiamo fare a meno di considerare il contrasto fra due giardini menzionati nella Parola: “il giardino di Eden” ed “il giardino degli Ulivi”.
Nel primo, Adamo, il primo uomo, disobbedisce a Dio e prende il frutto proibito, nel secondo,  con una perfetta e cosciente obbedienza, Gesù, il secondo uomo (1 Corinzi 15:47), accetta la coppa della prova suprema dalla mano del Padre (Matteo 26:36/46).

·         Chi cercate?
Giuda ha condotto la coorte e le guardie mandate dai capi sacerdoti e dai farisei (3) in quel giardino perché si procedesse all’arresto, ma è il Signore stesso che si fa loro incontro (4) e chiede: “chi cercate?”. Chi altri potevano cercare se non “Gesù in Nazareno”? È il solo nome col quale possono conoscerLo per identificarLo in questa circostanza: "il Nazareno" - che viene da Nazareth - sinonimo di disprezzo. Natanaele stesso chiede se da quella città può venire qualcosa di buono (1:46).
Il Signore va loro incontro con dignità e dice a coloro che Lo cercano “IO SONO”. Egli si pone a difesa dei Suoi discepoli (8) ed allo stesso tempo dichiara la Sua esistenza eterna in modo così evidente che tutti indietreggiano e cadono a terra (6) come era già stato predetto (Salmo 27:2).

·         Una inutile difesa!
Per coerenza Pietro avrebbe dovuto offrirsi al posto del Signore (13:37), anche se non era stato capace di vegliare un’ora con Lui (Matteo 26:40).
Al contrario userà la spada, recidendo l’orecchio destro di Malco e, senza rendersene conto, una volta ancora, il suo gesto rischia di ostacolare i piani divini.
Il Signore interviene, rimprovera il gesto di Pietro (11) e rimedia al danno fatto (Luca 22:51). Non era il momento di mostrare la Sua gloria e la Sua potenza (Matteo 26:53), era il momento “di bere il calice che il Padre gli aveva dato”.

G  Che il Signore ci illumini sempre sulla Sua volontà e ci dia di saper discernere sempre, momenti e circostanze per fare o non fare quelle cose che potrebbero ostacolare i Suoi piani!


D.C.