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martedì 30 giugno 2015

30 Giugno

Gesù fece in presenza dei suoi discepoli molti altri segni  miracolosi, che non sono scritti in questo libro; ma questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, affinché credendo, abbiate vita nel suo nome.
Giovanni 20:30-31

I miracoli di Gesù

I miracoli compiuti da Gesù sono spesso messi in dubbio; eppure, nemmeno gli uomini religiosi dell’epoca, che gli erano nemici, hanno osato negarli. Essi accusavano Gesù di agire con la potenza dei demòni, ma era un evidente controsenso in quanto quei miracoli contrastavano la potenza di Satana.
Gesù non ha mai operato un miracolo per il Suo proprio interesse. Non ha mai cercato di soddisfare la propria fame, o la sete, o la stanchezza. Non ha cercato la Sua propria gloria. Venuto in terra per guarire e liberare, ha dato la vista ai ciechi e l’udito ai sordi, ha fatto camminare gli zoppi e i paralitici, ha guarito i lebbrosi (Matteo 11:5). Soprattutto, ha liberato i posseduti dagli spiriti satanici e ha ridato la vita a dei morti.
I Suoi miracoli erano avvenimenti straordinari che sfuggivano alle leggi della natura, ma avevano lo scopo di confermare che Gesù veniva da Dio e parlava da parte Sua. Inoltre, realizzavano ciò che parecchi testi profetici dell’Antico Testamento avevano predetto riguardo al Messia. Essi erano dei segni, un linguaggio senza parole che esprimeva la gloria della Sua persona e la potenza del Suo amore.

I miracoli di Gesù accreditano la Parola di Dio, ma è la fede in questa Parola che salva, e non l’emozione che si prova davanti a un fatto straordinario. Ancora oggi, potete essere liberati credendo a Gesù come la Parola ce lo rivela, sapendo per certo che ogni miracolo che non porta gloria a Lui non viene da Dio!  

lunedì 29 giugno 2015

29 Giugno

Noi abbiamo veduto e testimoniamo che il Padre ha mandato il Figlio per essere il Salvatore del mondo.
1 Giovanni 4:14

Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è maggiore.
1 Giovanni 5:9

Testimoni loro malgrado

Simone di Cirene torna dai campi. Fuori di Gerusalemme incontra un folto gruppo di persone con in testa dei soldati: tre condannati salgono il pendio con le loro croci sulle spalle. Due di loro sono briganti, ma chi è il terzo? È Gesù, condannato ingiustamente, ma anche vittima volontaria in ubbidienza al suo Dio e per amore per noi.
Un uomo, Simone, stava rientrando tranquillamente a casa, ed ecco che i soldati lo afferrano e lo obbligano a portare la croce del Signore. Egli segue quindi questo corteo e ascolta le parole che Gesù rivolge alle donne che lo accompagnano piangendo (Luca 23:26, 27). Arrivato a casa come avrà raccontato quello che gli è accaduto? I suoi figli, Alessandro e Rufo, saranno rimasti senz’altro colpiti. Il fatto che i loro nomi, citati in Marco 15:21, ricompaiano nella Lettera di Paolo ai Romani (16:13), ci fa pensare che siano diventati credenti.
Un ufficiale dell’esercito romano si trova al Calvario per sorvegliare l’ignobile compito dei suoi soldati. La folla insulta Gesù e l’ufficiale si chiede chi sarà mai quel condannato per attirarsi simili ingiurie! Una scritta posta in cima alla croce lo designa come il “re dei Giudei”. Le parole che Egli pronuncia dall’alto della croce, l’improvvisa oscurità, il grido emesso da Gesù: “Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio”, e poi il terremoto lo impressionano fortemente, tanto che dice: “Veramente, quest’uomo era Figlio di Dio!”

Questa convinzione è anche la vostra?

domenica 28 giugno 2015

Ali di colomba – Salmo 55

Ø  Porgi orecchio alla mia preghiera.

Il salmista descrive il mondo che lo circonda e ciò che lo caratterizza: violenze e contese (9), ingiustizia e malvagità (10), delitti, violenze e insidie (11). Non occorre molto per comprendere che questi caratteri sono gli stessi riscontrabili oggi. Il credente non può sentirsi a proprio agio in un mondo come questo e il suo disagio lo porta a desiderare una vita più tranquilla, vorrebbe avere “ali come di colomba” (6) per poter volar via in un luogo deserto, lontano da tutto ciò che gli crea preoccupazione.

È sulla base di queste considerazioni che il salmista dà un saggio consiglio: “getta sul SIGNORE il tuo affanno” (22) ed è lo stesso che troviamo in Ebrei 12:1: “deponiamo ogni peso … corriamo con perseveranza”.
Coloro che praticano “la corsa” come sport sanno quanto questo consiglio sia vero. Chi sarebbe tanto stupido da correre  appesantito da uno zaino sulle spalle anche se questo contenesse delle cose utili? No, per correre bisogna essere liberi da ogni peso e questo è vero anche nelle corsa spirituale.

La preghiera è, dunque, il mezzo che il credente ha per sbarazzarsi dei suoi “pesi” affidandoli a Dio.
È il mezzo che gli permette di reagire in mezzo alle difficoltà e con il quale risponde alle pressioni di un mondo contrario ai pensieri di Dio.
Attraverso di essa porta i suoi bisogni davanti a Colui che può cambiare le circostanze avverse e tenerlo al riparo dalle insidie di un mondo ostile. Questo non vuol dire che Dio cambierà subito le circostanze o ci toglierà dalla prova, ma queste non saranno più un peso a partire dal momento che sono state messe nelle Sue mani.

Quante volte abbiamo desiderato anche noi “ali colomba” per volare lontano dalle difficoltà dimenticando che il Signore ci avrebbe dato molto di più se ci fossimo affidati a Lui e dopo ci avrebbe detto: “avete visto … come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho condotti a me” (Es 19:4).

D.C.

28 Giugno

Agrippa disse a Paolo: “Con così poco vorresti persuadermi a diventare cristiano?” E Paolo disse: “Piacesse a Dio che con poco o con molto, non solamente tu, ma anche tutti quelli che oggi mi ascoltano, diventaste tali, quale sono io”.
Atti 26:28-29

ICHTHUS

Chi sono quelle persone che applicano alle loro auto un adesivo a forma di pesce?
Poco dopo la crocifissione di Gesù Cristo, i primi cristiani furono perseguitati dai governatori romani. Costretti a nascondersi, utilizzarono come simbolo di fede cristiana il disegno di un pesce. In greco, la lingua corrente dell’epoca, la parola “pesce” si compone di cinque lettere la cui trascrizione italiana è “Ichthus”. Queste lettere sono le iniziali delle seguenti parole: “Iesous Christos Theou Uios Soter”, cioè: “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore”. Ecco l’origine e il significato di questo simbolo.
Con questo segno di riconoscimento, i cristiani proclamavano il fondamento stesso della loro fede: Gesù Cristo, il Figlio di Dio venuto sulla terra per la salvezza degli uomini. Oggi, nel 2013, come nell’anno 100, i cristiani, con o senza l’adesivo sull’auto, proclamano lo stesso messaggio: “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui, non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16). In alcuni paesi i cristiani sono perseguitati e utilizzano ancora dei simboli per riconoscersi. Noi, che abbiamo la libertà, impegniamoci a testimoniare del Signore quando ce ne dà l’opportunità. Portiamo con franchezza il nome di cristiani.
Come Paolo lo augurava al re, davanti al quale compariva in veste di accusato, anche noi auguriamo a voi, destinatari di questi messaggi, che diventiate dei cristiani veri!

sabato 27 giugno 2015

27 Giugno

Il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me…
Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore.
Romani 7:19-20, 24-25

Sono libero?

Per poter rispondere dovrei conoscere una definizione esatta della libertà, o del suo contrario, la schiavitù. Sono schiavo del male quando constato che “il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio”. Che situazione penosa! So che certe azioni sono deplorevoli, che fanno del male a me e ne causano agli altri, ma non posso evitare di commetterle. D’altra parte, vorrei progredire, aiutare gli altri, ma malgrado il mio desiderio non ci riesco!
Nel capitolo 7 della Lettera ai Romani vediamo un credente che prende sul serio l’insegnamento di Cristo, ma non è liberato dalla forza del male che ha in sé. È un credente infelice. A un certo punto esclama: “Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?”.
È forse il tuo caso? È anche il tuo grido di disperazione? Allora ascolta la risposta che dà la Parola di Dio: Gesù Cristo ci libera perché Lui ha portato la condanna della mia natura malvagia e mi ha dato la Sua propria natura e il Suo Spirito.
Il modo per vivere questa liberazione è accettare che Gesù diriga la mia vita. Non sono più io, allora, che combatto il male, ma è Lui che mi dà la capacità di realizzare il bene. Il Suo Spirito mi spinge a pregare Dio, mi guida al bene e mi dà la forza di compierlo solo per la Sua grazia. Dal momento che Cristo diventa il Signore della mia vita, Dio stesso arricchisce la mia esistenza di grazie e di favori sempre nuovi.

venerdì 26 giugno 2015

26 Giugno

Ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio.
Romani 14:12

Non v’è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto.
Ebrei 4:13

“Sono imbroglione, e allora?”


Un fallo evidente, un goal convalidato dall’arbitro, e la qualificazione della squadra avversaria è assicurata… Il presidente di una squadra di calcio ha risposto alle accuse di imbroglio con queste parole: “Imbroglio? Imbroglioni?... Ma guardatevi intorno e vedrete quanti imbrogli ci sono…”. Un atteggiamento ricorrente, non solo in ambito sportivo. Si trovano sempre delle persone “peggiori”, e ci si serve di questo per mettere a tacere la coscienza, addirittura illudendosi che se non si è peggiori degli altri ci si potrà guadagnare il posto in paradiso.
No. Dio non vede le cose in quest’ottica e in cielo non accetterà nessuno sulla base di un comportamento che si potrebbe definire “quasi normale”. Egli non paragona gli uomini fra loro per stabilire quali sono migliori e quali peggiori degli altri. Li valuta tutti secondo lo stesso criterio, quello della Sua propria santità. Un arbitro può sbagliarsi. Dio non sbaglia mai. Egli vede tutti i nostri gesti e le nostre azioni, conosce persino le nostre intenzioni, e ci definisce “peccatori”. La Sua sentenza è uguale per tutti: “Non c’è nessun giusto, neppure uno… Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:10 e 16).
Non pensiamo di sfuggire allo sguardo di Dio. Riconosciamo invece che siamo peccatori e accettiamo la Sua grazia. Gesù Cristo, Suo Figlio, è venuto come uomo sulla terra proprio per subire al nostro posto il giudizio che noi meritavamo. È il Suo amore che lo ha portato a questo: per non farci perire per sempre, e poi per darci un cuore puro e insegnarci la verità e la rettitudine. 

giovedì 25 giugno 2015

25 Giugno

Guardate gli uccelli del cielo… Non valete voi molto più di loro?
Matteo 6:26

“Più di molti passeri”

Se analizziamo le diverse forme di vita che ci circondano, possiamo imparare molte cose. Il Signore invitava i suoi uditori a “guardare” gli uccelli, vale a dire a considerarli con attenzione. Essi possono insegnare anche a noi una lezione semplice, ma ricca di significato. Gli ascoltatori di Gesù si preoccupavano di cibo, bevande, abiti, proprio come noi oggi. Basta andare per strada o in un centro commerciale per accorgersi che le cose non sono cambiate! Anzi, oggi abbiamo un’offerta di beni enormemente più vasta, e la nostra vita, molto più della loro, è assorbita da problemi che riguardano le cose materiali. Sapendo questo, il Signore ricorda ai suoi ascoltatori che gli uccelli non sanno seminare, né mietere, né raccogliere in granai; per di più, non sono previdenti perché raccolgono il cibo al bisogno, giornalmente. Ma Gesù dice: “Il Padre vostro celeste li nutre”.
Non essere “in ansia” per le cose della vita non vuol dire essere irresponsabili o indifferenti; il Signore diceva di non essere eccessivamente preoccupati delle cose materiali e insegnava che la cosa importante era la fede in Dio. È giusto che ci occupiamo dei bisogni nostri e della nostra famiglia, ma non dobbiamo farlo con ansietà perché questo sarebbe un danno per noi. E poi, ricordiamoci che non possiamo aggiungere nemmeno un’ora alla nostra vita (6:27)!
Accettiamo dunque quest’ammonizione da parte del Signore; prendiamo con serietà il Suo consiglio, “non siate in ansia per la vostra vita”, e non dimentichiamo il Suo incoraggiamento: “Non temete dunque, voi valete più di molti passeri” (Matteo 10:31).

mercoledì 24 giugno 2015

24 Giugno

Negli ultimi giorni verranno tempi difficili; perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi, insensibili, sleali, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene…
2 Timoteo 3:1-3

L’aspetto del cielo lo sapete dunque discernere, e i segni dei tempi non riuscite a discernerli?
Matteo 16:3

Cambiamenti climatici

Il cambiamento del clima è un argomento d’attualità. Gli scienziati e i politici sono preoccupati del riscaldamento del pianeta e cercano rimedi per fermare questo pericoloso processo scatenato, a quanto pare, dal progresso tecnico unito alla sconsideratezza degli uomini e al loro egoismo.
Ma c’è un altro campo nel quale il “clima” cambia altrettanto rapidamente; alludo al clima morale nel quale viviamo. Da quando il peccato è entrato nel mondo, il cuore umano non è cambiato. La menzogna, la gelosia, l’odio e tante altre cattive tendenze c’erano già al tempo dei nostri antenati, e ci sono tutt’ora in ognuno di noi. Ma ciò che in questi ultimi decenni è cambiato, specialmente nei paesi occidentali, è il modo in cui quelle cattive tendenze sono banalizzate. Il limite fra il bene e il male è stato quasi cancellato in nome di una pretesa libertà, e i peccati elencati nel versetto del giorno si manifestano sempre più apertamente.

Ma la gente si preoccupa poco di questo cambiamento. È evidente che noi viviamo negli “ultimi giorni” prima dell’inizio dei giudizi di Dio sulla terra; infatti, come avvenne ai tempi di Noè (Genesi 6:11-13), la pazienza di Dio giungerà al termine e la Sua ira si riverserà su questa umanità violenta e corrotta. Facciamo attenzione ai segni precursori, e ascoltiamo la chiamata di Dio per metterci al riparo. Ancora oggi, Gesù vuole liberare da questa “ira imminente” tutti coloro che si pentono e si affidano a Lui (1 Tessalonicesi 1:10).

martedì 23 giugno 2015

23 Giugno

I cieli si aprirono ed egli (Gesù) vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dai cieli che disse: “Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto”.
Matteo 3:16, 17

Così simile eppure così differente

Gesù è venuto sulla terra come un uomo. Nell’esteriore, nulla lo rendeva diverso dagli altri. In Lui, molti non vedevano altro che il figlio di un falegname di cui conoscevano la famiglia. Tuttavia, su quest’uomo il cielo si è aperto e Dio ha dichiarato: “Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto”.
Anche se la maggior parte dei Suoi contemporanei non l’hanno notato, Gesù Cristo era differente dagli altri uomini. Era l’unico concepito dallo Spirito Santo, nel seno di Maria; era il Figlio di Dio, senza peccato; era, nello stesso tempo, pienamente uomo e pienamente Dio.
Sottomesso alla volontà del Padre Suo che lo aveva inviato, portava l’amore di Dio anche a coloro che cercavano di farlo soffrire. Mentre l’orgoglio, l’odio e l’egoismo caratterizzano l’intera umanità, Egli, in tutta la sua vita, si è adoperato, umilmente e instancabilmente, a soccorrere i miseri e gli oppressi. Le Sue parole e il Suo comportamento mettevano in luce la malvagità dell’uomo, di modo che si è fatto di tutto per sbarazzarsi di Lui. È stato condannato a morte; inchiodato su una croce fra due malfattori, ha accettato di dare la sua vita per salvare noi che eravamo perduti. Ma è anche risuscitato e vive eternamente. Ogni credente può dire: “A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue… a lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli” (Apocalisse 1:5-6)!

lunedì 22 giugno 2015

22 Giugno

Così parla Dio, il SIGNORE, che ha creato i cieli e li ha spiegati, che ha disteso la terra con tutto quello che essa produce, che dà il respiro al popolo che c’è sopra e lo spirito a quelli che vi camminano. “Io, il SIGNORE, ti ho chiamato… ti prenderò per la mano, ti custodirò”.
Isaia 42:5, 6

Una mano tesa

Vado a prendere il treno che mi riporterà a casa. Dopo aver percorso tutto il marciapiede, trovo la mia carrozza in testa al treno. Ma per salirvi devo fare un passo smisurato. Data la mia età avanzata non ne sono capace. Dopo un attimo di panico e il vano tentativo di aggrapparmi alla lunga maniglia verticale, ecco che una mano è tesa verso di me. L’afferro senza esitare e mi trovo sul treno, senza fatica. Un giovane aveva notato il mio imbarazzo e, spontaneamente, si era chinato per aiutarmi. Il tempo di ringraziarlo e già si era  allontanato per cercarsi un posto a sedere.
Sono commosso, non tanto per la mia debolezza ma soprattutto perché penso al Signore Gesù che in tante occasioni ci tende la mano. Una mano che non sempre vediamo: a volte diciamo: “Il caso ha voluto che…”, oppure “Che coincidenza!” o “Che fortuna!” Ma non dimentichiamo che Dio dirige ogni cosa e che non è mai lontano. Per aiutare i Suoi figli quando si affidano a Lui è sempre presente. Durante la mia vita ne ho fatto l’esperienza tantissime volte, sia nelle cose minime come in quelle più serie. Così spesso canto questo bel cantico:

Vieni e per man mi prendi, - o Salvator,
e nel mio cuore accendi - un santo ardor.
Senza di te per guida - che far quaggiù?

Quest’anima in te confida, - Signor Gesù.

Corsi d’acqua - Salmo 42


Questo  salmo  inizia  con  un’espressione  fra  le  più  belle  che  traduce  il  sospiro  di  un’anima assetata  del  godimento  della presenza  di  Dio (1).   Siamo  anche  noi  assetati della  ricerca  di questa  presenza  ogni  volta  che un  errore  ha  interrotto  la nostra comunione col  Signore? Lo conosciamo come il “mio salvatore e il mio Dio” (6)? Paolo aveva fatto di questo il proprio modo di vivere e poteva affermare: “per me vivere è Cristo” (Fl 1:21).
Il Signore è colui che, di anno in anno, ogni giorno vuole condurre la nostra vita, riempirla, essere l’oggetto prezioso del nostro cuore ed il soggetto dei nostri pensieri.

Il nostro Dio è “la sorgente d’acqua viva” (Gr 2:13), Colui che ristora “l’anima assetata” (Sl 107:9). Noi credenti abbiamo udito le parole del Signore Gesù “se qualcuno ha sete, venga a me e beva” (Gv 7:37). Il Suo desiderio è sempre di rispondere a colui che ha sete, sete di un Salvatore. E non possiamo fare a meno di notare che la Parola di Dio stessa termina con un invito pieno di grazia e di amore del Signore: “chi ha sete, venga; chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita” (Ap 22:17).

Dov’è il tuo Dio?” chiedono, ironici e spesso con scherno, gli increduli (3 e 10) ai credenti nella sofferenza così come al Signore, morente sulla croce si rivolgevano beffardi i capi sacerdoti, gli scribi e gli anziani (Mt 27:41/43).

Spesso sembra che il credente sia stato abbandonato ma là, dove gli occhi dell’incredulo non Lo vede il credente sa sempre dove trovarLo: vicino a sé come una sorgente inesauribile di benedizioni.
Al presente, di giorno o di notte la Sua presenza si fa sentire (8) e l’anima del credente eleva verso Lui canti e preghiere e realizza l’incoraggiamento di Paolo: “rallegratevi sempre nel Signore” (Fl 4:4) esultando, così, di una “gioia ineffabile e gloriosa” (1 Pi 1:8).
Presto verrà il momento in cui si realizzeranno le parole del profeta: “… ecco i miei servi berranno … i miei servi gioiranno … i miei servi canteranno per la gioia del loro cuore” (Is 65:13/14) e per l’eternità!


D.C.

domenica 21 giugno 2015

21 Giugno

Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio, e i carcerati li ascoltavano.
Atti 16:25

Io loderò il SIGNORE finché vivrò, salmeggerò al mio Dio, finché esisterò.
Salmo 146:2

Testimoniare col canto

Fa bel tempo in questa prima mattina d’estate. Nell’orto, approfitto del fresco per lavorare con calma. Ma ecco che due operai arrivano dal vicino di casa per pulire e restaurare il tetto. Il loro buon umore si fa sentire; in piedi sul tetto, incominciano a cantare. Purtroppo le parole dei loro canti mi imbarazzano…
All’improvviso, un pensiero mi colpisce: anch’io avrei potuto cantare. Conosco molti canti che esprimono la fiducia in Dio e la tranquillità che sto provando questa mattina! Se i due uomini, quando sono arrivati, mi avessero sentito cantare con quelle belle parole forse avrebbero riflettuto e l’atmosfera sarebbe stata diversa.
I canti manifestano lo stato del cuore e i pensieri che occupano la nostra mente. Sono anche un mezzo di comunicazione universale molto apprezzato poiché i CD e gli MP3 venduti ogni anno sono milioni. Ma che messaggio portano? E poi, ascoltare chi canta non è come cantare.

Noi cristiani cantiamo dei canti per testimoniare l’amore di Dio e gli effetti che esso ha prodotto nella nostra vita. Ma non limitiamo i momenti di canto alle riunioni della chiesa o alle feste in famiglia! Cerchiamo di essere più spontanei, cantiamo le lodi del nostro Dio come facevano l’apostolo Paolo e il suo compagno Sila quando erano rinchiusi nella cella di una prigione e gli altri carcerati li ascoltavano. Dio potrà servirsi del nostro messaggio per incoraggiare o consolare qualcuno, o condurre qualcuno alla salvezza e alla vita eterna.

sabato 20 giugno 2015

Poveri, malati, traditi - Salmo 41


“Io sono misero e povero”. Il Salmo 40 terminava con queste parole che, per lo Spirito profetico, possono essere applicate al Signore stesso.
La Sua povertà, che fu volontaria, aveva in vista il solo scopo di farci diventare ricchi (2 Co 8:9). Beato colui che si prende cura di questo Povero e che si sa mettere al posto di tutti i poveri, gli umili e i sofferenti.
Un semplice sguardo attento a coloro che ci attorniano ci permette di vedere quanta sofferenza ci circondi. Sofferenza fisica e soprattutto, spirituale. Così, come il Maestro, saremo beati se prendiamo questa posizione di povertà (Mt 5:3).

Quale incoraggiamento, il versetto 3 apporterà all’anima di un credente allorché, nella vita, si verrà a trovare in un letto di malattia. La meravigliosa promessa di trovare, nel Signore, un sostegno gli permetterà di affrontarla ricevendo quella forza e quelle sorprendenti consolazioni che gli daranno una pace interiore spesso inaspettata.
Anche se “il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno” (2 Co 4:16). Ancora di più quando sarà “steso su un letto” (8) la presenza del Signore vicino si farà sentire al suo capezzale trasformando il suo tormento in pace e serenità. Sarà proprio questa preziosa compagnia a fargli dimenticare l’incomprensione o l’indifferenza di cui è l’oggetto (8).

Sappiamo bene in quale momento il versetto 9 ha trovato il suo compimento e con quale tristezza il Signore ha dovuto citarlo (Gv 13:18), ma anche per un credente può arrivare il voltafaccia di un amico, o anche di un fratello in fede a causare del turbamento (2 Ti 4:10), ma la grazia ed il soccorso divino sono là per avere pietà e soccorrere (10).

Questo Salmo termina con uno sguardo sull’eternità, sulla certezza di essere, al termine di una vita spesso caratterizzata da molte sofferenze, “accolti alla Sua presenza” (12)  ed esplode in una lode eterna (13) alla quale ognuno di noi può dare il suo AMEN!


D.C.

20 Giugno

La luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce.
Giovanni 3:19

(Gesù disse:) “Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”.
Giovanni 8:12

Verso la luce

Hammerfest, la città che si trova nel punto più a nord dell’Europa, ha durante l’estate una “giornata” di… settanta giorni; per più di due mesi, il sole non tramonta. Ma dopo sei mesi avviene il contrario: per settanta giorni è notte, il sole non sorge! Come si sa, questo accade perché l’asse terrestre è inclinato di circa 23 gradi. Quando si è orientati verso il sole, si rimane a lungo nella luce; orientati in senso opposto, si resta a lungo nel buio.
Accade la stessa cosa in campo morale. La nostra vita può essere illuminata dalla luce di Cristo, ma se gli voltiamo le spalle restiamo nella notte. Per essere illuminati, dobbiamo orientarci nella giusta direzione, cioè volgerci a Lui. È il movimento della fede! Invece di evitare il Signore, di irrigidirmi quando sento parlare di Lui, la fede mi spinge a cercarlo. Con questo atteggiamento, la lettura della Bibbia e la preghiera diventano sorgenti di luce.
Allora, in modo un po’ misterioso ma assolutamente reale, la mia vita s’illumina: vedo in me ciò che non va, distinguo dei punti di riferimento che fino ad allora mi sfuggivano… Cos’è che impedisce di giungere alla luce di Cristo? È il male, il peccato che è in ognuno di noi. L’ostacolo maggiore alla fede in Cristo non è intellettuale, ma morale, e viene dal fatto che la luce di Cristo rivela il nostro stato morale lontano da Dio e in opposizione a Lui. Tuttavia, se questa luce condanna il peccato, mostra anche la grazia di Dio che dà la vita. “Chi mi segue – ha detto il Signore – avrà la luce della vita”.

venerdì 19 giugno 2015

19 Giugno

Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo  per mezzo del sangue di Gesù…, avviciniamoci con cuore sincero e con piena certezza di fede.
Ebrei 10:19-22

Per mezzo di lui (Gesù) abbiamo… accesso al Padre in un medesimo Spirito.
Efesini 2:18

Da parte del principe

Un uomo vestito miseramente si presenta all’ingresso del palazzo reale. Chiede di vedere il re, e porge una lettera a una guardia. Non gli manca certo l’audacia! Con che diritto chiede udienza al re? Una delle guardie prende la lettera e la porta al sovrano. Poco dopo ritorna: il re manda a dire a quell’uomo che lo aspetta con impazienza. Cosa conteneva la lettera? Un semplice messaggio scritto dal figlio del re: “Padre, quest’uomo viene da parte mia”. Così quell’uomo è introdotto dal re che gli va incontro, senza badare al suo misero aspetto.
“Sire – egli dice –  vengo da un paese lontano, dove ho conosciuto vostro figlio. Egli mi ha salvato la vita e mi ha detto: va’ da mio padre e dagli questa lettera. So che ti farà buona accoglienza, poiché sono il suo unico figlio e mio padre mi ama”.
“Qui sei come a casa tua – risponde il re – ti tratterò come se fossi un mio figlio”.
Ecco in che modo possiamo avvicinarci a Dio. Egli è il Dio Altissimo, il Dio santo. Se dipendesse dalla nostra condotta, non avremmo più possibilità di essere ammessi alla Sua presenza di quante ne avrebbe avute quell’uomo se si fosse presentato al re senza la lettera del figlio. Il mezzo unico e sicuro per avvicinarci a Dio è l’opera che Suo Figlio ha compiuto per noi. La semplice fede in Lui e nel Suo sacrificio alla croce ci rende degni di essere accolti da Dio.

Andate a Dio nel nome di Gesù! Egli vi accoglierà e vi adotterà come Suoi figli (Giovanni 1:12, Efesini 1:5), e vi amerà come ama il Suo Figlio. 

giovedì 18 giugno 2015

Un uomo ignorante – Proverbi 30:1/14

Nei capitoli precedenti Dio ha parlato per mezzo di Salomone, il più saggio fra i saggi (Ec 2:9), ma, come per mostrarci che il Suo libro non deve niente all’intelligenza umana, ora si serve di Agur, un uomo che parlando di se stesso, afferma di essere “più ignorante di ogni altro” e di essere poco intelligente (2).

Dopo essersi presentato così, con questa bella confessione, Agur comincia a porsi delle domande fondamentali: “chi è il Creatore”, “chi è Suo Figlio” e “come si accede al cielo”?

Per trovare le risposte a queste domande bisogna che Dio stesso gli si riveli, che discenda Lui stesso dal cielo, dove l’uomo non poteva salire, e comunichi i suoi consigli eterni nella Parola affinata dal fuoco (5).

Agur conosce se stesso ed i suoi limiti, sa che il suo cuore può essere malvagio ed indirizza due precise richieste a Dio:
-     che la vanità (la gloria del proprio io e la ricerca della buona considerazione da parte degli uomini) e la menzogna siano allontanate da lui (8);
-       che sappia sempre rimanere dipendente, perché comprende i pericoli della ricchezza e della povertà (8/9).
Voglia il Signore che questa preghiera ispiri anche la nostra e il nostro comportamento ci porti lontano dalla ricerca di noi stessi amando la verità e rimanendo nella dipendenza dal Signore per essere felici e, come Paolo, poter dire: “… ho imparato ad essere contento dello stato in cui mi trovo. So vivere nella povertà e anche nell’abbondanza; … io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica” (Fl 4:11/13).

Agur non si fa nessuna illusione sullo stato di questo mondo perché ne conosce i principi: rivolta, a partire dalla famiglia (11), pretesa di una propria giustizia (12), orgoglio (13) oppressione e violenza (14).  Guardiamoci intorno e chiediamoci: “la nostra generazione è forse migliorata da quella descritta da Agur?”


D.C.

18 Giugno

I saggi risplenderanno… e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno.
Daniele 12:3

Risplendere in eterno

Nel versetto citato, la parola “risplendere” è usata per significare eccellenza, distinzione dalla folla e dalla normalità. In questo senso, qualcuno può “brillare” per un certo periodo o in qualche particolare ambito. Alcuni brillano negli studi, altri nella carriera o nello sport… Il mondo è pieno di “stelle” che hanno brillato per un certo tempo, forse un anno, dieci anni, o più… e poi si sono spente!
Ci sono però delle persone che risplenderanno non solo per dieci, venti, o cento anni, ma per sempre, per l’eternità! Secondo Daniele 12:3, coloro che splenderanno in eterno sono quelli che avranno “insegnato la giustizia a molti”.
Possiamo insegnare ad altri la giustizia solo parlando loro di Dio e della Sua volontà, e mostrando la Sua giustizia nel nostro comportamento. La mia vita parla più forte della mia voce e può allontanare o avvicinare le persone a Dio. Se voglio risplendere in eterno devo far sì che la mia vita e le mie parole portino altri alla fede e all’ubbidienza ai pensieri di Dio.

Ma quali sono le premesse perché io possa essere in grado di compiere questa missione? Per prima cosa devo aver confessato i miei peccati a Dio ed essermi pentito, poi devo aver accettato Gesù come Salvatore e Signore. Solo così potrò vivere una vita di giustizia e insegnare la giustizia ad altri. 

mercoledì 17 giugno 2015

17 Giugno

L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne.
Genesi 2:24

Il matrimonio sia tenuto in onore da tutti e il letto coniugale non sia macchiato da infedeltà; poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri.
Ebrei 13:4

Il matrimonio. Superato?

“Perché sposarsi? Ci sono tanti divorzi! Le statistiche parlano chiaro: si sa che un matrimonio su due finisce in un divorzio…” Ma ascoltiamo cosa ci dice la Bibbia su questo argomento.
Dopo il peccato nel giardino di Eden, l’uomo ha guastato ciò che Dio gli aveva affidato. In particolare, con l’andar del tempo, ha rispettato sempre meno l’istituzione divina del matrimonio. Questo peccato ha portato nelle famiglie molta sofferenza e profonde ferite, specialmente nei figli.
In mezzo a tanta confusione, Gesù non ha modificato l’insegnamento iniziale che Dio aveva dato per la felicità dell’uomo e della donna. Se l’uomo è chiamato a lasciare suo padre e sua madre, è per unirsi alla sua moglie, per essere “una stessa carne”. “Chi ama sua moglie ama se stesso. Infatti nessuno ha mai odiato la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente” (Efesini 5:28, 29). “Quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non lo separi” (Matteo 19:6).
Questi versetti dimostrano l’importanza della fedeltà e della santità che i legami del matrimonio richiedono per vivere quella felicità che Dio riserva alla coppia e alla famiglia. Ma molti, per ignoranza o per disubbidienza, sono deliberatamente usciti da questo quadro, il solo nel quale la sessualità è sorgente di gioia e di equilibrio.
Gesù, nel Suo cammino, ha incontrato una persona colpevole di questa disubbidienza. Le ha mostrato che da parte di Dio c’era il perdono: “Neppure io ti condanno”, ha detto alla donna sorpresa in adulterio; ma ha aggiunto: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Giovanni 8:11).

martedì 16 giugno 2015

PERICOLI! – Proverbi 29:16/27

La mancata correzione  di un figlio (17), nella famiglia, come di un popolo, nella società (18), è il primo dei pericoli segnalati in questi versetti. Per questo il credente è esortato, nella Parola, a non fare “poca stima” della disciplina (Eb 12:5 – Pr 3:11) perché Dio ci corregge “per il nostro bene affinché siamo partecipi della Sua santità” (Eb 12:10).

La precipitazione nel parlare (20), la collera (22) e l’orgoglio (23) sono all’origine di molte trasgressioni ma, in contrasto con il modo di vivere dell’uomo, il versetto 23 porta il nostro sguardo direttamente sul Signore.
Tutta la Sua vita, che fu veramente una vita di umiltà senza uguali, ha avuto per contropartita la gloria suprema. È Lui il nostro modello a cui siamo invitati a riguardare e ad imitare: “abbiate in voi lo stesso sentimento” (Fl 2:5/11), Lui che poteva dire: “imparate da me che sono umile e mansueto” (Mt 11:29).

Un altro pericolo è “la paura degli uomini” (25) che non può andare di pari passo col “timore di Dio” che è fiducia e sicurezza in Lui.
Spesso, volendo piacere agli uomini, o semplicemente non volendoli dispiacere, ci mettiamo in delle situazioni che dispiacciono al cuore del Signore. Pensiamo a quante volte siamo stati portati su una brutta strada da qualche amico al quale non abbiamo saputo dire un semplice: “NO!” perché abbiamo, forse pensato: “cosa penserà di me se …”.

Quando siamo chiamati a prendere una posizione coraggiosa in questo mondo malvagio e ne temiamo le conseguenze, mettiamoci fiduciosi nelle mani del Signore, sarà Lui che ci darà forza e coraggio.


D.C.

16 Giugno

Noi tutti siamo stati battezzati in un unico Spirito per formare un unico corpo.
1 Corinzi 12:13

Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione.
Efesini 4:4

L’unità fondamentale della Chiesa

Si può veramente parlare di unità della Chiesa? Da quello che si vede, non si direbbe che ci sia una sola chiesa, ma molte chiese che ci tengono a evidenziare le loro differenze… Che spettacolo triste!
Ma c’è una realtà spirituale che solo Dio conosce perfettamente. La sua Parola ci dichiara che la Chiesa è fondamentalmente un solo corpo, formato da tutti i veri credenti, in cui abita lo stesso Spirito, e che vanno verso uno stesso futuro; e tutto ciò indipendentemente dalle divisioni e i frazionamenti.
Un solo corpo. Non diversi movimenti religiosi, ma un organismo vivente, un corpo animato dalla vita di Cristo che si trova dovunque questa vita esiste, fondata non su opinioni umane, ma su una corretta interpretazione delle Scritture accettate come unica fonte di Verità. Che il nostro affetto e le nostre preghiere siano per l’intera Chiesa!
Un solo Spirito. Non delle volontà indipendenti, non delle abitudini e dei retaggi culturali, ma un solo Spirito proceduto da Dio che unisce tutti i credenti, li fortifica e li guida. Evitiamo di negare col nostro comportamento questa unità stabilita dallo stesso Spirito!

Una sola speranza. Per quanto differenti possano essere le nostre occupazioni sulla terra, tutti i credenti hanno la stessa destinazione: la casa del Padre, in cui saranno riuniti attorno a Gesù, il loro Salvatore. Allora l’unità fondamentale della Chiesa splenderà nella sua perfezione!

lunedì 15 giugno 2015

15 Giugno

Chiunque crede in lui (nel Signore Gesù) riceve il perdono dei peccati mediante il suo nome.
Atti 10:43

Cosa significa credere?

Nel linguaggio corrente, la parola “credere” riveste più significati. Può voler dire “supporre”, ad esempio quando si dice “credo che pioverà”, oppure “fare affidamento” per dimostrare che si accetta per vera la parola dell’altro. “Ti credo” è come dire “accetto quello che dici, lo ritengo vero, ti dò fiducia”. Quando si sente parlare di Dio si ritrova questa diversità di significati. Per qualcuno, dire “credo in Dio” significa “credo che Dio esiste”, o forse “suppongo che esista, ma non ne sono sicuro”. Per un altro, dire “credo in Dio” ha un significato ben più profondo, che lo impegna veramente. È come dire: Gli do fiducia e credo a tutto ciò che dice nella Sua Parola.
“Credere a Dio”. Questa è la fede.
Nella Bibbia, l’espressione “avere fede” corrisponde a credere, “dare fiducia”, “appoggiarsi su”, con convinzione e senza dubbi. La vera fede mi lega a Dio che è vero, immutabile, potente. Essa è alla base di una relazione vivente stabilita fra Lui e il credente.

La fede cristiana non è dunque una semplice opinione vaga e vuota; essa produce nel profondo del nostro essere la convinzione che ciò che la Bibbia dice è la Parola di Dio. Una tale certezza genera un cambiamento radicale: chi crede si volge a Dio, e lo scopre non come un giudice ma come Colui che ha dato il proprio Figlio, Gesù Cristo, per fare di noi dei figli amati.

domenica 14 giugno 2015

Il nostro parlare – Proverbi 26:17/28

La persona litigiosa trova sempre, nel suo parlare, il modo di attizzare il fuoco delle dispute e, alla base di tutto, c’è sempre un desiderio di inserirsi nei fatti altrui (17), mentre Pietro esorta i suoi lettori a non avere questo atteggiamento che può avere delle conseguenze dolorose, ma meritate (1 Pi 4:15).

Qualcuno, senza essere direttamente chiamato in causa, si riscalda prendendo le parti in una contesa fra due estranei (17), altri ingannano il prossimo e poi cercano di rimediare al tutto dicendo semplicemente: “scherzavo!” (18). Altri, che conoscono il male di qualcuno, si compiacciono nel spargerlo facendo maldicenza e, spesso, dando vita a delle contese che si protraggono nel tempo e a cui, talvolta, non si può più porre rimedio (20 e 22).  Qualcuno, facinoroso, ama accendere le liti (21), altri usano parole false (24), o un parlare suadente cercando, così, di nascondere ciò che hanno realmente nel cuore (25): odio e malvagità (26). Che dire poi dei bugiardi e degli adulatori (28)!

Abbiamo spesso a che fare con persone simili e siamo, così, esortati a fare attenzione conoscendo fin dall’inizio la loro fine: essi cadranno nella fossa che essi stessi hanno scavato (27) come Haman che finì impiccato alla stessa forca preparata per Mardoccheo (Et 7:10).

Siamo, perciò, invitati, non solo a non partecipare a queste cose, ma, soprattutto, a vegliare affinché queste cose non compaiano nella nostra vita di credenti lasciandoci trascinare da usi e costumi di questo mondo.

Facciamo  attenzione che, sotto al desiderio di “essere messi al corrente”,  o di  “stabilire la verità”, non si nasconda solo morbosa curiosità con pericoli incalcolabili.

Realizziamo, piuttosto, l’esortazione della Parola a non “conformarci a questo mondo” (Ro 12:2) e vegliamo che “il nostro parlare sia sempre con grazia, “condito con il sale” della saggezza divina” (Cl 4:6).


D.C.

14 Giugno

Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno.
Ebrei 13:8

Egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro.
2 Corinzi 5:15

L’ora del bilancio

Quanti insegnamenti possiamo trarre dal racconto dettagliato della vita di due credenti come Giacobbe e Davide, vissuti più di tremila anni fa! Quanto a Giacobbe, siamo sorpresi che, all’età di 130 anni, dica: “I miei anni sono stati pochi e travagliati” (Genesi 47:9).
Era un modo per dire che il tempo passa in fretta? Forse, ma il contesto fa pensare piuttosto a una confessione: Giacobbe aveva preso coscienza che la sua vita, anche se era stata molto piena e lunga, conteneva poche cose che avevano valore per Dio.
La nostra vita, come un tempo quella di Giacobbe, scorre. All’ora del bilancio, cosa resterà del nostro passaggio sulla terra? Non avranno importanza la nostra posizione sociale o il nostro modo di vita; ciò che conterà, allora, sarà l’apprezzamento di Dio sulla nostra esistenza. Se siamo vissuti nell’indifferenza, lontani da Lui, la nostra vita è una vita persa, persa per sempre.
Che differenza con la vita di Davide! La sua è stata molto utile a Dio. Davide ha “eseguito il volere di Dio nella sua generazione” (Atti 13:36).
La durata della nostra vita è un regalo del nostro Creatore, un tempo prefissato che Egli mette a nostra disposizione e nel quale è impegnata la nostra responsabilità. Questo tempo sarà un tempo di felicità se lo trascorriamo in relazione con Lui che ce lo ha dato. È proprio per metterci in relazione con Dio Suo Padre che Gesù è venuto sulla terra.

Solo se abbiamo fede in Lui e ci impegniamo a piacergli, la nostra vita ha un senso. 

sabato 13 giugno 2015

13 Giugno

Allora quelli che hanno timore del SIGNORE si sono parlati l’un l’altro; il SIGNORE è stato attento e ha ascoltato; un libro è stato scritto davanti a lui, per conservare il ricordo di quelli che temono il SIGNORE e rispettano il suo nome.

Malachia 3:16

Il Dio che guarisce

Quanti problemi, quante difficoltà di vario genere incontriamo nel nostro cammino, e quanti motivi per scoraggiarci! Allora pensiamo con rispetto al Suo nome, il nome di un Dio che vede la nostra situazione e che, secondo le Sue promesse, i Suoi progetti per noi e la Sua misericordia, interverrà per aiutarci. 
“Io sono il Signore, colui che ti guarisce” (Esodo 15:26). Dio si definisce così quando, nella prima tappa del viaggio nel deserto, gli Israeliti assetati trovarono una sorgente di acqua imbevibile. Dio, con un miracolo, rese quelle acque potabili e poi disse: “Se tu ascolti attentamente la voce del SIGNORE... io non ti infliggerò nessuna delle infermità che inflissi agli Egiziani, perché io sono il SIGNORE, colui che ti guarisce". Ognuno di noi quand'è malato desidera la guarigione, ma a volte questo non avviene. Dio non ci ha promesso che guariremo sempre da ogni nostro male, ma ci assicura che nella prova sarà con noi per aiutarci a sopportarla. E su questa promessa possiamo contare.

Vi sono comunque molti altri versetti che ci incoraggiano, come quello di Giobbe 5:18: “Egli fa la piaga, ma poi la fascia; egli ferisce, ma le sue mani guariscono”; forse la guarigione può essere un cambiamento che si produce in noi, un progresso spirituale, una riflessione che ci porta a confessare un peccato nascosto, un contatto col Signore che accresce la nostra comunione e la nostra conoscenza del suo amore. Tutto quello che Dio fa è sempre per il nostro bene.