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lunedì 15 dicembre 2025

Buona volontà?

La Bibbia insegna che l'uomo si trova in un periodo di oscuramento spirituale. Egli è spiritualmente cieco.  “Andiamo tastando la parete come i ciechi, andiamo a tastoni come chi non ha occhi; inciampiamo in pieno mezzogiorno come nel crepuscolo, in mezzo all'abbondanza sembriamo dei morti” Isaia 59:10.

Spiritualmente l'uomo è anche sordo: “Figlio d'uomo, tu abiti in mezzo a una casa ribelle che ha occhi per vedere e non vede, orecchi per udire e non ode” Ezechiele 12:2.

E Poi  è spiritualmente perfino morto: “voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati” Efesini 2:1.

Tutto questo significa che la comunicazione tra Dio e l'uomo è interrotta, Vi è una meravigliosa sfera di gioia, di armonia, di luce e pace davanti alla quale milioni di persone rimangono cieche, sorde e perfino morte. Esse bramano la felicità e la serenità ma non sembrano mai trovarle.

Se non fosse intervenuto Dio per l'uomo non ci sarebbe stata alcuna speranza. E Dio si è mostrato. La Parola stessa si è fatta carne “In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini” Giovanni 1:1. Poi ha parlato e l'uomo non ha potuto che dire “nessuno parlò mai come costui” Giov. 7:47. Era venuto a portare la vita e non è stato ricevuto ma: “a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio” Giov.1:12.

Non è stata la nostra buona volontà, non sono state le nostre capacità a rendere possibile tutto questo, ma Dio. Il suo amore per gli uomini. Il suo desiderio di fare grazia, essendo disposto a pagare un prezzo altissimo per questo, ma ha voluto, ha grandemente voluto parlare in grazia. Lo ha fatto per mezzo del Figlio che è venuto in mezzo a noi accreditato da opere, uniche, tanto grandi da rendere impossibile il non riconoscerlo. 

Eppure è stato rifiutato e le tenebre la sordità e la morte sono rimaste padrone di gran parte dell'umanità. Ma c'è ancora tempo. Si può ancora avere accesso a quella sfera di vita bisogna solo affrettarsi perché Dio ancora oggi fa udire la sua voce.

domenica 14 dicembre 2025

Tralci

“Io sono la vera vite e il Padre mio è il coltivatore” Gio.15,1. Tutto ciò che ora vi presenta può essere compreso in questa immagine ed è per questo che dobbiamo chiarirlo a noi stessi. Immaginiamo un vignaiolo passeggia nel suo vigneto e osserva, valuta, cura e coltiva le viti. Vede subito quando una vite non è cresciuta come dovrebbe e non produce il frutto che si aspettava. Qui il Padre è il vignaiolo. 

Il compito della vite è fornire cibo ai tralci e il Signore Gesù si presenta come la vera vite.

Se c'è una vera vite vuol dire che ne esiste anche una che non ha queste caratteristiche. Qui è Israele ma possiamo anche applicarlo a tutta la cristianità professante.

Si distinguono poi due tipologie di vitigno. C'è chi non porta frutto e chi lo porta. La differenza fra i due? “Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me” ver.4.

La differenza è data dal “dimorare” ovvero essere attaccati, uniti a Cristo.

“Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla” Giov. 15:5. 

Non sono io che devo fare di me stesso un tralcio; lo sono già, dice il Signore che appartengo a Lui. Io sono collegato a Lui. A me tocca agire in conseguenza di ciò che ora sono. Sono un membro del suo corpo, posso quindi  prendere dalla sua pienezza tutto ciò di cui ho bisogno.

sabato 13 dicembre 2025

Ad immagine

In Genesi 1 leggiamo che Dio creò l'uomo: “Poi Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbiano dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”. Quindi Dio creò l'uomo a Sua immagine (come Suo rappresentante qui sulla terra) e secondo la Sua somiglianza (come un essere puro che non conosceva il peccato). L'uomo era l'unica creatura terrena che poteva comunicare con Dio, e Dio poteva parlargli, perché non c'era ostacolo tra Dio e lui.

E poi troviamo che Adamo visse centotrenta anni dopo la Caduta e "generò un figlio a sua somiglianza, a sua immagine" Gen 5:3. Cioè, il figlio che Adamo concepì era a somiglianza e immagine di un uomo decaduto, peccatore e sotto il giudizio di Dio, un uomo che originariamente era stato in comunione con Dio ma aveva lasciato quella posizione.

venerdì 12 dicembre 2025

Mi ami tu?

“Mi ami tu?” Giovanni 21:15.

Pietro si limitò a dire: Tu sai che ti voglio bene. Era rimasto deluso da se stesso, deluso dai suoi propri sentimenti.

Quando il Signore chiese a Pietro se lo amasse utilizzò una parola che indicava una devozione totale. Pietro rispose utilizzando un termine che rifletteva il suo amore per Cristo, ma senza includere la sua totale devozione per Lui.

L'uomo naturale esprime il suo amore con dichiarazioni e promesse di fedeltà. Questo sentimento può essere anche profondo, ma non tocca mai il centro della nostra personalità. Solo la Parola di Dio può apportare un cambiamento totale, essa sola giunge così in profondità: “fino alla divisione dell'anima e dello spirito” Ebrei 4:12. 

La Parola di Dio colpisce, trasforma, più di quello che possa fare il peccato, perché il peccato intorpidisce la sensibilità, ma la Parola accende un fuoco che ravviva, ristora i cuori e ci rende più sensibili sotto tutti i punti di vista.

“Gli disse la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?»”  Giovanni 21:17.

Hai sentito il dolore provocato dal tocco di Dio sulla carne viva, sul punto veramente sensibile della tua anima?

Satana non può arrivare a toccare quel punto, nemmeno il peccato né le passioni umane; nulla può raggiungerlo, eccetto la Parola di Dio.

“Pietro fu rattristato che egli avesse detto la terza volta” in quel momento si stava accorgendo che nel suo intimo, proprio al centro della sua personalità, egli era veramente devoto a Cristo; e cominciava a capire che significato avesse quella domanda pazientemente ripetuta.

Le illusioni se ne erano andate dalla sua mente senza lasciare la benché minima traccia; mai più avrebbe potuto ingannarsi di nuovo. Era stata per lui una rivelazione scoprire quanto amasse veramente il Signore, per questo rispose: “Signore tu sai ogni cosa”.

“E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine” 2 Corinzi 3:18.

giovedì 11 dicembre 2025

Giuseppe

Nel capitolo 40 dirà al coppiere e solo a lui: “ricordati di me quando sarai felice” v.14.

Giuseppe, che è una figura del Signore, è stato odiato e venduto dai suoi stessi fratelli, ha indossato le vesti del servitore perfetto nella casa di Potifar, è stato nella fossa cosi è descritta la sua prigionia nel salmo. 

Si noti che le benedizioni abbondano su coloro che gli danno un posto particolare nella loro vita. In casa di Potifar Dio fece prosperare ogni cosa, in prigione il carceriere, dopo il suo arrivo fu benedetto ed è detto che prosperava in ogni cosa, e quando il Faraone conferì a Giuseppe il primo posto tutto il paese ne trasse un grande beneficio. I suoi fratelli rigettandolo si erano privati di tutte queste benedizioni. Non è forse così anche del Signore Gesù? Se gli diamo il primo posto nel nostro cuore e nella nostra vita non riceveremo noi tante benedizioni? Ma se lo rifiutiamo cosa succederà?

Nel suo Servizio, Giuseppe, abbassa sempre se stesso per dare gloria a Dio (40,8 41,16).

Aveva 30 anni quando iniziò il suo servizio in Egitto.

Interessante notare che il sogno del Faraone si ripete 2 volte, sembra rimarcare qualcosa di estremamente importante come quando nell'Evangelo di Giovanni il Signore diceva: “In verità in verità io vi dico” ripetendolo due volte.

Ora Giuseppe ha un nuovo nome, Safnat-Paneac (41:45), che significa: Salvatore del mondo o Colui che dà vita. Riceverà del faraone una moglie, straniera, come Cristo dopo il rifiuto da parte dei suoi fratelli.

Il Faraone pose Giuseppe a capo della sua casa, Cristo come figlio è posto sulla sua casa.

Dinanzi a Lui si gridava in ginocchio (Gen 41:43) , come certo ogni ginocchio si piegherà dinanzi a Cristo (Fil.2:10).

Iniziano i 7 anni di carestia, di fame. Molto spesso si manifestano nei cuori insoddisfatti e tristi perché lontani da Dio. Allora rimane una sola possibilità andare a Cristo e gridare a Lui. Anche il figliol prodigo lontano dal Padre soffriva la fame.

Giuseppe comprerà le terre dagli egiziani tutte le terre dovranno ritornare sotto il suo dominio.

mercoledì 10 dicembre 2025

Invito

“Il regno dei cieli è simile a un re, il quale fece le nozze di suo figlio. Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze; ma questi non vollero venire. Mandò una seconda volta altri servi, dicendo: "Dite agli invitati: Io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono ammazzati; tutto è pronto; venite alle nozze". Ma quelli, non curandosene, se ne andarono, chi al suo campo, chi al suo commercio” Matteo 22:2-5.

Inviti, ne avrete sicuramente ricevuti nella vostra vita. Sorprese che a volte arrivano improvvise e più l'invito è importante più grande è la gioia nel riceverlo.

Ricevere un invito significa venire onorati, essere tenuti in grande considerazione.

Quanto è brutto essere esclusi, non ricevere mai un invito. Siamo abituati a dover presentare delle credenziali. Su i lavoro occorre presentare un curriculum, per certe università si devono superare dei test di ammissione, per alcuni impieghi è richiesta la bella presenza ecc. ecc. Caso mai ci tenevamo in modo particolare ma non avevamo le credenziali e siamo stati esclusi.

Ma gli inviti più incredibili non si trovano dentro le buste colorate, si trovano nella Bibbia.

Dio è un dio che invita un Dio che chiama. “Venite alle nozze”.

Dio è un Dio che apre la porta e fa segno ai pellegrini di accomodarsi alla tavola imbandita e l'invito non è solo per un pasto, è per la vita. Un invito ad entrare nel suo regno e stabilirsi in un mondo privo di lacrime, di morte di dolore.

Chi può entrarvi? Chiunque lo desidera. L'invito è universale e personale allo stesso tempo.

Vi siete mai chiesti come si sentisse il Signore mentre raccontava queste parabole?

Se mai vi è accaduto che un vostro invito venisse ignorato, allora potreste avere una lontanissima idea di ciò che vuole dire.

La maggior parte delle persone non respinge il Signore...solo non prende in seria considerazione il suo invito, non vuole entrare, mostra scarsa se non disprezzo per la grandezza di quell'invito e non entrerà.

Non è incredibile che dio lasci a noi la scelta? Pensateci.

Ci sono molte cose nella vita che noi non possiamo scegliere. Non possiamo scegliere se nascere o no con un naso grosso, non possiamo scegliere il colore della nostra pelle, se avere gli occhi blu e i capelli ricci. Ma possiamo scegliere dove trascorrere l'eternità.

La grande scelta Dio la lascia a noi. La decisione fondamentale è nostra.

Che cosa state facendo con l'invito di Dio?

Che cosa state facendo con la sua personale richiesta di vivere sempre con lui?

martedì 9 dicembre 2025

Atteggiamenti sbagliati

“...chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti” Marco 10:43-44.

Quando Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, si confrontarono con il Signore Gesù, l'antitesi fra questi e loro era quasi totale: Lui era venuto per dare e per servire, loro volevano ricevere e comandare. Oggi noi siamo davanti alla stessa alternativa.

“Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, si avvicinarono a lui, dicendogli: Maestro, desideriamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo” v.35.

La loro richiesta potrebbe benissimo figurare nel guinness dei primati come la peggiore preghiera mai verbalizzata nella Scrittura, perché sarebbe difficile superare un così vistoso egocentrismo. Immaginando che ci sarebbe stato una corsa alquanto profana ai posti più importanti del regno, quindi ritenevano prudente prenotarsi. La loro preghiera era un tentativo di piegare la volontà di Dio alla propria, mentre la vera preghiera equivale ad arrendere la propria volontà a quella di Dio.

In secondo luogo, c'è la scelta fra il potere e il servizio. Chiesero al Signore di poter sedere ai suoi due lati nel regno. Su cosa immaginavano di sedere? Sul pavimento? Su panche o su sgabelli? No, si aspettavano sicuramente di sedere su dei troni. Provenivano da una famiglia della classe media, avevano una attività di pesca con persone a loro servizio e pensavano di, non solo mantenere, ma addirittura accrescere la loro posizione con l'avvento del regno. In altre parole il commento del Signore fu: “Voi sapete che quelli che sono reputati prìncipi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi” v.42-43.

La nuova comunità del Signore è organizzata su un principio diverso: servizio non potere, umiltà non autorità. Inoltre, indicava loro che nel mondo ci sono due diverse gamme di valori, il simbolo dell'una è il trono, il simbolo dell'altra è la croce.

lunedì 8 dicembre 2025

Giosia - 13 ANNI DI SILENZIO (parte 4)

NASCONDERSI?

Un'altra cosa che ci colpisce particolarmente leggendo la storia è il travestimento di Giosia. In cosa consisteva questa mascherata? Perché questo gioco di travestimento? L'Antico Testamento ci fornisce diversi esempi di simili mascherate. In Genesi 38 troviamo la storia straziante di Tamar, nuora di Giuda. Usando un travestimento, questa donna, ingannata e delusa da Giuda, commise un terribile peccato. In 1 Samuele 28 vediamo il re Saul travestirsi per andare da un negromante. Di lui è detto espressamente: “Allora Saul si camuffò, si mise altri abiti“ 1 Sam 28,8. Anche il re Achab si travestì per poter andare in battaglia senza essere scoperto, in modo simile a Giosia (1 Re 22:30). Nel caso di Tamar e Saul, c'era un evidente peccato associato a questa mascherata. Tamar si si veste da prostituta e Saulo fa uso dell'occulto. Entrambi erano chiaramente e inequivocabilmente contrari ai pensieri di Dio. Entrambi volevano consapevolmente fare qualcosa contro la volontà di Dio e quindi si sono travestiti. Si trattava di rinunciare alla propria identità per scambiarla con un'altra.

Per Achab e Giosia, il motivo principale del travestimento era il desiderio di non essere riconosciuti. I nemici non dovrebbero riconoscerli come re e a capo dell'esercito nemico. Anche loro volevano nascondersi da Dio? Achab aveva sentito la parola di Dio che sarebbe dovuto morire, e Giosia poteva aver avuto dei dubbi sul fatto che Dio non fosse dalla sua parte.

Può essere interessante in questo contesto che il profeta Sofonia parli di “io punirò tutti i prìncipi, i figli del re, e tutti quelli che si vestono di abiti stranieri” Sof 1:8. Ci è permesso applicare questo fatto spiritualmente? Nella Parola di Dio l'abbigliamento spesso parla della nostra testimonianza, di ciò che si vede all'esterno di noi. Indossare abiti “diversi“ potrebbe significare che non ci stiamo comportando come dovremmo. Fingiamo e non riveliamo la nostra vera identità. In questo modo possiamo ingannare la gente. Da anni frequentiamo i non credenti, ad esempio al lavoro o a scuola, e nessuno si è accorto che siamo figli di Dio. Oppure stiamo semplicemente fingendo temporaneamente di fare qualcosa che sappiamo non essere giusto. Nessuno nota nulla, tranne Dio. Non possiamo ingannarlo.

Ma è consentita un'altra applicazione. Possiamo anche deviare nel cammino quando si tratta di ciò che Dio ci ha affidato. Il percorso della separazione e dell’obbedienza è diventato troppo stretto per noi? Non ci sentiamo più a nostro agio con ciò che il Signore ci vuole da noi e stiamo cercando una via più ampia? Allora potremmo correre il pericolo di uscire dalla nostra identità, da ciò che una volta era importante per noi. Se ammorbidiamo alcune cose sulla base di queste motivazioni, allora siamo sulla buona strada per “mascherarci”. L'occhio di Dio vede sempre le cose come realmente sono. Ecco perché dovremmo stare attenti a non indossare “abiti stranieri” in presenza delle persone vero le quali siamo chiamati a testimoniare della nostra fede.

5. UNA SINTESI DIVINA

La fine di Giosia arrivò all'improvviso. Aveva solo 39 anni; un uomo al culmine della sua vita che ha dovuto porre fine ad essa a causa delle sue scelte. Comprendiamo bene che tutto Giuda e Gerusalemme lo piansero e che Geremia innalzò un lamento. Avevano perso un re che, nonostante il suo fallimento alla fine, li aveva sempre esortati a seguire il loro Dio.

Cosa vogliamo ricordare quando pensiamo a quest’uomo? Senza dubbio, tutta la sua storia è scritta per istruire i figli di Dio, comprese le circostanze della sua morte. Ma il riassunto divino alla fine della sua storia è commovente e dovrebbe essere considerato attentamente. Dio non si ferma al male, ma parla delle “buone azioni” di Giosia e del fatto che le ha compiute “secondo i precetti della legge del SIGNORE” 2 Cro. 35:26. La sua opera di riforma allietò il cuore di Dio. Sono state buone azioni che non sono state dimenticate. Colpisce la sua obbedienza alla Parola di Dio. Ha fatto secondo ciò che Dio ha detto.

Dove siamo oggi, personalmente e collettivamente? Alla congregazione (chiesa) di Filadelfia viene detto: "Hai osservato la mia parola" Apocalisse 3:8. C'è molto in questo. Conservare significa amare, apprezzare e fare. Questa è una sfida che possiamo affrontare ogni giorno finché non avremo raggiunto la meta e la corsa della fede sarà finita. Vogliamo agire come l'apostolo Paolo: “ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù ” Fil 3:13-14. Questo  è il modo giusto di camminare e nel quale sarà Dio a fare la differenza.


(fine)

domenica 7 dicembre 2025

Giosia - 13 ANNI DI SILENZIO (parte 3)

DISOBBEDIENZA

Il desiderio di un riconoscimento umano potrebbe essere stato il motivo di Giosia per combattere. Ma com'era la sua situazione spirituale? Non dobbiamo forse dire che Giosia era diventato indipendente e perfino disobbediente? Non leggiamo alcuna parola di Dio che gli dica di intraprendere questa guerra, né troviamo alcuna domanda in preghiera di Giosia sul fatto se dovesse unirsi alla battaglia o meno. Giosia agisce come ritiene umanamente più opportuno.  Allora Dio si mette proprio sulla sua strada e deve rivolgergli un messaggio attraverso un sovrano pagano: “Ma Neco gli inviò dei messaggeri per dirgli: Che c'è fra me e te, o re di Giuda? Io non salgo oggi contro di te, ma contro una casa con la quale sono in guerra; e Dio mi ha comandato di far presto; bada dunque di non opporti a Dio, il quale è con me, affinché egli non ti distrugga”  2 Cr. 35:21. Ma Giosia non ascolta Dio. Questa è disobbedienza e le conseguenze furono amare.

Dio mette alla prova il Suo servitore. E lo mette alla prova esattamente dove prima era la sua forza: la fede. La sottomissione senza compromessi alla Parola di Dio era ciò che Giosia aveva caratterizzato alcuni anni prima. La Parola di Dio lo aveva gettato a terra e lo aveva gettato tra le braccia di Dio. Qui, invece, ignora completamente il messaggio di Dio. Può darsi che semplicemente non volesse credere che fosse Dio a parlargli tramite il Faraone. Ma ciò non cambia il fatto che sia diventato indipendente e disobbediente.

La disobbedienza è senza dubbio un segno distintivo dei nostri tempi. L’obbedienza conta sempre meno nella nostra società. Anche noi credenti non rimaniamo indenni da questo. Ma i pensieri di Dio non cambiano per questo. Si aspetta che obbediamo e ci sottomettiamo alla sua parola. E Dio ci mette alla prova anche per vedere se la nostra obbedienza è dimostrata. Adesso è facile parlare o scrivere di obbedienza. Ma è più difficile praticarlo. Pensiamo alla prima coppia umana che fu messa alla prova in circostanze così favorevoli e cadde nella disobbedienza. Pensiamo a noi stessi, che spesso siamo messi alla prova e disobbedienti in cose così piccole. Ma poi pensiamo a nostro Signore che si è trovato nella situazione più difficile che si possa immaginare. Non è caduto nella disobbedienza, no, è stato Lui che “facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” Fil 2,8. Questa obbedienza ci riempie di ammirazione. Siamo chiamati a seguire il Suo esempio.

È anche degno di nota a questo punto che Dio si serve di una persona non credente per avvertire il Suo servitore e per rivolgergli una parola. Dio ha diversi modi di parlarci e di guidarci. I credenti del Nuovo Testamento possiedono la Parola completa di Dio, e questa Parola è una lampada ai nostri piedi e una luce sul nostro cammino. Attraverso lo spirito che vive in noi, Dio attira la nostra attenzione sulla Sua Parola, e lo fa in modo molto preciso a seconda della situazione. Ma può anche darsi che Dio ci parli attraverso alcune circostanze. Tuttavia, la cosa è particolarmente grave quando Dio deve servirsi di persone non credenti per rendere consapevoli di qualcosa i Suoi figli. Non è affatto irragionevole che Dio usi persone non credenti come portavoce. Ricordiamo, ad esempio, Balaam e Caifa, entrambi i quali avevano qualcosa da dire a nome del Signore. Nella storia di Giosia, Dio si serve di un re pagano. Non parla in termini generali, ma si rivolge a Giosia in modo specifico. Ma il re non coglie nemmeno questo accenno e persiste invece nella sua disobbedienza.

TESTARDAGGINE

Un'altra caratteristica di Giosia è sicuramente la sua testardaggine. Viene quasi in mente un bambino piccolo che, nonostante le spiegazioni dettagliate dei genitori, dice semplicemente: “Ma non voglio”. Il suggerimento del Faraone dalla bocca di Dio era più che chiaro, eppure Giosia rimase fedele alle sue intenzioni. Voleva la guerra e non ha lasciato che nulla lo fermasse.

Fin da giovane fu educato dalla Parola di Dio. Era capace di critiche e correzioni. A 39 anni aveva evidentemente perso questa qualità. Pensava forse di poter prendere la decisione giusta in base alle sue esperienze di vita.

Nel mondo si parla di “cocciutaggine della vecchiaia”, e in molti casi ciò è certamente giustificato. Ma anche in giovane età puoi diventare testardo e irragionevole. Tuttavia, questo pericolo aumenta quanto più esperienza di vita hai. Anche anni di esperienza al servizio del Signore, se non siamo vigili, possono portarci a persistere nelle nostre opinioni e a non inchinarci più alla Parola di Dio. Forse Dio usa una sorella o un fratello per portare qualcosa alla nostra attenzione. Ma poiché pensiamo che questa sorella o questo fratello in particolare abbiano molta meno esperienza di noi, potremmo essere inclini a non ascoltarli. Essere un saccente non può mai essere una caratteristica data da Dio. Dovremmo essere e rimanere sensibili e accettare la correzione quando questa viene dalla parola di Dio. L'ostinazione e la testardaggine di Giosia alla fine lo porterà alla morte.


(segue)

sabato 6 dicembre 2025

Giosia - 13 ANNI DI SILENZIO (parte 2)

UNA GUERRA INUTILE

Il popolo di Israele ha combattuto molte guerre. A volte venivano attaccati e dovevano difendersi. A volte erano loro stessi gli aggressori. C'erano guerre in cui Dio doveva essere con loro e c'erano guerre in cui Dio invece era contro di loro, ma tra le guerre registrate nella Parola di Dio, apparentemente nessuna era così inutile come la guerra che Giosia sta ora conducendo contro il faraone Neco, sebbene le motivazioni di Giosia siano ovviamente sconosciute. Il contesto storico di questa guerra non è chiaro. Può darsi che il faraone volesse dichiarare guerra alla potenza assira in declino, ma può anche darsi che il suo attacco fosse diretto contro l’emergente potenza babilonese. Comunque sia, il fatto è che Giosia interviene in questa disputa senza alcun motivo visibile e cerca battaglia nonostante gli avvertimenti del faraone pagano. Giosia, che in passato aveva una visione così profonda della mente di Dio, ora sembra aver perso la capacità di discernere.

Mentre leggiamo questa storia, possiamo pensare a due passaggi dei Proverbi che Salomone scrisse molti anni prima che Giosia vivesse:

“È una gloria per l'uomo l'astenersi dalle contese, ma chiunque è insensato mostra i denti“ Proverbi 20:3.

“Il passante che si riscalda per una contesa che non lo concerne, è come chi afferra un cane per le orecchie” Proverbi 26:17.

Queste parole parlano anche a noi. Spesso pensiamo che dobbiamo combattere quando Dio ci dice di fuggire. Ci sono certamente situazioni in cui dovremmo resistere a Satana, cioè quando lui ci attacca per toglierci la fede. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la fuga è all’ordine del giorno, soprattutto quando Satana vuole usare le tentazioni di questo mondo per abbatterci. Combattere in tali situazioni porta con sé una sconfitta certa. L'esempio di Giuseppe è ben noto e viene qui ricordato. Soltanto la sua coraggiosa fuga lo salvò dal cadere nel peccato sessuale.

DIPENDENZA DA DIPENDENZA

Si potrebbe riflettere sui motivi che portarono Giosia a intraprendere questa guerra. Non troviamo una risposta diretta nella Parola di Dio. Ma se leggiamo un po’ tra le righe, ci si potrebbe forse chiedere se Giosia volesse rappresentare qualcosa nel mondo. Interferisce negli attuali eventi politici del suo tempo, che avrebbero dovuto non aver nulla a che fare con lui. In questo caso, né lui né il suo popolo erano minacciati dalle intenzioni bellicose degli egiziani.

La dipendenza è un male che attraversa tutta la Bibbia. Ci sono una serie di esempi che Dio ci ha dato come avvertimento. Pensiamo a Lot, che pensava di vedere il suo posto nel consiglio di Sodoma, infatti lo troviamo seduto alla porta della città. Oppure pensiamo a Saulo, che cercava l'onore davanti al popolo giudeo. Consideriamo Nabucodonosor, che si alzò con orgoglio e invece sprofondò così in basso da essere simile ad una bestia. Anche qui ricordiamo una parola del saggio Salomone: “La superbia precede la rovina, e lo spirito altero precede la caduta” Proverbi 16:18. A proposito, queste parole non hanno perso la loro validità fino ad oggi.

Se applichiamo questo a noi stessi, allora potremmo chiederci: quali obiettivi stiamo perseguendo? Vogliamo essere qualcuno in questo mondo, vogliamo contare qualcosa? Questo può essere il caso, ad esempio, sul lavoro. Tendiamo verso l’alto con tutte le nostre forze e senza riguardo per gli altri, seguendo il motto: “Ognuno è il prossimo di se stesso”? Oppure pensiamo di poterci coinvolgere nella politica di questo mondo? Forse lo facciamo con le migliori intenzioni, ma è comunque sbagliato. È il mondo che ha rifiutato nostro Signore e lo ha messo in croce. Non può essere nostro compito svolgere un ruolo nella politica di questo mondo, sia a livello locale, nazionale o internazionale. Ma le cose peggiorano ancora quando cerchiamo di occupare un posto d’onore e di prestigio nel mondo religioso. Questo era colpevole della morte del Signore tanto quanto il sistema politico. Anche questa “parte” del mondo non potrà mai essere il luogo in cui sviluppare le attività.

Ma può esserci anche un desiderio di riconoscimento nella vita di un'assemblea locale. Puntiamo forse a uno dei posti più prestigiosi qui? Vogliamo essere tra i primi? Nella terza lettera, Giovanni parla di Diotrefe, un uomo “che aspira ad avere il primato tra loro“ 3 Gv 9. Questa è davvero una triste testimonianza. Penseremo piuttosto al nostro Signore, che volontariamente si umiliò e prese l'ultimo posto. Il Suo esempio dovrebbe caratterizzarci (Filippesi 2:5-8), allora non ci saranno problemi di questo tipo. Lui stesso ha insegnato ai suoi discepoli a non aspirare ai primi posti. Invece, ha detto, “… chiunque si innalza sarà abbassato, e chiunque si abbassa sarà innalzato” Luca 14:11. Ciò di cui abbiamo bisogno anche in questa materia è la “semplicità verso Cristo” 2 Cor. 11:3.


(segue)

giovedì 4 dicembre 2025

Giosia - 13 ANNI DI SILENZIO (parte 1)

13 ANNI DI SILENZIO

Abbiamo conosciuto Giosia come un uomo riformatore. La sua vita di fede iniziò quando aveva 16 anni. Nel corso di 10 anni, Dio ci racconta nel dettaglio ciò che ha fatto questo giovane. Il momento più alti delle sue riforme è stato senza dubbio la Pasqua celebrata durante il suo regno. A quel tempo Giosia aveva 26 anni. E poi all'improvviso dice: “Dopo tutto questo”. Giosia morì nel 31° anno del suo regno, all'età di 39 anni. Se facciamo i conti, c’è un periodo di 13 anni tra il racconto della Pasqua e le parole “dopo tutto questo”. Si ha l'impressione che Dio semplicemente sorvoli questi 13 anni della vita di Giosia.

Tredici anni di silenzio! Giosia non ha fatto nulla durante questo periodo? Non ha fatto la differenza? Non troviamo una risposta chiara a questa domanda. Ciò che possiamo dire è che Giosia non fece nulla su cui Dio avesse qualcosa da dire. In questo vediamo un principio importante che troviamo spesso nella Bibbia. Dio ci parla attraverso ciò che dice, ma a volte Egli ci parla anche attraverso ciò che non dice. Gli insegnamenti non sono sempre in superficie. A volte dobbiamo scavare un po' di più, leggere tra le righe e considerare ciò che Dio non dice. Ad esempio, perché non leggiamo di un altare nella vita di Abramo quando era nel paese d'Egitto (Genesi 12:9-20)? Oppure perché non leggiamo di una preghiera di Davide quando fuggì presso Achis, re dei nemici di Israele (1 Sam 27-29)? Il silenzio di Dio parla anche nella vita di Giosia.

Cosa ci dice questo silenzio? Ci sono momenti nella nostra vita sui quali Dio non ha nulla da dire? Periodi di tempo che non hanno valore per Dio perché non si trova alcun frutto per Lui? Dio cerca frutto nella nostra vita, cioè vuole vedere le caratteristiche del Suo Figlio in noi. Del resto, quale frutto sia buono per Dio lo giudica Dio stesso e nessun altro. Alcune cose possono sembrare buone agli occhi degli uomini, ma ciò che conta è il giudizio di Dio.

Come va la nostra vita? Forse abbiamo iniziato bene, impegnandoci per la causa di Dio, ma poi abbiamo rallentato e siamo passati ad altre cose. Forse alcune delle cose che facevamo per convinzione ora sono diventate routine. I giovani sono spesso più veloci ad entusiasmarsi per qualcosa, mentre invecchiando il loro entusiasmo a volte svanisce. Le cose possono essere così anche nella vita spirituale. Il saggio Salomone dice: "il sentiero dei giusti è come la luce che spunta e va sempre più risplendendo, finché sia giorno pieno" Proverbi 4:18. Possiamo paragonare la brillante luce del mattino alla giovinezza di una persona. La giovinezza è come il mattino luminoso quando il sole sorge in tutta la sua potenza, ma non è tutto; Una vita per Dio è una vita che risplende sempre più luminosa, fino al culmine del giorno. Questo è stato, inizialmente, il caso di Giosia finché la luce brillante non si è improvvisamente oscurata. Come va con me e con te?

Giosia aveva 39 anni quando entrò inutilmente in battaglia con il faraone Neco. Non era più un giovane, ma non era nemmeno vecchio. All’età di 39 anni di solito hai raggiunto l’apice della tua vita. Sei nel pieno della tua forza. La fine di Giosia parla indubbiamente a tutti noi, dovremmo sentirci particolarmente chiamati in causa, noi, che siamo nel mezzo della nostra vita? Com’è andata la nostra vita finora? Come abbiamo iniziato? Cosa abbiamo ottenuto? Abbiamo avuto e abbiamo successo in questo mondo? Abbiamo fatto carriera? Abbiamo una famiglia intatta? Queste sono solo domande a cui possiamo pensare. Ma chiediamoci anche: cosa siamo stati noi per il Signore? Ci sono forse stati momenti in passato in cui eravamo più interessati e impegnati nei confronti di Lui e della Sua causa? Ci sono forse dei fratelli più giovani che ci mostrano come si fa? Ancora una volta: queste sono domande alle quali possiamo pensare in tutta tranquillità e poi darci una risposta.

Un altro pensiero mi viene in mente in relazione ai 13 anni. Ci chiediamo: che fine ha fatto l'opera riformatrice di Giosia? Non ha avuto alcun effetto? Sicuramente in una certa misusa lo ebbe, poiché l’ultimo versetto di 2 Cronache 34 ci dice: “Durante tutto il tempo della vita di Giosia essi non cessarono di seguire il SIGNORE, Dio dei loro padri”. Leggiamo nel profeta Geremia quale atteggiamento interiore caratterizzava il popolo. Egli ci mostra come stavano realmente le cose: “nonostante tutto questo, la sua perfida sorella non è tornata da me con tutto il suo cuore, ma con finzione, dice il SIGNORE“ Geremia 3:10. Questa parola getta una luce significativa sui giorni di Giosia. In realtà, questo re doveva essere un uomo solo. La grande massa del popolo lo seguiva solo esteriormente. Non si potrebbe (purtroppo) parlare di un’inversione di tendenza a livello nazionale. Giosia poteva essere un esempio, poteva anche dare ordini e istruzioni in questioni esterne, ma non poteva cambiare il cuore della gente. Vediamo quindi un'opera di riforma che è continuata esteriormente durante questi tredici anni senza modificare la vita interiore. Ora anche lo stesso Giosia, il riformatore, sembra essere cambiato dopo questo tempo.

Quale applicazione possiamo fare? Le riforme del re dovevano dimostrarsi valide al popolo. Dio lo mette prova.

Questo vale anche per noi. Facciamo parte di una generazione che ha ricevuto una grande eredità spirituale. Molte verità della Parola di Dio non ci sono sconosciute, ma semplicemente “ereditare” però questo non è sufficiente. Nonostante tutta la gioia per ciò che abbiamo ereditato dai nostri padri spirituali, non vogliamo dimenticare che questa eredità comporta anche una responsabilità. Sorge la domanda: abbiamo queste verità solo nella nostra testa o anche nel nostro cuore? La verità di Dio non cambia. Se qualcosa cambia, siamo noi. Possiamo considerare questi tredici anni della vita di Giosia come un periodo di prova per Dio. Ciò che segnò Giosia fu il riconoscimento del valore e dell'autorità della Parola di Dio. Si inchinò a questa parola. Era dipendente. L’indipendenza non è un grosso problema del nostro tempo? Con quanta facilità tendiamo a relativizzare la Parola di Dio quando ci sentiamo interpellati. La mancanza di dipendenza porta alla testardaggine o alla routine. Oggi conosciamo entrambi i problemi. Possiamo rinunciare ostinatamente alle verità della Parola che una volta erano preziose per noi e per le quali abbiamo persino lottato, ma possiamo anche mantenere apparentemente la fede che abbiamo ereditato dai nostri padri. Entrambi le cose sono sbagliate. Dio cerca la realtà e la freschezza di fede. Cerca l'affetto dei nostri cuori. Facciamo un esempio: la presenza del Signore negli incontri fa ancora una profonda impressione in noi, oppure veniamo “semplicemente” agli incontri per abitudine? Ci siamo talmente abituati alla routine delle nostre riuìnioni che tutto è diventato routine? La presenza del Signore sarà per noi ogni volta un'esperienza nuova solo se saremo lì con tutto il cuore. Dio vede il cuore. Giudica non solo la forma esterna, ma soprattutto le motivazioni interne.


(continua)

mercoledì 3 dicembre 2025

Giosia e le sue riforme - leggere 2 Re 22; 2 Cronache 33-35 (parte 6)

PASQUA AL SIGNORE

Siamo ormai alla fine dell'opera di riforma di Giosia. Si celebra la Pasqua. È una Pasqua speciale “Nessuna Pasqua, come quella, era stata celebrata in Israele dai giorni del profeta Samuele; né alcuno dei re d'Israele aveva celebrato una Pasqua pari a quella celebrata da Giosia, dai sacerdoti e dai Leviti, da tutto Giuda e Israele che si trovavano là, e dagli abitanti di Gerusalemme” 2 Cronache 35:18.

Il fatto che Giosia abbia fatto celebrare la Pasqua ci mostra innanzitutto che egli aveva continuato a crescere interiormente. Non era soddisfatto di ciò che aveva ottenuto, ora capisce che Dio sta aspettando che il Suo popolo gli dimostri qualcosa. Ecco perché si afferma espressamente che si trattava di una Pasqua celebrata “in onore del Signore” 2 Cr. 35:1.

Prima di applicare a noi stessi questo evento della vita di Giosia, chiediamoci brevemente quale sia il significato della Pasqua. Dobbiamo distinguere attentamente tra due cose. Innanzitutto dobbiamo vedere quale significato ha avuto la Pasqua ebraica per Israele e quale applicazione può avere per noi. In secondo luogo, dobbiamo distinguere la Pasqua osservata per la prima volta in Egitto ( Esodo 12) dalle celebrazioni pasquali che il popolo di Dio condusse successivamente nel deserto e poi sulla terra. Per il popolo d'Israele la Pasqua in Egitto ha rappresentato un nuovo inizio fondamentale. Dio voleva liberare il Suo popolo dalla schiavitù del Faraone, e la Pasqua fu l'inizio. Mentre il giudizio si abbatteva sul paese d'Egitto, gli Israeliti erano sotto la protezione del sangue dell'Agnello pasquale. Per ricordare il loro esodo dall'Egitto e la salvezza che ne derivava, Dio aveva dato loro la Pasqua come istituzione perenne (Esodo 12:24). Dovrevano celebrarlo anno dopo anno (Levitico 23:5).

Applicati a noi stessi, possiamo distinguere tre particolari riguardo la Pasqua:

Innanzitutto, la Pasqua in Egitto ci ricorda il Calvario. L'agnello pasquale rimanda senza dubbio al Signore Gesù, l'Agnello di Dio, che versò il Suo sangue alla croce quando morì (1 Cor 5,7).

In secondo luogo, nella storia dell’Egitto vediamo l’immagine di un uomo che si mette al riparo del sangue del Signore Gesù per trovare il perdono dei suoi peccati e protezione dal giusto giudizio di Dio.

In terzo luogo, e questo è ciò che abbiamo qui, le celebrazioni annuali della Pasqua ci mostrano qualcosa di ciò che facciamo quando ci riuniamo per spezzare il pane. Naturalmente non celebriamo la Pasqua, ma proprio come gli Israeliti ricordavano continuamente ciò che accadde per loro in Egitto, noi ricordiamo continuamente ciò che il Signore Gesù fece sulla croce. Nonostante tutte le differenze tra le due istituzioni, vediamo ancora alcuni parallelismi, così che possiamo, con tutta la dovuta cautela, applicare le celebrazioni annuali della Pasqua alla frazione del pane. Ciò vale anche per la Pasqua celebrata da Giosia.

Allora cosa c’era di così speciale nella Pasqua di Giosia? Durante il regno dei re di Giuda si celebravano molte Pasqua. Quindi il fatto in quanto tale non era necessariamente qualcosa di speciale. Ciò che è stato distintivo è stato, da un lato, il momento e dall'altro, il modo in cui è stato celebrato. Per quanto riguarda il momento, era la fine dei tempi dei re di Giuda. Ancora qualche anno e sarebbe arrivato il giudizio. È proprio in quel momento che si celebra una Pasqua che non è mai stata celebrata sotto nessun altro re per il modo nel quale viene fatta. Questo è un principio importante e allo stesso tempo un grande incoraggiamento. Anche se viviamo negli ultimi tempi della testimonianza cristiana, non è bene dire che automaticamente tutto peggiorerà. È una grazia speciale di Dio che anche nei giorni più bui, quasi alla fine del periodo di grazia, ci sia permesso di agire secondo la volontà di Dio riguardo al ricordo della morte del Signore e di godere delle benedizioni che ne derivano.

Perché Giosia si è impegnato così tanto in questa Pasqua? Anche si manifesta come un uomo che non si arrende. Se Giosia fosse stato influenzato dallo spirito e dai princìpi degli ultimi tempi, di certo non avrebbe celebrato la Pasqua. Si sarebbe seduto godendosi i benefici che la sua posizione gli consentiva rilegando le cose che riguardavano Dio in seconda posizione. E noi? Negli ultimi tempi vale ancora la pena interrogarsi sulla volontà di Dio  e su ciò che lo riguarda? La mente di Dio non è cambiata e ci dà ancora l'opportunità di celebrare la Commemorazione come aveva originariamente previsto. Non possiamo semplicemente scusarci dicendo che tutto è così debole e sta peggiorando sempre di più. La storia di Giosia deve incoraggiarci.

Anche per quanto riguarda il modo in cui Giosia e il popolo celebravano la Pasqua possiamo imparare molto.

In primo luogo, notiamo, e anche questo è caratteristico di Giosia, che tutto è stato eseguito esattamente secondo le istruzioni che Dio aveva dato tramite Mosè (2 Cr 35:4,6,12,13). La Parola di Dio veniva ascoltata e rispettata. Giosia andò oltre, ad esempio, rispetto a Ezechia, che aveva celebrato anche lui una grande Pasqua. Ezechia lo celebrò il 14 del secondo mese (2 Cr. 30:15). Dio aveva dato questa possibilità in caso di contaminazione (Num. 9:9-11), ma l'idea reale di Dio era che la Pasqua dovesse essere celebrata nel primo mese (in Abib) (Deuteronomio 16:1). Dio diede istruzioni chiare anche riguardo allo spezzare il pane. Non lascia alla nostra ingegnosità il modo in cui riunirci per ricordare il nostro Signore. Siamo disposti a sottometterci alla volontà di Dio o pensiamo di saperne di più? È la Cena del Signore e anche la Mensa del Signore. Lì è Lui a comandare. Lui aspetta che ci riuniamo per spezzare il pane, ma aspetta anche che lo facciamo secondo i suoi pensieri. Come ci parla l'obbedienza di Giosia!

In secondo luogo, qui troviamo l’idea di santità. Anche se avevano avuto luogo grandi preparativi, la casa di Dio era stata purificata e il popolo aveva rinnovato l'alleanza, Giosia esortò alla santità i leviti che immolarono la Pasqua. (2 Cronache 35:3-6). Evidentemente gli attribuiva grande importanza. Anche in questo caso i pensieri di Dio non sono cambiati. Sappiamo ancora qualcosa della santità legata alla mensa del Signore? Siamo un sacerdozio santo, qualificato a esercitare il sacerdozio spirituale nel santuario. Ma questo da solo non basta, perché il Signore si aspetta che anche noi compariamo davanti a Lui in una santità pratica.

In terzo luogo notiamo il carattere volontario della donazione (2 Cr. 35:8). Il Signore non ci obbliga a riunirci e a spezzare il pane in memoria di Lui. Anche nel culto legato alla mensa del Signore non c'è costrizione, ma piuttosto volontarietà. Il Signore Gesù disse alla donna al pozzo di Giacobbe: "Il Padre cerca tali adoratori" Giovanni 4:23. Il Padre non comanda l'adorazione, ma la cerca. Non è un pensiero che commuove i nostri cuori? Vogliamo lasciarlo cercare invano? Rifiuteremo il desiderio del nostro Signore che disse: “Fate questo in memoria di me”? Quanto tempo vuoi farlo aspettare?

In quarto luogo, vediamo che la celebrazione della Pasqua non era limitata ai residenti di Gerusalemme e di Giuda. È specificato specificamente chi celebrò, vale a dire "Giosia ... e i sacerdoti, i leviti, tutto Giuda e Israele che erano presenti, e gli abitanti di Gerusalemme" (2 Cr. 35:18). La Pasqua non era solo una commemorazione, ma era anche un simbolo dell'unità del popolo di Dio. Ritroviamo queste due facce nella frazione del pane. Da un lato lo spezziamo in ricordo di nostro Signore e della Sua opera (1 Cor 11:24), dall'altro lo spezziamo come espressione dell'unità di tutti i figli di Dio (1 Cor 10:17). Quando ci riuniamo alla mensa del Signore per spezzare il pane, lo facciamo sulla base dell'unità del popolo di Dio. Non è questo un ottimo modo per testimoniare l'unità che raccoglie tutti i figli di Dio, soprattutto in un tempo di divisione e disgregazione?

Possiamo ben immaginare quanto gioissero i figli d'Israele ai giorni di Giosia. Ripensarono a ciò che era accaduto in Egitto ed erano felici di celebrare la festa come Dio voleva. Possiamo sperimentare questa gioia ogni domenica quando ricordiamo l'opera del nostro Salvatore sulla croce. Non manchiamo di riconoscere che ci sono alcune cose che ci rendono tristi, ma nonostante tutta la tristezza, non vogliamo lasciare che ci privi della gioia che proviamo quando ci riuniamo per spezzare il pane. Il Signore ci sta dando l'opportunità, soprattutto negli ultimi giorni, di annunciare la Sua morte come Lui vuole. Il prerequisito è che conosciamo i Suoi pensieri e siamo pronti a metterli in pratica. Allora non è semplicemente un “esercizio obbligatorio” per noi presentarci alla mensa del Signore la domenica, ma è il nostro cuore che ce lo suggerisce.


4. UN FINALE TRISTE

“Dopo tutto questo“ (2 Cr. 35:20), così comincia il resoconto della fine di Giosia. Viene quasi voglia di rileggere la frase di inizio per la sorpresa. Eppure, anche attraverso questo triste evento, Dio vuole parlarci. La Scrittura è sempre realistica. La Bibbia non ci dice che gli “eroi della fede“ non avevano difetti. Persino uomini come Abramo, Isacco, Giosuè, Davide e altri hanno avuto periodi o almeno situazioni nella loro vita in cui non hanno agito in accordo con il loro Dio. Se Dio ci dice qualcosa al riguardo, non è sicuramente per farci giudicare loro, ma perché possiamo imparare qualcosa da soli. Se cerchiamo la perfezione, la troveremo solo nella vita di nostro Signore. In Lui non c'è stata la minima deviazione nel cammino intrapreso per la gloria del Padre suo.

Ciò che rende la vita di Giosia così tragica è il fatto che alla fine sia caduto all'improvviso. Da giovane aveva cominciato a cercare Dio, da giovane ha condotto una vita di fede attiva e ha anche motivato gli altri, ma quando è diventato adulto è caduto. Un buon inizio, un buon seguito, ma una fine triste: ecco come si potrebbe riassumere la sua vita. Una vita improntata sulla volontà di Dio, ecco che all'improvviso giunge a una tragica fine. Questo, in qualche modo, deve farci riflettere.

(fine)

martedì 2 dicembre 2025

Giosia e le sue riforme - leggere 2 Re 22; 2 Cronache 33-35 (parte 5)

 

 

5

UNA DOMANDA SU DIO

L'umiliazione è immediatamente seguita da domande su ciò che Dio desidera che si faccia. Giosia voleva chiarezza su ciò che aveva letto nel libro della legge e su ciò che lo aveva così angosciato. Potremmo forse chiederci perché lo ha fatto. La legge di Dio non era chiara? Dio non ha espresso chiaramente i Suoi pensieri lì? Da un lato Giosia aveva preso atto dei comandamenti, delle prescrizioni e dei divieti di Dio, ma dall'altro aveva anche letto cosa sarebbe successo se non si obbedisse alla volontà di Dio. Conosceva l'ira di Dio, annunciata nella legge e che sarebbe arrivata su coloro che non si sarebbero sottomessi ai comandamenti. Allora perché chiedere ancora di Dio?

Vediamo che Giosia aveva fiducia in Dio nella sua umiliazione. La legge (presumiamo che si trattasse di tutti e 5 i libri di Mosè) affermava chiaramente ciò che Dio si aspettava. Si era parlato anche del tribunale. Ma la legge parla anche di Dio che aspetta pentimento. Dio è un Dio longanime e misericordioso.

Possiamo imparare qualcosa da questo. Dio ci ha dato la Sua Parola. In questo riconosciamo la Sua volontà per la nostra vita. Ma Dio non si limita a questo. Ci ha dato anche la possibilità di pregare. Anche se conosciamo la volontà di Dio, possiamo parlargli in preghiera. La Parola di Dio e la preghiera sono inseparabili. Dio ci parla e noi possiamo parlargli. È fantastico. Applichiamolo alla conversione. Cosa penseremmo di una persona che semplicemente riconosce tutto ciò che Dio dice di lui, cioè che è un peccatore, che merita il giudizio di Dio e sta perire, ma che Dio gli offre un rimedio nel Signore Gesù per evitare il tribunale? Se ti fermi qui non andrai oltre. L'accettazione di ciò che Dio ci dice al riguardo nella Sua Parola spinge una persona alla preghiera con sincero esercizio e tristezza. Si rivolge a Dio e poi riceve il perdono.

Lo stesso principio si applica ad ogni risveglio nella nostra vita di cristiani. Dio ci mostra qualcosa che non va bene. Ci vediamo alla luce della Bibbia e ci rivolgiamo naturalmente a Dio in preghiera per parlargli di questo. Un servo del Signore una volta disse giustamente: “Ogni umiliazione è provocata dalla Parola di Dio e spinge l’uomo tra le braccia di Dio”. Si applica ai non credenti e ai credenti.

Forse mentre leggiamo la Bibbia, un versetto ci colpisce all'improvviso come una freccia nel cuore e riconosciamo l'errore. Anche se può essere immediatamente chiaro per noi cosa Dio vuole da noi e cosa dovremmo fare, ne parleremo comunque con Dio.

LA RISPOSTA DI DIO

Giosia manda il sacerdote Chilchia e alcune altre persone di sua fiducia da una profetessa per informarsi sulla volontà di Dio. Da un lato vediamo che quest’uomo dell’Antico Testamento non aveva accesso diretto al trono della grazia come lo abbiamo noi oggi. Possiamo rivolgerci direttamente al nostro Dio e Signore e non abbiamo bisogno di alcun “intermediario”. D'altro canto possiamo imparare qualcosa anche dal comportamento di Giosia. Giosia era giovane e cercava consiglio da altri che avevano più conoscenza riguardo alle cose di Dio e potevano aiutarlo nella sua vita di fede. Conosciamo, soprattutto, se siamo giovani, quali fratelli e sorelle sono disposti ad aiutarci? E poi, desideriamo ricevere aiuto? Dio ci fornisce fratelli e sorelle che hanno avuto esperienze con il Signore dalle quali possiamo certamente trarre beneficio. Naturalmente ognuno deve condurre la sua vita di fede, ma siamo invitati ad avvalerci dell'aiuto dei fratelli e delle sorelle che Dio ci ha messo vicine. I fratelli più avanti nelle fede, possono verificare se sono in primo luogo capaci e in secondo luogo disposti ad aiutare i più “piccoli“ quando hanno problemi riguardo al loro cammino o alle loro decisioni.

Notiamo anche che Dio dà la risposta attraverso una donna. Da un lato, questo fatto ci mostra (simile a Giudici 4) che il popolo di Dio si trovava in una condizione generale molto debole. D'altra parte, questo fatto è un incoraggiamento per le sorelle. Ci sono situazioni in cui le sorelle hanno una visione più chiara della volontà di Dio rispetto ai fratelli e possono essere di aiuto agli altri. Al tempo di Giosia c'erano profeti maschi (ad esempio Geremia, che probabilmente era ancora molto giovane). Il Nuovo Testamento definisce chiaramente l'ambito delle attività delle sorelle. Ma ciò non cambia il fatto che le sorelle possono (e dovrebbero) avere una visione dei pensieri di Dio e possono essere di aiuto agli altri con i loro consigli.

La risposta del profetessa Culda ci porta a un principio molto importante nei rapporti di Dio con i Suoi figli. È evidente che il suo messaggio a Giosia si compone di due parti. Dapprima parla, in modo relativamente impersonale, “dell'uomo che ti ha mandato a me“ (2 Cr 34,23). Gli viene annunciato il giudizio che merita, causato dalla cattiva condotta del popolo di Dio. Il giudizio di Dio doveva giungere su Gerusalemme perché avevano abbandonato Dio e bruciato incenso ad altri dei. Poi il messaggio della profetessa diventa personale. A nome di Dio, si rivolge direttamente al “re di Giuda che ti ha mandato“ (2 Cr 34,26). Questa parte del messaggio rivela la grazia e la misericordia di Dio, e che Dio era profondamente consapevole dell'umiliazione di Giosia.

Applicato a noi, questo ci fa pensare da un lato al governo di Dio e dall’altro alla grazia di Dio. C'è un governo di Dio nella vita dei credenti. L’apostolo Paolo lo spiega così: “Non vi ingannate; non ci si può beffare di Dio; perché quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà” Galati 6:7. Non possiamo limitare questo ai non credenti. L'applicazione ai credenti è seria e non vogliamo ignorarla. Noi, ci portiamo dietro le conseguenze delle nostre azioni e ne raccoglieremo i frutti. D'altra parte però, c'è la grazia di Dio. Sapeva bene che Giosia aveva bisogno di conforto e incoraggiamento in questa situazione, ed è per questo che Giosia ascoltò le parole di misericordia da parte di Dio. Il giudizio che era stato annunciato sarebbe arrivato ma dopo, Giosia si era umiliato e questo per Dio era una cosa di grande valore. Perciò non avrebbe visto le sciagure che sarebbero piombate su Gerusalemme, ma sarebbe vissuto e morto in pace. Così anche noi possiamo sempre rifugiarci nella grazia di Dio. Questa grazia di Dio è inesauribile. D’altra parte, dovremmo stare attenti a non usare questa grazia come un’opportunità per sfidare Dio. Anche qui valgono le parole di Paolo: “Rimarremo nel peccato affinché la grazia abbondi? Non di certo” Romani 6:1.

NESSUNA SOLITUDINE

L'umiliazione di Giosia e la risposta di Dio ad essa non rimangono senza conseguenze visibili. Il re non era affatto contento che Dio gli concedesse la grazia personale. Avrebbe potuto sedersi tranquillo, sapendo che Dio sarebbe intervenuto in giudizio, anche se non durante il suo regno? No! Giosia è lungi dall’essere in grado di continuare a vivere in pace e tranquillità. Al contrario, si da a maggiore attività. Ora vediamo che si sente responsabile nei confronti del popolo e vuole riportarlo nella vicinanza e nella comunione con Dio. Finora era apparso in gran parte da solo, cioè aveva agito da solo. Adesso capisce di essere legato al suo popolo. Lui prende l'iniziativa e gli altri lo seguono.

Tutto questo è istruttivo per noi. Sappiamo, informati dagli scritti profetici del Nuovo Testamento, quale corso sta prendendo il cristianesimo e quale sarà la fine della testimonianza cristiana su questa terra. Il giudizio è stato annunciato e non passerà molto tempo prima che il Signore vomiti dalla Sua bocca una “chiesa“ senza Cristo (Apocalisse 3:16). Come ci comportiamo noi difronte a questo? Ci siamo abituati? Siamo rassegnati? Andiamo avanti con indifferenza limitandoci a constatare che questo non coinvolgerà noi personalmente? Preferiamo forse vivere la vita del cristiano solitario e non preoccuparci di ciò che accade intorno a noi? Abbiamo la responsabilità sotto due aspetti. Da un lato si potrebbe trattare di persone smarrite che non hanno ancora ascoltato né accolto la parola della croce. D'altra parte, e questo qui è in primo piano, si tratta di credenti il cui cuore non arde più per il Signore.

L'esempio di Giosia vuole incoraggiarci. Non soppesa i pro e i contro, non pensa se ne valga la pena oppure no, no: Giosia agisce. Per quanto riguarda le sue possibilità farà di tutto per riportare ordine nella casa di Dio.

Il vero cristianesimo comprende sia il lato individuale sia quello collettivo. Ogni cristiano ha un rapporto personale con il suo Signore e può goderne. Ma è altrettanto vero che siamo messi insieme da Dio e quindi possiamo e dobbiamo percorrere il cammino insieme. Per questo percorso comune abbiamo bisogno di esempi positivi che trascinino gli altri. Siamo pronti per essere o diventare dei promotori delle cose gradite a Dio? Sappiamo bene che il giudizio sta arrivando. Sappiamo anche che non potrà mai essere nostro compito riformare il cristianesimo nel suo insieme. Ma Dio parla ancora agli individui. Non dovremmo quindi accettare semplicemente in silenzio o con rassegnazione che il giudizio scenda su tutta la cristianità e sul mondo intero restando inermi. Anche alla fine del tempo di grazia, c’è una cosa che possiamo fare: portare o riportare la Parola di Dio.

Giosia si assicurò che tutti in Giuda e a Gerusalemme ascoltassero la parola del libro del patto “Il re salì alla casa del SIGNORE con tutti gli uomini di Giuda, tutti gli abitanti di Gerusalemme, i sacerdoti e i Leviti, e tutto il popolo, grandi e piccoli, e lesse in loro presenza tutte le parole del libro del patto, che era stato trovato nella casa del SIGNORE” 2 Cronache 34:30. A Timoteo fu detto: “predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza” 2 Timoteo 4:2. Questa richiesta vale anche per noi. Possiamo portare il messaggio di Dio sia ai non credenti che ai credenti. I non credenti devono ascoltarli per essere condotti alla rinascita. I credenti dovrebbero ascoltarli per essere riportati ai principi della Bibbia.

Ma Giosia fa qualcos'altro. Non solo si assicura che gli abitanti di Giuda e di Gerusalemme ascoltino la Parola, ma vuole anche rinnovare il loro rapporto con Dio. “E fece aderire al patto tutti quelli che si trovavano a Gerusalemme e in Beniamino; e gli abitanti di Gerusalemme si conformarono al patto di Dio, Dio dei loro padri” 2 Cr. 34:32. Questa alleanza parla del rapporto del popolo con il suo Dio. Il profeta Geremia, contemporaneo di Giosia, invitava il popolo: “Dissodatevi un campo nuovo, e non seminate tra le spine!” Ger 4,3. Anche questo è importante per noi. Il nostro rapporto con Dio dovrebbe essere sempre fresco e intenso. Ogni volta che qualcosa si mette in mezzo, dobbiamo riattivare questa relazione. Certamente non possiamo perdere la nostra salvezza se siamo veramente credenti, ma possiamo perderne il godimento pratico e la gioia.

Inoltre, Giosia non si preoccupa principalmente del rinnovamento esteriore. Sa quanto sia importante che ci impegniamo con tutto il nostro cuore e la nostra anima (2 Cr. 34:31). Un risveglio operato dal Signore non si realizza solo nella mente. Possiamo essere grati al nostro Dio se ci ha dato la capacità di pensare in modo chiaro e logico per cogliere la Sua Parola. Ma questo non è né un requisito né una garanzia che il nostro rapporto con Lui sia buono. Non ariamo il nostro campo solo con la nostra mente, ma il nostro impegno deve essere con il cuore e la nostra anima, cioè nel nostro essere interiore. Ciò che conta è che i nostri cuori ritornino a essere innamorati del nostro Signore e che tutto il nostro affetto appartenga a Lui.

Sfortunatamente, il risveglio ai tempi di Giosia non fu molto profondo. Questa impressione si ha chiaramente quando si legge il profeta Geremia (Ger 3:8-10). Eppure Giosia ha fatto ogni sforzo. Per lui ne è valsa la pena, anche se pochi hanno veramente restituito il proprio cuore a Dio. Oggi non è diverso. Ma dovremmo fermarci per questo? No, vale la pena fare ogni sforzo per far ardere i cuori per il Signore anche alla fine dell’era cristiana?


(segue)

lunedì 1 dicembre 2025

Giosia e le sue riforme - leggere 2 Re 22; 2 Cronache 33-35 (parte 4)

3. L'OPERA RIFORMATRICE DI GIOSIA

Le gesta del re Giosia ci vengono descritte in dettaglio. Le singole fasi della sua vita possono essere distinte in modo relativamente chiaro l'una dall'altra. All'età di 8 anni diventa re. All'età di 16 anni cominciò a cercare Dio. All'età di 20 anni rimuove gli idoli dal suo regno. All'età di 26 anni inizia il suo lavoro nella casa di Dio, che ha pulito e riparato. La legge di Dio si trova nel lavoro di riparazione. Il suo contenuto colpisce estremamente il re. Si umilia e fa sì che il popolo rinnovi l'alleanza con Dio. In conseguenza di tutto ciò verrà celebrata una Pasqua come non se ne celebrava dai tempi di Samuele.

C'è poi un lungo silenzio nel racconto di Giosia 13 anni di regno sono semplicemente ignorati nella storiografia divina. Viene poi descritta la triste fine di questo grande uomo. Muore in una guerra in cui è entrato volontariamente.

Tutto questo è estremamente istruttivo per noi. Quando applicati a noi stessi e al nostro tempo, vogliamo lasciare che gli eventi ci parlino e trarne principi che siano importanti per la nostra vita pratica.

RIVOLGERSI A DIO

“L'ottavo anno del suo regno, mentre era ancora ragazzo, cominciò a cercare il Dio di Davide suo padre” 2 Cronache 34:3. Un adolescente di 16 anni comincia a interrogarsi su Dio, anzi, comincia a cercarlo. È addirittura possibile cercare Dio? In Romani 3:11 leggiamo: “Non c’è nessuno che cerchi Dio”. Come può essere che Giosia cerchi Dio? Qui apprendiamo un principio importante nel rapporto di Dio con le persone: colui che inizia un'opera in una persona è sempre Dio. In una conversazione con uno dei più grandi teologi del suo tempo, il Signore Gesù dice: “Il vento soffia dove vuole e ne odi il rumore” Giovanni 3:8. Dio opera sulle persone attraverso il Suo Spirito. La domanda è se una persona risponde a questo lavoro o meno. Possiamo aprirci a Dio, ma possiamo anche chiudere. Giosia non lasciò che l'opportunità della sua vita andasse sprecata. Si aprì a Dio  e cominciò a cercarLo.

Possiamo applicare questo alla conversione di una persona? Abbiamo un giovane di 16 anni che sceglie Dio per la sua vita. All'età di 16 anni sei consapevole delle tue azioni. Sei un giovane adulto che prende decisioni indipendenti e importanti. Non dovrebbero tutti chiedersi se hanno già preso la decisione più importante della loro vita? Questo non vuol dire che una persona non possa o non debba convertirsi prima. Al contrario, prima è, meglio è. Né si vuol dire che sia troppo tardi perché una persona anziana si converta. Ma ogni giovane adulto dovrebbe chiedersi seriamente se ha sistemato le cose con Dio.

I giovani sono interessati a molte cose. Il mondo degli adulti si apre loro con molte cose che sembrano desiderabili e che vale la pena impegnarsi al massimo. Anche il mondo professionale comincia a fare le sue richieste. La rotta è fissata. È importante impostare correttamente le priorità. Abbiamo tutti chiarezza sulla decisione più importante della vita? Conosciamo tutti una svolta consapevole verso Dio? Non c'è nulla nella vita che superi il significato di questa decisione. La conversione è un evento di decisiva importanza. La nostra vera storia per Dio inizia solo in questo momento.

La conversione è un allontanamento cosciente dalla vita precedente e allo stesso tempo un volgersi verso Dio. È una decisione che ognuno deve prendere per se stesso. Anche i bambini e i giovani cresciuti in famiglie religiose hanno bisogno del giorno X nella loro vita in cui prendono questa decisione. Se potessi rivolgermi a te personalmente: non puoi vivere della fede dei tuoi genitori o dei tuoi nonni. Anche le apparenze pie non ti servono. Puoi andare alla scuola domenicale, puoi partecipare alle riunioni cristiane domenica dopo domenica, puoi cantare nel coro della chiesa, essere coinvolto nel lavoro giovanile e fare ogni sorta di cose. Se non hai scelto consapevolmente il Signore Gesù, niente di tutto questo ti porterà un passo più vicino a Dio. Ringrazialo se ti ha dato dei genitori credenti che ti hanno mandato alla scuola domenicale. Grazie a Dio per l'opportunità di partecipare alle riunioni domenica dopo domenica. Ma non fermarti qui. Pensa a Giosia. Cominciò a cercare Dio personalmente. Questo è cruciale. Dio può essere trovato solo nella persona di Suo Figlio. Chiunque ha il Signore Gesù ha trovato Dio, sì, lo conosce in modo completamente diverso da come Giosia lo ha mai conosciuto, cioè come Suo Padre nel Signore Gesù. Non rimandare più questa decisione importantissima. Esiste anche il “troppo tardi”. Allora ogni occasione è perduta e non resta che il giudizio eterno.

PULIZIA

La conversione è l’inizio della vita cristiana. È come il segnale di partenza di una corsa. Ecco perché l'apostolo Paolo paragona ripetutamente la nostra vita a una tale corsa. La partenza è ovviamente importante, perché senza di essa la gara non può aver luogo. Ma in circostanze normali nessun velocista penserebbe di abbandonare la gara subito dopo la partenza. Darà tutto per raggiungere l'obiettivo, se possibile prima. Perché noi cristiani spesso ci comportiamo in modo completamente diverso? Siamo soddisfatti di essere salvati e di non finire nella dannazione eterna. Altrimenti, proviamo a prendere ciò che possiamo da questo mondo.

Giosia la pensava diversamente. All'età di 20 anni ha iniziato a mettere le cose in ordine, a fondo. C'erano ogni genere di cose nel suo regno che erano completamente contrarie ai pensieri di Dio. Oggi potremmo dire che si trattava di un bagaglio storico che aveva ereditato dai suoi antenati. Gerusalemme, Giuda e l’ex territorio delle dieci tribù d’Israele erano pieni di idolatria. Le radici di questo male risalivano al re Salomone, che alla fine della sua vita iniziò a servire gli dei stranieri. Da quel momento in poi l’idolatria è sempre esistita in Giuda e in Israele. Qui era importante essere sinceri e non arrendersi. Leggiamo: "L'ottavo anno del suo regno, mentre era ancora ragazzo, cominciò a cercare il Dio di Davide suo padre; e il dodicesimo anno cominciò a purificare Giuda e Gerusalemme dagli alti luoghi, dagli idoli di Astarte, dalle immagini scolpite e dalle immagini fuse" 2 Cr. 34:3. Poi nei versetti 3-7 segue una descrizione dettagliata di questa prima attività di Giosia, che iniziò poco dopo.

Anche nella nostra vita deve esserci un’opera di purificazione di questo tipo. Con la nostra conversione non siamo diventati perfetti e impeccabili. Al contrario, ci rendiamo presto conto che la nostra vecchia natura (la carne) non è cambiata affatto. Ecco perché abbiamo costantemente bisogno di questa pulizia personale. Non è un’azione una tantum ma un processo permanente. Per Giosia, questa purificazione era un prerequisito per la sua ulteriore opera di riforma. Se vogliamo essere disponibili a Dio, allora è anche importante per noi esaminarci alla luce di Dio leggendo regolarmente le Scritture per vedere se c’è qualcosa nella nostra vita che ci contamina e di cosa dobbiamo liberarci.

Allora cosa pensiamo degli idoli che Giosia eliminò così radicalmente? Forse siamo troppo frettolosi nel pensare che tali idoli non esistano più alla fine del XXI secolo. Ma non lasciamoci ingannare! Nonostante tutto il presunto illuminismo, soprattutto i nostri paesi cristiani sono sulla buona strada per ricadere nell’idolatria. Se scoprite qualcosa su ciò che le idee dell'Estremo Oriente si riversano su di noi e su ciò che il movimento New Age, ad esempio, vuole farci credere, vedrete con orrore a quale nuova idolatria si stanno dando molte persone. Satana inizia sempre in piccolo e, prima che ce ne rendiamo conto, ci tiene saldamente in pugno. Soprattutto quando si tratta di occultismo, gli inizi sono spesso apparentemente del tutto insignificanti e innocui. Proprio per questo motivo dobbiamo essere particolarmente vigili.

Per inciso, quanto appena detto, non deve sorprenderci particolarmente. I lettori della Bibbia sanno che una volta che il Signore Gesù portato via i suoi, ci sarà la più terribile forma d'idolatria mai vista. Un uomo si siederà nel tempio di Gerusalemme e affermerà di essere Dio (2 Tess. 2:4). Questa è idolatria allo stato puro. Le ombre di tutto ciò sono già chiaramente visibili oggi. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno sono occhi aperti e un cuore vigile per non inciampare negli ostacoli che Satana vuole frapporre sulla nostra strada.

Tuttavia, l'opera di purificazione di Giosia ci ricorda anche un principio importante che ritroviamo più volte nella Bibbia, il principio della separazione dal male. Mescolarsi con il mondo è una porta verso l’idolatria. I popoli attorno a Israele erano caduti nell’idolatria, e molto presto fu lo stratagemma di Satana quello di mescolare il popolo di Dio con i popoli vicini e i loro principi, azioni e modi di pensare. Satana usa ancora oggi questo vecchio trucco con successo. Per questo l’apostolo Paolo ci avverte: “Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi; infatti che rapporto c'è tra la giustizia e l'iniquità? O quale comunione tra la luce e le tenebre? E quale accordo fra Cristo e Beliar? O quale relazione c'è tra il fedele e l'infedele? E che armonia c'è fra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come disse Dio: Abiterò e camminerò in mezzo a loro, sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d'impuro; e io vi accoglierò. E sarò per voi come un padre e voi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente” 2 Cor. 6:14-18.

La mescolanza con il mondo porta facilmente all'idolatria, che ci contamina. Dovremmo stare attenti a questo. Da un lato, tale “unione“ può riferirsi a cose esterne, contatti che inevitabilmente abbiamo perché abitiamo quaggiù. Ciò che è più sottile, però, è la mescolanza con i principi e i modi di pensare di questo mondo. In Romani 12:2 ci viene detto: “E non conformatevi a questo mondo”. Questo consiglio non è attuale? Noi ci riferiamo spesso esclusivamente alle cose esterne, ma poco vegliamo sul nostro modo di pensare.

Dov'è la soluzione? Dovremmo uscire dal mondo? Alcune persone la pensavano così e trascorrevano la vita dietro le mura del monastero. Ma probabilmente non può essere questa la soluzione. Abbiamo compiti in questo mondo e siamo lasciati a testimoniare. Siamo nel mondo, ma non del mondo. No, ciò di cui abbiamo bisogno è una netta separazione dai principi del mondo, rivolgendoci allo stesso tempo al Signore Gesù. Se ci separassimo dal mondo senza rivolgerci al Signore Gesù, la nostra vita sarebbe priva di direzione e di contenuto. Ma una situazione del genere non durerà perché non possiamo vivere nel “vuoto”. Se siamo pieni nei nostri pensieri del Signore, allora i principi di questo mondo non troveranno posto nella nostra vita.

Gli idoli dell'Antico Testamento toglievano il posto a Dio. Invece di adorare Dio, si adoravano gli idoli. Questo è forse vero di noi?  L’apostolo Giovanni ci avverte: “Figlioletti, guardatevi dagli idoli!” 1 Giovanni 5:21. Il Signore Gesù vuole avere il primo posto nella nostra vita. Deve avere la priorità in tutto e il nostro rapporto con Lui deve governare  dirigere la nostra vita.  In cosa possono consistere questi idoli nella vita di un sedicenne? Magari nello sport, nella musica? Cosa possono essere gli idoli nella vita di un ventenne? Forse l'auto, la moda? Quali idoli possono esserci nella vita di un trentenne? Forse la carriera, la famiglia? Cosa sono gli idoli nella vita di un cinquantenne? Magari il giardino, l'arredamento della casa? Abbiamo certamente notato che non è necessariamente una questione se qualcosa sia buono o cattivo. Tutti gli esempi citati non significano automaticamente qualcosa di brutto se non occupano il primo posto nella mia vita. Le cose su questa terra che sono innocue di per sé possono diventare idoli per noi se sono più importanti del Signore Gesù o se non le usiamo nella Sua dipendenza.

Cosa dovremmo fare se ci esaminiamo criticamente e notiamo le carenze? Possiamo seguire l’esempio di Giosia e pentirci. Ciò che Giosia fece non fu solo esteriore non ha solo sistemato la superficie, è arrivato al fondo delle cose. Pertanto, dovremmo mettere da parte tutto ciò che in qualche modo ci allontana dal Signore Gesù. Di pari passo con questo va il volgere totalmente le nostre affezioni verso di Lui. La separazione che non porta al Signore, diceva qualcuno, è sempre una falsa separazione.


(segue)

domenica 30 novembre 2025

30 novembre - L’apparizione della grazia di Dio

La grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo.

Giovanni 1:17

 

La grazia di Dio, salvifica (cioè che porta la salvezza) per tutti gli uomini, si è manifestata, e ci insegna a rinunciare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo.

Tito 2:11-12

 

L’apparizione della grazia di Dio

 

La grazia di Dio ha un nome: Gesù Cristo. Essa “si è manifestata” nella Sua persona ed è una realtà vivente e non un qualcosa di astratto.

Essa esisteva e agiva già prima della Sua venuta in terra; la salvezza era annunciata, ma era ancora un mistero oscuro che gli uomini di fede percepivano appena. Ora si è manifestata in modo tale che ogni uomo ha potuto vederla e riceverla. L’Evangelo presenta questa Persona benedetta che è la manifestazione della grazia di Dio. La salvezza è stata acquistata da Gesù al prezzo delle Sue sofferenze e della Sua morte.

La grazia di Dio ci fa un dono e non esige nulla in cambio; chiede soltanto di essere ricevuta. Qual è il dono? La vita eterna.

La grazia di Dio è apparsa a tutti gli uomini. La sua portata è universale; nessuno ne è escluso, tranne chi la rifiuta.

Questa gratuità della salvezza si scontra col pensiero dell’uomo che, per orgoglio, non accetta che il dono di Dio non costi nulla. Si crederebbe più facilmente a un Dio salvatore che ordinasse di conquistare la salvezza e al massimo offrisse il Suo aiuto per ottenerla. L’uomo vorrebbe dare qualcosa di suo, vorrebbe poter vantare un qualche merito nei confronti di Dio, ma questo è svalutare la Sua grazia, è sminuire Gesù Cristo nel quale essa è apparsa.

sabato 29 novembre 2025

Giosia e le sue riforme - leggere 2 Re 22; 2 Cronache 33-35 (parte 3)

2. I segni di Giosia

UNA VITA DI GIUSTIZIA PRATICA

Giosia fece ciò che era giusto agli occhi del Signore. Gli era chiaro che Dio vedeva tutto ciò che faceva e che stava cercando di compiacerlo. Questa caratteristica è in contrasto con ciò che leggiamo più e più volte nel libro dei Giudici, dove si dice: “Ciascuno ha fatto ciò che era giusto ai suoi occhi”.

In che tempo stiamo vivendo? Se guardiamo realisticamente agli sviluppi del cristianesimo, non è difficile per noi vedere che la maggior parte delle persone che si definiscono cristiane vivono secondo la propria volontà. La volontà di Dio sembra scomoda e quindi in gran parte non viene più seguita. Ciò che dice la Parola di Dio non ha più alcun ruolo o viene piegato in modo che alla fine corrisponda alla propria volontà. Come spiegare altrimenti il fatto che, con la Bibbia in mano, si accetta, ad esempio, l'omosessualità come predisposizione data da Dio e si sposano addirittura coppie dello stesso sesso in chiesa?

Ma non vogliamo lasciare che i nostri pensieri vaghino lontano o cerchino esempi estremi. La domanda è per te e me: siamo disposti a chiedere la volontà di Dio per la nostra vita? Siamo disposti a fare ciò che è giusto agli occhi di nostro Signore? Nei termini del Nuovo Testamento, questo è un comportamento di rettitudine pratica che porta i giudizi personali in armonia con i pensieri di Dio. Questa domanda riguarda direttamente la nostra vita quotidiana, sia personale che comunitaria. Dove sono gli ambiti della mia vita, della mia famiglia, in cui preferirei fare la mia volontà e non chiedere la volontà di Dio? La volontà di Dio è forse scomoda per me? Oppure ci sono comportamenti che non voglio cambiare perché ci sono abituato?

Questa domanda si pone anche nella nostra vita comunitaria come assemblea locale (chiesa). Siamo disposti a fare ciò che è giusto agli occhi del Signore, o abbiamo forse adottato principi conformi alla nostra volontà e alle nostre idee? Spesso tali deviazioni iniziano in cose apparentemente piccole. Per questo vogliamo imparare da Giosia a chiedere la volontà del Signore in ogni cosa e ad agire di conseguenza.

UNA VITA SULLE ORME DEI NOSTRI ANTENATI

Giosia seguì le orme del suo antenato Davide. Davide era un uomo secondo il cuore di Dio. La sua vita era stata impeccabile? Piuttosto il contrario. La Parola di Dio ci mostra i punti di forza, ma allo stesso tempo non nasconde le debolezze di quest'uomo. Ciò che distingueva Davide, l'uomo secondo il cuore di Dio, era il fatto che trovava sempre la strada per tornare al suo Dio attraverso la confessione. Così Giosia prese Davide come modello perché trovò in lui qualcosa che valeva la pena imitare.

Non conosciamo anche noi uomini e donne che possiamo usare come modelli, uomini e donne spirituali che non sono più in vita ma che hanno lasciato dietro di sé tracce di benedizione? Non si tratta di seguire le persone e semplicemente adottare tutto ciò che hanno detto, scritto e fatto. Ogni generazione scrive la propria storia. Ogni generazione vive in un ambiente diverso. Ogni generazione ha le sue esperienze. Vale anche per noi: “Tutto ciò che avete ereditato dai vostri padri, acquistatelo per possederlo”. Non possiamo vivere secondo la fede dei nostri antenati, ma possiamo comunque trarre beneficio e imparare dalla loro fede. Anche il Nuovo Testamento ci dice di fare questo: “Ricordate i vostri capi che vi hanno annunziato la parola di Dio e, guardando l’esito della loro condotta, imitate la loro fede” (Ebrei 13:7). Non si tratta quindi di “venerare” questi leader (anche se abbiamo per loro grande rispetto e traiamo grande beneficio dai loro scritti), e nemmeno di “imitarli”, ma piuttosto di vedere quale sia la grazia di Dio operante in loro. Questo è esattamente ciò che possiamo e dobbiamo dare come esempio.

UNA VITA DI EQUILIBRIO

Giosia è l'unico uomo di Dio nell'Antico Testamento a cui viene data testimonianza di non scostarsi nel suo cammino né a destra né a sinistra. Era un uomo da compromessi? Era un uomo che cercava sempre la via di mezzo? Era un uomo che non voleva offendere nessuno e accontentare tutti? La sua storia dimostra che non era così. Giosia non cercava compromessi o una via di mezzo. Al contrario, ha ripulito radicalmente ogni cosa, e questo genere di “pulizia” senza dubbio non è stata piacevole per molte persone. No, il fatto che non deviasse né a destra né a sinistra ci dimostra che era un giovane deciso ed equilibrato. Coerente nell'attuare la Parola di Dio nella sua vita, evitò anche ogni forma di estremismo.

È da notare che non viene esplicitamente dichiarato da cosa deviò, né a destra né a sinistra. Tuttavia, Dio aveva ripetutamente chiesto al Suo popolo in relazione ai Suoi comandamenti di non deviare né a destra né a sinistra (Deuteronomio 5:32; 17:11, 20; 28:14). Il punto per noi non è allontanarci dalla Parola di Dio, ma applicarla in modo chiaro e deciso nella nostra vita. Deviare da questo può significare, da un lato, che stiamo togliendo qualcosa al messaggio della Parola di Dio, ma dall'altro può anche significare che stiamo aggiungendo qualcosa a quella Parola. Entrambi i pericoli non sono estremamente attuali oggi? Non siamo facilmente inclini a cadere in un estremo o nell'altro? Questo ci porta a diventare indifferenti e tolleranti verso il male e a cadere in una falsa libertà.

L'apostolo Paolo mette in guardia i galati da questi due estremi. In primo luogo, vengono avvertiti di non lasciarsi trascinare sotto il giogo della schiavitù . Ciò accadde ai Galati che andavano oltre ciò che Dio aveva detto loro, e questo in definitiva è legalismo (Galati 5:1). Ma poi l'apostolo mostra loro il pericolo che sta dall'altra parte. Né dovrebbero usare la loro libertà cristiana come scusa per la carne (Galati 5:13). Chi fa questo alla fine toglie qualcosa alla Parola di Dio e diventa indifferente e superficiale.

Non abbiamo bisogno di fratelli e sorelle equilibrati, soprattutto nel nostro tempo in cui le opinioni sono sempre più divergenti? Non vogliamo essere quelli che vanno per la propria strada, "per la via di giustizia" (Proverbi 8:20)? Qualsiasi tipo di estremismo non viene da Dio. Ciò di cui abbiamo bisogno è un’applicazione coerente dell’intera Parola di Dio a tutti gli ambiti della nostra vita. Qualcuno una volta disse molto giustamente: “Dovremmo essere aperti a tutto ciò che viene da Dio e chiusi a tutto ciò che non viene da Lui”.

(segue)

29 novembre - “Va’, lavati…”!

Cristo morì per i nostri peccati.

1 Corinzi 15:3

 

Gesù, nostro Signore… è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

Romani 4:24-25

 

“Va’, lavati…”!

 

La Bibbia narra un fatto sorprendente (2 Re 5:1-14). Naaman, un capo dell’esercito dei Siri, apprezzato e vicino al potere reale, è un uomo umanamente affermato. Ma è lebbroso e questa terribile malattia, inguaribile a quell’epoca, preannuncia la fine del suo potere e della sua vita! Ma una giovane schiava ebrea, che era al servizio della moglie, parla loro di un profeta che era in Israele e che poteva guarirlo dalla lebbra. Naaman va subito in Israele e si presenta in pompa magna davanti alla casa del profeta. Ma, cosa inaspettata, questi gli dice semplicemente: “Va’, làvati sette volte nel Giordano; la tua carne tornerà sana, e tu sarai puro” (v.10). Naaman, dapprima seccato dalla banalità di quella proposta, alla fine obbedisce ed è guarito!

Uno può essere importante, possedere intelligenza, ricchezza, prestigio. Tuttavia, ciò che rappresenta la lebbra, cioè il peccato, tocca e uccide tutti, poveri e ricchi, religiosi e increduli, onesti e malfattori. Nulla sfugge a questa dichiarazione della Bibbia: “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23).

Dio propone una soluzione, non per quelli che si credono a posto, ma per quelli che si riconoscono peccatori perduti. La soluzione è molto semplice, come quella proposta a Naaman: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato”! Dio offre il Suo perdono definitivo e perfetto per mezzo di Gesù Cristo che “ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (Apocalisse 1:5).

“Il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato” (1 Giovanni 1:7). È indispensabile accettare questa offerta prima che si troppo tardi: “Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato” (Atti 16:31).

venerdì 28 novembre 2025

Giosia e le sue riforme - leggere 2 Re 22; 2 Cronache 33-35 (parte 2)

1. LE ORIGINI DI GIOSIA

ANNUNCIATO CON 300 ANNI DI ANTICIPO

Re Giosia è uno degli uomini della Bibbia che Dio annunciò tramite una parola profetica prima che nascessero. Dio aveva già parlato di Giosia all'inizio del regno in Israele e in Giuda. Geroboamo, il primo re del regno delle 10 tribù, si era allontanato da Dio e aveva messo vitelli d'oro sia a Betel che a Dan. Voleva impedire alla gente di recarsi a Gerusalemme per adorare Dio lì. Furono gettate le basi per l’idolatria. La Parola di Dio è chiara al riguardo: “Questo diventò un'occasione di peccato” 1 Re 12:30.

Dio non lasciò né il Suo popolo né il re senza preavviso. Un profeta di Giuda venne a Betel per ordine del Signore per parlare contro l'altare. Le sue parole sono: “Altare, altare! Così dice il Signore: Ecco, nascerà un figlio alla casa di Davide, il suo nome sarà Giosia; ed egli sacrificherà su di te i sacerdoti degli alti luoghi che bruciano su di te l'incenso, e bruceranno su di te ossa umane!“ (1 Re 13:2). Qui vengono dati precisi dettagli riguardo al futuro re:

il suo nome

la sua origine

le sue azioni

In Giosia questa profezia di Dio si è avverata.

Da ciò possiamo trarre le prime istruzioni pratiche per noi stessi. Dice: Dio mantiene le Sue promesse! Ci sono voluti circa 300 anni perché Giosia arrivasse, ma poi arrivò. La predizione di Dio si è avverata esattamente.

Oggi non è diverso. Dio ci ha anche dato delle promesse. Possiamo assolutamente fare affidamento su queste promesse. Ciò che Dio promette, lo mantiene. Sperimentiamo direttamente l'adempimento di alcune promesse di Dio. Ad esempio, se Egli ha promesso di aiutarci nelle difficoltà o di essere in mezzo a noi quando saremo riuniti nel Suo nome, allora possiamo sperimentarne immediatamente l’adempimento. Ma alcune promesse di Dio hanno per noi anche una dimensione futura. Pensiamo solo alla promessa del ritorno di nostro Signore. Lui è molto più di Giosia. Vogliamo allora dubitare che Egli verrà di nuovo? Sicuramente no.

La Parola di Dio aveva predetto che ci sarebbero state persone che avrebbero dubitato e  si sarebbero fatte beffe dell'adempimento di questa stessa promessa (2 Pt 3:4). Questo è il motivo per cui Egli ci dice: “Il Signore non ritarda l'adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni, ma è paziente verso di voi” (2 Pietro 3:9). Sì, Dio è paziente, ma ciò non cambia il fatto che ciò che ha detto accadrà. Possiamo sicuramente contare su questo.

I SUOI GENITORI

Se consideri la storia della riforma di Giosia nel suo contesto e consideri anche che egli si impegnò nella causa di Dio fin dalla giovane età, allora ti chiedi automaticamente che tipo di genitori avrebbe potuto avere questo giovane. Scopri qualcosa di sorprendente. Sia suo padre che suo nonno non erano affatto uomini devoti. Al contrario, entrambi fecero ciò che è male agli occhi di Dio. Manasse regnò per 55 anni. Il giudizio di Dio su di lui fu: "Egli fece molto male agli occhi dell'Eterno, provocando la sua ira" (2 Cronache 33:6). Anche se in seguito si pentì, il suo regno fu un altro triste capitolo nella storia dei re di Giuda. Suo figlio Amon, il padre di Giosia, fece anche peggio. Di lui è detto: “Anzi, Amon, si rese sempre più colpevole” (2 Cr. 33:23). Gli furono concessi solo due anni di regno. Poi divenne vittima di una cospirazione.

Giosia nacque mentre Manasse era ancora re. Aveva sei anni quando suo padre salì al trono. Probabilmente, la condotta del padre non influì molto su di lui, vista l'età. Il Signore Gesù è sempre all'opera e ricerca cuori giovani e non, la sola condizione richiesta è che ascoltino e ricevano le Sue parole. Non si possono e non si devono trarre conclusioni dai genitori sui figli. I genitori senza Dio possono avere un figlio devoto (cfr. Amon e Giosia). Allo stesso modo, genitori devoti possono avere un figlio senza Dio (cfr. Ezechia e Manasse). Non puoi ereditare la grazia di Dio.

Tuttavia questo principio non deve portarci a una conclusione sbagliata. Noi genitori abbiamo la piena responsabilità dei nostri figli. Non possiamo nasconderci dietro la grazia di Dio e usarla come una scusa a buon mercato per allevare i nostri figli in modo negligente e indifferente. Il principio di responsabilità è altrettanto valido quanto il principio di grazia. Come genitori abbiamo delle responsabilità.

Quindi Giosia crebbe in un ambiente che non era affatto influenzato dal timore di Dio.

Prima di descrivere nei dettagli l’opera di riforma di questo re, Dio ci mostra tre caratteristiche che modellarono la sua vita nel suo insieme. Queste caratteristiche sono (2 Cr. 34:2):

fece ciò che è retto agli occhi del Signore,

seguì le vie di Davide suo padre,

non si voltò né a destra né a sinistra.

Cosa possiamo imparare da esso?

(segue)