In
nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome
che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere
salvati.
Atti 4:12
L’ufficiale e la sua prigioniera (2)
2 Re 5:1-19
Sotto
la sua scintillante armatura, Naaman, grande ufficiale dei Siri, nascondeva un
male che, inevitabilmente, lo avrebbe condotto alla morte: la lebbra. Ma, come
abbiamo visto ieri, Dio permette che una giovane Israelita parli a sua moglie
del grande Dio salvatore. Naaman si mette in cammino per andare a incontrare il
profeta Eliseo, a Samaria. Prudentemente si munisce di una lettera di
raccomandazione da parte del suo re e porta con sé numerosi regali per pagare
per la sua guarigione. Per prima cosa si presenta al re d’Israele mostrandogli
la lettera. Ma il re non può far altro che rispondergli: “Io sono forse Dio,
con il potere di far morire e vivere?”. Allora Naaman si reca a casa del
profeta, con tutto il suo orgoglio e con la pretesa di pagare per la sua
salvezza. Ma di fronte alla semplicità della soluzione proposta da Eliseo
(“va’, lavati sette volte nel Giordano… e tu sarai puro”) comincia a irritarsi.
Poi, su consiglio dei suoi servitori, si decide ad ubbidire; si tuffa sette
volte nel Giordano ed è guarito.
Questo
racconto ci chiama in causa. Tutti abbiamo in noi questa malattia che si chiama
“peccato” e che conduce alla morte eterna. Solo Dio può e vuole liberarcene.
Non si aspetta niente da noi, ma offre
la guarigione a chiunque riconosce la sua colpevolezza e crede al sacrificio di
Gesù Cristo, che ha preso su di sé i nostri peccati e ne ha subìto il
giudizio alla croce. Non tardiamo ad accettare questa salvezza gratuita!