Seguici anche su Facebook!

Seguici anche su Facebook! Unisciti al Gruppo cliccando su:
https://www.facebook.com/groups/287768858057968/

mercoledì 31 marzo 2021

Una società in crisi

L’attuale crisi del ricco mondo occidentale è sotto gli occhi di tutti, così come le svariate iniziative per arginarla e porvi rimedio nel modo meno traumatico possibile. Ma molti si chiedono: Quali sono le vere cause? E se ci sono dei colpevoli, chi sono? Noi credenti abbiamo le idee abbastanza chiare, ma nel mondo ognuno ha le proprie idee e le proprie proposte, ognuno punta il dito contro qualcuno o qualcosa, e le conclusioni sono talmente diverse da rimanere disorientati. Ma anche Dio dice la sua, e Lui non si sbaglia.


La situazione della nostra società attuale non è cosa nuova; ce lo dice la storia e ce lo dice anche la Parola di Dio. Il popolo d’Israele, nei secoli che hanno preceduto la venuta di Cristo, ha vissuto le stesse nostre esperienze; e Dio ha parlato in quei momenti. Tramite il profeta Geremia, ha dovuto dire una frase che dovrebbe toccare le coscienze di tutti: “Il mio popolo ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente d’acqua viva e si è scavato delle cisterne, delle cisterne screpolate che non tengono l’acqua” (Geremia 2:13). Questa è la causa principale dei fallimenti di tutte le società, dei crolli degli imperi e delle ideologie. La fiducia nell’uomo e nelle sue risorse è assurda, e non può che deludere. Le idee degli uomini sono varie e contraddittorie, e fondamentalmente opposte al pensiero di Dio. Solo Lui, che ci ha creati e ci conosce bene, ci può dare nella sua infinita sapienza delle risposte e delle indicazioni giuste; ma pochi, purtroppo, hanno l’umiltà di ascoltarle.

All’epoca del profeta Geremia (circa 600 anni a. C.) c’era una grave crisi nel popolo di Dio, rassomigliante in modo sorprendente alle crisi dei tempi moderni. Egli avrebbe voluto vedere nei governanti onestà, equilibrio, prudenza, moralità, ma ha dovuto concludere: “Hanno rigettato la Parola del Signore; quale saggezza possono avere?” (8:9).

Anche il profeta Isaia si addolorava per la situazione morale della società del suo tempo; e diceva: “Non dicono in cuor loro: Temiamo il Signore, nostro Dio… Fra il mio popolo si trovano degli empi. Le loro case sono piene di frode; perciò diventano grandi e si arricchiscono… oltrepassano ogni limite di male. Non difendono la causa dell’orfano, non fanno giustizia nei processi… Uno inganna l’altro, non dice la verità; esercitano la loro lingua a mentire, si affannano a fare il male…” (5:26, 9:5). Non è forse uno specchio del nostro mondo?


Ma l’allontanamento da Dio e il rifiuto di sottomettersi alle Sue leggi non porta soltanto ad atti di egoismo e di sopraffazione. “Non vi rivolgete agli spiriti – ha ordinato Dio –   né agli indovini; non li consultate per non contaminarvi” (Levitico 19:3). Eppure, milioni di persone, anche nei nostri paesi cristianizzati, si danno a pratiche occulte e consultano maghi e chiromanti. Lo hanno sempre fatto, e lo fanno tuttora, persino i capi di stato di ogni paese del mondo per avere consiglio sulle decisioni da prendere! Libri e riviste di magia si trovano ovunque; i medium si fanno pubblicità con ogni mezzo. E Satana prende sempre più potere. 

“Se vi si dice: Consultate quelli che evocano gli spiriti e gli indovini… rispondete: Un popolo non deve forse consultare Dio? Si rivolgerà forse ai morti in favore dei vivi? Alla Legge! Alla testimonianza! Se il popolo non parla così non vi sarà per lui alcuna aurora! Andrà peregrinando per il paese affranto, affamato; quando avrà fame si irriterà, maledirà il suo re e il suo Dio; volgerà lo sguardo in alto, lo volgerà verso terra, ed ecco, non vedrà che difficoltà, tenebre, oscurità piena d’angoscia” (Isaia 8:19-22). 

E’ esattamente questo il drammatico caso della nostra società che ha perso tutti i punti di riferimento, che vive un presente irto di difficoltà e ha davanti a sé un futuro tenebroso.


La nostra società è sprofondata ancor più nella confusione da quando i princìpi morali che la Parola di Dio insegna sono stati considerati dei tabù ed eliminati dall’insegnamento e dalla vita. Errore fatale! Quella “libertà” tanto proclamata si è dimostrata una schiavitù, specialmente per le nuove generazioni. La crisi della famiglia ne è una prova evidente. Non si accettano i vincoli, ci si ribella alle costrizioni, si viene meno senza pudore ai doveri e agli impegni presi. Si parla tanto di rispetto per la persona umana e non si tiene conto che le separazioni e i divorzi, commessi con disinvoltura e in nome della libertà personale, sono atti di violenza che producono immense sofferenze sia nei bambini e nei ragazzi che negli adulti, e sono causa di depressioni, di suicidi, di omicidi. 

I tradimenti sono atti di viltà, non espressione di libertà. Ma Satana è astuto nel far passare il male per bene, e chi è lontano da Dio lo segue, a volte senza nemmeno rendersene conto. 

“Il Signore è testimone fra te e la moglie della tua giovinezza, verso la quale agisci slealmente, sebbene essa sia la tua compagna, la moglie alla quale sei legato da un patto”; è questo il rimprovero che il profeta Malachia (2:14) faceva da parte di Dio agli adulteri del suo popolo. 


In un’atmosfera di totale mancanza di pudore, le perversioni sessuali sono oggi considerate da molti come normali manifestazioni d’amore. Sembrano per oggi queste parole: “Commettono delle abominazioni; non si vergognano affatto, non sanno che cosa sia arrossire… Quando Io li visiterò saranno abbattuti” (Geremia 8:12). 

I peccati descritti in Levitico 18, e per i quali Dio ha dovuto punire i popoli pagani, sono praticati liberamente e con arroganza, sfidando Dio, come se noi, poveri esseri umani, fossimo più grandi di Lui e potessimo impunemente beffarlo. “Non avrai relazioni carnali con la moglie del tuo prossimo… Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna: è cosa abominevole. Non ti accoppierai con nessuna bestia… E’ una mostruosità. Non vi contaminate con nessuna di queste cose; poiché con tutte queste cose si sono contaminate le nazioni che io sto per scacciare davanti a voi. Il paese ne è stato contaminato; per questo io punirò la sua iniquità; il paese vomiterà i suoi abitanti”


Stando così le cose, cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Una cosa è certa: Dio punirà questo mondo, come anticamente ha punito Sodomia e Gomorra e più tardi le nazioni pagane; come ha punito anche Israele quando ha commesso i medesimi peccati. 

“Il Signore vi chiama in questo giorno a piangere, a fare lamento… ed ecco che tutto è gioia, tutto è festa… Si mangia carne, si beve vino. ‘Mangiamo e beviamo, poiché domani morremo!’ Ma il Signore me l’ha rivelato chiaramente: No, questa iniquità non la potrete espiare che con la vostra morte” (Isaia 22:12-14). 

La nostra società dei consumi e del piacere sarà dunque giudicata. “Il Signore toglierà via il lusso… degli orecchini, dei braccialetti… dei vasetti di profumo, degli anelli, degli abiti da festa, delle borse, degli specchi, delle camicie finissime… Invece di profumo, si avrà fetore; invece di cintura, una corda; invece di riccioli, calvizie… Un marchio di fuoco invece di bellezza… Cosa farete voi quando verrà la fine?” (Isaia 3:18,5:31). 

Ma noi credenti, a quelli della nostra generazione disorientati e impauriti, abbiamo il privilegio di annunciare la via per scampare ai castighi di Dio e ad una eternità di pene. Possiamo dire loro: “Cercate il Signore mentre lo si può trovare, invocatelo mentre è vicino. Lasci l’empio la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; si converta al Signore che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare” (Isaia 55:6-7). Mentre il Signore dice a noi: “Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà” (Romani 12:2).


A. Apicella

31 marzo - La vera felicità

“Io so i pensieri che medito per voi”, dice il SIGNORE: “pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza”.

Geremia 29:11

 

… La speranza della vita eterna promessa prima di tutti i secoli da Dio.

Tito 1:2

 

La vera felicità

 

La ricerca della felicità è un potente motivo che impegna l’uomo con ogni sforzo possibile. Ma esiste qualche bene durevole sulla terra? Dio dà all’uomo molte gioie di cui può godere: per esempio, il matrimonio, la nascita d’un figlio, la bellezza del creato... Ma i disastri, le catastrofi, la brutalità, e tutti i tracolli morali provocati da ciò che Dio chiama “peccato” provocano tristezza e paura.

Apriamo la Bibbia. Dio ci parla di felicità: “I miei servi canteranno per la gioia del loro cuore” (Isaia 65:14). Quella dei credenti è una felicità che nessuno può togliere perché viene da Dio. Come sperimentarla? Credendo all’Evangelo, la “buona notizia” della Sua grazia e del Suo perdono. Dio dà una vita nuova a chi ha fede in Gesù Cristo, Suo Figlio. Egli ama ciascuno di noi, perché è amore. “Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi”, scrive Giacomo (4:8).

Questa felicità che la fede procura accompagna il credente per tutta la sua vita. Riguardo al passato, essa è la gioia di essere liberati dalle colpe (Salmo 32:5), e la certezza del perdono di Dio; quanto al presente, è la dolcezza di una reale comunione con Dio. Infine, per il futuro, le ansie e i timori sono mitigati perché c’è la certezza che Dio conduce i Suoi figli verso una meta beata, anche se devono camminare per un sentiero irto di difficoltà. Gesù verrà a prendere i Suoi per portarli in cielo, “e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole” (1 Tessalonicesi 4:17).

martedì 30 marzo 2021

Quattro piccoli animali

In Proverbi 30 leggiamo: “Ci son quattro animali fra i più piccoli della terra, e tuttavia pieni di saggezza: le formiche, popolo senza forza, che si preparano il cibo durante l'estate; i conigli, popolo non potente, che fissano la loro abitazione nelle rocce; le locuste, che non hanno re, e procedono tutte, divise per schiere; la lucertola, che puoi prender con le mani, eppur si trova nei palazzi dei re” (v. 24-28).

 Agur, autore di questo capitolo dei Proverbi ricco di insegnamenti, si sofferma su quattro animali che lui ritiene “pieni di saggezza” pur essendo fra i più piccoli della terra. Possiamo subito rispecchiarci in questo versetto introduttivo: noi credenti siamo, o meglio dovremmo ritenerci, tra i più piccoli di questa terra; non dovremmo trarre da noi alcun vanto, ma trovare il nostro vanto e la nostra saggezza nel Signore. 

Ben si addice a noi quello che l’apostolo Paolo scrive alla chiesa di Corinto: “Infatti, fratelli, guardate la vostra vocazione; non ci sono tra di voi molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, perché nessuno si vanti di fronte a Dio. Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione; affinché, com'è scritto: Chi si vanta, si vanti nel Signore” (1 Corinzi 1:26-31). 

La nostra saggezza quindi viene dall’alto, è divina; che privilegio per delle creature indegne come noi avere “lo Spirito che viene da Dio, per conoscere le cose che ci sono state donate da Dio” (1 Corinzi 2:12)! Sempre in questo capitolo Paolo dice, riprendendo un passo di Isaia: “Ma com'è scritto: ‘Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell'uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano’. A noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito, perché lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio” (1 Corinzi 2:9-10). Che possiamo ritenere queste meravigliose verità che il Signore ci ha dato di conoscere per poter camminare su questa terra secondo la Sua volontà (Giacomo 3:17), per esercitare le nostre facoltà a discernere il bene dal male (Ebrei 5:12-14) ed essere in grado di esortare i nostri fratelli o di convincere chi vuole contraddire (Tito 1:9 e Atti 6:10). 

Ora ci soffermeremo su ciascuno dei quattro animali riportati in questo breve brano.


Le formiche

“Va’, pigro, alla formica; considera il suo fare, e diventa saggio!” (Proverbi 6:6). 

Le formiche sono un grande esempio di saggezza per noi; nel corso dell’estate raccolgono le riserve che serviranno da nutrimento nelle altre stagioni. Nel v. 25 le formiche sono definite “un popolo senza forza”, eppure sappiamo che sono in grado di portare un peso pari al doppio della loro massa corporea. Anche noi ci ritroviamo ad essere molto spesso senza forza, ma con l’aiuto del Signore siamo in grado di sopportare anche i più grandi pesi che le circostanze della vita talvolta ci pongono sul cammino. Il Signore ci vuole aiutare a portare i pesi che ci opprimono ed è solo facendo affidamento su di Lui che potremo liberarci da tutto ciò che ci affatica (Matteo 11:28). 

Inoltre la formica ci dà un insegnamento contro il pericolo della pigrizia spirituale. Come le formiche preparano il cibo durante l’estate, anche noi dovremmo essere accorti nel prepararci “una riserva” di cibo spirituale per poter affrontare al meglio le situazioni difficili. Quanto ci nutriamo e quanto desideriamo nutrirci della Parola di Dio, il nostro vero cibo spirituale? L’invito non è a nutrirci della Parola di Dio solo nell’arco di un periodo dell’anno, come nel caso della formica. Sappiamo quanto è utile nutrirci della Parola e cercare una relazione stretta con Dio anche attraverso la preghiera sin dal mattino, per poter affrontare al meglio il resto della giornata con le risorse che Lui ci ha dato. 

Anche il popolo d’Israele era invitato a raccogliere la manna al mattino e in quantità necessaria per il nutrimento quotidiano (Esodo 16:15-21). La manna è una figura della Parola di Dio e del Signore, il pane della vita (Giovanni 6); noi ci nutriamo  di Cristo tramite la sua Parola. Ricerchiamo anche noi questo “pane” tutti i giorni sin dal mattino? Nel resto della giornata sopraggiungono gli impegni, le distrazioni e la stanchezza, che possono rendere meno efficace la lettura e impoverire il nutrimento delle nostre anime. 

Anche il “mattino” della vita, quando si è giovani e nel pieno delle facoltà mentali e della memoria, è il tempo adatto per fare “provvista” di conoscenza della Parola; sarà molto utile nell’età avanzata oltre che nei periodi difficili.

 

I conigli

Il coniglio è un esempio di consapevole debolezza e di umiltà. Quanti di noi si ritengono deboli? L’orgoglio spesso ci induce a crederci potenti, più forti delle circostanze che incontriamo sia nel cammino terreno sia nel nostro percorso spirituale. Quando tendiamo ad innalzarci sopra gli altri, a “volare alto”, dimentichiamo il fondamento sul quale dovremmo essere ben saldi e sul quale invece spesso dovremmo tornare per cercare il nostro rifugio. Il nostro fondamento è Cristo, la rocca nella quale trovare rifugio. “Il Signore è la mia rocca, la mia fortezza, il mio liberatore; il mio Dio, la mia rupe, in cui mi rifugio, il mio scudo, il mio potente salvatore, il mio alto rifugio” (Salmo 18:2). Siamo invitati a condividere anche noi questa meravigliosa certezza del salmista e a fondare “la nostra dimora” sulla roccia (Matteo 7:24-27). Evitiamo di guardare a noi e di alimentare il nostro orgoglio, ma volgiamo umilmente il nostro sguardo a Cristo, ricerchiamo il suo aiuto in tutte le circostanze, anche in quelle che riteniamo più semplici da risolvere. 

Dio nella sua infinita benevolenza ci ha dato il privilegio di “far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo”, ma che questo “tesoro” è stato riposto “in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio anziché a noi” (2 Corinzi 4:6-7). Pertanto, essendo consapevoli di essere vasi fragili, riponiamo tutta la nostra fiducia nella grazia e nella potenza di Dio. Talvolta il Signore può darci qualche “lezione” per abbassare il nostro orgoglio, per invitarci a riporre la nostra piena fiducia in Lui e nelle Sue risorse e farci capire che senza di lui non possiamo fra nulla (Giovanni 15:5). 

L’apostolo Paolo ha sperimentato sulla propria pelle l’intervento divino in tale direzione: “E perché io non avessi a insuperbire per l'eccellenza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi affinché io non insuperbisca. Tre volte ho pregato il Signore perché l'allontanasse da me; ed Egli mi ha detto: ‘La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza’. Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte” (2 Corinzi 12:7-10).


Le locuste

Le locuste sono un esempio di ordine e di unità. Agur ne parla come di un popolo che procede per schiere pur non avendo re. Noi credenti non dovremmo avere capi sulla terra, perché il capo è Cristo, glorificato nel cielo alla destra di Dio Padre. Il popolo di Israele doveva riconoscere Dio come l’unica autorità, ma l’infedeltà e il desiderio di essere simili alle nazioni confinanti l’aveva spinto a chiedere a Samuele un re: “A Samuele dispiacque questa frase: ‘Dacci un re che amministri la giustizia in mezzo a noi’. Perciò Samuele pregò il SIGNORE. Allora il SIGNORE disse a Samuele: ‘Da' ascolto alla voce del popolo in tutto quello che ti dirà, poiché essi non hanno respinto te, ma me, affinché io non regni su di loro’” (1 Samuele 8:6-7). Dio aveva a più riprese comandato a Israele di non imitare ciò che facevano le altre nazioni, ma, nella Sua onniscienza, sapeva che il popolo avrebbe un giorno chiesto un re e nella Sua benevolenza aveva già dato delle predisposizioni in proposito (Deuteronomio 17:14-20). Com’è confortante sapere che il Signore conosce in anticipo le nostre mancanze e le nostre debolezze, e ha provveduto a darci indicazioni anche su delle scelte sbagliate, sempre attraverso la Sua Parola. 

Queste cose avvennero loro per servire d’esempio” a noi “affinché non siamo bramosi di cose cattive, come lo furono costoro” (1 Corinzi 10:6, 11). Non “guardiamoci intorno” e non cerchiamo di assomigliare alle persone che ci stanno intorno, né nella nostra vita individuale né nelle nostre adunanze, dove l’unica autorità è quella del Signore esercitata per mezzo dello Spirito Santo: “È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo”(Efesini 4:11-13); “Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune… ma tutte queste cose le opera quell'unico e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno in particolare come vuole” (1 Corinzi 12:6-7,11). 

Purtroppo in molte comunità cristiane vengono designati dei conduttori con sistemi umani, invece di riporre la fiducia nell’autorità che proviene dall’alto e che provvederà ai bisogni di tutti coloro che sono radunati. Il procedere “per schiere” delle cavallette ci ricorda l’unità di intenti e l’ordine e la disciplina che ci dev’essere nelle chiese, perché il nostro Dio non è un Dio di confusione, e perché ogni cosa si faccia per l’edificazione comune (1 Corinzi 14:26-33). Vi possono essere delle incomprensioni, ma Paolo scriveva agli Efesini: “Vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, sforzandovi di conservare l'unità dello Spirito con il vincolo della pace” (Efesini 4:1-3). Come cantiamo spesso: 


Il frutto della nostra fede comune potrà moltiplicarsi solo se la nostra testimonianza è efficace, e lo sarà tanto di più se non permettiamo che si manifestino quelle incomprensioni che talvolta rendono difficile la vita d’assemblea. 


Le lucertole

Il quarto animale di questo breve brano è per il credente un esempio della gloria futura. Nella prima parte del versetto è messa in rilievo la piccolezza di questo animaletto, tanto che può essere tenuto  nel palmo della mano. L’uomo si crede grande, ma che cos’è nei confronti del grande Creatore di cui è scritto: “Egli è assiso sulla volta della terra, da lì gli abitanti appaiono come cavallette” (Isaia 40:12, 22). Quando pensiamo che il nostro pianeta è un minuscolo punto nell’universo e che noi, a nostra volta, siamo un minuscolo punto sulla terra, ci rendiamo conto di quanto siamo piccoli di fronte al nostro Creatore (Salmo 8: 3-4). 

Ma alla nostra pochezza fisica si aggiunge la pochezza morale: “Come può dunque l’uomo essere giusto davanti a Dio? Ecco, la luna stessa manca di chiarore e le stelle non sono pure agli occhi di Lui; quanto meno l’uomo che è un verme, il figlio dell’uomo che è un vermiciattolo”  (Giobbe 25:4-6). Ma se siamo degli esseri ignobili, lontani da Dio, “per natura figli d’ira”, e paragonati a dei vermi, la Parola ci rivela l’insondabile mistero della grazia e della misericordia divina nei nostri confronti: “Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo (nei luoghi celesti) in Cristo Gesù” (Efesini 2:3-7). 

Quando Davide si insediò come re a Gerusalemme, Mefiboset, un discendente di Saul (leggere 2 Samuele 9: 1-13) zoppo da entrambi i piedi, aveva tutti i motivi per aver paura di lui; Davide, a più riprese perseguitato da Saul, avrebbe potuto vendicarsi sulla sua discendenza. Ma qui c’è il trionfo dell’amore; Davide lo fa cercare e gli restituisce ciò che prima apparteneva a  Saul. Di fronte a quest’atto di grazia, Mefiboset dice: “Che cos'è il tuo servo, perché tu ti degni di guardare un cane morto come sono io?”. Il re Davide non solo non lo disprezza, ma subito dichiara che Mefiboset avrebbe mangiato per sempre alla sua mensa, nel palazzo del re, nonostante la sua menomazione. 

Per quanto ci riguarda, il Signore si è interessato a noi, ci ha cercato, ci ha trovato e ci ha preparato un posto nella Casa del Padre. Quando ci siamo resi conto di essere dei peccatori perduti e abbiamo creduto al Suo sacrificio, il Signore ha fatto di noi dei figli di Dio, e ora “non si vergogna” di chiamarci fratelli (Ebrei 2:11). 

“Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo” (Giovanni 17:24). Come sarà meraviglioso quel giorno in cui potremo apprezzare da vicino la gloria del nostro Re e Salvatore, rivestendo non più dei corpi ignobili, ma gloriosi, incorruttibili e potenti (1 Corinzi 15: 42-44). “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo… In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà, per essere a lode della sua gloria; noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo” (Efesini 1:3, 11-12).

Che queste verità possano scaldare i nostri cuori e portarci a servire il Signore con tutte le nostre forze, come si conviene, con saggezza, umiltà, disciplina e amore per gli altri, nell’attesa di entrare “nei palazzi del Re”!


G.L. Molinari

30 marzo - “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio.

1 Pietro 3:18

 

“Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

Le domande della Bibbia

 

Quel grido l’ha emesso il Signore Gesù nel momento più solenne della crocifissione. Ma può pronunciare una frase così angosciosa qualcuno che, come Lui, si è sempre confidato in Dio? Già nel Salmo 22, che descrive in anticipo le sofferenze espiatorie del Salvatore, sono scritte quelle parole; ma il Salmo si conclude poi con un canto di vittoria!

Il re Davide aveva detto: Io sono stato giovane e sono anche divenuto vecchio, ma non ho mai visto il giusto abbandonato” (Salmo 37:25). Eppure, il solo uomo perfettamente giusto ha dovuto essere abbandonato… Durante le tre ore buie della croce, l’abbandono è stato completo. E alla fine, a quel grido, nessuna risposta si è udita.

Ma perché il Figlio di Dio, l’uomo perfetto, era là? Nulla della Sua vita aveva motivato quell’abbandono. Perché è stato sottoposto ai patimenti (Isaia 53:10)? Egli ha sofferto perché ha preso il posto che toccava a me e a te sotto il giudizio di Dio. Per amore, ha portato i peccati di tutti quelli che credono, è stato “fatto diventare peccato per noi”  (2 Corinzi 5:21).

Alla croce, Gesù incontrò Dio come un giudice che non può rinunciare alla propria santità, e Dio fece cadere su Lui il castigo contro il peccato. Per questo, momentaneamente, si allontanò da Lui. Questo era l’amore di Dio che dava il proprio Figlio per la salvezza degli uomini peccatori!

lunedì 29 marzo 2021

L'indifferente

“Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono” Giov. 13:13.

“Avvicinatevi a me, ascoltate questo: Fin dal principio io non ho parlato in segreto” Isaia 48:16.


Ho ascoltato con interesse l'intervista ad un anziano insegnante. Sono rimasto colpito dal suo sfogo, dalla sua delusione. Diceva: ho conosciuto ogni tipo di alunni, ma fra questi ve n'era una categoria che mi hanno lascito un ricordo penoso. Erano educati, composti, di indole allegra, ma non si interessavano di niente. Ogni cosa per loro era indifferente. Niente riusciva ad attirare la loro attenzione, in qualsiasi direzione fossero orientate le attività scolastiche. Gli sguardi erano vuoti, assenti, privi di interesse.

Punirli? Fatica inutile. Rimanevano insensibili a tutte le sanzioni. In altre parole erano indifferenti a tutto. Non ho conosciuto nessun'altra condizione più inutile per un maestro.

Ebbene questo tipo di allergia ad ogni insegnamento è ancora più grave se relativa alla salvezza delle anime. C'è una moltitudine per la quale la croce non significa nulla.

Può lasciarvi indifferenti l'amore di Dio, ma badate bene questa indifferenza è come una malattia che non fa altro che peggiorare col passare del tempo. Il cuore si indurisce, niente lo tocca. Diventa come un sentiero così duro che nessun seme vi può più penetrare ne germogliare, fino al suo epilogo finale: la morte eterna. Là il Grande Trono Bianco non vi lascerà indifferenti. No! Là non potrete non essere interessati o essere distratti. Quella sarà l'ultima tappa prima del luogo del pianto e dello stridor dei denti dove non vi mancherà certo il tempo per meditare su tutta la vostra follia.

29 marzo - “Adesso amo Gesù!”

Noi abbiamo conosciuto l’amore che Dio ha per noi.

Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo.

1 Giovanni 4:16, 19

 

“Adesso amo Gesù!”

 

Stavo distribuendo degli opuscoli di contenuto cristiano a bordo del convoglio di una metropolitana affollata. Pochi ringraziavano, altri rifiutavano o li mettevano in borsa con noncuranza. Una giovane donna, che aveva l’aspetto di un’Indiana, si mise subito a leggerlo. Il suo viso dimostrava interesse e gioia. Mi guardò e mi ringraziò.

Questo m’incoraggiò a chiederle: “Lei è cristiana? – Sono nata Indù”, rispose a bassa voce. Poi, ad alta voce, distintamente, con un’espressione di grande gioia sul volto, aggiunse: “Ma adesso amo Gesù!”. Soggiunsi: “Lei ha la certezza del perdono dei suoi peccati? Crede in Lui?” La vidi annuire con convinzione. Il convoglio si fermò, e la donna scese.

“Amo Gesù!” Nessuno mi aveva mai affermato questo con tanta convinzione come quella donna proveniente da una religione pagana, ma che aveva dato il cuore al Signore Gesù.

Dio conosce ciascuno di quelli che gli appartengono. Quante persone che hanno solo un’etichetta di cristianesimo vivono in modo apparentemente religioso, ma senza che il loro cuore appartenga al Signore Gesù!

Io amo Gesù! Anche tu? Se è così, potrai dimostrare il tuo attaccamento a Lui e dare la tua testimonianza ubbidendo alla Sua Parola. Egli stesso dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui” (Giovanni 14:23).

domenica 28 marzo 2021

Attenzione

“Perciò, chi pensa di stare in piedi guardi di non cadere” 1 Cor. 10:12.


Forse, leggendo questo versetto ci viene da pensare che una simile esortazione non sia per noi; che sia applicabile per gli altri, ma non noi; noi frequentiamo regolarmente le riunioni, noi leggiamo più o meno regolarmente la Bibbia, noi che facciamo la nostra preghiera giornaliera, noi che non ….

Ebbene, proprio ragionando così esprimiamo quel che dice il versetto: “chi pensa di stare in piedi”, cioè chi si sente sicuro, forte, al riparo da tutto, saldo nelle sue buone abitudini; proprio lui deve far attenzione di non cadere!

Se penso di stare ritto in virtù delle mie convinzioni, cadrò. Solo Cristo mi può mantenere in piedi e solo su di Lui, ogni mattina, devo riporre la mia fiducia. L'apostolo diceva: “Quando sono debole, allora sono forte”.

Pietro pensava di essere forte e disse al Signore: “Quand'anche tutti fossero scandalizzati io non lo sarò” Marco 14:29. Ma sappiamo ciò che accadde.

28 marzo - “Dov’è il tuo Dio?”

Le mie lacrime sono diventate il mio cibo giorno e notte, mentre mi dicono continuamente: “Dov’è il tuo Dio?”

Le mie ossa sono trafitte dagli insulti dei miei nemici che mi dicono continuamente: “Dov’è il tuo Dio?”

Salmi 42:3, 10

 

“Dov’è il tuo Dio?”

Le domande della Bibbia

 

Chi potrebbe fare questa domanda? Forse una persona che ne deride un’altra perché è cristiana, o un detenuto incredulo che divide la cella con un credente incarcerato per la sua fede… Quanta sofferenza essere perseguitati senza motivo! E il credente dovrebbe rispondere o tacere? Solo il Signore lo guiderà in quella dura prova, e gli “insegnerà in quel momento stesso” (Luca 12:12) quello che dovrà dire.

Dov’è il mio Dio? Quando sopporto l’ostilità, l’ingiustizia, l’odio… l’attacco non è diretto contro il credente, ma contro Dio stesso. Se è fermo nella fede, se non cede alle pressioni, chi è incarcerato perché credente dimostra che Dio è vivente e che sostiene i Suoi figli. Con o senza parole, l’Evangelo è annunciato proprio in quel luogo dove nessun credente sarebbe andato di sua spontanea volontà.

Gesù ha accettato ogni genere di affronto. Lo hanno bendato e, bastonandolo, gli chiedevano: “Indovina, profeta! Chi ti ha percosso?” (Luca 22:64). Altri: “Se tu sei Figlio di Dio, scendi giù dalla croce!” (Matteo 27:40). Ma il Signore è rimasto là, e ha compiuto fino in fondo la Sua missione. Là ha portato i nostri peccati e ha glorificato Dio. Ora Gesù è nel cielo dove intercede per quelli che lo seguono e prega per chi si sente mancare le forze… Con umiltà, il credente fa salire a Lui una preghiera: “So che puoi liberarmi o lasciarmi nella prova, ma aiutami a non rinnegarti”.


sabato 27 marzo 2021

27 marzo - La triste storia di Caino (parte 3/3)

Caino si allontanò dalla presenza del SIGNORE… Quindi si mise a costruire una città.

Genesi 4:16-17

 

Tu (o Dio) m'insegni la via della vita.

Salmo 16:11

 

3. La triste storia di Caino

 

In ogni tempo, i Caino hanno perseguitato e ucciso gli Abele. Ma Caino non si fermò all’omicidio di Abele; avendo udito il giudizio di Dio e senza implorare il Suo perdono, “si allontanò dalla presenza del SIGNORE (v. 16). Caino edificò una città e diede origine a una famiglia di lavoratori della terra e cacciatori, fra i quali si coltivavano anche le arti e le scienze: agricoltori, musicisti, lavoratori di metalli.

Egli non si preoccupa di essere perdonato, perché non si preoccupa di Dio; desidera solo allontanarsi dalla Sua presenza ed affermarsi nel mondo e nelle proprie imprese. Pensa di poter vivere benissimo senza Dio, perciò si accinge ad abbellire il mondo meglio che può, per stabilirvisi onorevolmente e rendersi rispettabile, benché agli occhi di Dio sia maledetto, fuggiasco e vagabondo.

Questa è “la via di Caino” di cui parla la Lettera di Giuda al v. 11, quella “via larga” che milioni di persone, anche religiose, percorrono ancora oggi. Forse fanno sforzi encomiabili per migliorare il mondo, ma Cristo, il solo mezzo di purificazione preparato da Dio, è respinto. Questa è veramente “la via di Caino”.

Non dimentichiamo che è posta davanti a noi un’altra via, la “via della vita”, l’unica che dobbiamo imboccare per arrivare alla “vita eterna”. E questa via è Gesù Cristo, che ha detto: Io sono la via, la verità e la vita” (Giovanni 14:6).

venerdì 26 marzo 2021

Sola con Gesù (Giovanni 8:11)

Il Vangelo di Giovanni ha un carattere del tutto particolare. In esso lo Spirito Santo mette davanti a noi la persona del Figlio di Dio, la Parola, la vita eterna, il vero Dio. Non presenta il Messia come in Matteo, né il servitore come in Marco, o l’Uomo perfetto come in Luca, ma il Figlio, quello che era in Se stesso fino dall’eternità e che Israele e il mondo hanno rigettato; quello che era per ogni persona oppressa dai peccati.

Il nostro Signore ha trascorso la notte in disparte sul monte degli Ulivi. All’alba è di nuovo presente nel tempio per insegnare al popolo. Gli scribi e i farisei portano alla Sua presenza una donna adultera, una persona riguardo alla quale non si poteva avere nessun dubbio, poiché era stata sorpresa sul fatto. E ricordano quello che la Legge esigeva: “Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne; tu, che ne dici?” (v.5).

Questi uomini vogliono mettere Gesù in una situazione imbarazzante. La loro tattica è molto abile, ma cosa sono le astuzie dell’uomo alla presenza di Dio? Se Gesù ordina di lapidarla potranno dire che non è migliore di Mosè. E se dice che non va lapidata, potranno accusarlo di annullare la legge. Ma Gesù non dice né l’una né l’altra cosa. La legge è stata data da Dio, e il Signore la lascia sussistere in tutta la sua dignità, la sua forza e il suo rigore. Non è venuto per annullare la legge, ma per compierla e glorificarla, al più alto livello, nella sua vita e nella sua morte.

L’apostolo Paolo dichiara che “la legge è buona se uno ne fa un uso legittimo” (1 Timoteo 1:8). Se fosse morta e messa da parte, non si potrebbe dire che sia buona, poiché ciò che è morto non è buono a niente. Ma allora, per che cosa è buona la legge? Non per giustificare, ma per convincere di peccato, non come regola di vita, ma come avvertenza di morte. E’ così che il Signore la usa in questa circostanza; rivolge la spada della legge contro gli uomini che l’avevano diretta contro la donna peccatrice. Verso di loro Gesù non poteva avere nessuna pietà. Gli avevano portato la donna, perché si pronunciasse e si eseguisse il giudizio contro di lei, ma Lui non era venuto per giudicare, bensì per salvare. E se giudicava, il suo giudizio era vero (v.16). Quanto “vero” si è manifestato nel caso di quegli scribi e di quei farisei! Avevano accusato la donna e avrebbero accusato volentieri il Salvatore, ma Gesù li porta ad accusare se stessi. “Gesù, chinatosi, si mise a scrivere in terra” (v. 6). Quegli uomini avevano a che fare con il grande Legislatore in persona, Colui il cui dito un tempo aveva scritto le tavole della legge (Esodo 31:18). Quanto poco avevano afferrato questo! Si richiamavano alla legge contro una peccatrice per trovare un motivo di accusa contro il Legislatore! Erano in presenza del Legislatore, con la legge in bocca ed erano essi stessi colpevoli!

“Siccome continuavano ad interrogarlo, Egli si alzò e disse loro: Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei!” Volevano avere una risposta e Gesù la dà loro. Vogliono metterlo prima del tempo sul trono del giudizio; ma allora avrebbe dovuto giudicarli tutti. Non poteva esercitare un giudizio parziale. Non poteva condannare l’uno e lasciar andare gli altri. Così, non ha condannato nessuno di loro. Il Signore non era venuto per scagliare la pietra sul peccatore colpevole e quegli uomini non potevano indurlo a compiere un tale atto. Lì c’è il peccatore, c’è la legge e anche il Legislatore; ma chi oserà eseguire il giudizio in sua presenza? 

“E chinatosi di nuovo scriveva in terra”. Il risultato è che la coscienza dei presenti è esercitata. “Essi, udito ciò, uscirono uno a uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi; e Gesù fu lasciato solo con la donna che stava là in mezzo” (v. 9).

Quegli uomini si avvolgevano nel mantello della propria santità; per questo non potevano sopportare la luce divina. Per essere in grado di stare alla presenza di Dio, dobbiamo prendere il nostro vero posto di uomini perduti, colpevoli. Ma gli scribi e i farisei non avevano preso quella posizione. Erano uomini stimati, ma ora che la luce di Dio brillava su di loro in tutto il suo splendore, non osavano dire di essere senza peccato. Non restava loro altro da fare che andarsene il più rapidamente possibile. Chi teme di perdere la propria reputazione non può stare alla luce della presenza di Dio. “Quello che è eccelso tra gli uomini, è abominevole davanti a Dio” (Luca 16:15). 

Gli scribi e i farisei escono; non insieme, ma “a uno a uno”. La coscienza è un affare personale. Non sono pronti a togliersi il mantello della propria giustizia. Cristo, la “luce del mondo” (v. 12), risplende in tutto il fulgore dei suoi raggi celesti, ma questi uomini dal cuore indurito non possono sopportare la Sua santità. Escono e lasciano la donna sola con Gesù.

Che momento per lei! Non c’è stata risposta, non è stata pronunziata nessuna condanna, non una sola pietra, nessun esecutore di giudizio. Eppure, non è una peccatrice? Sì, una peccatrice che è stata scoperta. La legge non è forse contro di lei? Certo, ma Gesù è lì, personificazione divina della "grazia". Nel cuore di Gesù c’era la grazia e la verità. Entrambe risplendono, ciascuna con il suo particolare fulgore. La verità, in tutta la sua forza morale, aveva scacciato gli accusatori, ed ora la grazia appare in tutta la sua forza. Gesù dice alla donna: “Neppure io ti condanno”. Solo Gesù sapeva quanto dovevano costargli tali parole rivolte ai peccatori. Dovevano costargli la vita. La donna aveva meritato la morte, secondo la sentenza inesorabile della legge. Gesù non ha annullato questa sentenza, ma l’ha presa su di Sé. Lui, senza peccato, l’unico ad avere il diritto di condannare il peccatore, doveva esporre se stesso ai colpi del giudizio divino.

Dio non poteva “sopportare” (Romani 3:25), perdonare o cancellare i peccati su un altro fondamento se non quello del sacrificio del Suo Figlio. “Senza spargimento di sangue, non c’è perdono” (Ebrei 9:22). Solenne, ma gloriosa parola! Solenne perché ci fa vedere che cos’è il peccato, gloriosa perché ci fa sapere che cos’è il perdono.

L’opera di Cristo è il fondamento della nostra salvezza e la Sua parola è l’autorità che ci dichiara che siamo salvati. E’ su questo fondamento e su questa parola che si può riposare chiunque lo voglia, fin da ora e per l’eternità.


C. H. Mackintosh

Spiritualmente esauriti

L'esaurimento è il segno che le forze vitali si sono logorate.

Quando si è esauriti spiritualmente la causa è da ricercare nella mancanza di servizio.

Sono coloro che preferiscono non prendere il Suo giogo, quelli si stancano e non trovano riposo.

“Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero.” Matteo 11:29-30. 

L'essere o non essere esauriti dipende da dove si prendono le riserve di energia.

“Egli dà forza allo stanco, e accresce vigore a colui ch'è spossato. I giovani s'affaticano e si stancano; i giovani scelti vacillano e cadono, ma quelli che sperano nell'Eterno acquistan nuove forze, s'alzano a volo come aquile; corrono e non si stancano, camminano e non s'affaticano”  Isaia 40:29-31.

26 marzo - La triste storia di Caino (parte 2/3)

Il Signore disse a Caino: “… Perché sei irritato? Se agisci bene, non rialzerai il volto? Ma se agisci male, il peccato sta spiandoti alla porta, e i suoi desideri sono rivolti contro di te; ma tu dominalo!”... Caino si avventò contro Abele, suo fratello, e l’uccise.

Genesi 4:6-8

 

2. La triste storia di Caino

 

Caino è accecato dalla gelosia, dall’invidia, dall’odio. Non può amare suo fratello perché non ama Dio e non osserva i Suoi comandamenti (1 Giovanni 5:2); non può avere pace perché non è in pace con Dio. Aspetta solo il momento propizio per tendere un tranello ad Abele e ucciderlo. E il giorno arriva. Caino uccide Abele. Ora, il sangue di Abele “grida” a Dio dalla terra sulla quale è stato versato. Quel Dio a cui Caino si è rifiutato di sottomettersi, ma al quale deve, volente o nolente, rendere conto, gli si fa incontro e gli pone due domande: “Dov’è Abele, tuo fratello?” e “Che hai fatto?” (Genesi 4:9,10). Alla prima risponde “Non lo so”, alla seconda non risponde nemmeno, perché si avvede che Dio è al corrente di tutto.

Così, il Dio santo e un uomo peccatore, il Dio che dà la vita e un uomo che l’ha violentemente tolta, sono lì, uno di fronte all'altro. E il Giudice di tutta la terra pronuncia la condanna: “Ora tu sarai maledetto, scacciato lontano dalla terra che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano”.

Quanti Caino nel nostro mondo di oggi! E quale giudizio li attende! Ma ogni peccato commesso, anche il più grave, può essere, oggi ancora, cancellato dal sangue del Signore Gesù, che “ci purifica da ogni peccato” (1 Giovanni 5:7).

(segue)


giovedì 25 marzo 2021

Una mattina speciale

Tutti noi siamo, con la vita che viviamo, in attesa di qualcosa.  Il lavoratore attende il weekend per il riposo, oppure le ferie o l’agognata pensione. Aspettiamo i risultati di un esame medico, lo studente attende il giorno degli esami. La nostra vita viene vissuta in una costante attesa di qualcosa, di qualcosa di speciale che illumini la nostra esistenza.

Ogni mattina ci appare come una promessa di rinnovamento, di un inizio nuovo, della possibilità di vivere qualcosa di diverso.

Ma ci fu una mattina diversa dalle altre. Sembrava la più triste, ma si rivelò la più grandiosa. Per le donne venute al sepolcro di Gesù, quella era una mattina di lutto, di tristezza, di delusione profonda. Gesù era stato crocifisso, e le speranze che avevano riposto in lui si erano infrante…

“La mattina del primo giorno della settimana, molto presto, vennero al sepolcro al levar del sole” Marco 16:2.

Invece, quel giorno stava per rivelarsi un giorno di stupore e di gioia. Stupore nel vedere che la pesante pietra che impediva l’accesso al sepolcro era stata rotolata, ed emozione constatando che il sepolcro era vuoto! Ma dov’era Gesù? Dove avevano messo il suo corpo? 

“Perché cercate il vivente tra i morti? Egli non è qui, ma è risuscitato”. Luca 24:5-6

Le donne furono confortate prima dalle parole degli angeli: “Perché cercate il vivente tra i morti?”, e poi dall’incontro con Gesù in persona, risorto dai morti.

La mattina della risurrezione di Gesù è unica. La vita ha trionfato sulla morte, Gesù è vivente nei secoli dei secoli! 

Noi che lo amiamo e confidiamo in Lui sappiamo che trionferemo con Lui. Anche se dovremo passare per la morte, ne usciremo gloriosi. Poiché siamo uniti al Signore risuscitato, anche noi parteciperemo alla gioia del mattino della risurrezione. Che tutta la nostra vita sia illuminata dalla luce del Cristo vivente, e che la sua gioia risplenda sul nostro volto!

25 marzo -La triste storia di Caino (parte 1/3)

Caino fece un’offerta di frutti della terra al SIGNORE. Abele offrì anch’egli dei primogeniti del suo gregge e del loro grasso. Il SIGNORE guardò con favore Abele e la sua offerta, ma non guardò con favore Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato.

Genesi 4:3-5

 

1. La triste storia di Caino

(leggere Genesi 4:1-15)

 

Dopo il peccato di Adamo, l’accesso al giardino di Eden è ormai precluso. L’uomo, colpevole di aver trasgredito l’ordine di Dio, è fuori, a lavorare col sudore della fronte una terra ingrata che gli avrebbe prodotto “spine” e “rovi”. Caino è un lavoratore della terra. Niente di male se non fosse che ha l’idea di offrire all’Eterno i frutti del suo lavoro, prodotti da quel suolo che Dio aveva maledetto, e la presunzione che quell’offerta gli avrebbe consentito di instaurare col Creatore un rapporto di pace. Noi non sappiamo quale fosse, a quell’epoca, il livello di conoscenza di Dio; ma un fatto era noto: Dio aveva ucciso un animale per procurare ad Adamo e ad Eva, dopo la disubbidienza, un “abito” che consentisse loro di sopportare la Sua santa presenza senza la “vergogna” e le tristi conseguenze della loro nudità.

In quella vittima che “paga” col Suo sangue per i peccatori, Dio vedeva il sacrificio di Cristo, Vittima perfetta e innocente che un giorno sarebbe stata sacrificata. Non per niente Abele offriva a Dio i primogeniti del suo gregge, a conferma che i Suoi diritti gli erano ben noti. Ma era così difficile per Caino procurarsi un agnello da offrire a Dio? È così difficile per la gente di oggi confessare il proprio stato di peccato e accettare con fede il valore del sacrificio di Cristo?

Dio non tiene mai segrete le Sue sante esigenze; in ogni tempo le ha rivelate all’uomo in modo chiaro e inequivocabile. Caino è consapevole delle esigenze del Creatore e, come leggeremo domani, è anche esortato, consigliato, spinto a rinunciare alla propria ostinazione per percorrere i sentieri dei pensieri di Dio dove c’è la Sua approvazione, il perdono, la vita.

(segue)

mercoledì 24 marzo 2021

Un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone

Molteplici sono i risultati dell’opera redentrice del nostro Signore e non siamo in grado di afferrarli tutti con un solo sguardo. Dio ce ne presenta i vari aspetti nella sua Parola Vediamo in particolare questo passo della Lettera a Tito.

“Gesù Cristo… ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone” (2:14).

Alla  domanda “perché Cristo ha dato se stesso?” ci sono qui due risposte:

‒ In primo luogo per riscattarci da ogni iniquità. E’ quanto ha fatto per noi.

‒ In secondo luogo, per acquistarsi un popolo zelante nelle opere buone. E questo lo voleva per sé. 


Riscattare

Il riscatto è una liberazione tramite un pagamento. Per natura eravamo tutti prigionieri nei legami del peccato. Vivevamo “nell’iniquità”, ossia camminavamo senza regola, senza preoccuparci della volontà di Dio. Eravamo schiavi del peccato. E’ un grave errore credere che gli uomini senza Dio siano persone libere, che possono fare ciò che vogliono. Romani 6:15-23 mette questo in evidenza quando dice che l’uomo nel suo stato naturale è uno “schiavo del peccato” (Romani 6:17). E’ stretto nei legami di Satana e non può fare a meno di peccare. Ma se ogni essere umano si trova per natura sotto questa schiavitù, colui che per fede ha accettato il Signore come suo Salvatore è diventato un altro uomo, una “nuova creatura”. E’ stato posto, in Cristo, in una vera libertà. Quando cammina “secondo lo Spirito” è capace di non adempiere “i desideri della carne” (Galati 5:16). Può allora essere a disposizione del suo Signore e Salvatore per servirlo.


Purificare

Prima di conoscere il Signore non eravamo solo prigionieri, eravamo anche contaminati perché il peccato contamina lo spirito, la coscienza, i pensieri, i comportamenti. Ecco perché dovevamo essere purificati; e anche questo è stato fatto da Cristo con la sua opera alla croce. Egli “ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (Apocalisse 1:5). Così ora tutti i credenti, i riscattati del Signore, sono degli esseri purificati.

 

Acquistare per Se stesso

Ma questa purificazione non è stata fine a se stessa. E’ detto: ”Per…purificarsi un popolo che gli appartenga”. Gesù Cristo desidera avere qualcosa per Sé. Con la purificazione siamo diventati suoi, resi adatti alla sua presenza e a passare l’eternità con Lui. Dal momento che abbiamo creduto facciamo parte del suo popolo, che gli appartiene in proprio, e che Dio vuole zelante nelle opere buone. Israele, il popolo terreno di Dio, era stato scelto per essere il suo popolo . Dio aveva detto: “Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho condotti a me. Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia” (Esodo 19:4, 5). E in seguito: “Tu sei un popolo consacrato al SIGNORE tuo Dio. Il SIGNORE, il tuo Dio ti ha scelto per essere il suo tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra. Il SIGNORE si è affezionato a voi e vi ha scelti, non perché foste più numerosi di tutti gli altri popoli, anzi siete meno numerosi di ogni altro popolo, ma perché il SIGNORE vi ama” (Deuteronomio 7:6-8).Il popolo d’Israele non ha quasi mai veramente risposto a questa chiamata e raramente è stato all’altezza di questo privilegio. A un certo punto, Dio ha dovuto non più riconoscerlo come suo popolo. Oggi sono i credenti in Cristo che costituiscono “un popolo consacrato al suo nome” (Atti 15:14), “un popolo che Dio si è acquistato” (1 Pietro 2:9). Dio si compiace nei credenti. Ciò che in passato non ha trovato in Israele lo cerca oggi in quelli che hanno ricevuto Gesù. Non dimentichiamo che per Israele, una volta rapiti i credenti alla venuta del Signore, c’è una promessa di riabilitazione. Quando si pentiranno di aver crocifisso il Messia la sentenza sarà revocata. “Io lo seminerò per me in questa terra… e dirò a Lo-Ammi (non più mio popolo): Tu sei mio popolo ed egli mi risponderà: Mio Dio!” (Osea 2:23).

Ora, noi credenti in Cristo, che per natura eravamo schiavi, possiamo vivere in una nuova condizione, con nuove motivazioni e rallegrare il nostro Signore con le nostre parole e il nostro comportamento.

I veri cristiani non appartengono più a sé stessi, né individualmente, né collettivamente Ciascuno di loro è proprietà del Signore, e tutti insieme costituiscono il suo popolo e devono vivere per l’onore e per la gloria di Colui che li ha riscattati e purificati. 


Zelante nelle opere buone

E’ ancora aggiunto “zelante per le opere buone”. I cristiani non fanno opere buone per ricevere qualcosa, ma perché hanno ricevuto qualcosa. Questo distingue molto nettamente il cristianesimo da tutte le religioni umane, nelle quali l’uomo deve sempre fare qualcosa per meritarsi il favore della divinità. Noi cristiani possediamo per fede la salvezza di Dio. E poiché Cristo ha dato se stesso per noi, noi ci diamo ora a Lui (2 Corinzi 8:5). E’ questa la nostra risposta alla grande salvezza che ci è stata data per pura grazia nella persona del suo Figlio.

Notiamo che non si tratta di compiere ogni tanto qualche buona opera, ma di essere, sotto la guida dello Spirito Santo, “zelanti” nelle buone opere o, com’è anche detto, “sempre abbondanti nell’opera del Signore” (1 Corinzi 15:58). 

Le buone opere sono quelle che “Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Efesini 2:10), e possiamo dire che ogni manifestazione della vita nuova è un’opera buona. Per questo gli increduli, che non hanno la vita di Dio, non sono in grado di fare delle “opere buone” nel senso divino, per quanto nobili possano essere le loro azioni secondo i criteri di questo mondo.

Le “opere buone” sono menzionate parecchie volte nella Lettera a Tito. Possono essere compiute in favore dei propri simili, siano essi credenti o no. Nel versetto che abbiamo considerato, hanno come primo scopo quello di piacere al Signore, perché Egli sia glorificato da esse. Questo è certamente il motivo più elevato per ogni attività cristiana.


A. Bremicker

24 marzo - Vaghe opinioni o fede?

Gesù di Nazaret… è andato dappertutto facendo del bene e guarendo tutti quelli che erano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.

Atti 10:38-39

 

Vaghe opinioni o fede?

 

“A quell’epoca apparve un uomo saggio chiamato Gesù. Tutta la sua condotta era irreprensibile ed era conosciuto per le sue virtù. Molti fra i Giudei e fra le persone di altre nazioni diventarono suoi discepoli. Pilato lo condannò alla crocifissione. Quelli che erano stati suoi discepoli non abbandonarono i suoi insegnamenti. Essi hanno raccontato che era apparso a loro il terzo giorno dopo la sua crocifissione e che era vivente. Forse si trattava del Messia di cui i profeti hanno annunciato gli atti miracolosi.”

Questo racconto è di Giuseppe Flavio, influente scrittore giudeo-romano del 1° secolo, e descrive ciò che i contemporanei di Gesù sapevano di Lui. Essi conoscevano la Sua vita esemplare e la Sua morte, ma si esprimevano con dei “forse” quando si trattava di dire se era o no l’inviato di Dio.

Soltanto la fede permette di superare le ipocrisie e le esitazioni, accettando con fiducia le dichiarazioni della Parola di Dio. I Vangeli ci raccontano la Sua vita esemplare, il Suo amore, la compassione, l’umiltà, la purezza, e anche la Sua autorità. Egli poteva dire: “Il Figlio dell'uomo ha sulla terra autorità di perdonare i peccati”; “Io e il Padre siamo uno” (Marco 2:10; Giovanni 10:30). Sì, perché Gesù è Dio manifestato in carne.

martedì 23 marzo 2021

Lo vollero conoscere

“Fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta” Ebrei 12:2.


La Scrittura ci esorta a regolare l'obiettivo del tuo cuore su Gesù, facendone lo scopo della tua vita.

Che cosa significa vedere Gesù?

I pastori possono dircelo. Per loro non fu sufficiente vedere gli angeli. Per molti magari lo sarebbe stato. Il cielo notturno squarciato dalla luce. Il silenzio infranto da un canto. Semplici pastori destati dal loro sonno e spinti ad alzarsi da un coro di angeli: “Gloria a Dio nell'alto dei cieli” . Quegli uomini non avevano mai visto un tale splendore.

Ma non era sufficiente vedere gli angeli. I pastori volevano vedere colui che aveva inviato gli angeli. “Andiamo...e vediamo” Luca 2:15.

I magi avevano lo stesso desiderio. Volevano vedere Gesù. Come i pastori, non si accontentarono di ciò che videro nel cielo notturno. Non che la loro stella non fosse spettacolare. Essere testimoni del passaggio di un astro fiammeggiante era un privilegio, ma per i magi non era sufficiente. Non bastava loro vedere la luce su Betlemme; dovevano vedere la luce di Betlemme. Erano venuti a vedere Lui.

E ci riuscirono!

Ci riuscirono tutti, sia che portassero un dono o un sincero stupore, ci riuscirono tutti...erano i benvenuti.

Prova a trovare un esempio di qualcuno che voleva sinceramente vedere Gesù e non ci è riuscito. Non lo troverai. Troverai invece esempi di persone che non lo cercarono, che lo respinsero, che lo pregarono di andarsene. Oppure persone che, come i capi religiosi, preferivano leggere un libro che parlava di Lui piuttosto che incontrarlo di persona. Era meglio tenere Dio distante, al suo posto, così da permettere loro maggiore libertà.

Zaccheo era piccolo di statura e desiderava fortemente vedere Gesù. Ci riuscii e non solo lo vide ma il Signore entrò in casa sua.

E che dire dei due discepoli di Giovanni Battista?

“Il giorno seguente, Giovanni era di nuovo là con due dei suoi discepoli; e fissando lo sguardo su Gesù, che passava, disse: «Ecco l'Agnello di Dio!» I suoi due discepoli, avendolo udito parlare, seguirono Gesù. Gesù, voltatosi, e osservando che lo seguivano, domandò loro: «Che cercate?» Ed essi gli dissero: «Rabbì (che, tradotto, vuol dire Maestro), dove abiti?» Egli rispose loro: «Venite e vedrete». Essi dunque andarono, videro” Giovanni 1:35-38.

Notate la richiesta che fecero: “dove abiti?”. Una richiesta alquanto audace. Non chiesero a Gesù di concedergli un minuto o di ascoltare un messaggio. Gli chiesero dove abitasse.

Volevano vedere Lui e stare con Lui.

La risposta di Gesù ai due discepoli? “Venite a vedere”.

Che differenza con il giovane ricco. “Maestro che devo fare di buono per avere la vita eterna?”  Marco19:16.

Notate la differenza?

Il giovane ricco voleva una medicina. Gli altri volevano il medico. Il giovane ricco voleva solo una risposta ad un quesito. Gli altri volevano il Maestro. Il giovane ricco era di passaggio, aveva fretta voleva solo un consiglio. Gli altri non si sarebbero accontentati di nulla di meno che di vedere e stare con il Signore. Volevano qualcosa di più della salvezza. Volevano il Salvatore.

“Chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano.” Ebrei 11:6.

Non accontentarti degli angeli. Non accontentarti delle stelle del cielo. Cercalo come fecero i pastori. Desideralo ardentemente come fece Zaccheo. Adoralo come fecero i magi. Segui l'esempio dei due discepoli e desidera il luogo dove Lui abita.

23 marzo - Pensieri sulla lode a Dio

Io benedirò il SIGNORE in ogni tempo; la sua lode sarà sempre nella mia bocca.

Salmo 34:1

 

SIGNORE, tu sei il mio Dio; io ti esalterò, loderò il tuo nome, perché hai fatto cose meravigliose.

Isaia 25:1

 

Pensieri sulla lode a Dio

 

Se tu ringraziassi Dio per tutte le gioie che ti dà non ti resterebbe tempo per lamentarti.

*****

Invece di gemere o lamentarci, cantiamo con lodi la bontà di Dio, nostro Padre, e manteniamo la fiducia nel Suo amore.

*****

La lode viene dal cuore. Non può essere determinata da regole religiose, ma è il risultato di una vera conoscenza di Dio, di una relazione vivente con Lui. Se non è così, non si tratta di lode, ma semplicemente di un rito religioso.

*****

È buona abitudine incominciare ogni preghiera con ringraziamenti e lodi. Dicendo grazie, esprimiamo la nostra gioia per i doni, offrendo le lodi ci rallegriamo per il Donatore.

*****

La lode che scaturisce dal dolore non cerca di nascondere la situazione difficile in cui ci si trova, ma rende capaci di accettarla e affrontarla. 

lunedì 22 marzo 2021

La responsabilità del marito nella propria casa

“Voi, mariti, vivete insieme alle vostre mogli con il riguardo dovuto alla donna, come a un vaso più delicato. Onoratele, poiché anch’esse sono eredi con voi della grazia della vita, affinché le vostre preghiere non siano impedite.” (1 Pietro 3:7)


Questo versetto insegna al marito cristiano come deve comportarsi verso sua moglie; egli non deve considerarsi un’autorità che esige da lei sottomissione e ubbidienza; anzi, deve agire in modo da non aver bisogno di rivendicare il proprio ruolo di “capo” (1 Corinzi 11:3). Nei suoi rapporti con la moglie, conoscendo la grazia di Dio, egli deve tenere presente due cose: 

1. la natura sensibile e intuitiva della donna, per cercare di vedere le cose come lei le vede, senza far violenza ai suoi sentimenti, ma esercitando, se è necessario, una ferma e dolce pressione senza pretendere da lei quelle cose che sono tipiche dell’uomo; 

2. la posizione davanti a Dio che è uguale per l’uomo come per la donna, nel senso che sono ambedue eredi della grazia della vita. 

Nelle relazioni umane, rispettando i ruoli stabiliti da Dio, la donna deve onorare suo marito, e nelle relazioni cristiane anche il marito deve l’onore a sua moglie, poiché la grazia ha dato loro una parte comune. Quando gli sposi si comportano tenendo presente queste due verità, ogni dissenso che potrebbe turbare o intralciare le loro preghiere in comune sarà evitato, e verrà tolto ogni ostacolo al loro esaudimento.

In questo passo è da notare che è il marito responsabile di vegliare perché nulla venga a turbare la pace nei rapporti coniugali e le preghiere non siano impedite. La preghiera in comune non dispensa la moglie dal pregare anche per conto proprio, quand’è sola, oppure in seno alla sua famiglia. Ma è evidente che anche le preghiere individuali dell’uno o dell’altro potrebbero essere interrotte per comportamenti che il Signore non può approvare.

La preghiera in comune è qui condizionata dal comportamento del marito nei confronti della moglie. E’ giusto dire ch’egli deve comportarsi in modo da non turbare la felicità coniugale, ma è ancora più importante, e da questo dipendono la vera felicità degli sposi credenti e la gloria di Dio, che le loro preghiere “non siano impedite”. La debolezza che ci contraddistingue, i pericoli di ogni tipo a cui siamo esposti, la  nostra incapacità di glorificare il Signore nel compito, a volte difficile, di mariti e di mogli, rendono tanto più necessarie le nostre richieste di aiuto e di misericordia da parte del Signore. Facciamo in modo che non siano ostacolate!

22 marzo - Le parole di Gesù (parte 2/2)

 Alcuni dicevano: “È un uomo per bene!”. Altri dicevano: “No, anzi, svia la gente!”

Giovanni 7:12

 

Egli disse loro: “E voi, chi dite che io sia?”. Simon Pietro rispose: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.

Matteo 16:15-16

 

2. Quale sarà la mia risposta alle parole di Gesù?

 

Le parole di Gesù portavano inevitabilmente gli uditori ad assumere una posizione. O come quella dei discepoli che accettavano che la Sua autorità venisse da Dio, oppure come quella di quasi tutti i capi religiosi che si opponevano accanitamente. Non è molto diverso oggi, perché non si può rimanere neutrali davanti alle parole di Gesù. Chi cerca la neutralità, nel proprio cuore ha già respinto Gesù.

Credere in Lui o respingerlo, questa è la scelta posta davanti a ciascuno di noi; i due concetti sono evidentemente incompatibili. È molto facile pensare che Gesù fosse solo un riformatore morale, un maestro di pensiero. Il Signore era ed è molto più di questo. Egli è la sola speranza per l’uomo. Con la Sua morte e la Sua risurrezione ha dato a ciascuno la possibilità di essere riconciliato con Dio e trovare un posto nella famiglia di quelli che, come lui, hanno creduto al Signore. Gesù chiama ciascuno di noi, qualunque sia la nostra nazionalità e il rango sociale. Non ci chiede di sottoscrivere un sistema dottrinale particolare, ma ci chiede di andare a Lui con fiducia e con cuore sincero.

Chi crede in Lui può essere deriso e osteggiato esattamente come nei tempi passati. “Stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita”, diceva il Signore (Matteo 7:14). Ma chi passa da quella porta e segue la strada stretta della fedeltà e dell’ubbidienza, gusterà la gioia di conoscere Dio come Padre e di essere da Lui amato, protetto, sostenuto in ogni momento e in ogni situazione. 

domenica 21 marzo 2021

Il valore delle prove

Un missionario scriveva: Troppe chiese assomigliano più ad un recinto per bambini che ad un luogo di persone adulte. I bambini corrono a destra e a sinistra, sono gli ultimi ad arrivare, i primi a scappare e non si può fare affidamento su di loro. Questo è il risultato della loro immaturità”. (W.W. Wiersbe).

Questo è uno dei  motivi per il quale possiamo passare per delle prove.

“...sapendo che la prova della vostra fede produce costanza e la costanza compia pienamente l'opera sua in voi, perché siate perfetti e completi, di nulla mancanti ” Giacomo 1:3-4. 

Parlare di prove non è una cosa facile. L'essere umano in generale di fronte ad esse si rivolta. Anche per i credenti costituiscono un problema. Finché tutto va bene non ci si preoccupa, ma quando ci troviamo in mezzo ad esse, tutto è diverso, ma “le prove delle fede” hanno la capacità di sviluppare una virtù essenziale per il cristiano: la costanza. Ossia la pazienza, la capacità di perseverare e di rafforzarci in Colui che ci custodisce.

“ai chiamati che sono amati in Dio Padre e custoditi da Gesù Cristo” Giuda 1:1. 

Nel passato siamo stati chiamati a vivere una nuova vita. Nel presente siamo amati, non perché eravamo amabili ma perché, ora, siamo in Cristo. Nel futuro siamo custoditi. Il Signore ci accompagnerà tenendoci per mano durante il nostro cammino.

Quindi siamo “chiamati, amati e custoditi”, questo è stato scritto per la nostra consolazione perché durante il nostro cammino incontreremo sicuramente delle difficoltà, ma se le affronteremo in compagnia del Signore, esse, rafforzeranno la nostra fede rendendoci più saldi.

21 marzo - Le parole di Gesù (parte 1/2)

“Nessuno parlò mai come quest’uomo!” (Gesù).

Giovanni 7:46

 

Si meravigliavano delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.

Luca 4:22

 

1. Le parole di Gesù

 

Certamente non avrete mai incontrato un passante che vi abbia detto: “Seguimi” (e se avvenisse non dategli retta!), eppure fu proprio così che Gesù si rivolse a un esattore delle tasse di nome Matteo. Probabilmente non avete mai incontrato qualcuno che vi abbia detto: “I tuoi peccati sono perdonati” (il che sarebbe una falsità), eppure è ciò che Gesù disse a un paralitico che alcuni amici gli avevano portato perché lo guarisse. Il Signore diceva agli afflitti: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo” (Matteo 11:28).

Gesù ha insegnato l’umiltà e la dedizione, e ne ha dato prova avvicinandosi a dei lebbrosi e lavando i piedi ai discepoli. Le Sue parole, sorprendenti e piene di autorità, rivelavano la Sua relazione particolare con Dio. Egli si rivolgeva a Lui usando il termine aramaico Abbà, lo stesso che un figlio usava quando si rivolgeva al suo papà. Ha insegnato ai discepoli a pregare Dio come Padre, e ha detto: “Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro” (Giovanni 20:17).

Ora anche noi possiamo dire: Abbà, Padre” (Romani 8:15), perché Lui, il Signore, “non si vergogna” di chiamarci Suoi fratelli (Ebrei 2:11), anche se è e rimane il Figlio unico del Padre (Giovanni 1:14).

(segue)