Per conoscere l’origine del sistema del mondo, bisogna risalire alla storia della torre di Babele (Genesi 11) nella quale troviamo alcuni caratteri essenziali del mondo di tutti i tempi.
In quell’epoca, gli uomini si erano resi conto che avrebbero potuto realizzare i loro progetti in modo più efficace praticando l’associazione e la cooperazione. Nei loro pensieri Dio continuava a non avere posto, e il noi diventava più importante dell’io. “Venite, facciamo…” Venite, costruiamoci… acquistiamoci fama” (v. 3 e 4).
L’inizio di quest’impresa fu una città. In seguito avrebbero costruito una torre. La città non è solo un agglomerato di abitazioni, ma è anche un centro di potere e d’influenza. Il fatto che abbiano fondato una città indica la volontà di abitare insieme e in modo stabile, per poi estendere il loro potere in regioni più lontane.
La torre non aveva la funzione di proteggere da un nuovo diluvio. Era cosa nota che il diluvio aveva coperto anche le montagne più alte. Lo scopo di questa costruzione è indicato dallo stesso racconto biblico: “Costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo. Acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra” (v. 4). La costruzione di una città e di una torre la cui cima raggiunga il cielo non poteva essere opera di un solo uomo, ma diventava possibile se gli uomini si organizzavano e lavoravano insieme. Così, l’associazione diventò la parola d’ordine: “Venite, facciamo dei mattoni…”. “Venite, costruiamoci...”. E questo durò fino al momento in cui l’Eterno stesso disse: “Scendiamo dunque e confondiamo il loro linguaggio” (v. 7).
La diversità di lingue è certamente stata in ogni tempo un grande freno allo sviluppo dei progetti dell’umanità. Ciò nonostante, gli uomini si sono sempre più impegnati ad associarsi. Nell’ultimo secolo, l’idea di cooperazione e di associazione tra i popoli si è ulteriormente rafforzata. L’aver messo in comune conoscenze e risorse, ha consentito uno sviluppo straordinario. La parola d’ordine è sempre la stessa: “Andiamo!”, “Facciamo…”.
Questa è ancora la chiamata che spesso viene rivolta a noi tutti, cari amici cristiani. Si sente dire: “Venite! Abbiamo un’idea luminosa, magnifici progetti. Vogliamo abolire le differenze, migliorare la condizione umana. Vogliamo un modo felice, in cui possiamo rallegrarci tutti. Volete sostenere le buone cause? Anche noi. E la nostra è buona. Venite a collaborare!”.
“Il SIGNORE disse ad Abraamo: Va’ via dal tuo paese” Genesi 12:1. O, secondo le parole di Stefano: ”Esci dal tuo paese” Atti 7:3. Uscire? E perché?
C’era da aspettarselo! Gli uomini di dopo il diluvio si impegnavano a costruire un mondo piacevole, di loro gusto, ma senza Dio. Però Dio non voleva esserne escluso e di conseguenza decise di intervenire. Per prima cosa confuse il loro linguaggio, il che rovesciò i loro piani. Per seconda cosa incominciò a rivelare i propri disegni e in vista della loro realizzazione chiamò un uomo e fece di lui il depositario di promesse meravigliose e l’antenato del Messia, sul quale queste promesse erano fondate.
Nel momento in cui il mondo diceva: “Andiamo”, Dio diceva: “Esci”. Il mondo non ha smesso di dire: “Andiamo!” e Dio non ha smesso di dire “Esci” a tutti quelli che hanno “orecchie per udire” Matteo 11:15.
La separazione di Abraamo era completa: ha lasciato il suo paese, i suoi parenti e la casa di suo padre, il suo ambiente nazionale, sociale e familiare Quando lasciò Ur dei Caldei, rispondendo alla chiamata di Dio, non sapeva dove sarebbe andato (Ebrei 11:8). Magnifico atto di fede! Non c’è da stupirsi che sia definito “padre di tutti gli incirconcisi che credono” (Romani 4:11) e “amico di Dio” (Giacomo 2:23). Così Dio lo ha benedetto e ha fatto di lui una sorgente di benedizione per tutte le famiglie della terra.
Però Dio non gli aveva solo promesso di benedirlo; gli aveva anche promesso di rendere grande il suo nome (Genesi 12:2), e qui c’è qualcosa di sorprendente. Il grande scopo degli uomini di Babele era di farsi un nome (Genesi 11:4), di fare qualche grande opera che perpetuasse il loro nome. Volevano la fama, ad ogni costo. Ma che ne è oggi di quegli antichi personaggi? Sono completamente dimenticati, benché ci siano sempre stati degli studiosi impegnati a scoprire le rovine delle loro città.
Quando Abraamo lasciò la splendida città di Ur, la sua decisione dev’essere stata considerata da quelli che gli erano intorno come un atto di follia: Vuoi davvero perdere tutti i tuoi vantaggi, lasciare una città evoluta per andartene verso regioni sconosciute?
Sono trascorsi circa quattromila anni e il nome di Abraamo è ancora conosciuto da miliardi di esseri umani, Giudei, cristiani e anche musulmani. Invece, da migliaia di anni è scomparsa ogni traccia dei costruttori di Babilonia e di Ur. Essi avevano detto: “Acquistiamoci fama”, ed ora sono completamente dimenticati. L’Eterno aveva promesso ad Abraamo: “Renderò grande il tuo nome”, e ciò è avvenuto.
Ma Abraamo non aveva ricevuto solo promesse per il futuro. Egli aveva anche delle promesse per il presente. Aveva una tenda e un altare; la sua tenda faceva contrasto con le città degli uomini che aveva lasciato, affacendati a stabilirsi sulla terra e a trovarsi un posto nella società. Lui abitava in una tenda fragile e precaria, in armonia col suo carattere di forestiero e pellegrino. Il suo altare faceva contrasto con la loro torre. Non era alto, ma era il mezzo per mantenere la sua comunione con Dio.
Qui abbiamo una figura dell’immenso compenso concesso a tutti quelli che sono stati chiamati dall’Vangelo fuori del mondo. Davanti a loro stanno le benedizioni eterne, e la comunione con Dio è la loro parte attuale. Quali ricchezze ci sono state rivelate nel pensiero e nel proposito di Dio! Dio non voleva nascondere a Abraamo certe cose che stava per fare, ma lo istruiva in segreto (Genesi 18:17-19), e ha introdotto anche noi, e per certi aspetti in modo ancora più completo, nel segreto dei suoi piani. Presso il suo altare, lontano da Ur e da Babilonia, Abraamo aveva una visione delle cose assolutamente sconosciuta nelle grandi città costruite dagli uomini. Oggi, il credente, se è in comunione con Dio e separato dal mondo, ha la conoscenza di cose di cui il mondo non ha la minima idea.
Abraamo vedeva anche cose molto lontane: egli “aspettava la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio” Ebrei 11:10. Le fondamenta di Babilonia e di Ur erano ben costruite, ma il loro “fondamento” morale era malvagio, era l’orgoglio e la potenza dell’uomo senza Dio. Così era destinato alla distruzione.
Abraamo desiderava una città di costruzione divina, fondata sulla giustizia di Dio. E’ questo che aspettava e l’otterrà, poiché è detto: “Dio… ha preparato loro una città” Ebrei 11:16. Alla luce di questa città divina la gloria di Babilonia e di Ur era soltanto una vana apparenza.
Dobbiamo sempre ricordarci che siamo stati chiamati fuori dal sistema del mondo. Quando ci siamo convertiti, Dio ci ha detto “Esci” e non ci dirà mai “Ritorna”. Come partecipi di una tale chiamata abbiamo delle benedizioni, dei privilegi e dei compiti che superano persino quelli di Abraamo. Noi credenti in Cristo non abbiamo meno di lui, anzi abbiamo anche di più: la conoscenza di un sacrificio, quello del Signore, già avvenuto, e la dimora dello Spirito Santo in noi. In Cristo, siamo “benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti” Efesini 1:3, e questo non si sarebbe potuto dire di Abraamo.
Noi oggi siamo chiamati a contribuire, sebbene in umile misura, alla grande opera della grazia di Dio, che vuole un popolo per sé, “che gli appartenga” (Tito 2:14), tratto da tutte le nazioni della terra. Abbiamo però davanti a noi la stessa via che Dio aveva tracciato per Abraamo, da percorrere come stranieri e pellegrini, nella comunione con Lui e nell’adorazione. Anche noi siamo chiamati fuori dal mondo, separati dal suo sistema e dai suoi valori, per rimanere in contatto con Dio e con tutte le cose celesti di cui Cristo è il centro.
Abraamo non era da compatire; era un principe. E non è neppure da compatire il credente, separato dal mondo, dedito a Cristo e che vive in accordo con la sua chiamata. Oggi egli è “ricco” e felice, e Cristo lo onorerà quando i grandi nomi del secolo presente saranno dimenticati come se non fossero mai esistiti.
La chiamata di Dio è venuta fino a noi tramite il Vangelo. Abbiamo rotto i nostri legami con il mondo? Se abbiamo udito la chiamata di Dio che ci dice “Esci”, dobbiamo chiudere le orecchie alla voce del mondo che continua a dirci “Venite”!