Uno scrittore francese del 20°
secolo descrive tutto il dramma della condizione umana. Fa dire all’eroe di una
sua opera: “Ma quando non si ama la propria vita, quando si sa che bisognerebbe
cambiare tutto, non si ha scelta. Come fare per essere un altro? Impossibile.”
È la conclusione di quell’uomo moderno, smarrito nei propri pensieri e nelle
sue azioni, in rivolta contro una situazione nella quale, in fondo, si
compiace.
Eppure, dalla venuta di Cristo, l’impossibile
è diventato possibile. L’Evangelo è un messaggio di speranza. Qualunque sia il
nostro passato, per quanto grandi siano le nostre colpe, possiamo diventare
degli esseri nuovi. Per questo, secondo quanto ha detto Gesù, dobbiamo “nascere
di nuovo”, a una vita nuova. Ma non illudiamoci! Ammirare Gesù, il suo
altruismo, la sua compassione ed integrità, non basta. Devo riconoscere la
mia incapacità di imitarlo e la necessità di ricevere la sua stessa vita.
Egli ha reso questo possibile perché ha portato il castigo dei miei peccati
sulla croce. E bisogna che io gli creda!
Quando abbiamo creduto, per mezzo del suo
Spirito, Dio fortifica questa nuova vita che ci ha dato. Essa mantiene una
freschezza, una gioia, un amore che non svaniscono, se rimaniamo attaccati a
Gesù, vivendo, per fede, vicino a lui. Senza Cristo, separati da lui,
non possiamo fare nulla. Ma con lui e per mezzo di lui possiamo veramente
cambiare e vivere. Vivere liberati dai nostri impulsi di egoismo; vivere nella
gioia, al servizio di Dio.
6 NOVEMBRE martedì
Anche noi un tempo eravamo insensati, ribelli, traviati, schiavi di
ogni sorta di passioni e piaceri, vivendo nella cattiveria e nell’invidia,
odiosi e odiandoci a vicenda. Ma quando la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il
suo amore per gli uomini sono stati manifestati, egli ci ha salvati.
Tito 3:3-5
Il giudice e il condannato
Charles Colson, un anziano consigliere del
presidente Nixon, compromesso nella vicenda del Watergate, venne imprigionato
per parecchi mesi. Ma si convertì al Signore, e ora si è consacrato
all’evangelizzazione nelle prigioni americane. Spesso al suo gruppo Amicizie
in carcere si uniscono altri volontari che visitano i carcerati per dare
testimonianza della loro fede.
Dopo una di queste visite, al momento di
passare per il controllo all’uscita, Colson constatò che uno dei volontari, il
giudice Clement, non aveva seguito il gruppo. Preoccupato, ritornò sui suoi
passi e trovò il giudice nella cella di un detenuto, James Brewer. “Solo un
minuto – disse il giudice a Colson. – È importante. Sono io che ho condannato a
morte James. Ma ora è un mio fratello in fede ed abbiamo bisogno di un minuto
per pregare insieme".
Colson racconta: “Rimasi impietrito sulla
soglia della cella. Davanti a me c’erano due uomini; uno aveva il potere,
l’altro era un detenuto; uno era un bianco, l’altro un nero; uno aveva
condannato l’altro alla pena capitale. In qualunque altra situazione, quel
detenuto sarebbe stato pronto a strangolare il giudice con le sue mani nude:
cos'aveva da perdere? che rischio correva ormai? Ma lì erano uno, ambedue
appartenenti al "regno di Dio", e i loro visi riflettevano una
straordinaria espressione di felicità, mentre pregavano insieme.”
Uscendo dalla prigione, il giudice Clement,
molto commosso, mi spiegò di aver pregato per Brewer ogni giorno, fin da quando
l’aveva condannato, quattro anni prima.
7 NOVEMBRE mercoledì