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giovedì 1 novembre 2018

1 novembre


Noi che abbiamo creduto entriamo in quel riposo.
Ebrei 4:3

La nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria.
Filippesi 3:20-21

Dopo la morte

Mi piace ritornare nel piccolo cimitero dove riposano i corpi dei miei avi, coi quali ho percorso un lungo cammino. Rileggo le parole incise sulla pietra tombale: “Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Galati 2:20). È li che un giorno, se Dio lo vorrà e se il Signore non sarà tornato prima, anche il mio corpo riposerà. Allora mi sembra di udire le parole che gli angeli rivolsero alle donne che si erano recate alla tomba di Gesù: “Perché cercate il vivente tra i morti?” (Luca 24:5). Che meravigliosa rivelazione!
I nostri cari, morti nella fede, non sono lì, dove non c’è altro che il loro corpo in decomposizione; la loro anima è in cielo con Gesù. L’apostolo Paolo scriveva ai Filippesi che, per un credente, morire significa andare con Cristo; e aggiungeva: “È molto meglio” (Filippesi 1:23)! E ai credenti di Corinto: “Preferiamo partire dal corpo e abitare con il Signore” (2 Corinzi 5:8). Cerchiamo di pensare alla loro felicità piuttosto che al nostro dolore.
Inoltre Dio, come ha salvato la nostra anima, “salverà” anche il nostro corpo. Verrà il giorno in cui il Signore Gesù apparirà sulle nuvole e chiamerà a sé tutti i suoi riscattati che, rivestiti di corpi gloriosi, gli andranno incontro per essere da lui introdotti nella casa del Padre. Quando parla di questo avvenimento, Paolo dice: “Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole” (1 Tessalonicesi 4:18).

La sorte dell’incredulo è ben diversa. Alla morte, la sua anima non andrà col Signore, e alla risurrezione finale udrà la condanna eterna pronunciata da Colui del quale ha disprezzato l’amore.