E
Paolo: “Piacesse a Dio che… non solamente tu, ma anche tutti quelli che oggi mi
ascoltano, diventaste tali, quale sono io, all'infuori di queste catene”.
Atti 26:29
Un prigioniero più felice dei suoi giudici
L’apostolo
Paolo, incatenato, era davanti a un tribunale presieduto dal governatore romano
Festo e dal re Agrippa. Egli rendeva testimonianza della sua fede in maniera
così convincente che il re, nascondendo il proprio turbamento con l’ironia, gli
disse: “Con così poco vorresti persuadermi a diventare cristiano?” (Atti
26:28). L’intrepido apostolo ribatté: “Piacesse a Dio che, con poco o con
molto, non solamente tu, ma anche tutti quelli che oggi mi ascoltano,
diventaste tali, quale sono io, all'infuori di queste catene” (Atti 26:29).
Il
prigioniero era più felice di tutti quelli che lo ascoltavano, perché avendo
creduto nel sacrificio di Cristo, era felice
dello stato in cui si trovava e dell’opportunità
che aveva di testimoniare della
sua fede.
Quest’uomo
felice, Paolo, era stato un tempo, come egli stesso scrive, il peggiore dei
peccatori. Non era stato un immorale o un irreligioso; anzi, osservava la legge
giudaica, nella quale era stato educato nel modo più rigoroso, con la
convinzione di essere gradito a Dio, ma perseguitava accanitamente coloro che
erano fedeli a Gesù.
Ebbene,
è proprio da una tale persona che Dio ricava un fedele messaggero della sua
misericordia, e allo stesso tempo un esempio di umiltà e di attaccamento a
Cristo.