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martedì 22 ottobre 2019

22 ottobre


(L’apostolo Paolo scriveva dal carcere:) Ho imparato ad accontentarmi dello stato in cui mi trovo. So vivere nella povertà e anche nell’abbondanza; in tutto e per tutto ho imparato a essere saziato e ad avere fame; a essere nell’abbondanza e nell’indigenza.
Filippesi 4:11-12

Contenti di come si è e di quello che si ha

Per essere gioiosi dovremmo saper essere contenti di come siamo, di quello che facciamo e delle cose che abbiamo. Ma voi direte: Come può una persona con un grave handicap essere contenta di com’è? O essere contento chi è costretto a svolgere una professione che è il contrario delle sue aspirazioni e delle sue capacità? O essere soddisfatto chi ha poco o niente? L’obiezione è comprensibile.
Ma proviamo a guardare le cose dal punto di vista più elevato. Il credente può sempre essere contento di quello che è perché ha l’onore di essere un figlio di Dio, salvato per l’eternità, amato dal Padre e con una prospettiva gloriosa. Contento di quello che fa perché può parlare del suo Salvatore e portare qualcuno alla salvezza. Contento di ciò che ha perché riceve ogni cosa dalla mano del Padre, riconoscente anche di quel poco che il suo amore gli dispensa.
Quando scriveva ai Filippesi “rallegratevi nel Signore” (3:1), Paolo era “in catene per Cristo”. I pensieri che abbiamo letto nel versetto di oggi concludevano questa sua Lettera. La sua esperienza può essere anche la nostra: nei momenti difficili che non dipendono da noi, attaccarsi al Signore è l’unica risorsa. La fede accetta con umiltà e si sottomette, la fede sa che Dio è al corrente di tutto ciò che ci avviene, e che è un Padre non solo pieno d’amore, ma di potenza e di saggezza.
(tratto da “1200 giorni con Gesù”)