Chiunque
commette il peccato è schiavo del peccato.
Giovanni 8:34
In
questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha
mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati.
1 Giovanni 4:10
Un
termine che non osiamo più utilizzare
La
parola “peccato” è ritenuta superata, inadatta
alla nostra società libera. Eppure la realtà del peccato è sempre più evidente
e tristemente presente. Il peccato è all’origine della sofferenza e della
morte, è la causa delle nostre angosce, delle paure, delle lacrime.
In
greco il verbo “peccare” significa anche “mancare l’obiettivo o fallire lo
scopo”, cioè passare accanto a ciò che Dio si aspetta da noi senza “centrare”
la sua volontà e i suoi obiettivi. Il peccato fa sì che la mia vita non sia
quella che dovrebbe essere. Disubbidire a Dio è fallire nella propria vita, è il contrasto doloroso tra il bene che vorrei
fare e il male che non vorrei fare, ma che
faccio (Romani 7:19-20).
La
Bibbia ci dice chiaramente che il peccato riguarda tutti: “Non c'è distinzione:
tutti hanno peccato” (Romani 3:22-23).
Riconoscere
i nostri peccati non è facile, perché implica il riconoscere di aver fatto dei
torti al prossimo, a se stessi e a Dio. Prendere coscienza delle proprie colpe
apre sempre una ferita e ci fa dire: “Sono meno buono e meno libero di quanto
pensassi”! Così a volte cerchiamo di curare la ferita minimizzando le nostre
colpe, dimenticando che il peccato non è
soltanto un danno fatto agli altri o a noi stessi, ma è un’offesa a Dio e al
suo amore.
Amara
constatazione di una situazione senza via d’uscita? No, perché Dio, che ama la
sua creatura, ha mandato il suo unico Figlio per liberare dal peccato e dalle
sue conseguenze eterne tutti coloro che credono in lui. Gesù Cristo “morì per i
nostri peccati” (1 Corinzi 15:3) subendo il giudizio di Dio al nostro posto, per
perdonare ogni peccatore pentito.