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martedì 14 maggio 2024

Egli ci parlava per la via

Quando udiamo i due discepoli del Signore dirsi l'uno all'altro: "Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentr'egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?", vorremmo fare anche noi la stessa esperienza (Lu. 24:13-35). 

Cosa ci occorre perché il Signore si unisca a noi nelle nostre tappe quotidiane e ci parli per via? Questo racconto risponderà a tale interrogativo se, senza perdere di vista le circostanze particolari di quei due discepoli, ci soffermiamo sul carattere generale degli insegnamenti che troviamo in questo episodio.

I due erano in cammino verso un villaggio di nome Emmaus. Possiamo pensare che tornassero a casa, senza tener conto delle promesse del Maestro, sebbene occupati di quello che era capitato "in quei giorni a Gerusalemme". Non erano gli unici a stupirsi di quegli avvenimenti. La testimonianza delle donne che si erano trovate al sepolcro di buon'ora era sembrata "una favola" per gli apostoli stessi. Il Signore allora ha avuto cura di fare in modo che i suoi si riunissero, in quel primo giorno della settimana, per trovarsi poi fra di loro e agire nei loro confronti secondo i bisogni e lo stato dei loro cuori. 

Così apparve a Maria Maddalena e le parlò, mentre a Pietro e a Giovanni non lasciò altro che la testimonianza del sepolcro vuoto: "Simon Pietro entrò nel sepolcro... Allora entrò anche l'altro discepolo (Giovanni)... e vide e credette" (Gv. 20:6-8). Nei riguardi dei due viaggiatori tristi e delusi che si allontanavano da Gerusalemme, si servirà di cure speciali per ricondurli dove aveva promesso che lo avrebbero incontrato.

Il Signore aveva il desiderio di riunire i suoi intorno a Sé, nel giorno della sua risurrezione. Questo giorno è per i suoi riscattati una controfigura del giorno della Pasqua, un nuovo inizio dei mesi, che simboleggia la vita di coloro che possono dire: "La nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata" (l Co. 5:7), e che possono celebrare la festa dei pani senza lievito con la sincerità e la verità; poiché quella festa rappresentava il cammino di santità che deve seguire ogni conversione.

Gesù dava così tanta importanza alla presenza dei suoi intorno a Sé che è andato Egli stesso a fare con loro una parte del tragitto da Gerusalemme a Emmaus, e a parlare con loro per consolarli e istruirli. Il Signore, più che fare loro dei rimproveri, si stupisce della loro incredulità e della loro lentezza di cuore a credere. Subito ricorda loro che bisognava che il Cristo soffrisse quelle cose, e comincia da Mosé e da tutti i profeti per spiegare loro "in tutte le Scritture" le cose che lo riguardavano. 

E' così che si cura anche della sua Chiesa: "Ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della Parola" (Ef. 5:25-27). Forse qualche rimprovero era da fare a quei discepoli; erano increduli, delusi, non cercavano la compagnia degli altri discepoli... Ma la risposta che il Signore porta a tutte le loro difficoltà è la rivelazione di Se stesso. Egli distoglie i loro pensieri dai loro problemi e dalle loro speranze deluse, per riempire i loro cuori di Lui, scaldare i loro affetti per Lui, spiegando loro le cose che lo riguardano. 

Al termine della tappa, il Signore mette alla prova il lavoro compiuto nei suoi, facendo come se volesse andare oltre. Egli usa la prova per benedire ancora di più. Ma i due discepoli si erano già attaccati a Lui. Come Giacobbe il quale, pur non conoscendo ancora il nome dell'uomo che aveva lottato con lui a Peniel, non voleva lasciarlo andare senza prima di essere stato benedetto, così anch'essi "lo trattennero dicendo: Rimani con noi". 

Allora, a quel profondo desiderio risponde lo stesso amore che vuole solo dare e dare ancora, e che chiede solo di essere così forzato. "Ed Egli entrò per rimanere con loro". Il suo ministerio di grazia si compirà fino alla fine poiché non lascia soli i suoi che desiderano la sua presenza.

Se Gesù è soltanto uno straniero per noi, continuerà la sua strada e noi la nostra. Lui che ci ama non ci chiederà niente finché non lo conosceremo quale Egli veramente è. Ma non appena lo riconosciamo come il Figlio di Dio, il Salvatore che ci ha amati e ha dato se stesso per noi, Egli reclama un posto nei nostri cuori, nella nostra vita, nelle nostre case. Allora entra per rimanere con noi e cenare con noi. 

Colpisce il fatto che Gesù non si sia mai imposto a nessuno. Se invitato, ha accettato l'invito, senza però rinunciare alla libertà e all'autorità di rimproverare e d'insegnare (Lu. 7:36-50, l0:38-42, ll:37-54). Nel caso di Zaccheo ha anticipato Egli stesso un invito che quell'uomo non aveva osato fargli, ed è entrato in casa sua (Lu. l9:1-l0). Se respinto, se ne è andato, senza tentare di convincere quelli che lo scacciavano (Lu. 4:29-3O, 8:37, 9:52-56). Certo, un'occasione che è stata offerta e che è stata disprezzata può non ripresentarsi mai più; e per molti questo rifiuto significherà la perdizione eterna.  

Il Signore dunque, invitato dai suoi, entra con loro. Dopo aver spezzato il pane, apre i loro occhi dopo aver aperto i loro cuori. Così può scomparire, poiché il lavoro compiuto è ormai perfetto e definitivo. Anche noi siamo ogni giorno in cammino. Non possiamo rimanere sempre nelle nostre case, ai piedi del Signore, nell'ascolto della sua Parola, né essere sempre riuniti in assemblea intorno a Lui. Ma anche "in cammino", per strada, possiamo udire la sua voce, se "le cose avvenute a Gerusalemme", le cose che lo riguardano, hanno del valore per i nostri cuori. 

Oggi è compito benedetto dello Spirito di verità di guidarci nella completa verità e lo fa glorificando il Signore Gesù, perché prende quello che è suo e ce lo annuncia (Giovanni l6:l3-l4). Il Consolatore rende testimonianza al Figlio di Dio e lo fa ricordandoci tutte le cose che Egli ha dette, e che fortificano e ravvivano i nostri affetti per Signore (Gv. l4:26).

Come possiamo udire la sua voce? E' vero che spesso, durante la giornata, i nostri occhi sono impediti a causa delle preoccupazioni, della cura che abbiamo di noi stessi, del nostro lavoro, e forse anche per altri motivi meno legittimi... Il Signore che legge nei cuori lo sa. Nondimeno, Egli ci parla, vedendo anche nei nostri cuori quello che soltanto la sua grazia si è compiaciuta di operarvi, e, a nostra insaputa, ci fa giungere le sue parole che ci preparano per il momento in cui potremo dirgli: "Rimani con noi".

Anche gli oggetti che ci circondano possono avere una voce, se ci ricordiamo del modo con cui il Signore sapeva parlarne quando camminava quaggiù. La farina, il lievito, il pane, ci danno abbondanti e profonde istruzioni (Es. 2; Gv. 6: 32-5O, Gv. l2:24, l Co. 5: 6-8 ecc...). Gli uccelli del cielo ci ricorderanno che il nostro Padre celeste ha cura di noi e sa di cosa abbiamo bisogno; "l'equilibrio delle nuvole" ci parla di Colui che è perfetto in conoscenza (Giobbe 37:l6). 

Possiamo anche trarre istruzione da certe scene della giornata. Molti anni fa un fratello ci comunicava le riflessioni che gli aveva ispirato un disegno raffigurante un orologio in una vetrina. Ci diceva che le lancette erano disposte un po' prima delle 12 e che sotto era scritto: E' più tardi di quanto tu  pensi. Evidentemente si riferivano alla mezzanotte. Ed egli aggiungeva: "Noi non avremmo  posto le lancette vicino alla mezzanotte, ma molto più avanti perché sappiamo che la notte è avanzata e il giorno è vicino (Ro. l3:l2). Queste cose possono rianimare in noi, in mezzo all'agitazione del mondo che ci circonda, la beata speranza, la fiducia, la pace. "Rallegratevi sempre nel Signore... Il Signore è vicino. Non angustiatevi di nulla" (FI. 4:6-4).

Ogni essere umano ha bisogno di sapersi amato, e ognuno ha bisogno di amare. Il figlio di Dio ha la risposta perfetta a questo bisogno, poiché "l'amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio" (1Gv. 4:7-10). E' l'amore del Signore che è penetrato nelle perplessità dei due discepoli e che li ha consolati sulla via di Emmaus. E' il loro amore per Lui, ravvivato nei loro cuori, che li ha distolti dai loro pensieri e ha dato loro il desiderio di condividere quella grande gioia con quelli che, come loro, amavano il Signore.

Ora abbiamo una Persona da amare. Conoscere Lui è un privilegio talmente grande da farci mettere al loro vero posto tutte le cose che così tanto ci occupano e che dovremmo considerare come "una perdita" (Fi. 3:8).

Anche noi abbiamo il privilegio di condividere le cose che riguardano il Signore con quelli che hanno parte alle nostre stesse benedizioni. Com'è prezioso, nel culto di adorazione, rallegrarsi insieme di un Salvatore così grande e perfetto, e dirci gli uni agli altri che "abbiamo visto il Signore". E innanzi tutto, dire al nostro Dio e Padre quello che abbiamo potuto afferrare delle glorie e dell'amore del suo Figlio diletto.