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martedì 18 agosto 2015

18 Agosto

Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna.
Giovanni 3:14, 15

Il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.
Romani 6:23

Il serpente di Mosè


Molti secoli fa, il popolo d’Israele, uscito dall’Egitto, attraversava a piedi il vasto deserto situato tra l’Egitto, il Sinai e la Palestina. Dovevano raggiungere il territorio di Canaan che Dio aveva loro promesso, ma, spesso scoraggiati, gli Israeliti si lamentano, contestano, Lo accusano. Non riconoscono la bontà del loro Dio che li aveva miracolosamente liberati dalla schiavitù dell’Egitto, e li aveva protetti e nutriti ogni giorno. All’ennesima contestazione Dio permette che dei serpenti dal morso mortale invadano il loro accampamento. Molti Israeliti muoiono. Il loro capo, Mosè, prega per il popolo e Dio gli risponde ordinandogli di mettere su un’asta, in modo ben visibile, un serpente fatto di rame, e dice: “Chiunque sarà morso, se lo guarderà, resterà in vita” (Numeri 21: 8). E così avveniva: chi lo guardava viveva.
Il morso di quel serpente è una figura del peccato che ha marchiato tutti gli esseri umani. La morte ne è la tragica e ineluttabile conseguenza. Ma come al tempo di Mosè bastava uno sguardo di fede rivolto al serpente per salvare dalla morte, oggi chi crede a Gesù inchiodato sulla croce riceve il perdono dei suoi peccati e la vita eterna.
Gesù Cristo, condannato per me, ha portato sulla croce il castigo che io meritavo per i miei peccati. Il mio sguardo di fede mi dà la vita eterna perché il mio Salvatore non è rimasto sulla croce né nel sepolcro, è risuscitato ed è tornato in cielo.

Quel Dio che mi ama, e che avevo offeso, chiede in cambio soltanto la mia totale fiducia.