Disprezzato e abbandonato dagli uomini,
uomo di dolore, familiare con la sofferenza… era spregiato, e noi non ne
facemmo stima alcuna.
Isaia 53:3
Un unto sarà soppresso, nessuno sarà per
lui.
Daniele 9:26
Dalla mangiatoia
alla croce
Per Giuseppe e Maria non c’era stato
posto nell’albergo di Betlemme. Durante gli anni del suo ministero sulla terra,
Gesù non aveva “dove posare il capo” (Matteo 8:20). Ha insegnato la Parola di
Dio con devozione, ma è stato incompreso e ha incontrato ostilità e disprezzo.
Come ben dice un Salmo: “Se ne va piangendo colui che porta il seme da
spargere” (Salmo 126:6).
Volgendo lo sguardo verso Gerusalemme, la
città che avrebbe dovuto accoglierlo con gioia, Gesù piange (Luca 19:41, 42) e
dice: “Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia
raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!” (Matteo 23:37).
Poco dopo uscirà da quella città portando la sua croce, circondato da una folla
ostile, e si lascerà inchiodare su quel legno. “Come l’agnello condotto al
mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca”
(Isaia 53:7). Con la condanna a morte di Gesù e la crocifissione, l’odio degli
uomini ha raggiunto il suo apice.
Come risponderà
Dio a tanta crudeltà? Distruggerà e giudicherà i nemici del suo amato Figlio?
Per ora no; dal costato di Cristo, trafitto dalla lancia di un soldato romano,
è scaturito il sangue che purifica da
ogni peccato tutti coloro che credono, compresi i suoi nemici, se si
ravvedono. Si capisce, allora, perché è scritto che l’ira di Dio rimane su chi rifiuta di credere (Giovanni 3:36).
Vorremmo che anche
tu potessi dire con riconoscenza: il “Figlio di Dio… mi ha amato e ha dato se
stesso per me” (Galati 2:20).