Come
Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia
innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna.
Giovanni
3:14, 15
Il
salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo
Gesù, nostro Signore.
Romani
6:23
Il
serpente di Mosè
Molti secoli fa, il popolo
d’Israele, uscito dall’Egitto, attraversava a piedi il vasto deserto situato
tra l’Egitto, il Sinai e la Palestina. Dovevano raggiungere il territorio di
Canaan che Dio aveva loro promesso, ma, spesso scoraggiati, gli Israeliti si
lamentano, contestano, Lo accusano. Non riconoscono la bontà del loro Dio che
li aveva miracolosamente liberati dalla schiavitù dell’Egitto, e li aveva
protetti e nutriti ogni giorno. All’ennesima contestazione Dio permette che dei
serpenti dal morso mortale invadano il loro accampamento. Molti Israeliti
muoiono. Il loro capo, Mosè, prega per il popolo e Dio gli risponde ordinandogli
di mettere su un’asta, in modo ben visibile, un serpente fatto di rame, e dice:
“Chiunque sarà morso, se lo guarderà, resterà in vita” (Numeri 21: 8). E così
avveniva: chi lo guardava viveva.
Il morso di quel serpente è una
figura del peccato che ha marchiato tutti gli esseri umani. La morte ne è la
tragica e ineluttabile conseguenza. Ma come al tempo di Mosè bastava uno sguardo di fede rivolto al serpente
per salvare dalla morte, oggi chi crede a
Gesù inchiodato sulla croce riceve il perdono dei suoi peccati e la vita
eterna.
Gesù Cristo, condannato per me, ha
portato sulla croce il castigo che io meritavo per i miei peccati. Il mio
sguardo di fede mi dà la vita eterna perché il mio Salvatore non è rimasto
sulla croce né nel sepolcro, è risuscitato ed è tornato in cielo.
Quel Dio che mi ama, e che avevo
offeso, chiede in cambio soltanto la mia
totale fiducia.