"Un libro
è stato scritto davanti a Lui per conservare il ricordo di quelli che temono il
SIGNORE e rispettano il suo nome” (Malachia 3:16).
Fa piacere a tutti essere
ricordati. Gran parte delle imprese umane è fatta con questo scopo. Scritti,
invenzioni, opere d'arte, monumenti, mantengono vivo il ricordo di grandi
personaggi. Ma sono davvero tutti uomini "grandi" secondo il pensiero
di Dio? Meritano davvero tutti di essere ricordati? La vita dissoluta e immorale
di tanti artisti, le stragi compiute da condottieri e capi di stato, il rifiuto
di Dio da parte della maggioranza di loro dovrebbe farli dimenticare al più
presto e per sempre. Ma il mondo non può avere il metro di misura di Dio.
Gli Amalechiti erano una grande e
potente nazione. Quando gli Israeliti, usciti dall'Egitto, dovettero
attraversare il loro territorio, questi li contrastarono, piombando da dietro
sui più deboli e stanchi, e "non ebbero alcun timore di Dio"
(Deuteronomio 25:17-18). Allora Dio disse a Mosè: "Quando il Signore, il
tuo Dio, ti avrà dato pace... cancellerai la memoria di Amalec sotto il
cielo" (v. 19). La stessa sorte meritano tutti i nemici di Dio e del suo
popolo di ogni tempo: "Signore, Dio nostro, altri signori fuori di te
hanno dominato su di noi... quelli sono ombre e non risorgeranno più; tu li hai
distrutti e ne hai fatto perire ogni ricordo" (Isaia 26:13).
Che vantaggio c'è ad essere
ricordati in un mondo su cui incombe il giudizio di Dio, ma non comparire in
quel libro che "è stato scritto davanti a Lui per conservare il ricordo di
quelli che temono il SIGNORE e rispettano il suo nome"?
Ecclesiaste 9:15 racconta di un
uomo "povero e saggio" che con la sua saggezza salvò la città
assediata da potenti nemici. La Bibbia parla di lui, anche se il suo nome non è
riportato, ma negli annali della storia umana il quell’uomo non compare.
"Nessuno conservò il ricordo di quell'uomo povero".
Dio non dimentica i suoi fedeli,
anche se, attraversando circostanze tragiche e dolorose, qualcuno può averlo
pensato. Giuseppe, ingiustamente incarcerato, chiese al suo compagno di
prigione, che stava per essere liberato: "Ricordati di me quando sarai
felice... ti prego, parla di me al faraone e fammi uscire"; ma lui
"non si ricordò di Giuseppe, e lo dimenticò" (Genesi 40:14 e 23). Dio
però aveva in mano la situazione e non aveva perso di vista il suo servo
fedele. "Colui che domanda ragione del sangue si ricorda dei miseri e non
ne dimentica il grido" (Salmo 9:12)
Maria di Betania versò sul capo e
sui piedi del Signore un profumo di gran prezzo. Per molti, anche per i
discepoli, fu una perdita, uno spreco, un impiego sconsiderato. Un atto da
dimenticare. Ma per il Signore, quella dimostrazione pubblica di quanto fosse
stimato e apprezzato, quella testimonianza palese del valore che Egli aveva per
lei e di quanto meritasse di ricevere da chi lo amava, non era da dimenticare.
"In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato il
vangelo, anche quello che costei ha fatto sarà ricordato, in memoria di
lei" (Marco 14:9).
"La memoria del giusto è in
benedizione", scrive Salomone in Proverbi 10:7. Ricordarsi di coloro che
il Signore ricorda edifica, incoraggia, stimola al bene. Il ricordo dei
conduttori e di quale sia stata la fine della loro vita (Ebrei 13:7) sprona ad
imitare la loro fede.
Il Signore Gesù è
fondamentalmente dimenticato dal mondo. Il suo nome è escluso dai dibattiti e
dalle conversazioni. Se circola ancora un po' nei nostri Paesi detti cristiani
è però svuotato del suo significato profondo, sganciato dal suo sacrificio
espiatorio e dai risultati eterni della sua opera. Ma ai suoi Egli dice,
porgendo il pane e il calice: "Fate questo in memoria di me" (Lu.
22:19). "Al tuo nome, al tuo ricordo, anela l'anima" (Isaia 26:8).
"Essi proclameranno il ricordo della tua gran bontà e canteranno con gioia
la tua giustizia" (Salmo 145:7).
Credo che anche a noi credenti di
oggi si rivolga l'esortazione del profeta: "Voi che destate il ricordo del
Signore, non abbiate riposo" (Isaia 62:6)!
A. Apicella