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lunedì 30 giugno 2014

30 Giugno

Chi abita al riparo dell’Altissimo riposa all’ombra dell’Onnipotente. Io dico al SIGNORE: “Tu sei il mio rifugio e la mia fortezza, il mio Dio, in cui confido!” 
Salmo 91:1-2

…Sarà come un riparo dal vento, come un rifugio contro l’uragano, come dei corsi d’acqua in luogo arido, come l’ombra di una gran roccia in una terra riarsa. 
Isaia 32:2
All’ombra dell’Onnipotente
Leggere il Salmo 91

Quand’ero bambino, giocavo spesso a nascondino. A volte i più piccoli si nascondevano dietro ad un muro senza immaginare che il sole potesse tradirli proiettando la loro ombra!
Se scorgiamo l’ombra di una persona, questa non è certo lontana. Il versetto di oggi ci invita a “riposare all’ombra dell’Onnipotente”, per indicare la forte vicinanza del credente col suo Dio, la protezione e l’amore di cui Dio circonda coloro che confidano in Lui. “Poich’egli ha posto in me il suo affetto, io lo salverò” (v. 14).
Tutti i credenti possono sperimentare la realtà delle parole di questo Salmo. Possono abitare, durante l’assenza del loro Signore, “al riparo dell’Altissimo”, vale a dire gustare, per fede, la sua presenza e il suo amore.
Non sempre siamo coscienti dei pericoli che ci circondano. Talvolta siamo oppressi dall’angoscia o assaliti da molteplici paure. Questo Salmo ci dice che bisogna abitare al riparo di Dio, vivere in comunione con Lui, attaccati alla sua persona. Allora staremo bene alla sua ombra e potremo dire: “Tu sei stato il mio aiuto, io esulto all’ombra delle tue ali” (Salmo 63:7).

Gesù: Sommo Sacerdote - Ebrei 4:14/16 – 5:1/10

L’autore dell’epistola ha già indicato la necessità di un sommo sacerdote (2:17 – 3:1) e riprendendo questo soggetto fino al capitolo 10 ci mostra il sacerdozio di Cristo nel cielo.
Il sacerdozio di Cristo ci permette di avvicinarsi a Dio, per essere aiutati nelle difficoltà della vita terrena caratterizzata dalla nostra debolezza e per offrire una lode degna di Dio. Per entrambe queste cose riceviamo la stessa esortazione: “accostiamoci dunque!” (4:16 – 10:22).

·         Che certezza! (14)
Sappiamo che Cristo è dovuto divenire uomo, che è fedele e misericordioso (2:17/18), che ha compiuto l’opera della redenzione e che è stabilito Figlio e Sommo Sacerdote sulla Sua casa (3:1). Ma nel nostro passo apprendiamo che è “passato attraverso i cieli” per essere alla presenza di Dio.

·         Un sacerdote che simpatizza con noi! (15)
Ci viene ricordato che il Signore ha conosciuto, nella sua vita terrena, le sofferenze e le debolezze dell’uomo è per questo che può simpatizzare con noi. È prezioso sapere che il nostro Signore si rende perfettamente conto della nostra situazione ed il suo scopo è di distogliere i nostri sguardi dalle cose terrene per dirigerli verso la Sua persona.

·         Il trono della grazia (16)
Meravigliosa risorsa per il credente quella di sapere di potersi avvicinare a Dio con piena fiducia per poter trovare, al momento opportuno, il soccorso necessario nelle circostanze della vita.

·         Cristo superiore ad Aaronne
Il sacerdote era l’intermediario fra Dio e gli uomini ed era stabilito per mantenere o ristabilire le relazioni di comunione sulla base del perdono dei peccati ed era preso fra gli uomini come nel caso del sacerdozio Levitico di Aaronne, ma, mentre questi doveva offrire sacrifici anche per se stesso (3), Cristo si è offerto Egli stesso “come prezzo di riscatto” (1 Ti 2:6) “puro di ogni colpa” (Eb 9:14).
Il capitolo 7 parlerà più dettagliatamente di questo sacerdozio “secondo l’ordine di Melchisedec” mettendo l’accento sul lato unico, intrasmissibile ed eterno di questo sacerdozio in contrasto col sacerdozio levitico.

·         L’obbedienza nella sofferenza (7/8)
Questi versetti tracciano la vita e le sofferenze di Cristo sulla terra. Egli non si è sottratto a nessuna delle sofferenze poste sul Suo cammino, un cammino di abbassamento, di umiltà e di obbedienza fino alla morte della croce.
È per queste sofferenze che ha appreso l’obbedienza ed avendole conosciute è pienamente capace di entrare nelle nostre e di liberarci.


                D.C.

domenica 29 giugno 2014

29 Giugno

Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà. Proverbi 22:6

E voi, padri, non irritate i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell’istruzione del Signore. 
Efesini 6:4

Ai genitori cristiani

“I bambini che vivono ottenendo costantemente dei piaceri immediati e delle continue gratificazioni, rifiuteranno l’autorità dei genitori e diventeranno asociali e molto aggressivi”. Quest’allarmante constatazione di uno psichiatra non può certo essere generalizzata, ma mette in evidenza le caratteristiche di quelli che vengono definiti “i bambini re”. Alcuni credono che per sviluppare l’intelletto dei bambini, rispettando la loro personalità, non bisogna imporre loro dei modi di pensare, ma lasciarli liberi di scoprire da soli le cose della vita. Con questo tipo di educazione, l’autorità dei genitori si annulla e questo è un grave danno per lo sviluppo dei figli. Non bisogna permettere che questo modo di vedere entri nelle nostre famiglie perché disastrose saranno le conseguenze.
Per i genitori cristiani, rinunciare alla responsabilità che Dio ha affidato loro non è altro che disubbidire alla Parola di Dio (Efesini 6:4). Se amano davvero i loro bambini, si impegneranno a soddisfare i loro bisogni con l’amore e l’autorità che il Signore richiede, e li porranno fin dalla più tenera età sotto la benefica influenza della Bibbia. I genitori non possono convertire i loro figli. La fede è personale. Ma l’insegnamento della Bibbia, letta e rispettata in seno alla famiglia, è un tesoro immenso che porterà le loro anime ad amare il Salvatore, e a credere e ad attaccarsi a Lui. 

Cose importanti - Ebrei 4:1/13

I versetti letti oggi ci presentano quattro cose importanti su cui riflettere.

 ·         L’annuncio di una buona notizia (2)
L’autore di questa epistola precisa ai suoi lettori che anche nel passato gli uomini udirono la stessa buona notizia che loro adesso stavano udendo, ma che “non giovò a nulla” perché l’ascolto era rimasto fine a se stesso.
La buona notizia deve essere annunziata da chi la conosce, ma chi l’ascolta deve assimilarla per fede. L’autore poteva dire: “noi che abbiamo creduto” entreremo nel riposo di Dio.
- Lettore, certamente ti è stato annunciata la buona notizia dell’evangelo, l’hai solo ascoltata o l’hai accettata per fede nel tuo cuore?

·         Oggi (7)
Parola molto solenne perché implica da un lato che non dobbiamo rimandare a domani, ma dall’altro che ancora vi è posto nel cielo.
Giacomo paragona la nostra vita ad un vapore che appare e poi svanisce dopo aver detto: “non sapete quello che accadrà domani” (Gm 4:14). Il domani non appartiene all’uomo perciò Dio interviene e gli dice: “oggi, se udite la voce non indurite i vostri cuori”.
- Lettore, se hai l’opportunità di leggere queste righe, sei messo di fronte a quello che potrebbe essere il tuo ultimo OGGI. Approfittane, non perdere l’occasione che ti viene offerta!

·         La Parola di Dio (12)
La Parola di Dio è vivente, perché possiede la vita e ce la comunica. Applicata al cuore dallo Spirito Santo fa nascere di nuovo un’anima (Gm 1:18 – 1 Pi 1:23). È efficace perché edifica (At 20:32), è come uno specchio nel quale possiamo scoprire ciò che siamo (Gm 1:23/24), è lo strumento con il quale lo Spirito Santo ci rivela le glorie del Figlio di Dio (Gv 16.13/15), è una lampada che illumina il sentiero nelle tenebre morali di questo mondo (Sl 119:105).
- Lettore, hai lasciato che la Parola avesse questi effetti su di te?

·         Colui al quale dobbiamo rendere conto (13)
È Colui che ti ha parlato facendoti annunciare  “la buona notizia”, che forse ti ha ripetuto con insistenza tante volte: “non indurire il tuo cuore”, è Colui che ti ha parlato tante volte per mezzo della Sua Parola, è un Dio d’amore che parla oggi al tuo cuore per salvare la tua anima per l’eternità ed al quale tu dovrai presto o tardi rendere conto della tua vita.
- Lettore sei pronto a rendere conto della tua vita al tuo Dio?

D.C.

sabato 28 giugno 2014

28 Giugno

Voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, poi poteste diventare ricchi.
2 Corinzi 8:9

... la grazia sovrabbondante che Dio vi ha concessa. Ringraziato sia Dio per il suo dono ineffabile!
2 Corinzi 9:14-15

Immense ricchezze

Come il Signore Gesù stesso ha detto, bisogna essere "ricchi davanti a Dio", non ricchi di beni terreni (Luca 12:21). Le sue ricchezze non sono materiali, deperibili, ma sono di ordine spirituale; la Bibbia ci dice che sono gratuite, immense ed eterne. 
Gratuite: in cambio della salvezza, Dio non esige nulla e ci ricorda che siamo "giustificati gratuitamente per la sua grazia... mediante la fede" (Romani 3:24-25), in altre parole, mediante una piena fiducia in ciò che Dio dice (Romani 3:24-25). La Bibbia afferma: "È per grazia che siete stati salvati... è il dono di Dio" (Efesini 2:8). 
Immense: il passo biblico citato sopra parla della "immensa ricchezza della sua grazia, mediante la bontà che egli ha avuta per noi in Cristo Gesù" (cap. 2 vers. 7).
Eterne: "Dio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel Figlio suo" (1 Giovanni 5:11). "Dio... ci ha amati e ci ha dato per la sua grazia una consolazione eterna e una buona speranza" (2 Tessalonicesi 2:16).
Il credente in Cristo possiede dunque la salvezza, la vita eterna e una speranza. Ancora di più, è stato adottato da Dio, è diventato suo figlio, ha per eredità il Donatore in persona! È coerede del Figlio suo Gesù Cristo.
Perché il credente fosse così arricchito, è stato necessario che Cristo si spogliasse della propria gloria divina e venisse sulla terra a dare la sua vita. Tutto questo, per arricchire voi e me!

Una peccatrice perdonata – Luca 7:36/50

·         Un profumo offerto (37/38).
Non sappiamo come questa donna avesse conosciuto il Signore o quando ne avesse sentito parlare per la prima volta, ma forse ha udito l’invito fatto dal Signore: “venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi” (Mt 11:28). Certo è che la grazia che scaturiva dal Signore attirava coloro che sentivano il peso del peccato e questa scena mostra la riconoscenza di un cuore che si attacca al suo Salvatore e gli rende omaggio.
Questa donna avanza con coraggio senza vergognarsi della sua reputazione, si avvicina dal dietro, in modo discreto, versa il profumo sui piedi del Signore. Ella è cosciente della sua indegnità così come delle compassioni del Signore che accetta il suo omaggio e che le fanno versare abbondanti lacrime. Con la spontaneità dell’amore asciuga i piedi del Signore coi suoi capelli, baciandoli ed ungendoli con l’olio.

·         Il padrone di casa.
Simone ha invitato il Signore a casa sua, ora osserva la scena e, ragionando in cuor suo (39), mette in dubbio il carattere di profeta del Signore che sembra essere incapace di discernere lo stato morale di questa donna.
Ma le sue riflessione non sfuggono al Signore (Sl 139:2), che con una delicatezza di cui solo Lui è capace, gli propone un incontro personale (40). Con una breve parabola (41/43) lo invita a risolvergli un problema a cui Simone risponde correttamente.
È allora, dopo aver esercitato la sua coscienza che può dirgli: “vedi questa donna?” (44). Domanda inutile, certo che Simone la vedeva, ma con l’occhio del fariseo che non discerne la gloria del Signore ed incosciente della propria indegnità.
Posto davanti alla luce divina comprende di non aver ottemperato neppure alle più elementari regole dell’ospitalità mentre la donna era andata al di là della norma.

·         Perdono completo.
Il bacio non era stato una formalità (44), ma l’espressione di un vero amore, le lacrime avevano preso il posto dell’acqua e l’olio ordinario era stato sostituito con del prezioso profumo sparso umilmente ai piedi del Signore.
Il Signore non ha passato sotto silenzio i peccati della donna, ma si indirizza a lei con amore e comprensione come qualcuno che può annunciarle una liberazione completa: “I tuoi peccati sono perdonati” (48). La sua fede, rivelata pubblicamente, la salva liberandola dal giusto giudizio di Dio ed introducendola in una pace alla quale certamente aspirava da tempo.

Cari e amati nel Signore, sia questo il sentimento di ognuno di noi: che come siamo stati molto amati, così amiamo il Signore non a parole, ma a fatti ed in verità (1 Gv 3:18).


D. C. 

venerdì 27 giugno 2014

27 Giugno

Gesù Cristo, il giusto, è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
1 Giovanni 1:2

L'uomo del Calvario

La storia dell'umanità è purtroppo contrassegnata dal male. L'uomo è diventato schiavo delle proprie passioni, ha riempito il mondo di disordine e di violenza. A causa del male, le nazioni fabbricano armi sempre più micidiali, e la natura così bella è sempre più rovinata dall'inquinamento e dallo sfruttamento incontrollato. Gli uomini soffrono, ma anche per mano dei loro simili.
Ma c'è qualcosa di più profondo! A causa del peccato il "Dio beato" è venuto a condividere la sofferenza umana. A causa del peccato, il Figlio di Dio è stato appeso alla croce. Lui, l'unico giusto, il solo che abbia sempre fatto il bene, si è lasciato crocifiggere per subire il castigo del male che noi abbiamo commesso rendendoci colpevoli nei confronti di Dio. È alla croce che Cristo ha riportato la vittoria definitiva del bene sul male.
Ora tutti noi, qualunque sia il nostro passato, possiamo volgerci verso Gesù, il Figlio di Dio. Il suo perdono è offerto a tutti quelli che riconoscono la loro colpevolezza. Un invito è loro rivolto: "Volgetevi a me e siate salvati!" (Isaia 45:22). Non c'è incertezza, non c'è prezzo da pagare, non c'è opera da compiere, c'è una sola condizione: accettare con fede il Signore Gesù che ci dà la vita eterna. Egli ci libera dalla spirale del male, ci salva per permetterci di compiere il bene, in attesa del giorno in cui tutti i risultati della sua vittoria alla croce siano manifestati davanti al mondo intero.
Da uno scritto di M. Capelle

Ma che andaste a vedere? – Luca 7:24/35

Il Signore ora si rivolge alla folla: “che andaste a vedere? E per ben tre volte ripete la stessa domanda proponendo anche un’ipotetica risposta.

 ·         Una canna dimenata dal vento? (24)
La canna è figura di instabilità (Is 36:6 – Ez 29:6) e, applicato a Giovanni, potremmo dire “un uomo senza convinzioni”. No! non era il caso di Giovanni che aveva espresso con chiarezza le proprie convinzioni e non si era tratto indietro nel dispensare rimproveri (3:7 – Mt 14:3/4).

·         Un uomo avvolto in morbide vesti? (25)
No, Giovanni non era un elegante cortigiano di un palazzo reale vestito di vesti sontuose, anzi … (Mr 1:6).

·         Un profeta? (26)
I Giudei avevano ben compreso che Giovanni era un profeta, ma il Signore gli rende testimonianza che era il precursore del Messia!

Le parole del Signore (27/28) mostrano le diverse reazioni alla predicazione di Giovanni:
·         il popolo ed i pubblicani, che hanno riconosciuto la giustizia di Dio e che sono, perciò, d’accordo con ciò che Dio chiede dimostrandolo nel farsi battezzare da lui (29),
·         i Farisei ed i dottori della legge, che studiano la legge, ma senza ricercare in essa la volontà di Dio e si pongono al di fuori della sfera delle benedizioni divine (30).

·         La reazione dell’uditorio (31/35)
Il Signore sottolinea la follia degli uomini del Suo tempo (31/32): essi rigettano tanto l’invito al pentimento rivolto da Giovanni (pur considerandolo un profeta), quanto il messaggio di grazia offerto dal Salvatore. Non hanno voluto né ballare (cioè rallegrarsi della venuta del Signore), né piangere (cioè accettare la solennità della predicazione di Giovanni).
Giovanni era stato criticato per il suo ascetismo (33), il Signore per aver mangiato e bevuto con persone di bassa condizione.
Dove trovare la saggezza? Presso coloro che riconoscono nel Signore la saggezza di Dio (1 Co 1:30), perché il loro spirito, rinnovato in conoscenza, può discernere ciò che Dio rivela ai Suoi figlioli.


                D.C.

giovedì 26 giugno 2014

26 Giugno

"Tu (Gesù) sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione".
A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue... a lui sia la gloria!
Apocalisse 5:9; 1:5-6

La scoperta più grande

James Simpson è l'illustre scienziato che nel 1847 introdusse in chirurgia l'uso del cloroformio come anestetico, inventato sedici anni prima. Ricevette così le congratulazioni dei colleghi e fu organizzata una festicciola per rendere omaggio al suo merito.
Alla fine della cerimonia, Simpson si alzò per ringraziare i medici degli attestati di stima che gli erano stati rivolti e che lo emozionavano. Finendo il suo discorso, aggiunse: "Ho fatto una scoperta più grande di quella per la quale mi onorate". E davanti all'uditorio stupito che si stava chiedendo di che cosa si trattasse, quel cristiano convinto proseguì: "Ho scoperto nelle Bibbia di essere un peccatore che aveva bisogno d'un Salvatore. Questo Salvatore l'ho trovato in Gesù Cristo, il cui sangue sparso sulla croce del Golgota ha espiato i miei peccati; e Dio mi ha perdonato".
Non è necessario essere uno scienziato per fare la stessa scoperta. Tutti gli esseri umani sono peccatori. Qualunque sia la loro età, la loro cultura, la loro ricchezza, il loro paese, Gesù offre a tutti quelli che credono nel suo sacrificio sulla croce del Calvario, il perdono dei loro peccati e la vita eterna.
È così anche per voi che leggete queste righe.

mercoledì 25 giugno 2014

25 Giugno

(Gesù disse:) "Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore... Io vado a prepararvi un luogo".
Giovanni 14:2-3

Io abiterò nella casa del Signore per lunghi giorni. 
Salmo 23:6

Un'abitazione nell'aldilà (II)

Nei primi versetti del capitolo 14 del Vangelo di Giovanni, leggiamo che se abbiamo fede in Gesù Cristo c’è un luogo in cielo che Egli ha preparato per noi. Si trova nella casa di Suo Padre, è una dimora eterna, non fatta da mano d’uomo, che il tempo non distruggerà. Non dobbiamo pagare per avere un posto in questa dimora, ma possiamo averlo gratuitamente perché Cristo l’ha preparato quando è andato a morire sulla croce. È lui che ha pagato così per noi il debito che i nostri peccati avevano contratto con Dio. Egli vuole accoglierci vicino a Sé e farci essere dove Egli è. A noi non resta che accettare per fede quest’opera per avere un posto in quella casa dove saremo in compagnia del Signore e dove non esisterà più nulla di quello che ci può turbare su questa terra: “Egli abiterà con loro… Dio stesso sarà con loro” (Apocalisse 21:3).
Che luogo meraviglioso, che compagnia meravigliosa!
I clienti del “mago” di cui parlavamo ieri, grazie a Dio, si sono resi conto per tempo di essere stati beffati riguardo a una questione così importante. Ci auguriamo che i nostri lettori che fossero ancora incerti sulla loro abitazione eterna, comprendano che non si può acquistare questo luogo con i propri sforzi o con mezzi umani, ma che il cielo è a loro completa disposizione per mezzo della fede in Cristo.

Sei tu? – Luca 7:18/23

·         La domanda di Giovanni Battista (18/20)

Giovanni era in prigione (3:20) ma aveva reso testimonianza che Gesù era “l’Agnello di Dio”. Aveva annunciato al popolo che Egli era il Messia, ma Questi lo aveva lasciato in prigione, non aveva speso una parola in sua difesa, non lo visitava in carcere e non gli faceva pervenire nessun messaggio di conforto.
Possiamo ben capire quale prova, questo santo uomo di Dio, era chiamato a sostenere.
Giovanni era il messaggero, il precursore di cui le Scritture parlavano (Ml 3:1) ed ora sembrava che Colui del quale aveva proclamato la grandezza si fosse dimenticato di lui. Il suo spirito cerca qualche prova più positiva ma la sua fede brilla allorché si rimette ad una sola parola di Colui che compie opere così grandi e potenti.

·         La risposta del Signore (21)
È da rimarcare la saggezza con la quale il Signore risponde alla domanda del Suo servitore: ”in quella stessa ora, Gesù guarì … ” (21).
Questi miracoli dimostravano la potenza di Dio in grazia nel servizio che il Signore compiva nella persona del Messia in favore dei poveri. Una testimonianza più grande di quella che Giovanni aveva reso e che avrebbe dato le prove della gloria divina di Colui del quale era stato il precursore.

·         Andate a riferire (22)
Il Signore dà  ai discepoli di Giovanni due prove della gloria del Suo ministerio: quella in opere, attraverso i miracoli e quella in parole, attraverso le Scritture citando Isaia 35:5/6.
È toccante l’ultima espressione: “il vangelo è annunciato ai poveri”. Al posto di indirizzarsi ai grandi di questo mondo, l’evangelo era annunciato ai poveri, a coloro che erano nel bisogno, a coloro che ricevevano la parola  di un Messia rigettato.

·         Beato colui che… (23)
Ciò che Giovanni non aveva compreso era che prima che il Messia prendesse “il suo ventilabro in mano” (Matteo 3:12) per esercitare il giudizio e stabilire il suo regno, doveva  introdurre uno stato di cose nuove, come risultato della Sua morte e coloro che credevano in Lui dovevano prendere parte al Suo rigettamento e portarne le inevitabili conseguenze, ma proclamava beato colui che non fosse caduto nell’incredulità a Suo riguardo.

§ Quando siamo in situazioni spiacevoli e ci sentiamo scoraggiati mandiamoGli a dire: “Signore, sei tu?” ed Egli ci risponderà in maniera da riscaldare il nostro cuore e farci riprendere fiducia in Lui.


D.C.

martedì 24 giugno 2014

24 Giugno

Non praticherete alcuna sorte di divinazione o di magia.
Non vi rivolgete agli spiriti, né agli indovini; non li consultate, per non contaminarvi a causa loro.
Levitico 19:26-31

Un'abitazione nell'aldilà (I)

Pochi anni fa fu arrestato per truffa un “mago” che, oltre ad aver estorto denaro alle sue vittime in cambio di varie predizioni, era riuscito a vendere ad alcune di loro degli "appartamenti nell’aldilà"! Nel libro dell’Ecclesiaste leggiamo che Dio ha messo nel cuore degli uomini “il pensiero dell’eternità” (3:11), perciò non ci sorprende il fatto che l’uomo cerchi di sapere dove la passerà e che desideri avere un posto nell’oltretomba.
Ma per questo, come pure per tutto il resto, l’uomo non deve rivolgersi a maghi, indovini o cartomanti. Tramite i foglietti di questo calendario abbiamo già avvisato i lettori della pericolosità di tali pratiche e vogliamo farlo ancora, ricordando che Dio, nella Sua Parola, le vieta e le condanna: “Non si trovi in mezzo a te... chi esercita la divinazione, né astrologo, né chi predice il futuro, né mago, né incantatore, né chi consulta gli spiriti, né chi dice la fortuna, né negromante, perché l'Eterno detesta chiunque fa queste cose” (Deuteronomio 18:10-12).
Il Signore, se da un lato ci dà degli insegnamenti precisi a questo riguardo, dall’altro non vuole che il nostro cuore sia turbato dal pensiero dell’eternità e, nella Sua Parola, risponde anche a questo nostro bisogno. 
(continua e si conclude sul foglietto di domani)

Il centurione di Capernaum – Luca 7:1/10

Nel leggere e meditare questi versetti non possiamo fare a meno di constatare come questo centurione avesse ben compreso che la salvezza non sta in ciò che possiamo fare ma nell’abbandono di tutta la fiducia nelle nostre opere o nei nostri supposti meriti per lasciare spazio a Colui che è il Salvatore.

 ·         Il centurione
L’amore è la prima cosa che caratterizza quest’uomo: amore per il suo servo ammalato e che, sapendo che il Signore era là, Lo manda a chiamare per guarirlo (7) supponendo che il Signore si sarebbe preso a cuore questo malato.
Amore per la nazione nella  quale viveva dimostrato “costruendo la Sinagoga” (5). Un amore non solo a parole, ma dimostrato nei fatti.
Lui stesso pensa di non essere né degno di presentarsi davanti al Signore (3), né  degno che il Signore entrasse in casa sua (6), ma il Signore non ha esitato un attimo ad avviarsi verso un uomo che manifestava un tale sentimento.
Sa di essere sottoposto ad autorità superiori e di avere il potere di esercitare l’autorità sui suoi subalterni (8), ma riconosce al Signore l’autorità ed il potere sulla malattia del suo servo verso il quale è impotente (7).
Nei confronti del Signore aveva un sentimento profondo della grandezza divina di Colui nel quale riponeva tutta la sua fiducia facendo appello al Suo amore ed alla Sua potenza, dimostrando, con grande umiltà, tutta la sua fede.
Ad un uomo così il Signore stesso rende questa testimonianza: “neppure in Israele ho trovato una così gran fede” (9).

§ Abbiamo molto da imparare da un uomo come questo sia quanto ai suoi sentimenti, sia quanto all’apprezzamento che ha per il Signore, sia quanto al giudizio che porta su se stesso!

·         Va, vieni, fa questo (8)
Il centurione è cosciente dell’autorità che esercita sui suoi subalterni ed i suoi subalterni sanno che gli devono obbedienza anche se possiamo pensare che non fosse gravoso essere sotto la sua autorità.
Ma noi dobbiamo obbedienza a qualcuno ben più grande di questo centurione: il Signore Gesù, e quando ci dice: “vai” andiamo con fiducia a portare il messaggio della grazia consapevoli di aver ricevuto quest’ordine da Lui e facciamolo con gioia sotto l’azione dello Spirito Santo; quando ci dice “vieni” avviciniamoci a Lui, mettiamoci ai Suoi piedi per crescere nella grazia e nella conoscenza; quando ci dice: “fa questo” qualunque cosa sia mettiamoci mano, poiché sappiamo che la nostra “fatica non è vana nel Signore” (1 Corinzi 15:58).


                D.C.

lunedì 23 giugno 2014

23 giugno

"Tu solo (Dio) conosci il cuore di tutti gli uomini".
1 Re 8:39

L'Eterno vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo.
Genesi 6:5

Progresso o decadenza?

L'essere umano non è, come qualcuno ha immaginato, un essere partito dal basso della scala animale, o addirittura da una semplice cellula, e che, di progresso in progresso, nel corso di milioni di anni di evoluzione ascendente, avrebbe proseguito il suo cammino trionfante per giungere poi, alla fine alla deificazione. È vero il contrario. Pur perfettamente adatto al ruolo che il Creatore gli riservava come amministratore del suo bell'universo, l'uomo non ha mai smesso di decadere. Tutte le risorse della sua intelligenza non hanno potuto contenere né compensare il suo declino morale. Ed è sceso negli abissi della violenza e dell'immoralità.
Inoltre, come potete pensare che l'uomo possa sondare il passato con l'aiuto di un po' di polvere raccolta sulla luna, e che possa sondare il futuro con il nulla? Non è in grado di spiegare le proprie origini. Un'ipotesi ne scalza un'altra e porta nuovi interrogativi. Ma, per Dio, non esistono misteri. La Bibbia ci parla delle tristezze d'un paradiso perduto, ma descrive anche le gioie del luogo in cui il Signore Gesù, mediante la sua croce, ci dà il diritto di entrare. Se accettate ciò che Dio rivela con la sua Parola, verrete a conoscere da dove venite e dove andate.


Questo Dio d'amore che ci ha dato Gesù Cristo, il suo Figlio unico, affinché chiunque crede in Lui non perisca ma abbia vita eterna (Giovanni 3:16), è degno della vostra fiducia. Egli è il Dio creatore, ma è anche il Dio Salvatore.

Dalla croce alla gloria - Luca 24:36/53

I discepoli di Emmaus sono arrivati a Gerusalemme, sanno bene dove andare (33) e cosa raccontare: come il Signore si era loro manifestato (35).

·         Pace a voi!
Non hanno ancora finito di parlare che il Signore si presenta in mezzo a loro salutandoli con un parole abituali: “pace a voi” (36 – 1 Sa 25:6), parole che assumono un valore particolare nella bocca del Signore della pace (2 Te 3:16), Egli che aveva fatto “la pace mediante il sangue della sua croce” (Cl 1:20), Lui che “è la nostra pace” (Ef 2:14) e per mezzo del quale “abbiamo pace con Dio” (Ro 5:1).

·         Sono proprio io!
Il Signore mostra le mani ed i piedi, le Sue ferite aperte per ricordare le sofferenze del Suo amore per loro sulla croce. Mangia in loro presenza del pesce arrostito (42) prova della Sua risurrezione di cui Pietro farà menzione davanti a Cornelio (At 10:41).
Avendoli rassicurati sulla realtà della risurrezione e della presenza personale in mezzo a loro, il Signore apre le loro menti (45) per comprendere le Scritture.

·         Menti aperte per essere testimoni.
Tutto l’Antico Testamento rendeva testimonianza al Signore e la prima cosa che i discepoli dovevano avere ben chiaro era la morte e la risurrezione del Signore sola base sulla quale si poteva predicare il ravvedimento per il perdono dei peccati.
Paolo scriverà: “se Cristo non è risuscitato, vana è la vostra fede” e “voi siete ancora nei vostri peccati” (1 Co 15:17).
I discepoli erano testimoni della morte e della risurrezione di Cristo (48) e doveva essere questo il tema principale della loro testimonianza in tutto il mondo partendo da Gerusalemme (47).

·         Bocche aperte per la lode.
I discepoli avrebbero ricevuto la promessa del Padre (49) lì a Gerusalemme.
Di lì a poco avrebbero ricevuto lo Spirito Santo e la loro testimonianza sarebbe stata accreditata dalla Sua potenza.
Poi …, è il momento di lasciarli! L’ultima menzione di Betania (50), che evoca i ricordi di una casa e di una famiglia tanto cara al Signore, li benedice ed è assunto al cielo.
L’evangelo di Luca si conclude con delle “bocche aperte” per adorare il Signore (52) e benedire Dio (53) davanti a coloro che avevano crocifisso il Signore, ma Dio lo aveva risuscitato e potevano farlo CON GRANDE GIOIA (52).

Chiediamo al Signore di darci questa freschezza  e questo zelo per testimoniare di lui davanti a tutti.


D.C.

domenica 22 giugno 2014

22 Giugno

Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gl'ingiusti, per condurci a Dio.
1 Pietro 3:18

Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui.
Isaia 53:5

Un dipinto di Rembrandt

Nell'antica Pinacoteca di Monaco è esposto un quadro del grande pittore olandese Rembrandt, che rappresenta Gesù Cristo messo in croce. Su questa tela, un uomo che ha in testa un cappello blu aiuta a rizzare la croce sulla quale il Signore è inchiodato. Ma, particolare stupefacente, l'uomo dal berretto blu è il ritratto del pittore stesso.
Che cosa ha voluto dire Rembrandt con questo particolare così significativo? Per capirlo, dobbiamo sapere che egli non era soltanto un pittore eccezionale, ma anche un fervente cristiano. Con quel quadro egli ha cercato di esprimere una verità fondamentale del cristianesimo. È a causa dei nostri peccati che Gesù Cristo è stato crocifisso. In un certo senso sono le nostre colpe che lo hanno elevato sulla croce. La sua morte è la dimostrazione suprema dell'amore di Dio che offre il suo Figlio per espiare i miei peccati ed i vostri.


Questo aspetto essenziale della morte di Gesù è alla base di tutta la vita cristiana. Meditando su questa morte, siamo mantenuti nell'umiltà. Da soli, non possiamo purificarci dalle nostre colpe. Né le nostre buone opere né i nostri proponimenti sono sufficienti. Occorreva la morte di Gesù Cristo. Pensando a questo, capiamo la gravità dei nostri peccati che hanno reso necessaria la morte del Figlio di Dio. Il Signore è andato fino alla fine perché ci amava. Ha compiuto l'opera che ci salva, e poi ha trionfato sulla morte con la sua risurrezione. Egli ci ama oggi con lo stesso amore, inalterabile e forte.

Sulla via per Emmaus – Luca 24:13/35

Questo racconto è riportato solo dall’evangelo di Luca. Forse anche Marco (16:12) ne fa un breve accenno, ma senza dettagli.

·         Discepoli delusi
12 km (13) sono una lunga distanza da percorrere a piedi e non manca certo il tempo per commentare gli avvenimenti della giornata (14). Un uomo si avvicina a loro, si fa compagno di viaggio e di conversazione: è il Signore risorto.
È Lui che si avvicina per primo, è Lui che avvia la conversazione (15), ma non viene riconosciuto. È scambiato per uno straniero e, per di più, ignorante i fatti degli ultimi giorni. Possibile che non sapesse niente di Gesù il Nazzareno  profeta potente in opere e parole davanti a Dio (19) che era stato fatto condannare a morte per crocifissione (20)? Possibile che non sapesse che erano molti, compreso loro, che avevano sperato che fosse il Messia (21) e che ora, a detta di diversi testimoni, era risuscitato ed il suo corpo non si ritrovava?

·         Le Scritture aperte (25/27)
Ma quello “straniero” conosceva bene tutto ciò che era avvenuto a Gesù di Nazareth e rimprovera i Suoi discepoli perché avrebbero dovuto conoscere anch’essi quegli avvenimenti attraverso le Scritture.
Il Signore apre loro le Scritture e, cominciando da Mosè e tutti i profeti, inizia a spiegare che le sofferenze del Messia avrebbero dovuto precedere la gloria (26).

·         Un invito a restare: Una casa aperta (28/30)
I due discepoli sono arrivati a casa, è sera, il giorno sta per finire (29) lo straniero fa l’atto di proseguire, ma i due lo invitano a restare con loro, a continuare quella conversazione che non hanno mai interrotto, che hanno ascoltato con attenzione.
Seduti a tavola quello straniero tace per un momento e fa un gesto che quei discepoli evidentemente conoscevano bene (30)  e, forse, videro nelle sue mani, i segni dei chiodi che porterà per sempre.

·         Occhi aperti (31/32)
A volte basta poco per riconoscere una persona, un gesto abituale, il timbro della voce che pronuncia il tuo nome come per Maria al sepolcro ed ecco subito tutto acquista un’altra dimensione.
Ora sono loro a parlare e le parole sono: “non ardeva il cuor nostro?”.
Si, il Signore aveva riscaldato i loro cuori, aveva applicato la Parola al loro bisogno come nessun altro avrebbe saputo fare, si era fatto riconoscere in modo semplice ma inequivocabile. Non resta che tornare e far partecipi anche gli altri dell’esperienza vissuta (35).

Cari amici, quante volte, delusi dalle circostanze ci avviamo verso la nostra Emmaus, ma il Signore si avvicina, riscalda i nostri cuori con la Sua Parola e ci sussurra: “sono io, non temere!”. Sappiamolo riconoscere!


D.C.

sabato 21 giugno 2014

21 Giugno

Dio ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti.
Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio. Ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia mediante la redenzione che è in Cristo Gesù.
Romani 11:32; 3:23-24

"Che cosa ho fatto al buon Dio?"

Qualche volta si sente dire questo da persone che si lamentano di qualche disgrazia. "Non ho meritato questo!" è un'altra espressione dello stesso tipo.
Molti vivono senza preoccuparsi di Dio, e poi lo accusano quando le cose vanno male. Quelli che dicono così pensano che il "buon Dio" è tenuto a fare loro del bene durante la loro vita e che eventualmente li punirà se faranno qualcosa di grave. Ritengono che la loro vita sia irreprensibile e quindi accusano Dio d'ingiustizia quando non tutto funziona come vorrebbero.
È urgente ridefinire la questione. Forse noi uomini pensiamo di avere dei diritti davanti a Dio. A parte il Signore Gesù, nessuno di noi ha mai potuto pretendere che Dio approvasse tutto il nostro comportamento. Peraltro Dio ha i suoi diritti assoluti su ciascuna delle sue creature, perché "dà a tutti la vita, il fiato e ogni cosa" (Atti 17:25).
Cosa abbiamo fatto dunque a Dio? Ci siamo allontanati da Lui. I nostri peccati sono un insulto permanente alla sua santità assoluta. Nessuno di noi ha dei meriti davanti a Dio, anche se quelli che ci stanno intorno ci riconoscono delle qualità.
Ma ciò che Dio ha fatto per noi tutti, dunque anche per te, lettore, in particolare, è stato di amarci nonostante la nostra disubbidienza. È sulla base della sua grazia sovrana che Dio desidera incontrarci. Ciascuno di noi deve riconoscere il proprio allontanamento da un Dio che ha sempre cercato di farci del bene. Se mi rendo conto di essere perduto, allora scopro che il Signore Gesù è venuto proprio per "cercare e salvare ciò che era perduto" (Luca 19:10).

Le donne al sepolcro – Luca 24:1/12

Questo capitolo è segnato da “sette cose aperte la prima delle quali è:

·         Il sepolcro (1/8)
Le donne che erano venute dalla Galilea avevano passato il Sabato a preparare aromi e profumi (23:55/56), ora, il primo giorno della settimana, “la mattina prestissimo” (1) vanno al sepolcro preoccupate di chi lo aprirà per loro (Mr 16:3).
Possiamo immaginare i loro pensieri durante la strada: “Ci sarà qualcuno per aiutarci?”, “Non sarebbe stato meglio che qualcuno ci accompagnasse?”, “Abbiamo fatto bene a venire così presto in un luogo così deserto?”, “Ce la fermo da sole?”.

Cari amici, quante volte abbiamo fatto anche noi una simile esperienza! Abbiamo trovato sul cammino degli ostacoli grandi ai nostri occhi che ci sembravano barriere sul nostro cammino verso il Signore!

All’arrivo ecco che il problema è risolto: “trovarono che la pietra era stata rotolata dal sepolcro” e “non trovarono il corpo del Signore” (2/3).
La loro perplessità (4) davanti a questa scena lascia il posto alla paura (5) davanti all’apparizione di due uomini dalle vesti risplendenti, ma, ancora di più, alle parole: “perché cercate il vivente fra i morti?”.
Questi uomini ricorderanno loro le parole del Signore, che sarebbe morto e risuscitato (6/7) e solo allora ricorderanno le Sue parole (8), immagine di quanto spesso anche un credente sia “un uditore che dimentica”.

Cari amici, queste donne avevano poca forza, poca conoscenza, poca memoria, ma l’amore riempiva il loro cuore. Gli assomigliamo?  Se possiamo rispondere “SI” il Signore  toglierà gli ostacoli dal nostro cammino per mostrarci come Lui, il vivente (Ap 1:18), ci apre  una grande entrata non ad un sepolcro vuoto, ma alla Sua presenza.

·         Il lieto annuncio (9/12)
Questa prima scena del giorno della risurrezione si conclude con Pietro al sepolcro. Giovanni nel suo evangelo si associa a lui, mentre gli altri discepoli non “prestarono fede alle donne” (11). Le donne, del resto, avevano avuto una testimonianza particolare dagli angeli per Pietro (Mr 16:7). Pietro arriva al sepolcro e vi trova solo le fasce (12), ma il Signore lo incontrerà più avanti da solo e cosa si siano detti non ci viene riportato (34 – 1 Co 15:5).

D.C.

venerdì 20 giugno 2014

20 Giugno

Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede, affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo.
Romani 15:13

Cristo Gesù, nostra speranza.
1 Timoteo 1:1

Speranza

È una parola alla quale tutti gli essere umani si aggrappano e con la quale si incoraggiano. La speranza è l'ultima a morire, si dice sovente quando non si riesce a trovare una soluzione ad un problema. E sulla terra, lo sappiamo tutti per esperienza, le speranze spesso sono seguite da delusioni, qualche volta dalla disperazione.
Nel linguaggio della Bibbia, speranza ha il senso della certezza. Soltanto la speranza cristiana è sicura, perché si appoggia sulle promesse di Dio e si riferisce ad un futuro conosciuto. Contrariamente ai bei sogni che tutti fanno per il futuro, la speranza cristiana soddisfa chi la possiede; e poi dà uno scopo, una ragione di vita. In realtà questa ragione di vita è una persona: Gesù Cristo. Tutte le benedizioni divine hanno la loro sorgente in lui. Ne citiamo alcune:
– la vita eterna che si ottiene mediante la fede in Cristo, morto sulla croce per riconciliarci con Dio (Tito 1:2);
– una presenza: chi ha affidato la propria vita a Gesù Cristo non è mai più solo (Matteo 28:20)
– una promessa: la prossima venuta di Cristo per portare via dal mondo la sua Chiesa, composta da tutti quelli che l'hanno accettato come loro Salvatore personale (Filippesi 3:20)
– un futuro: la sua gloria alla quale assocerà tutti i suoi (Romani 5:2). In questa attesa, il Signore Gesù è la forza del credente per affrontare le prove della vita e per non essere "tristi come gli altri che non hanno speranza" (1 Tessalonicesi 4:13).

“Che cosa hai fatto?”

di A. Apicella

Il giardino di Eden è ormai precluso all’uomo. I cherubini con la spada fiammeggiante ne custodiscono l’accesso. L’uomo, peccatore, è fuori, a lavorare col sudore della sua fronte una terra ingrata che gli avrebbe prodotto spine e triboli. Caino è un lavoratore della terra. Niente di male se non avesse l’idea di offrire all’Eterno i frutti del suo lavoro, prodotti da quel suolo maledetto, e la presunzione che quell’offerta gli avrebbe consentito di instaurare col Creatore un rapporto di pace. 
Noi non sappiamo quale fosse, allora, il livello di conoscenza di Dio; ma un fatto era noto: Dio aveva ucciso un animale per procurare ad Adamo e ad Eva un “abito” che consentisse loro di sopportare la sua santa presenza senza la “vergogna” e le tristi conseguenze della loro nudità. Dunque, una vittima innocente era stata sacrificata al posto dei colpevoli e in loro favore. Non per niente Abele offriva a Dio i primogeniti del suo gregge e il loro grasso, a conferma che i Suoi diritti gli erano ben noti. Ma era così difficile per Caino procurarsi un agnello da offrire a Dio? 
Dio non tiene mai segrete le sue sante esigenze; in ogni tempo le ha rivelate all’uomo in modo chiaro e senza equivoci. Caino è consapevole delle “preferenze” del Creatore, ed è anche esortato, consigliato, spinto a rinunciare alla propria ostinazione per percorrere i sentieri dei pensieri di Dio dove c’è la sua approvazione, il perdono, la vita. “Se agisci bene, non rialzerai il volto? Ma se agisci male, il peccato sta spiandoti alla porta (*), e i suoi desideri sono rivolti contro di te; ma tu dominalo!” (Gen. 4:6-7).
Caino si oppone a Dio e inverte i ruoli. Invece di rinunciare alla propria volontà e sottomettersi a quella di Dio, pretende che sia Dio a rinunciare alle proprie sante esigenze per accettare il punto di vista di una creatura decaduta e peccatrice come lui era! 
_____________
(*) E’ interessante notare che l’espressione “il peccato sta spiandoti alla porta” può anche essere tradotta con “il sacrificio per il peccato è coricato alla porta”. Se così va letto, significa che Dio indicava chiaramente a Caino quale fosse il mezzo per ottenere il perdono per l’incredulità e l’ostinazione da lui mostrata fino ad allora. La stessa “vittima” che rendeva gradito a Dio suo fratello Abele avrebbe reso gradito anche lui. E Dio la metteva, nella sua grazia,  a sua completa disposizione. Le espressioni che seguono nel v. 7 si riferiscono comunque al peccato.
E’ logico che Dio non possa guardare “con favore” né lui né la sua offerta; “la ribellione è come il peccato della divinazione e l’ostinatezza è come l’adorazione degli idoli” (1 Sam. 15:23). Caino è accecato dalla gelosia, dall’invidia, dall’odio. Non può amare il suo fratello perché non ama Dio e non osserva i suoi comandamenti (1 Giov. 5:2); non può avere pace perché non è in pace con Dio. Aspetta solo il momento propizio per tendere un tranello ad Abele e ucciderlo. 
E il “giorno malvagio” arriva. Ora, il sangue di Abele “grida” a Dio dalla terra sulla quale è stato versato. Quel Dio a cui Caino si è rifiutato di sottomettersi, ma al quale deve, volente o nolente, rendere conto, gli si fa incontro e gli pone due domande: “Dov’è Abele, tuo fratello?” e “Che hai fatto?” (Gen. 4:9,10). Alla prima risponde “Non lo so”, alla seconda non risponde nemmeno, perché si avvede che Dio è al corrente di tutto.
Così, il Dio santo e un uomo peccatore, il Dio che dà la vita e un uomo che l’ha violentemente tolta, sono lì, uno di fronte all’altro. E il Giudice di tutta la terra pronuncia la sua condanna: “Ora tu sarai maledetto, scacciato lontano dalla terra che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano”. 
Passano i secoli, e un giorno, sotto un portico di tribunale c’è di nuovo un uomo davanti a Dio. Ma questa volta i termini sono capovolti. Il giudice è Pilato, uomo corrotto e ingiusto, con la coscienza macchiata dei più efferati delitti. E l’imputato è nientemeno che Dio; nell’esteriore in forma di uomo, ma avendo fornito le prove più evidenti e incontestabili della sua natura divina. “Che cosa hai fatto?”, chiede Pilato al Signore Gesù (Giov. 18:35). Esattamente la stessa domanda che Dio aveva rivolto a Caino 4000 anni prima! Quello che aveva fatto era evidente a tutti, e Pilato lo sapeva: aveva guarito i malati, risuscitato i morti, insegnato l’amore, la giustizia, l’umiltà; era “andato dappertutto facendo del bene”, come dice Pietro a Cornelio (Atti 10:38). Avrà il coraggio il giudice di pronunciare una condanna? Lui ha “il potere” - almeno così crede - di liberarlo o crocifiggerlo, e decide di crocifiggerlo.
L’omicidio di Abele è una figura dell’uccisione del Signore. Anche allora era l’empio che uccideva il giusto, il profano che si levava contro il fedele per metterlo a morte. Ma la morte del Signore rientrava in un preciso progetto di Dio per la nostra salvezza. Era Dio che aveva dato autorità a Pilato per condannare il suo Figlio, e il Figlio deponeva volontariamente la propria vita. Gli uomini non sono che delle pedine per il compimento di questo meraviglioso disegno d’amore e di grazia, anche se ciò non sminuisce per nulla la loro responsabilità e la loro colpa.  
E come risplende questa grazia di Dio! La condanna di Caino la meritavano Pilato e i capi sacerdoti, la meritava e la merita tutta l’umanità. Ma il Signore muore perché Dio possa assolvere chiunque crede. Il suo sangue “parla meglio del sangue di Abele” (Ebrei 12:24); non “grida dalla terra” per invocare il castigo sui malvagi, ma invoca il perdono anche sui suoi uccisori! 
Anche gli agnelli offerti da Abele sono una figura di Cristo, e il loro sangue versato una figura del Suo sangue prezioso; perché il Signore è, nello stesso tempo, vittima e sacerdote, colui che offre e ciò che viene offerto. “Egli è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo col suo proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna” (Ebrei 9:12).

Tratto dal Messaggero Cristiano

giovedì 19 giugno 2014

19 Giugno

Lo cacciarono (Gesù) fuori dalla città.
Luca 4:29

Gesù udì che lo avevano cacciato fuori (il cieco guarito); e, trovatolo, gli disse: "Credi nel Figlio dell'uomo?"
Giovanni 9:35
Cacciato fuori!

Gesù, per aver detto la verità, è cacciato dalla città di Nazaret, e si cerca di ucciderlo per farlo tacere. È troppo pericoloso; il suo insegnamento mette in questione troppe cose. Così i capi religiosi decidono che tutti quelli che si dichiarano suoi discepoli, o che lo nominano, saranno scomunicati, esclusi dal centro della vita religiosa, messi al bando dalla società.
Il cieco guarito, per aver osato per due volte dare una coraggiosa testimonianza della sua guarigione, è ingiuriato, e cacciato via dalla sinagoga.
Ma che cosa trova fuori? Il disprezzo degli uomini influenti, certo; ma, soprattutto, una persona degna di ogni omaggio, degna del primo posto nella sua vita: incontra Gesù, che si rivela a lui come il Figlio di Dio.
Lettore, se ti senti respinto dalla società, se non sai a chi rivolgerti, se ti senti travagliato nella coscienza, se fai fatica a trovare delle soluzioni ai tuoi problemi angosciosi, vieni a Gesù. Che tu sia escluso dal gruppo, non è un problema per lui.
Se invece affermi di essere cristiano, osi dire apertamente davanti ai compagni, ai colleghi, che Gesù è il tuo Salvatore? O hai paura di essere respinto? Eppure, fuori, puoi essere sicuro della compagnia del Signore!

Capire la volontà di Dio

di: Marc Horisberger


Molti credenti desiderano realmente essere guidati dal Signore per poterlo onorare nella loro vita e servirlo in modo utile. Ma come si può capire la volontà di Dio, accettarla e compierla?

La misericordia di Dio
“Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio, questo è il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà” (Romani 12:1-2).
Nei primi undici capitoli della lettera ai Romani, l’apostolo Paolo presenta il Vangelo di Dio che riguarda il suo Figlio. A partire dal capitolo 12 spiega come mettere in pratica la vita della fede. Elenca forse subito le “opere” che il Signore ha preparato per i credenti affinché essi le compiano? No. Paolo inizia citando il fondamento di tutte le esortazioni che seguono, che è la misericordia di Dio cioè tutto ciò che Dio, nella sua grazia, accorda ai peccatori, e di cui l’apostolo ha mostrato la piena ricchezza nel capitolo precedente,.

Consacrarsi a Dio
Il sentimento dell’amore di cui Dio ci ama ci porta a una sola conclusione: offrire i nostri corpi “in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio” (Romani 12:1). Non si tratta di un atto saltuario, ma di una consacrazione regolare, di una disponibilità totale, rinnovata di continuo e che si fonda sull’opera di Dio. Questo punto di partenza è fondamentale poiché la vita cristiana è, nella sua essenza, un’esistenza consacrata al Signore. La parola “sacrificio”, di solito implica qualcosa di negativo, di difficile, che ci impedisce di fare ciò che desideriamo, che ci fa pensare alla rinuncia alla nostra personalità, che parla di morte. Niente di tutto ciò: qui “sacrificio” sta per offerta, un qualcosa che si dà a Dio come atto di riconoscenza e per la sua gloria.
Dio non guarda alle nostre capacità - esse vengono da Lui- o alle nostre incapacità - esse sono reali - ma guarda alla nostra disponibilità; ecco il perché dell’incoraggiamento a offrire i nostri corpi in sacrificio. Questo sacrificio è:
Vivente. A differenza dei sacrifici di animali uccisi che venivano offerti anticamente da Israele; noi siamo “morti al peccato, ma viventi a Dio in Cristo Gesù”. Non è un sacrificio statico, ma dinamico e implica una vita al servizio del Signore.
Santo, poiché il mio corpo non è più al servizio del peccato, ma al servizio di Dio.
Gradito, in quanto piace a Dio ed è da Lui accettato.  
E’ un sacrificio intelligente, razionale (o spirituale), non una cerimonia cieca e formalista, compiuta secondo una regola o un obbligo legale. E’ il servizio che il credente offre ben sapendo ciò che fa, affidando al Signore il proprio corpo come strumento di cui Egli può liberamente disporre. Cosa c’è di più “razionale” di darsi interamente a Dio che, nella sua grande misericordia, ha fatto tutto per salvarci?
Consacrarsi così a Dio significa anche impegnarsi ad ubbidirgli.  

Il rinnovamento
Dove trovare la volontà e la capacità per offrire a Dio un tale sacrificio? Certamente non in noi, ma nel “rinnovamento” della nostra “mente”. Esso consiste in una trasformazione radicale nel nostro modo di pensare riguardo a noi stessi e a Dio, in modo da poter capire l’opera di Dio e le sue implicazioni nella nostra vita. Un vero miracolo!
Tale rinnovamento comprende due aspetti:
- Non conformarsi al mondo. L’apostolo Paolo mostra che il peggior nemico del rinnovamento della mente è quello di conformarsi al mondo, di uniformarsi al suo modo di pensare e di vivere. Il mondo è del tutto opposto a Dio, nei suoi valori, nei suoi costumi e nelle sue regole. Un credente che si fonde col mondo, come potrebbe poi sperare di portare fra gli increduli una testimonianza attendibile ed efficace?
- Essere trasformati. “Siate trasformati” non significa “trasformatevi”, ma piuttosto “lasciatevi trasformare”; permettere allo Spirito Santo che è in noi di svolgere il suo lavoro (Tito 3:5) e darci il discernimento della volontà di Dio.

Conoscere la volontà di Dio
Il termine “conoscere”, in questo caso ha il significato di “stabilire la certezza di una cosa provandola”. Conoscere la volontà di Dio come esperienza della nostra vita ci fa capire quanto essa sia “buona, gradita e perfetta”, e ricercare, di conseguenza, ciò che è buono, che piace a Dio, che è perfetto. Che privilegio poter conoscere la sua volontà in un mondo sempre più lontano da Lui, e che grazia trovarvi il proprio piacere! Però, pur ricercando la volontà di Dio, a volte non siamo in grado di riconoscerla e questo è dovuto spesso ad una mancanza di stretta comunione con Lui. Ma ecco qualche indicazione.

1. Un cammino è tracciato
E’ indispensabile tener conto delle indicazioni che il Signore ci dà:
- per mezzo della sua Parola, prima di tutto,
- per mezzo di esortazioni, consigli, avvertimenti di fratelli e sorelle,
- per mezzo delle circostanze, anche se queste sono le indicazioni più difficili da interpretare.

“Quando andrete a destra o quando andrete a sinistra, le tue orecchie udranno dietro a te una voce che dirà: ‘Questa è la via; camminate per essa!’ ” (Isaia 30:21).
“Così parla l’Eterno, il tuo redentore, il Santo d’Israele: Io sono il Signore, il tuo Dio, che t’insegna per il tuo bene, che ti guida per la via che devi seguire” (Isaia 48:17).
“L’Eterno ti guiderà sempre, ti sazierà nei luoghi aridi, darà vigore alle tue ossa; tu sarai come un giardino ben annaffiato, come una sorgente la cui acqua non manca mai” (Isaia 58:11).
Sui sentieri di montagna dei cartelli indicano la direzione da seguire con il tempo di percorrenza e a volte il grado di difficoltà. In inverno, dei paletti colorati delimitano le piste da sci e indicano la direzione da prendere e segnalano le zone dove la pratica del “fuori pista” risulta pericolosa. Essi sono piantati molto vicini gli uni agli altri perché, in caso di nebbia o di nevicata, la pista e i rifugi diventerebbero quasi invisibili. Così la Parola di Dio ci fornisce tutte le indicazioni necessarie per evitare di  uscire dal retto sentiero e correre pericoli che sarebbero a danno nostro e della testimonianza.

2. Un passo dopo l’altro
Dio desidera che noi camminiamo con lui un passo dopo l’altro e che dipendiamo da lui in ogni nostra circostanza, giorno dopo giorno. Non pensiamo che Dio ci dia una nuova direttiva se non abbiamo ancora risposto alla precedente. La storia del profeta Elia illustra questo principio (1 Re 17) in due casi significativi:
1. Dopo che Elia annuncia la siccità ad Acab, il re empio, Dio gli ordina di nascondersi presso il torrente Cherit e gli promette che berrà l’acqua del torrente e sarà nutrito dai corvi. Il profeta ubbidisce; i corvi gli portano il nutrimento la sera e la mattina. Ma un giorno il torrente rimane asciutto. 
2. Dio dà ora ad Elia una nuova direttiva, anch’essa accompagnata da una promessa. Deve recarsi nella città di Sarepta dove vedova gli darà da mangiare. Elia ubbidisce e incontra la vedova all’ingresso della città. La vedova crede alle sue parole, e la sua vita e quella di suo figlio sono salve. 

Cosa fare se è presa una strada sbagliata?
Quando ci rendiamo conto che stiamo camminando nella direzione sbagliata, il metodo migliore per ritrovare la via giusta è quello di tornare all’ultimo segnale, come fece Abraamo. Egli partì da Betel a causa di una carestia e si diresse verso sud finendo in Egitto. Quando risalì, tornò a Betel dove ritrovò la comunione con Dio “al luogo dove da principio era stata la sua tenda, fra Betel e Ai, al luogo dov’era l’altare che egli aveva fatto prima” (Genesi 13:3-4).
E’ un po’ quello che ha fatto il “figlio prodigo” (sebbene questa parabola si applichi più all’uomo incredulo che non a un credente che si svia) quando si mette a riflettere sul proprio stato dopo aver esaurito tutte le sue risorse: “Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Io mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non son più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi” (Luca 15:17-19). Egli si alza e ritorna dal padre.
E’ la stessa lezione che il Signore insegna a Pietro che lo ha rinnegato. Dopo la sua risurrezione, appare a lui e ad altri sei discepoli in riva al lago di Galilea. Avevano pescato tutta la notte senza successo. Ancora vivo sarà stato in loro il ricordo di un’altra pescata, prima infruttuosa, avvenuta tre anni prima; al miracolo del Signore, Pietro si era reso conto della propria indegnità e il Signore lo aveva chiamato a diventare pescatore d’uomini. Pietro, allora, aveva lasciato tutto per seguirlo (Luca 5:1-11). Qui c’è un nuovo miracolo e una piena riabilitazione.
In certi casi, quando ci siamo sviati, non possiamo tornare al punto di partenza senza che rimanga qualche traccia delle nostre incoerenze, non solo in noi stessi ma anche in coloro che ci attorniano; così avvenne nel caso di Lot che, in seguito all’errore di Abraamo di scendere in Egitto, rimase talmente attratto dalle pianure irrigate di quel paese che, quando si trattò di scegliere, scelse le pianure di Sodoma finendo per abitare in quella città corrotta. 
Noi tutti desideriamo conoscere il cammino che il Signore ha tracciato per il nostro bene e per la nostra felicità. Anche se non comprendiamo bene certe sue direttive, iniziamo ad ubbidirgli. L’ubbidienza apre l’intelligenza spirituale e ci fa capire che:
- il luogo più utile si trova là dove il Signore ci vuole,
- il cammino più sicuro è il cammino tracciato da Lui,
- la corsa più rapida è quella che tende “verso la meta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù” (Filippesi 3:14). 

Tratto dal Messaggero Cristiano