Chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia.
Proverbi
28:13
Lavoro di coscienza
Genesi 42 a 44
Odiato dai suoi
fratelli, Giuseppe è prima gettato in una cisterna e alla fine venduto a dei
mercanti in viaggio verso l’Egitto. Commesso il loro misfatto, i fratelli fanno
credere al padre che Giuseppe sia stato sbranato da una belva.
Passano vent’anni;
una carestia costringe quegli uomini ad andare in Egitto per acquistare del
frumento. Essi non sanno che avrebbero incontrato Giuseppe, diventato nel
frattempo viceré del paese. Giuseppe non si fa riconoscere subito perché vuole
che prima si produca nei suoi fratelli un profondo lavorio di coscienza.
Durante un primo contatto essi osano dire “Siamo gente sincera”! (Genesi
42:11). Ma Giuseppe li accusa di spionaggio, trattiene uno di loro in prigione
e chiede che gli portino Beniamino, il fratello più giovane, unica consolazione
per quel povero padre. A questo punto la loro coscienza incomincia a
risvegliarsi. Essi percepiscono il legame che c’è tra le difficoltà che stanno
attraversando e la loro colpa nei confronti di Giuseppe (42:21).
Durante il
secondo viaggio con Beniamino, la loro coscienza parla ancora più forte, tanto
che arrivano a dire: “Dio ha trovato l’iniquità dei tuoi servi” (44:16), e
propongono a Giuseppe di liberare il fratello più giovane e trattenere loro
come schiavi. Alla fine uno di loro fa una commovente confessione pubblica,
segno di un reale e sincero pentimento, e a questo punto, fra le lacrime,
Giuseppe si fa riconoscere.
Le nostre prove
non sono sempre le conseguenze di qualche colpa. Ma ci devono far riflettere,
perché è possibile che attraverso di esse Dio
ci voglia parlare, o per spingerci ad abbandonare l’indifferenza o qualche
peccato, o anche solo per verificare la realtà della nostra fede e rinforzarla.
Egli è sempre pronto a perdonare e a farci ritrovare quella comunione con lui
così indispensabile per la nostra vita spirituale.