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mercoledì 14 ottobre 2015

14 Ottobre

Signore, ecco, colui che tu ami è malato.
Giovanni 11:3

(Paolo scrive di Epafrodito:) È stato ammalato, infatti, e ben vicino alla morte; ma Dio ha avuto pietà di lui; e non soltanto di lui, ma anche di me, perché io non avessi dolore su dolore”.
Filippesi 2:27

La malattia: il suo significato per il credente

Anche i credenti si ammalano, e a volte il Signore lo permette per il loro bene morale e spirituale. Con saggezza e amore, Egli misura attentamente la prova, affinché raggiunga il Suo scopo. Allo stesso tempo dona ai Suoi la forza per sopportarne il peso.
Non è sempre facile discernere lo scopo preciso che Dio persegue quando permette una prova. Sicuramente desidera far crescere la nostra fede e la nostra pazienza, ma può darsi anche che voglia
– metterci in disparte, per poter “parlare” meglio alla nostra coscienza e al nostro cuore,
– staccarci dalle occupazioni materiali che hanno assunto un’importanza eccessiva nella nostra vita,
– rivelarsi a noi come il Dio della consolazione,
– farci sperimentare la partecipazione e l’amore dei nostri fratelli e sorelle credenti,
– darci l’occasione di mostrare attorno a noi cosa sono la pazienza e la sottomissione a Dio,
– renderci capaci di comprendere gli altri malati e di simpatizzare con loro.
Sicuramente, l’apostolo Paolo desiderava la guarigione d’Epafrodito, suo collaboratore (Filippesi 2:25-27), ma non ha utilizzato il suo dono di guarigione per sottrarlo alla prova che Dio aveva permesso. Il grande apostolo pregò con fede, per raccomandare a Dio l’amico malato e chiedergli che guarisse.
La medicina ha il suo posto, la preghiera e l’intercessione hanno il loro (Giacomo 5:14).