Signore, ecco,
colui che tu ami è malato.
Giovanni 11:3
(Paolo scrive di
Epafrodito:) “È stato ammalato,
infatti, e ben vicino alla morte; ma Dio ha avuto pietà di lui; e non soltanto
di lui, ma anche di me, perché io non avessi dolore su dolore”.
Filippesi 2:27
La malattia: il suo
significato per il credente
Anche
i credenti si ammalano, e a volte il Signore lo permette per il loro bene
morale e spirituale. Con saggezza e amore, Egli misura attentamente la prova,
affinché raggiunga il Suo scopo. Allo stesso tempo dona ai Suoi la forza per
sopportarne il peso.
Non
è sempre facile discernere lo scopo preciso che Dio persegue quando permette
una prova. Sicuramente desidera far crescere la nostra fede e la nostra
pazienza, ma può darsi anche che voglia
–
metterci in disparte, per poter “parlare” meglio alla nostra coscienza e al
nostro cuore,
–
staccarci dalle occupazioni materiali che hanno assunto un’importanza eccessiva
nella nostra vita,
–
rivelarsi a noi come il Dio della consolazione,
–
farci sperimentare la partecipazione e l’amore dei nostri fratelli e sorelle
credenti,
–
darci l’occasione di mostrare attorno a noi cosa sono la pazienza e la
sottomissione a Dio,
–
renderci capaci di comprendere gli altri malati e di simpatizzare con loro.
Sicuramente,
l’apostolo Paolo desiderava la guarigione d’Epafrodito, suo collaboratore
(Filippesi 2:25-27), ma non ha utilizzato il suo dono di guarigione per
sottrarlo alla prova che Dio aveva permesso. Il grande apostolo pregò con fede,
per raccomandare a Dio l’amico malato e chiedergli che guarisse.
La
medicina ha il suo posto, la preghiera e l’intercessione hanno il loro (Giacomo
5:14).