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giovedì 29 febbraio 2024

Carestia

“Al tempo dei giudici ci fu nel paese una carestia, e un uomo di Betlemme di Giuda andò a stare nelle campagne di Moab con la moglie e i suoi due figli” Ruth 1:1.

Alcuni osservatori superficiali potrebbero pensare che il movimento evangelico stia vivendo oggi un periodo di abbondanza e di grandi ricchezze e sia più diffuso e sano che mai. Dopotutto ci sono più mega chiese che mai, alcune delle quali vantano più di 20.000 persone presenti alla settimana. Incontri di massa, concerti enormi e riunioni con più presenze che in uno stadio sono diventati quasi un luogo comune nella cultura evangelica moderna, specialmente americana.

La musica cristiana contemporanea è il settore in crescita più rapidamente di tutta l'industria discografica. La pubblicazione di libri cristiani è diventata un business importantissimo. Sono comparsi anche i primi fotoromanzi evangelici che secondo il New York Times avranno possibilità di raggiungere posizioni molto alte nelle classifiche mondiali.

Nonostante questo la predicazione stessa è fortemente in declino e c'è carestia nel paese.

Molte chiese hanno relegato il ministero della predicazione a un livello di seconda categoria. In molte chiese evangeliche oggi, il punto focale del culto è la musica e l'intrattenimento. La tendenza è quella di argomentare piuttosto temi quali i rapporti umani, il miglioramento dell'uomo. Il predicatore tipico oggi vuole essere un trascinatore piuttosto che un discepolo che continua a parlare del suo maestro. Si fa uso di slogan e di frasi ad effetto ma la Scrittura occupa sempre meno un ruolo di primo piano.

E la cosa folle è che la predicazione della croce non è diventata pazzia per il mondo ma lo è diventata anche per i credenti.

Una persona «comoda» è chi vuol stare a proprio agio, che non vuole noie o disturbi, che desidera avere una vita confortevole, piacevole, senza fatiche o sacrifici. Da una certa situazione vuole trarre vantaggio, utilità e gradimento, senza avere affanni e stress. Perciò, per avere una vita agevole, facile, calma e tranquilla, volentieri preferisce essere accondiscendente, conciliante, remissivo, indulgente, fosse anche a costo di adattarsi e di fare compromessi. 

Ci sono anche credenti di questo tipo. Essi non sentono una grande chiamata, non hanno grandi ideali né un gran fervore. Non vogliono impegnarsi in prima persona, ma delegano. Preferiscono la pappa pronta. E la chiesa contemporanea sembra incline ad accontentare  un simile pubblico, presentando un messaggio che non sia troppo incisivo e che rassicura. Purtroppo, molte guide spirituali oggi offrano ai loro fedeli del latte non molto nutriente che poco ha a che vedere con la Parola di Dio.

mercoledì 28 febbraio 2024

Avete occhi e non vedete

“Una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo” Giovanni 9:25.


“Ci tengo come alla pupilla dei miei occhi”. Quest’espressione evoca ciò che abbiamo di più prezioso. Infatti i nostri occhi, tanto fragili, tanto complessi, fatti da più di 250 milioni di cellule, ci fanno scoprire le luci, le forme, i colori.

Ma ci sono cose che i nostri occhi non vedono. Gesù l’ha detto ai suoi discepoli: “Avete occhi e non vedete” Marco 8:18. Essi erano stati testimoni dei suoi miracoli, ma non ne vedevano il significato e così non capivano il senso di certe sue parole.

Anche i nostri occhi hanno bisogno di essere aperti. Non abbiamo capito quanto il nostro peccato sia grande e quanto Dio sia santo.

Ai giorni nostri la parola peccato è tenuta in poco conto, ma agli occhi di Dio, “troppo puri per sopportare la vista del male” (Abacuc 1:13), conserva tutto il suo significato. Ecco come si presenta: “adulterio, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sette, invidie, omicidi, ubriachezza, orge e altre simili cose” Galati 5:19-21.

28 febbraio - È sempre Dio che fa il primo passo

Il mio Dio mi verrà incontro con la sua bontà.

Salmo 59:10

Il Figlio dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto.

Luca 19:10

 

 

È sempre Dio che fa il primo passo

 

Il profeta Isaia scrive: “Le vostre iniquità vi hanno separato dal vostro Dio” (59:2). L’uomo è dunque lontano da Dio. Inoltre, essendo peccatore, non ha nemmeno la forza, l’energia, la possibilità di arrivare a Dio. Per questo è sempre Lui che fa il primo passo! Il padre del figlio prodigo, nella parabola di Luca 15:11-31, illustra molto bene questo fatto. Quando, esaurite le risorse, il figlio umiliato fa ritorno a casa sotto il peso delle sue colpe, “mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione: corse, gli si gettò al collo e lo baciò” (Luca 15:20). Analogamente, è il buon Samaritano (Luca 10:25-36) che, sulla strada da Gerusalemme a Gerico, va in aiuto dell’uomo ferito dai briganti: “Vedendolo, ne ebbe pietà; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe… lo condusse a una locanda”. Su un’altra strada, vediamo il Signore che raggiunge i due discepoli tristi e delusi, che si stavano allontanando da Gerusalemme diretti a Emmaus: “Gesù stesso si avvicinò e cominciò a camminare con loro” (Luca 24:15).

È il Signore che vuol prenderci per mano, anche se siamo esitanti, nel dubbio o nella sofferenza. Concludendo il Salmo 119, il salmista scrive: “Io vado errando come pecora smarrita; cerca il tuo servo” (v. 176). Nella parabola di Luca 15:1-7, il Signore è il buon Pastore che va in cerca della pecora perduta “finché non la ritrova”; e trovatala “tutto allegro se la mette sulle spalle” e la riporta all’ovile (Luca 15:4,5)!

Lasciati trovare, lettore. Non disprezzare il suo amore!

martedì 27 febbraio 2024

Il fumo uccide

“Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”  Luca 11:28.

Non ho avuto bisogno di chinarmi per leggere la scritta a grandi caratteri “IL FUMO UCCIDE” su un pacchetto di sigarette abbandonato sul ciglio della strada. Ciò che mi sorprende è che quella scritta non ha impedito al suo proprietario di fumarle tutte, fino all’ultima. Avrà pensato che quell’avvertenza era esagerata? Oppure che era rivolta solo agli altri, a quelli che “fumano più di lui”?

Purtroppo, sono ancora più numerosi quelli che non fanno alcun caso agli avvertimenti che Dio indirizza loro attraverso la Bibbia. Eppure, Dio non lascia dubbi sul destino di tutti gli uomini: “Chi crede nel Figlio (di Dio) ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” (Giovanni 3:36).

Forse tu leggerai l'articolo di oggi distrattamente, pensando che queste cose non ti riguardino perché sono rivolte solo ai “grandi peccatori”. Devi allora sapere quale sia la terribile fine che ti aspetta e deciderti di accogliere la salvezza che Dio ti offre. Un altro, invece, potrebbe sentirsi talmente sprofondato nel male da non avere più alcuna forza per uscirne; allora, deve semplicemente affidarsi a Dio e credere alla sua Parola che dice: “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” 1 Giovanni 1:9.

È proprio così: il peccato conduce inevitabilmente alla morte eterna, ma la fede in Gesù Cristo dà la vita eterna!

27 febbraio - Quando il seme porta frutto

Quello che ha ricevuto il seme in buona terra, è colui che ode la parola (di Dio) e la comprende; egli porta del frutto.

Matteo 13:23

 

Quando il seme porta frutto

 

Nessuno di quelli che odono la Parola di Dio, fosse anche una volta sola, può sottrarsi alla propria responsabilità. La parabola del seminatore (leggere Matteo 13:18-23) lo dimostra; in essa il Signore paragona il nostro cuore a un terreno seminato; secondo le condizioni del terreno, il grano può non germinare affatto, oppure non arrivare a maturazione, oppure portare molto frutto, fino a “cento per uno”.

Se il mio cuore è indurito da impegni e distrazioni, ed è diventato come una strada calpestata dai passanti, la Parola di Dio non riesce a penetrare. Allora il diavolo mi priverà persino di ciò che vi è stato seminato. Io non porterò nessun frutto.

O forse, sotto un certa sensibilità superficiale al Vangelo si nasconde ancora la roccia dura del mio egoismo e della mia indifferenza. Se così è, al primo ostacolo, alla prima derisione, mi distoglierò da Dio. Così non porterò frutto.

Se sono tanto assorbito dai miei affari e dal denaro, ogni iniziale interesse per la Bibbia sarà presto soffocato, come lo è una pianticella dalle spine. Non farò progressi, non porterò frutto.

Ma se il mio cuore è umile, sensibile e recettivo all’appello di Dio, comprenderò facilmente la sua Parola, la crederò e ubbidirò a quel che dice. Allora porterò frutto per Dio!

Il Signore Gesù ha detto: “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto” (Giovanni 15:8).

lunedì 26 febbraio 2024

Profeta

“Per te il SIGNORE, il tuo Dio, farà sorgere in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta come me; a lui darete ascolto!” Deut. 18:15.

Uno dei principali desideri dell'uomo è quello di investigare sull'esistenza di un dio e, se esiste, di scoprire quale messaggio ha per gli uomini. Ma come? Esistevano solo due possibilità: da una parte c'erano le popolazioni cananee, che praticavano la stregoneria, la divinazione, le arti magiche, l'astrologia, gli indovini. Dall'altra c'erano i profeti che parlavano da parte di Dio e solo a loro bisognava dare ascolto.

“poiché quelle nazioni, che tu spodesterai, danno ascolto agli astrologi e agli indovini. A te, invece, il SIGNORE, il tuo Dio, non lo permette” ver.14-15. 

Si noti l'esatta descrizione riportata nel versetto iniziale:

In mezzo a te, ossia fra gli umani.

Fra i tuoi fratelli, un israelita.

Un profeta, recherà la parola di Dio.

Sarà un mediatore come Mosè (che vedeva Dio faccia a faccia).

A Lui dare ascolto; tutti avrebbero dovuto dargli ascolto!

In Israele si sono susseguiti vari profeti ma la promessa fatta nel nostro passo ne aveva in vista uno in particolare. Così quando il Signore Gesù si presentò sulla scena, la folla affermò “Questi è certo il profeta che deve venire nel mondo” Giov. 6:14.

 Pietro parlò di questa promessa applicandola palesemente al Signore Gesù.

“Ravvedetevi dunque e convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati e affinché vengano dalla presenza del Signore Gesù...di cui Dio ha parlato fin dall'antichità per bocca dei suoi santi profeti. Mosè, infatti, disse: "Il Signore Dio vi susciterà in mezzo ai vostri fratelli un profeta come me; ascoltatelo in tutte le cose che vi dirà. E avverrà che chiunque non avrà ascoltato questo profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo". Tutti i profeti, che hanno parlato da Samuele in poi, hanno anch'essi annunciato questi giorni” Atti 3:19-24.


Quindi il Signore non era semplicemente un profeta da aggiungere alla lunga lista dei profeti ma egli era “il profeta” che Dio aveva promesso.

E' commovente vedere che sul monte della Trasfigurazione fosse la voce stessa di Dio Padre a citare il comando da lui dato in Deuteronomio, applicandolo al Signore. Questo ordine è lo stesso per tutti noi: “Ascoltatelo!” Marco 9:7.

26 febbraio - L’albero e il suo frutto

Benedetto l’uomo che confida nel Signore… è come un albero piantato vicino all’acqua… e non cessa di portare frutto”

Geremia 17:7-8

 

L’albero e il suo frutto

 

Nessuno pensa di piantare un albero da frutta senza sperare che porti frutto. Così Dio si aspettava del frutto dall’uomo che aveva creato. Ma fin dalla prima tentazione l’uomo ha ceduto, e da allora la razza umana è diventata sterile per Dio! L’uomo di ogni parte del mondo lo ha dimostrato ampiamente nel corso dei secoli; e così è stato anche per il popolo d’Israele per il quale Dio aveva avuto delle cure particolari, come fa un agricoltore col suo campo. Quando Gesù Cristo è venuto a cercare del frutto per Dio, è stato odiato, respinto, messo a morte, come è avvenuto al figlio del padrone della vigna nella parabola di Matteo 21:33-39.

Ma Dio lo ha risuscitato e gli ha dato “ogni potere… in cielo e sulla terra” (Matteo 28:18). E perché Dio possa avere un giorno il frutto che gli spetta, Cristo ha intrapreso una nuova azione che prosegue ancora oggi: quella di proclamare, o meglio, di seminare la parola del Vangelo in tutto il mondo tramite i suoi servitori.

Cosa dice Dio nel Vangelo?

- Che l’autorità divina su tutti gli uomini appartiene al Signore.

- Che l’uomo è peccatore, perduto, e senza frutto per Dio.

- Che la morte del suo Figlio dimostra l’odio dell’uomo contro Dio, ma nello stesso tempo l’immensità dell’amore di Dio per la sua creatura.

- Infine, che in virtù di questa morte Dio dà, a tutti quelli che accettano Cristo, il suo perdono e le sue ricchezze infinite.


domenica 25 febbraio 2024

Il libro del giusto

“E il sole si fermò, e la luna rimase al suo posto, finché la nazione si fu vendicata dei suoi nemici. Questo non sta forse scritto nel libro del Giusto? E il sole si fermò in mezzo al cielo e non si affrettò a tramontare per quasi un giorno intero” Giosuè 10:13.

“Allora Davide compose questo canto funebre su Saul e suo figlio Gionatan, e ordinò che fosse insegnato ai figli di Giuda. È il canto dell'arco. Si trova scritto nel Libro del Giusto”  2 Samuele 1:18.


Questo libro è menzionato due volte nella Scrittura non fa parte del canone della Bibbia. Si tratta di un libro poetico che trattava delle guerre di Israele, commemorando i suoi eroi. Israele era passato per situazioni incredibili e  poteva narrare di vittorie epiche, questi episodi erano stati raccolti e scritti in un libro, chiamato anche libro di Iasar o libro delle guerre d'Israele.

Ma la celebrazione dell'uomo e i suoi eroismi non è in linea con la Parola di Dio. Dietro ad ogni battaglia vinta, dietro ad ogni atto eroico c'era la mano di Dio. Parlare degli eroi di Israele e celebrare le sue battaglie senza parlare di quale fosse lo scopo di queste e per Chi queste fossero avvenute, non sarebbe di nessuna utilità e potrebbe portare solo l'uomo ad esaltare se stesso.

25 febbraio - Due scandali?

O Eterno, fammi conoscere la mia fine e quale sia la misura dei miei giorni. Fa’ ch’io sappia quanto sono fragile.

Insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni.

I miei giorni sono nelle tue mani.

Salmo 39:4; 90:12; 31:15.

 

Due scandali?

 

Intervistato da un giornalista, un personaggio di successo ha dichiarato: “Il trascorrere del tempo e la morte sono due scandali”. Certe persone vorrebbero fermare il tempo per godere al massimo il momento presente. Altre, quelle che soffrono, trovano invece che il tempo non passi mai! Il tempo scorre inesorabilmente, e la vita dell’uomo “è un vapore che appare per un istante e poi svanisce” (Giacomo 4:14). Possiamo anche ribellarci, ma la realtà non cambia, l’appuntamento con la morte è inevitabile.

Il credente sa che ogni giorno della sua vita è nelle mani di Dio. Lui è il padrone del tempo, ed è “un Dio che libera”, che può “far uscire dalla morte” (Salmo 68:20). Il credente conosce la grazia del Figlio di Dio che ha voluto sottomettersi a certe limitazioni della condizione umana, ma che ha reso impotente la morte e “ha messo in luce la vita e l’immortalità mediante il vangelo” (2 Timoteo 1:10).

Il tempo passa e non si torna indietro; nessuno sa se domani sarà ancora in vita. Oggi Dio vuole liberarci dalla morte eterna. È oggi che bisogna accettare la sua grazia.

Imparare a “contare bene” i propri giorni significa, sapendo che sono pochi, viverli confidando in Dio, fare di ogni giornata la più felice e la più utile possibile. È anche non sciupare il proprio tempo, ma cogliere ogni occasione per fare oggi tutto il bene che possiamo fare. La speranza del credente non è la morte, ma l’eternità beata col suo Salvatore!

sabato 24 febbraio 2024

Soli?

“Un angelo del Signore parlò a Filippo così: Alzati e va' verso mezzogiorno, sulla via che da Gerusalemme scende a Gaza. Essa è una strada deserta. Egli si alzò e partì. Ed ecco un etiope, eunuco e ministro di Candace, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i tesori di lei, era venuto a Gerusalemme per adorare, e ora stava tornandosene, seduto sul suo carro, leggendo il profeta Isaia. Lo Spirito disse a Filippo: Avvicinati e raggiungi quel carro” Atti 8:26-29.


In questo passo della Scrittura ci sono tre protagonisti: il primo è Filippo, un discepolo della prima chiesa. Un giorno Dio gli dice di recarsi sulla strada che porta da Gerusalemme a Gaza e su questa strada incontra il secondo protagonista, un funzionario della regina d'Etiopia che ha un urgente bisogno di capire cosa sta leggendo nella Scrittura.

Avete visto il terzo protagonista? No? Eppure c'è.

Rileggete questi versetti e prestate attenzione.

“Un angelo del Signore parlò a Filippo così...”  “Lo Spirito disse a Filippo” , il terzo protagonista? Dio! 

Dio mandò l'angelo, lo Spirito istruì Filippo; Dio orchestrò tutto.

Vide quest'uomo tornare sconsolato, percepì la sua tristezza e il suo bisogno e decise di porre rimedio. Inviò Filippo e solitamente quando leggiamo questi versetti pensiamo che Filippo fosse un personaggio speciale, unico. No!

“infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio” Romani 8:14.

Posso semplificare le cose: lo Spirito Santo è la presenza di Dio nella nostra vita e la continuazione del lavoro del Signore Gesù.

Lo Spirito continua a operare in noi esattamente come operò in Filippo.

Non lavoriamo mai da soli, Dio è costantemente all'opera e prepara per noi delle buone opere affinché le pratichiamo.

“infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” Efesini 2:10.

24 febbraio - Due passi importanti

Come potrebbe il mortale essere giusto davanti a Dio?

Giobbe 9:2

 

Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture.

1 Corinzi 15:3

 

Due passi importanti

 

“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, bensì i malati”. Sapete chi ha pronunciato queste parole? E’ Gesù che proseguì dicendo: “Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori a ravvedimento” (Luca 5:31,32). Questo significa semplicemente che se pensate di poter comparire con le vostre qualità e i vostri difetti davanti a un Dio tollerante, siete molto lontani dalla verità. Dio è santo, e ha “gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male” (Abacuc 1:13).

Ma se avete preso coscienza di com’è la vostra vera natura, “malata” di peccato e incurabile, come quella di ogni uomo, e se vi rendete conto che non potete guarire da soli, allora avete fatto un primo passo verso Dio. Questo Dio santo è anche un Dio d’amore, che ama tutti gli uomini senza distinzione. Egli vuole che tutti siano salvati e vengano alla conoscenza della verità (1 Timoteo 2:4).

Ma avete ancora un secondo passo da fare: ricevere Gesù Cristo, il Figlio di Dio, come vostro Salvatore personale. La Bibbia dichiara: “In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:12). Un passo per riconoscersi peccatore, un altro per riconoscere in Gesù il Salvatore e il Signore della nostra anima, è il cammino indispensabile per essere guariti dal peccato, e ricevere così quella salvezza che Dio dà gratuitamente a ogni peccatore che si pente.


venerdì 23 febbraio 2024

Epafra (5/5)

Esempio di dedizione all’opera del Signore

 

Paolo scrive ancora di Epafra: “Infatti gli rendo testimonianza che si dà molta pena per voi, per quelli di Laodicea e di Ierapoli”.

Epafra ha investito molto tempo e donato sé stesso per l’opera del Signore e per la sua chiesa, ma anche per altre chiese (Laodicea, Ierapoli). Credo che questo possa essere un buon ricordo per tutti noi quando un giorno lasceremo questa terra ed incontreremo il Signore. Quanto sono preziosi quei fratelli e quelle sorelle in Cristo, che nel servizio della preghiera di intercessione compiono un ministerio straordinario. Tutti possono farlo, non servono grandi studi o grandi talenti. Non serve essere vicino al fratello alla sorella per cui voglio pregare. Non serve aver fatto la scuola biblica. Non serve saper parlare bene l’italiano. Sia io che te dobbiamo essere consapevoli della necessità che nessuno soffra per la mancanza in questo ministerio per la grazia di Dio.

“Molto può la preghiera perseverante del giusto fatta con efficacia”. Le tenebre devono cedere il posto alla luce di Dio. Oggi vogliamo chiederci:

“Prego io per i fratelli e per le sorelle della mia chiesa?”. Nel libro dell’Apocalisse, Laodicea è citata come una delle sette chiese che il Signore rimproverò, invitandola al ravvedimento. Il Signore si rivolse a questa chiesa in modo diretto e personale. Qualcuno ha detto che forse fu la risposta del Signore alle preghiere di Epafra, per la chiesa di Laodicea.

Epafra amava la chiesa di Colosse, e non solo, ed io quanto amo la chiesa locale in cui il Signore mi ha inserito? Al di là delle mie parole, o delle mie pretese, saranno le mie premurose e costanti preghiere a testimoniare davanti a Dio, e agli uomini, quanto io ami la sua Chiesa.

La supplica di Epafra era che i credenti potessero essere benedetti giorno dopo giorno dal nostro Padre celeste.

Epafra divenne “compagno di prigione” di Paolo a Roma (Fi v. 23).

Ecco forse la conclusione del suo ministerio. Non sappiamo cosa facesse lì, ma sicuramente era con Paolo. Che strana fine direbbe qualcuno! Eppure nel servizio è sempre Dio che decide dove metterci, e sicuramente quel posto è il migliore.

Un giorno il Signore ci spiegherà tutto ed allora, solo allora, comprenderemo certe cose incomprensibili e sono sicuro avremo un’altra volta modo di adorarlo per le sue scelte.

 

Concludendo, possiamo dunque definire Epafra un uomo che seppe servire e soffrire per l'Opera del Signore, senza trascurare i bisogni spirituali, ma anche pratici dei suoi fratelli.

Che ognuno di noi sappia essere simile a colui che è il nostro Signore, ringraziandolo prima di tutto per il suo amore e per il suo esempio ed anche per l’esempio di tanti uomini e donne di Dio che ci hanno preceduto, sia nel servizio sia nell’arrivo alla sua presenza, attraverso un cammino che Dio ha disegnato con la sua “volontà” nell’ubbidienza della fede

23 febbraio - La pace, quella vera

(Gesù disse:) “Vi lascio pace; vi do la mia pace”.

Giovanni 14:27

 

Fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche… E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù.

Filippesi 4:6,7

 

La pace, quella vera

 

Martin Luther King, pastore americano di colore (1929-1968), fu un grande difensore della pace e dei diritti civili, in particolare dei Neri americani; fu anche insignito del premio Nobel per la pace nel 1964. Ma proprio lui che predicava la non-violenza, morì assassinato all’età di 39 anni. Sentiamo cosa dice di quella pace interiore di cui trattano i versetti di oggi, la pace che dipende non dalle circostanze ma dalle nostre relazioni con Dio:

«Questa vera pace che supera ogni intelligenza è la calma indicibile che non può essere descritta o spiegata, la pace nella tempesta, la tranquillità nelle situazioni disastrose. L’apostolo Paolo che, incarcerato e incatenato, cantava le lodi di Dio; i primi cristiani che si rallegravano per essere stati giudicati degni di soffrire per l’amore di Cristo, non sono che alcuni esempi della “pace che supera ogni intelligenza”… Una fede autentica ci dà la convinzione che al di là della vita, c’è la Vita. E anche se moriamo… Dio ci condurrà in una città magnifica che ha preparato per noi. Questo universo non sarebbe forse assurdo se la morte fosse un vicolo cieco che porta l’umanità al nulla? Mediante Cristo, Dio ha tolto alla morte il suo “dardo” (1 Corinzi 15:55-56). La morte è una porta aperta che ci fa entrare nella vita eterna. La fede cristiana ci rende capaci di accettare ciò che non può essere cambiato, di subire i dolori più intensi senza perdere la speranza, perché sappiamo che tutte le cose concorrono al bene di quelli che amano Dio (Romani 8:28).»


giovedì 22 febbraio 2024

Epafra (4/5)

Tre richieste di preghiera

 Sono convinto che la lotta di Epafra fosse rivolta proprio contro il nemico di Dio, Satana, e per questo consapevolmente pregava, come detto con insistenza e costanza, per tre cose:

• perché i credenti rimanessero saldi, cioè fermi, forti, incrollabili, decisi nella fede;

• perché diventassero come uomini fatti e non come bambini che possono essere sballottati qua e là dalle favole e dalle false dottrine.

• perché fossero ben disposti verso Dio a fare la sua volontà.

 

Questi tre elementi ci dimostrano che la preghiera di Epafra non era generica ma precisa e diretta, mirata ai reali bisogni dei suoi fratelli e della chiesa.

Anche Elia pregava per il popolo quando disse: “Quanto tempo ancora zoppicherete?”. Con questo voleva dire: “Quale padrone volete seguire e servire? Perché non state saldi nella fede?” 1Re 18:21.

 

L’instabilità fa parte della nostra natura.

Al mattino possiamo essere pieni di zelo ed amore per il Signore, leggere la sua Parola e pregare ed essere così allegri da iniziare una bella giornata di comunione con lui.

E poi che succede?

Bastano un po’ di preoccupazioni, gettate lì dal nostro nemico, e un po’ di pensieri che il mondo ci presenta e “subito” ci dimentichiamo di ciò che abbiamo esperimentato alla mattina. Ecco perché abbiamo bisogno della preghiera per rimanere saldi e forti, incrollabili. Paolo pregava così per gli Efesini: “Per questo motivo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal qual ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende il nome, affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore” Ef.3:14.

Abbiamo bisogno che il Signore, non un uomo, ci fortifichi ogni giorno, costantemente. Ed è un grande aiuto la preghiera di altri per noi, quando magari noi siamo “con le ruote sgonfie”, non è così?

 

La seconda richiesta fatta a Dio da Epafra era che i Colossesi crescessero e maturassero verso la perfezione. Gesù Cristo stesso aveva ricordato questo, dicendo: “Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5:44). Il desiderio di Epafra era che i credenti non rimanessero dei neonati nella fede e nella conoscenza di Dio, ma che crescessero nell’amore e nell’ubbidienza. La perfezione non è umana né di questa terra, ma la maturità si che è possibile.

“Come dunque avete ricevuto Cristo Gesù, il Signore, così camminate in lui, essendo radicati ed edificati nella fede, come vi è stato insegnato, abbondando in essa con ringraziamento” Cl 2:6, 7.

La prima indicazione è l’obiettivo: siate perfetti, cioè maturi; come? Come il vostro Padre!

“Siate” indica qualcosa che ha a che fare con l’essere non con il sembrare. Non dobbiamo sembrare perfetti, ma esserlo interiormente. Possiamo raggiungere questo obiettivo attraverso la fede, perché da lì abbiamo cominciato e da lì dobbiamo proseguire. Se per fede, mediante la grazia di Dio, siamo dei nati di nuovo, allora anche il nostro cammino deve avvenire per fede. Per fede dobbiamo credere che Dio potrà usare degli uomini qualunque, e delle donne qualunque, come me per trasformarli in uomini e donne maturi e perfetti, a lode e gloria del suo nome.

 

Per fede dobbiamo credere che Dio sa quello che fa, che niente è impossibile a lui, e che ogni cosa è sotto il suo controllo. Più agisco di testa mia nella mia vita, meno Dio ha spazio. Questo non significa che Dio mi deve indicare (o scegliere) il colore delle mie scarpe, ma sicuramente che davanti alle scelte della mia vita io debba chiedermi: “Dio cosa farebbe? Quale scelta glorifica Dio e la sua testimonianza? Questa cosa mi edifica o porta danno spirituale a me o ad altri?”

 

La terza richiesta di preghiera di Epafra per i suoi fratelli è questa: “perché stiate saldi, come uomini fatti, completamente disposti a fare la volontà di Dio”. Gesù stesso aveva detto: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato, e compiere l’opera sua... perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato” Gv 6:38.

Il nostro problema non è forse quello che vogliamo fare la volontà di Dio, ma non riusciamo perché siamo avvinti dai nostri pensieri e desideri (1Sa 15:19-22; Mt 7:21)?

A noi è chiesto di essere disposti a fare la sua volontà. Mettendo insieme i diversi significati della parola “disposti”, abbiamo come risultato che dobbiamo essere pronti a stare dalla parte di Dio, e pronti e ben intenzionati a fare la sua volontà, non la nostra.

 

Da giovane mi chiedevo spesso quale fosse la volontà di Dio (a volte me lo chiedo ancora!) ma in realtà Dio mi ha sempre indicato la sua volontà nella sua Parola (la Bibbia) in modo chiaro.

Il mio problema, che è comune a molti, non è di sapere qual è la volontà di Dio, ma piuttosto di essere disposto a seguirla.

Sono disposto ad ubbidire alla sua volontà, come è indicata nella Bibbia? Sono pronto a sacrificare la mia volontà per fare la sua?

 

Epafra sapeva quanto è difficile fare la volontà di qualcun altro, deponendo la propria. Lo stesso vale per noi nel fare la volontà di Dio, quante volte sappiamo qual è la volontà di Dio per noi, ma la mettiamo da parte in nome del nostro orgoglio, o della nostra testardaggine, o perché non vogliamo sacrificare i nostri interessi. Ecco perché noi tutti abbiamo bisogno di qualcun altro che ci guidi, con l’esempio più che con le parole, e che preghi per noi affinché impariamo a cercare di conoscere di più e fare la volontà di Dio.

 

La preghiera di Epafra era che la volontà di Dio potesse essere realizzata nella vita dei cristiani di Colosse. Epafra preferiva parlare a Dio degli uomini, piuttosto che parlare agli uomini di Dio. Questo è un bel messaggio perché si fonda sulla consapevolezza che le mie parole sono umane e a volte rispecchiano le mie vedute sulla vita degli altri (giudizio?), mentre invece se chiedo a Dio di intervenire a sostegno dei bisogni di un fratello sicuramente Dio opererà nel migliore dei modi, magari proprio attraverso di me ma “usandomi” come “Lui” vuole e quando “Lui” vuole. A me sta aspettare le “sue” risposte alle preghiere, non anticipare la sua volontà, seguendo la mia.

22 febbraio - La persona e l’opera dello Spirito Santo

(Gesù disse ai discepoli:) “È utile per voi che io me ne vada; perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, io ve lo manderò”.

Giovanni 16:7

 

La persona e l’opera dello Spirito Santo

 

Lo Spirito Santo ha preso il posto del Signore sulla terra dopo che Egli è stato assunto in cielo. Non poteva essere mandato prima che Gesù Cristo fosse glorificato.

Le funzioni di questo “Consolatore” sono contenute nei seguenti versetti:

- “Lo Spirito Santo... v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che v'ho detto” (Giovanni 14:26);

- testimonierà di me” (Giovanni 15:26);

- convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (Giovanni 16:8);

- “vi guiderà in tutta la verità... e vi annuncerà le cose a venire” (Giovanni 16:13);

- “mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annuncerà” (Giovanni 16:14).

Lo Spirito Santo è come un “sigillo” che Dio mette su ogni persona che crede quale segno che appartiene a Lui. È anche “il pegno” (cioè la caparra) dei beni celesti che Dio darà ai suoi in eredità (Efesini 1:13-14). È Lui che ci fa comprendere la Parola di Dio e, per la sua testimonianza in noi, noi conosciamo la relazione che abbiamo con Dio per la fede (leggere 1 Giovanni 2:27; Romani 8:15-16; 1 Giovanni 3:24: 4:13).

Lo Spirito Santo è anche la “potenza” che opera nella vita di ogni credente, e la sua azione, come ci insegnano alcuni passi del Nuovo Testamento, non dev’essere né “rattristata” né “soffocata” né “spenta”. Lo Spirito Santo agisce nel cuore dei riscattati del Signore per sviluppare degli affetti sinceri per il loro Salvatore e guidarli a desiderare più ardentemente il suo ritorno.


mercoledì 21 febbraio 2024

Epafra (3/5)

Epafra: un uomo di preghiera!

Epafra era diventato un esempio per molti e il suo impegno non era passato inosservato, perché il suo movente era quello di piacere al Dio che lo aveva salvato e dare gloria solo a lui.

E come facciamo a sapere questo?

Mostrava amore sincero e servizio costante verso coloro che erano amati da Dio e che per mezzo della sua grazia erano diventati sui fratelli.

Com’è il mio amore?

E il mio servizio, è continuo? È disinteressato?

Per amore Epafra si dava molto da fare per la Chiesa e pregava incessantemente per essa. Spesso noi abbiamo una concezione del servizio che discende dall’ambiente “cattolico” da cui proveniamo, per cui occorre fare e ancora fare ed impegnarsi nelle cose concrete (le opere).

E qui c’è un possibile pericolo! Non che ci sia qualcosa di male nel “fare” per il Signore, ma guai se il servizio diventa il nostro idolo e la nostra missione e se invece non è dedizione alla persona del Signore e se non è la sua approvazione, che ci spinge e ci sostiene nel servizio. Dobbiamo sempre ricordare che il Signore condannò chi versava l’obolo nelle casse del tempio (cosa buona in sé), perché la loro motivazione era sbagliata ed incentrata sul proprio egoismo e non sul Signore e sulla sua gloria.

Ma qual’era il servizio particolare di Epafra?

La preghiera costante e continua.

Quanti credenti sono “impegnati” con costanza, per la chiesa e nella chiesa, nel servizio essenziale e fondamentale della preghiera?

Perché sono così pochi?

Forse perché nel fare e nell’operare c’è visibilità e (forse) ci sono apprezzamenti e riconoscimenti, mentre invece la preghiera comporta sacrificio e dedizione continua ed è un servizio nascosto, ed apparentemente senza risultati immediati.

E in questo non c’è da stupirsi, infatti da sempre i credenti ricercano, e vogliono esercitare, i doni più appariscenti, come già accadeva a Corinto.

Ma è questo che il Signore vuole realmente da me, o per me?

È questo l’impegno che il Signore si aspetta da me?

Sono io che decido a quale servizio voglio essere dedicato e per quanto tempo e quando, oppure lascio al mio Signore decidere dove io devo essere posto nel corpo e quanto impegno io debba dedicare al suo progetto di crescita spirituale stabilito per me?

Che il Signore ci dia di riflettere su queste domande affinché veramente sia lui a prendere gloria dal mio servizio e non io a gloriarmi di quello che svolgo per il Signore!

Che ciascuno di noi possa essere la persona giusta al posto giusto nel momento giusto per il grande servizio che Dio ha previsto per ognuno di noi!

  

La preghiera: un debito d’amore!

Pregare per gli altri, non è solo un comandamento, non è qualcosa di appariscente, ma può cambiare la vita, la mia per prima!

Nella preghiera prendiamo un impegno di amore e di servizio verso i fratelli (e non solo), servizio che deve diventare un debito d’amore. Pregare per gli altri significa presentare a Dio coloro che Dio ama e che lui mi ha messo vicino. Significa intercedere per i loro bisogni, anche se queste persone non mi sono simpatiche o addirittura se mi hanno fatto del male (consapevolmente o no).

D’altronde il Signore cosa ci ha insegnato?

Che esempio ci ha dato sulla preghiera?

Prima di tutto egli ha pregato il Padre di essere sempre pronto a fare la sua volontà. Questa è la nostra prima linea guida nella preghiera. Inoltre ha pregato per i suoi discepoli, soprattutto nelle ultime ore ben sapendo che da lì a poco lo avrebbero tradito ed abbandonato. E ha pregato sulla croce anche per i suoi carnefici!

E noi per chi preghiamo?

Il Signore non ci chiede di pregare “solo” per chi ci è simpatico, o per chi si avvicina di più alle nostre caratteristiche e nemmeno ci chiede di pregare sempre e solo per noi, alimentando così il nostro egoismo.

Il Signore ci ha comandato di pregare per i bisogni dei nostri fratelli.

E noi siamo attenti ai bisogni dei nostri fratelli? Li conosciamo? Ci interessiamo di loro?

Ripeto il debito d’amore lo abbiamo verso tutti i nostri fratelli, non solo verso quelli con cui andiamo d’accordo.

Che chiesa diversa sarebbe la nostra se ognuno di noi si impegnasse ogni giorno a presentare al trono della sua grazia i propri fratelli e sorelle, con i loro bisogni intercedendo con costanza e fedeltà!

Che bello sapere che ci sono fratelli che pregano per me!Questo mi incoraggia, mi rinforza e mi consola. Non posso che ringraziare il Signore per questo sostegno spirituale.

Epafra sarebbe rimasto una persona anonima se non avesse scelto una chiara posizione nei confronti del Signore e della sua opera: egli si era messo completamente a disposizione del Signore Gesù.

L’esempio di Epafra suggerisce alcune domande.

Fin dove arriva il mio amore per il Signore?

Fin dove arriva il mio amore per la sua opera e la sua Chiesa?

Quanto è normale per me amare tutti i figli di Dio?

Che cosa faccio io per aiutare gli altri a crescere nella fede?

Penso sia importante pregare per la mia chiesa e per ogni suo componente?

Quanto tempo dedico nella mia vita all’intercessione per i fratelli? (Sl 16:3; Gv 13:34, 35; Ef 4:15-6).

Epafra è veramente un grande esempio nella preghiera fervente ed incessante. Paolo ancora scrive di lui: “Egli è dei vostri, e servo di Cristo e lotta sempre per voi nelle sue preghiere perché stiate saldi, come uomini fatti, completamente disposti a fare la volontà di Dio” Cl 4:12.

Epafra lottava nella preghiera, e nell’intercessione manifestando un impegno preciso, costante e fedele. Abbiamo bisogno di intercedere nelle nostre preghiere, presso il trono della misericordia di Dio, combattendo in preghiera a fianco di colui che vive sempre per intercedere per noi (Eb 7:25).

Il Signore Gesù Cristo solo sa quanto sia importante il combattimento contro le potenze, le potestà che guerreggiano ogni giorno contro di noi, al fine di abbatterci. Ci ricordiamo che queste potenze, ma soprattutto il principe di questo mondo, sanno di avere oramai poco tempo e si danno da fare notte e giorno per atterrarci e renderci inoffensivi?

21 febbraio - Su chi fissiamo lo sguardo?

Fissando lo sguardo su Gesù, che passava, disse: “Ecco l’Agnello di Dio!”

Giovanni 1:36

 

Corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù.

Ebrei 12:1-2

 

Su chi fissiamo lo sguardo?

 

“Fissando lo sguardo su Gesù”. Soltanto cinque parole, ma c’è già tutto il segreto della vita del cristiano. Fissare lo sguardo su Gesù che è stato crocifisso, per trovare nella sua vita data per noi il perdono di Dio e la pace.

Fissare lo sguardo su Gesù che è risuscitato, per trovare in lui la giustizia, l’unica giustizia che ci giustifica e ci permette di avvicinarci a Dio.

Fissare lo sguardo su Gesù glorificato, per trovare in lui il difensore che prega e intercede per ciascuno dei suoi.

Fissare lo sguardo su Gesù per seguirlo mediante la fede, e trovare nel suo amore la forza per trionfare sulla nostra volontà ribelle e resistere agli assalti del male e di Satana.

Fissare lo sguardo su Gesù per uscire da noi stessi, perché le nostre tenebre si dissolvano davanti allo splendore del suo amore, perché le nostre gioie siano sante e i nostri dolori siano affrontati con serenità, e perché Egli c’insegni a pregare e possa rispondere alle nostre preghiere. Il Signore ci lascia nel mondo, ma ci separa dal mondo e la nostra condotta possa rendergli testimonianza davanti a tutti.

Fissare lo sguardo su Gesù nella Scrittura per imparare ciò che Egli è e ciò che ha fatto, ciò che dona e ciò che richiede. Per trovare in lui il nostro modello. Nelle sue parole per la nostra istruzione, nelle sue promesse per il nostro sostegno.


Théodore Monod

martedì 20 febbraio 2024

Epafra (2/5)

Fedeli nell’ascoltare Dio e nel servirlo!

Ritornando all’esempio che siamo chiamati ad essere, sembra ovvio dirlo ma non si può trasmettere ciò che non si è imparato, e la scuola di Dio è una scuola dove non ci sono bonus per gli esami o scorciatoie.

Alla scuola di Dio è lui stesso, il Signore, l’insegnante ed è anche colui che decide il programma e che stabilisce quando devono avvenire gli esami.

Pensiamo ad Abramo, che aspettò 99 anni per la sua prova più importante.

Vogliamo stare alla scuola di Dio?

Vogliamo imparare da questa scuola?

Siamo pronti a sottomettere la nostra volontà alla sua?

Siamo pronti a mettere in pratica quello che impariamo direttamente dal Signore?

Sappiamo aspettare i tempi di Dio, o vogliamo imporre al Signore i nostri obiettivi e la nostra tabella di marcia, per raggiungerli?

Spesso rimaniamo ammirati dagli esempi di uomini e di donne, di Dio che ci vengono presentati nella Scrittura, e ci domandiamo come possiamo imitare le loro “gesta”.

In realtà se esaminiamo bene ciò che di loro è detto scopriamo che ciò che ha fatto la differenza in loro è la loro ubbidienza, anche nelle piccole cose.

Non ci viene detto che Abramo discusse con Dio quando fu chiamato (Ge 12), così come Giosuè non discusse con Mosè sul come guidare il popolo, e neppure i profeti discutevano le indicazioni o i comandamenti di Dio, a parte delle limitate eccezioni (vedi Giona).

La loro forza era sempre e comunque la fede che si esprimeva nell’ubbidienza a colui che era ed è l’Onnipotente e il Fedele, colui che sa quello che fa.

 

Un’altra caratteristica menzionata da Paolo di Epafra è proprio la fedeltà.

A chi e a che cosa era fedele?

Era un fedele ministro di Cristo.

Il Signore era al centro della sua vita, egli aveva riposto la sua fede, il suo amore e la sua speranza in colui che lo aveva salvato dall’ira a venire e che ora lo portava a praticare il ministerio di Cristo nel servizio, nella fervente attesa del suo ritorno.

Qualcuno potrebbe chiedersi che cosa deve fare per essere, o diventare così. Non c’è nulla di male nel desiderare di somigliare a tali uomini, che sicuramente hanno basato la loro vita sulla fedeltà al loro Signore, e sull’ubbidienza al mandato e alla chiamata ricevuti da lui.

Chi desidera ciò desidera un opera buona, e soprattutto desidera assomigliare di più al proprio Signore.

Quindi in concreto che fare?

Come diventare così, e cioè uomini “qualunque” ma potenti nelle mani di Dio?

Situazioni problematiche da affrontare

 

Ritorniamo ad Epafra, per avere delle indicazioni sull’ambiente e sulla chiesa in cui Epafra viveva e si muoveva.

Grazie alla Parola di Dio abbiamo delle informazioni preziose, e possiamo dire che i problemi a Colosse non mancavano:

• Vedi ad esempio la “grana” tra il padrone Filemone e il suo schiavo Onesimo; in questo caso abbiamo un bell’esempio di come il Signore ci guidi a risolvere problemi di relazione che, se irrisolti, possono arrivare a devastare sia i rapporti personali sia le famiglie, e in molti casi addirittura devastare intere chiese. Non mi riferisco a principi biblici o dottrinali, su cui non è ammesso cedere, piuttosto a diverbi o questioni pratiche o personali. Spesso accade perché siamo incapaci di sopportare un torto e di perdonare, e per questioni di principio siamo anche disposti a distruggere l’opera di Cristo, anche se inconsapevolmente, pur di non cedere dalle nostre ragioni o diritti.

• Inoltre pare che i Colossesi si erano lasciati convincere da qualche predicatore itinerante di estrazione giudaica ad attribuire eccessiva importanza a riti, a tradizioni e a precetti della legge Cl 2:4-23.

Dobbiamo fare attenzione al grosso pericolo in cui possiamo incorrere, perché spesso il voler rispettare delle regole nasconde in realtà il desiderio di sentirci a posto davanti a Dio, sempre pronti a vedere la pagliuzza nell’occhio del nostro fratello... Certamente noi non dobbiamo seguire o rispettare riti, tradizioni, ma piuttosto dobbiamo essere pronti a chiederci chi e che cosa vogliamo seguire.

È il Signore la nostra via?

È la sua Parola la nostra guida?

Posso in qualche modo guadagnare il mio fratello in modo “amabile” piuttosto che criticarlo forse per la sua giovane età, o immaturità spirituale?

• Un altro errore di quei credenti consisteva nel credere che bisognava ricorrere a riti speciali per difendersi dalle potenze ultraterrene, o propiziarsene l’aiuto (culto degli angeli, v.18). Questo errore non dovrebbe riguardarci, eppure nelle nostre realtà quotidiane quante volte facciamo nostri piccoli “rituali”, come ad esempio indossare quell’abito che quella volta ci ha portato “bene”? E che dire di alcuni che sono sempre presenti solo al culto della domenica (la nostra “grande messa”) ed invece trascurano gli incontri settimanali? Anche questo è un rito! Qualcuno potrebbe sorridere, ma la Scrittura invece ci invita a “vegliare” per vedere se noi siamo indenni da ciò che condanniamo.

• Un quarto errore del loro comportamento era quello di voler mortificare il corpo con pratiche ascetiche (2:23). Le pratiche di austerità corporale, osserva Paolo, pur servendo ad umiliare il nostro fisico, non ci fanno in realtà mutare nell’intimo. Peggio ancora, potrebbero inorgoglirci (servono solo a soddisfare la carne), come fanno molti nel mondo ancora oggi.

Cosa fare allora per diventare uomini e donne nelle mani di Dio, esattamente come un Epafra che si dava da fare per sostenere i suoi fratelli che correvano questi pericoli?

Se siamo giovani abbiamo l’esempio di Giuseppe, che nonostante le grandi difficoltà affrontate, poteva dire che era Dio alla guida della sua vita e che lo faceva prosperare. (Ge 39). E Giuseppe sicuramente è un campione di fede da seguire nella mansuetudine, nella fede in Dio, nella speranza che Dio opera nelle vite di coloro che gli appartengono e che mai dimentica coloro che egli ama, nonostante abbia attraversato prove incredibili. Il Signore è fedele, vi renderà saldi (2Te 3:3)!

Se siamo uomini o donne maturi, seguiamo l’esempio di Aquila e Priscilla che furono “flessibili” nell’impostare la loro vita depositandola sull’altare della volontà di Dio, che non solo li benedisse ma si servì potentemente di loro per la nascita di chiese, la crescita di credenti, e l’aiuto concreto ai loro fratelli.

Se siamo in là negli anni o anziani di età, ricordiamo l’esempio di Anna che seppur ottantenne era occupata nelle preghiere al servizio del popolo di Dio, sempre disponibile per gli altri nella preghiera e nel servizio.

Ciascuno di noi, nell’ubbidienza, nella fedeltà e costanza nel proprio cammino di fede, e nella consacrazione al Signore può trovare la gioia della propria vita, ma soprattutto può diventare una luce per coloro che ci stanno intorno, chiedendo a Dio di mostrarci la “nostra propria via” che lui stesso, e non un uomo, ha preparato.

20 febbraio - Credere nell’uomo?

Così parla l’Eterno: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo”.

Geremia 17:5

 

Ogni uomo, benché saldo in piedi, non è che vanità.

Salmo 39:5

 

Credere nell’uomo?

 

Molti scritti di filosofi recenti riguardo all’umanesimo e alla religione mostrano che la tendenza dell’uomo è di credere in se stesso. Credere nell’uomo equivale a credere che l’uomo è buono, capace di migliorarsi e di raggiungere una condizione se non di perfezione, almeno di livello soddisfacente. È credere che sia possibile realizzare la pace sulla terra con gli sforzi umani, e che la società sia davvero in progresso. È vero che l’uomo può fare del bene, ma dobbiamo riconoscere che è anche capace di fare il male e di farlo con determinazione. Dall’era della catapulta fino a quella delle armi nucleari, l’uomo non è molto cambiato. La sua storia, antica e recente, è una storia di guerre. Non è neppure in grado di evitare il male nella sua vita privata.

Da millenni, l’uomo cerca di risolvere i suoi problemi con le proprie risorse. Aspira al bene, all’amore, alla pace, alla felicità, ma non può arrivarvi coi propri mezzi. Così molti, vedendo lo scarto fra i loro ideali e la realtà, si scoraggiano e si deprimono.

Eppure esiste un uomo, mandato da Dio, che è venuto a regolare il vero problema dell’umanità. Quest’uomo, il solo giusto e perfetto, è Gesù Cristo. E’ venuto a liberare gli uomini da quella sorgente di male che Dio chiama peccato e che conduce alla perdizione. Lui, il Figlio di Dio, si è lasciato punire al nostro posto: ha dato la sua vita per amore per noi. Ora è vivente, e offre gratuitamente la liberazione a tutti quelli che credono in Lui.

lunedì 19 febbraio 2024

19 febbraio - Fedele è Colui che ha fatto le promesse

Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza senza vacillare.
Ebrei 10:23
 

Fedele è Colui che ha fatto le promesse

 

Dio è fedele. Se fa delle promesse le mantiene. Non si pente d'averle fatte. Ed è anche puntuale perché è scritto che “non ritarda l'adempimento delle sue promesse” (2 Pietro 3:9). Dio non viene meno alla sua parola, come facciamo noi. Abraamo era vecchio e senza figli, eppure Dio gli aveva promesso una discendenza. Umanamente sembrava impossibile, ma lui era pienamente convinto che quanto Egli aveva promesso era “anche in grado di compierlo” (Romani 4:21). Anche Sara, l’anziana moglie, ritenne “fedele Colui che aveva fatto le promesse” (Ebrei 11:11). Se Ebrei 10:23 ci incoraggia a mantenere ferma la confessione della nostra speranza “senza vacillare” è perché “fedele è Colui che ha fatto le promesse”.

“Dio non può mentire”, ricorda Paolo a Tito (1:1).

Ma per godere dell'adempimento delle promesse è necessaria la fede. “Per fede... ottennero l'adempimento di promesse” (Ebrei 11:33) siano queste a scadenza immediata o futura.

Solo il credente può appropriarsi di tutte le promesse di Dio, e sul loro insieme fonda la sua speranza. Solo lui ne può godere. Se Abramo contava sulle promesse divine è perché “credette a Dio che fa rivivere i morti e chiama all'esistenza le cose che non sono”; e in questa fede non è venuto meno (Romani 4:19). Innumerevoli sono i personaggi sia dell'Antico che del Nuovo Testamento i quali, grazie alla loro fiducia in Dio, hanno visto adempiersi promesse preziose. Così è per chiunque crede, non solo per gli eroi e i campioni della fede, ma anche per i credenti umili e semplici che non spiccano per imprese straordinarie e memorabili.

domenica 18 febbraio 2024

Epafra (1/5)

 “...secondo quello che avete imparato da Epafra, il nostro caro compagno di servizio, che è fedele ministro di Cristo per voi” Cl 1:7.

 

 “Epafra, che è dei vostri ed è servo di Cristo, vi saluta. Egli lotta sempre per voi nelle sue preghiere perché stiate saldi, come uomini compiuti, completamente disposti a far la volontà di Dio. Infatti gli rendo testimonianza che si dà molta pena per voi, per quelli di Laodicea e per quelli di Ierapoli” Cl 4:12-13.

 

 “Epafra, mio compagno di prigionia in Cristo Gesù, ti saluta” Fi v. 23.

 

EPAFRA: chi era?

 Paolo nella sua epistola ai Colossesi nomina due sole volte Epafra, uno dei suoi compagni d’opera e di ministerio e prigionia, discepolo importante nella storia della prima Chiesa.

Sono stato attratto da questo personaggio biblico “minore”, ma sicuramente importante per il piano di Dio a favore della sua Chiesa, e che è menzionato in tre soli brevi versetti biblici.

Infatti: è forse meno importante chi viene ricordato con una singola piccola frase come, ad esempio, quella riportata dalla Bibbia su Enoc, e cioè che “Enoc camminò con Dio”?

In questa piccola e breve frase è riassunta una vita intensa, una vita di ubbidienza e comunione col Signore, una vita come poche. Dio approvò e si compiacque di Enoc al punto che fece scrivere di lui questo breve epitaffio. Se Dio dovesse far scrivere qualcosa di me che cosa lascerebbe detto?

 Chi era Epafra? Come mai è diventato uno dei compagni d’opera citati dall’apostolo? E soprattutto come mai aveva tanto spazio nel cuore di Paolo?

Senza voler inventare storie cercheremo di scavare a fondo nella Parola per ricercare quegli insegnamenti spirituali che possano essere utili per ciascuno di noi affinché, lasciandoci guidare dallo Spirito Santo, possiamo diventare anche noi degli Epafra.

Già il suo nome è ricco di interesse, ha infatti due possibili significati, assolutamente contrastanti l’uno con l’altro.

Nel primo caso è un abbreviativo del nome Epaphroditus che veniva imposto in onore di Epaphus, figlio di Giove e di Io, quindi ideale per un adoratore di idoli.

Invece l’altro significato è “amabile”.

Sicuramente Epafra era passato dall’essere un adoratore di idoli, al servizio del Dio vivente e vero, l’unico veramente amabile e che trasforma i cuori degli uomini e li rende simili a sé (1Te 1:9).

 

Amore espresso nel servizio

Della vita di Epafra si sa ben poco, infatti non abbiamo molte informazioni di lui dalla Bibbia. Ad esempio non ci viene detto se fosse giovane oppure anziano, neppure sappiamo se fosse sposato oppure no. Inoltre, non abbiamo idea se esercitasse un attività professionale oppure fosse un servitore a pieno tempo nell’opera del Signore.

Apparentemente, pur essendo menzionato come un compagno d’opera di Paolo, era quello che noi definiremmo un credente qualsiasi.

Epafra probabilmente si convertì durante l’evangelizzazione di Paolo ad Efeso, e si suppone che sia stato il fondatore della chiesa che si riuniva a Colosse e, se così fosse, si giustificherebbe ancora di più il suo amore così profondo ed intenso per questa comunità.

Pur conoscendo poco di lui alcuni tratti della sua vita però sono molto chiari.

Era un uomo che amava grandemente la Chiesa: il suo più profondo desiderio era quello di spingere i credenti a conoscere sempre meglio la persona e l’opera del Signore Gesù Cristo. Solo il Signore sa quanto bisogno la Chiesa di oggi ha di uomini (e donne, perché no?) che sono profondamente attaccati a Dio e innamorati della sua Chiesa. Uomini pronti al sacrificio (del proprio egoismo, dei propri interessi, della propria vita?) per trasmettere ad altri l’amore di Dio, e l’amore per Dio.

La prima indicazione su questo aspetto del “nostro” personaggio la troviamo all’inizio della lettera aiColossesi: Come avete anche imparato da Epafra, nostro caro compagno, il quale è un fedele ministro di Cristo per voi (Cl 1:7).

Paolo dice che c’era da imparare da questo uomo, ed inoltre che era non solo un ministro (servo) di Cristo, ma anche un “fedele” ministro per loro, cioè per i credenti di Colosse.

Che bel quadro di servizio che viene dipinto di questo uomo di Dio.

È sempre opportuno e necessario che i credenti si pongano davanti alla Scrittura e si chiedano:

“Cosa ho imparato sino ad ora dal Signore? L’ho fatto mio? Sono io qualcuno che gli altri devono considerare un esempio? Ho qualcosa da insegnare o trasmettere? Gli altri mi possono considerare fedele?”

Queste domande non devono inorgoglirci né farci “gonfiare”, piuttosto devono portarci alla riflessione e farci mettere umilmente davanti allo specchio della Parola di Dio.

Non voglio spingere nessuno a sentirsi in colpa, perché ciò non è mai utile, piuttosto è il Signore che ci deve stimolare ad ubbidire alla sua Parola dopo averla ascoltata.

Quanti messaggi abbiamo ascoltato da quando siamo credenti?

Quanta lettura della Bibbia abbiamo fatto?

E di tutto ciò cosa è entrato veramente nella nostra vita pratica?

Se ci sentiamo mancanti, non scoraggiamoci, perché con il Signore c’è sempre speranza.

Penso a Pietro che dopo aver tradito il suo Signore era tornato a fare il pescatore, ma il Signore era là ad aspettarlo! Forse Gesù ci aspettando e ci sta chiedendo “Mi ami tu?”.

Se davvero lo amiamo, allora che aspettiamo a servirlo?

C’è bisogno di ognuno di noi nella sua Chiesa.

(continua)