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sabato 31 maggio 2025

Malachia (3)

2. LA CONDIZIONE DEI CONDUTTORI

 

Abbiamo già visto che l'ultimo messaggio di Dio prima della venuta del Signore al residuo ritornato in Canaan riguardava la loro condizione morale e spirituale. Abbiamo considerato anche le accuse generali rivolte al popolo, che rivelavano il suo pessimo stato. Ma oltre a queste accuse fondamentali contro tutto il popolo, quest'ultimo messaggio contiene alcune accuse particolari contro i sacerdoti e i capi del popolo in generale. Di queste cose ci parla il secondo capitolo del profeta Malachia.

Prima di considerare brevemente questo rimprovero, faremo bene a notare la serietà con cui viene introdotto il secondo capitolo. “Se non ascoltate e se non prendete a cuore di dare gloria al mio nome», dice il SIGNORE degli eserciti, «io manderò su di voi la maledizione e maledirò le vostre benedizioni”  (2,1).


ASCOLTA E PRENDILO A CUORE

Il minimo che le persone avrebbero potuto fare quando Dio parlava loro della loro condizione morale e spirituale era ascoltare e prendere a cuore ciò che Dio aveva da dire. Le persone che non vogliono ascoltare le parole di Dio sono davvero senza speranza, siano esse credenti o peccatori. Rifiutarsi di ascoltare Colui che porta con sé il giudizio e la salvezza è tutt'altro che un comportamento adatto ad esseri così “evoluti“.

Ma non dovremmo chiederci anche qual è la situazione del popolo di Dio oggi? Non dobbiamo forse confessare che la condizione spirituale del popolo di Dio è molto bassa? E che il segno peggiore di questa decadenza è che ci sono sempre meno persone del popolo di Dio che “ascolti” e “prenda a cuore” le Sue parole.


UNA CONDIZIONE BASSA NEL CRISTIANESIMO E ANCHE “TRA NOI”

Abbiamo noi stessi prestato orecchio alla Sua voce? Potrebbe piacerci seguire insegnanti che istruiscono “solo“ la nostra mente. Ma trascuriamo o rifiutiamo quegli insegnamenti che fanno appello alla nostra coscienza. Professare il cristianesimo, oggi, potrebbe avere questo carattere “Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie ” (2 Timoteo 4:3). Ma lapideranno i profeti (2 Cronache 24:20-21) che li avvertono dei loro peccati. E se i profeti non vengono ascoltati, non si può “prendere a cuore” il messaggio dei profeti.

Ovunque guardiamo ci confrontiamo con la bassa condizione del popolo di Dio. Le divisioni, le dispute, l'amarezza tra il suo popolo, tutto è evidente oggi. Eppure, quanto poco si prendono a cuore queste cose, quanto poco timore troviamo davanti al Signore! Quanto poco ci confessiamo gli uni agli altri! Quanto poco prendiamo a cuore il nostro dolore, la nostra vergogna, il nostro disonore verso il Signore! Sembra che siamo molto più preoccupati di avere ragione che di ammettere semplicemente il nostro fallimento.


IL FALLIMENTO PORTA LA MANO CASTIGATRICE DEL SIGNORE SUL SUO POPOLO

Non dobbiamo forse riconoscere che come risultato di questo comportamento la mano disciplinare del Signore è sul Suo popolo? Quindi ci sono molti sermoni, ma poche benedizioni tra i peccatori. C'è molto insegnamento e ministero, ma poca crescita tra i credenti. La benedizione è in gran parte trattenuta.

Mentre teniamo a mente questi solenni avvertimenti dei versetti iniziali, possiamo noi “ascoltare” e “prendere a cuore” questo messaggio finale ai capi di Israele! Dovremmo sentire in esso una voce che parla a noi stessi, con un suono inequivocabile.

In primo luogo, il profeta presenta il bellissimo quadro di come Dio istituì il sacerdozio all’inizio. Potremo valutare realmente la nostra condizione alla fine di un'epoca solo se la confrontiamo con la condizione iniziale. Solo così conosciamo la portata della nostra deviazione da ciò che Dio pensa.


I PENSIERI ORIGINALI DI DIO SUL SACERDOZIO

All'inizio i sacerdoti si caratterizzavano per:

1. Vita (2.5)

2. Pace (2.5)

3. Timore del Signore (2:5)

4. la legge della verità nella bocca (2:6)

5. Non si trovò iniquità sulle sue labbra (2:6)

6. uno stile di vita in pace e rettitudine (2:6)

7. Benedire gli altri “riconducendo molti dalla loro iniquità” e insegnando loro la conoscenza (2:6,7)

Questi erano i pensieri di Dio per colui che doveva essere “un messaggero del Signore degli eserciti” nel mondo oscuro.


(segue) 

31 maggio - Gesù Cristo annunciato dal profeta Isaia

Lo Spirito del SIGNORE riposerà su di Lui: Spirito di saggezza e d’intelligenza, Spirito di consiglio e di forza, Spirito di conoscenza e di timore del SIGNORE.

Isaia 11:2

 

Gesù Cristo annunciato dal profeta Isaia

Letture dall’Antico Testamento

 

Il profeta Isaia ha preannunciato la venuta di Cristo, il Messia, e ha predetto alcune circostanze della Sua vita e della Sua morte, parecchi secoli prima della Sua nascita. Ecco alcuni brani.

- La Sua nascita: “La giovane (o la “vergine”) concepirà, partorirà un figlio, e lo chiamerà Emmanuele”, che vuol dire “Dio con noi” (Isaia 7:14).

- Il Suo aspetto: “Come una radice che esce da un arido suolo; non aveva forma né bellezza” (53:2).

- L’accoglienza che ha ricevuto: “Colui che è disprezzato dagli uomini, detestato dalla nazione” (49:7).

- Il Suo ministero: “Su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte, la luce risplende” (9:2); “Inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato” (61:1).

- Le Sue sofferenze e la Sua morte: “Erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato… Come l’agnello condotto al mattatoio… non aprì la bocca… Il SIGNORE ha fatto ricadere su di Lui l’iniquità di noi tutti” (53:4-8).

- La Sua risurrezione e i risultati della Sua opera: “Vedrà una discendenza, prolungherà i Suoi giorni… dopo il tormento dell’anima sua vedrà la luce, e sarà soddisfatto” (53:10-11).

Dopo la Sua risurrezione, Gesù ricorda ai discepoli ciò che era stato scritto di Lui da quel profeta, e conclude: “Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno, e che nel Suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti” (Luca 24:46-47).

 

venerdì 30 maggio 2025

Malachia (2)

ALL'INIZIO DEL XXI SECOLO

Se guardiamo ora al cristianesimo fino all'inizio del XXI secolo, non dobbiamo forse riconoscere una chiara opera di Dio? Grazie a ciò un rimanente del suo popolo celeste, come quelli della sua nazione terrena ai giorni di Esdra e Neemia, fu liberato da quei sistemi religiosi umani non scritturali in cui erano stati tenuti prigionieri. Liberati dal settarismo, furono spinti dalla grazia di Dio a riconquistare il vero fondamento su cui Dio intendeva che poggiasse tutto il Suo popolo. Di conseguenza, questo residuo, come i loro predecessori ebrei, per così dire, si ritrovò ancora una volta nella giusta posizione.

Nel corso del tempo, sebbene questa parte del popolo di Dio abbia testimoniato di aderire al cammino biblico della Sua Chiesa, il fallimento e il decadimento hanno segnato sempre più il suo cammino. Questo è il motivo per cui Dio oggi ha un confronto così serio con questi credenti che sono stati liberati dai sistemi religiosi riguardo alla loro falsa condizione morale. La loro posizione ecclesiastica può essere apparentemente corretta, ma la loro condizione morale e spirituale non è conforme a Colui al quale appartengono. Questa parte del cristianesimo sembra corrispondere molto da vicino al residuo ritornato del popolo d'Israele in quel momento.

Per continuare il parallelo, possiamo notare che ci sono sempre stati molti devoti servitori di Dio in entrambe le parti del cristianesimo. La loro condizione morale e spirituale era molto elevata e anche il loro modo di vivere piaceva al Signore.

 

IL RESTO PROVATO CON IL FUOCO

Ora la profezia di Malachia si concentrava principalmente sul rimanente ritornato nel paese, esteriormente osservante ma interiormente ribelle contro Dio.  Allo stesso modo, mi sembra che questa parola contenga un insegnamento speciale a tutti coloro che sono usciti dalla prigionia fatta solo di forma ma lontana da Dio.

Questa parola si rivolge a quei fedeli che si trovano ancora in mezzo a questo sistema. E come ai tempi di Malachia in cui questo messaggio finale veniva annunciato al suo popolo prima che il Signore giungesse, così oggi ci troviamo alla vigilia di questa venuta con il Signore che desidera risvegliare le nostre coscienze. Sono convinto che il messaggio finale di Dio al suo popolo sia un solenne appello a risvegliare le coscienze riguardo alla propria condizione morale e spirituale. L'obiettivo di Dio è quello di poter trovare sulla terra coloro che camminano in modo degno di Colui che deve venire. Questi diranno con rinnovato affetto: “Vieni, Signore Gesù!” (Ap 22:20).

Abbiamo visto che la profezia di Malachia era indirizzata al rimanente ritornato. È bene chiedersi allora: “Qual è la condizione deli suoi? E in che misura questo oracolo descrive la condizione che esiste oggi fra i suoi?

 

QUATTRO CARATTERISTICHE DEL POPOLO DI DIO ALLORA E ADESSO!

1) LA CONDIZIONE DELLE PERSONE

Le persone erano caratterizzate da una apparenza e da un basso stato morale (1:6). Confessarono che il Signore era il loro Padre e Signore. Nella loro vita pratica, però, non rendevano al Signore l'onore dovuto a un padre. Né avevano il vero timore, come dovrebbe avere un servo fedele.

Non dobbiamo ammettere che anche la nostra pratica attuale è diventata molto inferiore alla nostra confessione? Stiamo onorando il Signore nella nostra vita quotidiana? Pensiamo, parliamo e agiamo nel timore del Signore?

Il resto del popolo d'Israele non mostrò né onore né timore verso il Signore. Ciò lo espose a ulteriore rimprovero per aver disprezzato il nome del Signore. A questa accusa il popolo risponde, per così dire, direttamente: “Come abbiamo disprezzato il tuo nome?”. Questa “risposta” provocatoria alla grave accusa mette in luce un’altra caratteristica della misera condizione del popolo.

 

2) INSENSIBILITÀ MORALE E CECITÀ SPIRITUALE

Le persone erano caratterizzate da una cecità spirituale riguardo alla propria condizione. La cecità spirituale è il risultato inevitabile di un'alta professione combinata con uno stile di vita cristiana ben misera.

Il popolo di Dio tende a coprire il suo basso stato spirituale sotto un’alta apparenza fatta di locali sempre più grandi e confortevoli e funzioni incentrate a soddisfare coloro che ascoltano. Quindi la nostra stessa confessione può diventare il mezzo attraverso il quale chiudiamo gli occhi sulla gravità del nostro basso stato pratico. Il risultato è che quando ci confrontiamo con il nostro fallimento, o lo sorvoliamo o ci rifiutiamo di riconoscerlo. Oppure ci comportiamo come il residuo e ci stupiamo quando qualcuno ci fa notare la realtà della nostra vita cristiana.

 

3) SERVIZIO ESTERIORE AL SIGNORE SENZA VERA DEVOZIONE AL SIGNORE

Il servizio esteriore per il Signore veniva portato avanti dal suo popolo, ma mancava il vero attaccamento alla Parola di Dio per svolgere questo servizio. Mancava il timore e l'onore che gli era dovuto.

Il risultato era che nel servizio per Signore tutto era possibile, tutto sembrava permesso. Il Signore li accusa di portare offerte indegne che non erano gradite. Non avrebbero osato  trattare in quel modo un qualsiasi governatore terreno. Ai loro occhi le persone avevano un posto più grande del Signore. E questo significava che trattavano il Signore con disprezzo.

“Ci fosse almeno qualcuno di voi che chiudesse le porte! Così non accendereste invano il fuoco sul mio altare! Io non prendo alcun piacere in voi, dice il SIGNORE degli eserciti, e non gradisco le offerte delle vostre mani” 1:10. Il Signore preferirebbe che qualcuno chiudesse le porte del tempio affinché quel tipo di sacrifici sgraditi si fermassero. Alla luce del suo proposito il Signore può dire: “Ti ho amato“ (1,2). Quando giudica le persone alla luce della loro vita pratica, deve dire loro: "Non ho alcun piacere in voi". Quanto è grave quando il Signore deve dire a coloro che ama: "Non ho alcun piacere in voi".

Tutto questo non contiene anche un messaggio per noi? Non possiamo continuare esteriormente nel servizio del Signore, predicando, insegnando, guidando, e tuttavia mancando del giusto timore e onore dovuto a Dio. Il suo popolo era arrivato a disprezzare ciò per Dio era sacro ed erano stanchi di servire Dio.

 

4) STANCHEZZA E DISPREZZO PER IL SERVIZIO DEL SIGNORE

Il servizio del Signore divenne una difficoltà per il residuo (1:13).  E quando le persone si stancano di fare una cosa, presto la disprezzeranno. Quindi non solo il residuo disse del servizio del Signore: “Ah, che fatica!” e mi trattate con disprezzo (1,13).

Purtroppo non vediamo la stessa stanchezza nelle cose del Signore dei nostri giorni?  Vi  è oggi qualcuno che una volta era attivo nel servizio del Signore ma ora si è stancato?

Le mani pendono, le ginocchia sono diventate deboli. Le mani non sono più alzate in intercessione e le ginocchia non sono più piegate in preghiera (Is 35:3; Eb 12:12). Stanchi nella preghiera, stanchi nella lettura della Bibbia, stanchi nel ricordare il Signore, stanchi nella predicazione del Vangelo, stanchi nell'udire la parola di Dio, stanchi nelle cose del Signore. E ciò di cui ci stanchiamo è ciò che disprezziamo. Non c'è da stupirsi che finiscano per disprezzare e disprezzare le cose del Signore, come fa il popolo del Signore.


(Segue)

30 maggio - Il re Giosia: il suo impegno

Giosia… mentre era ancora ragazzo, cominciò a cercare il Dio di Davide suo padre.

2 Cronache 34:1, 3

 

Dio… ricompensa tutti quelli che lo cercano.

Ebrei 11:6

 

Il re Giosia: il suo impegno

Leggiamo l’Antico Testamento

 

La storia del re Giosia (650 anni circa avanti Cristo) offre ai cristiani di oggi l’esempio di una vita felice, consacrata a Dio. Molto giovane, Giosia succede al padre Amon che morì assassinato dai suoi servi e la cui vita fu un susseguirsi di disubbidienze a Dio. Giosia conobbe anche suo nonno Manasse che, dopo essere stato infedele a Dio, si era pentito e l’aveva onorato nella vecchiaia. Quale di questi esempi sceglierà il giovane re? E’ scritto che decise di fare “ciò che è giusto agli occhi del SIGNORE… senza scostarsene né a destra né a sinistra” (2 Cronache 34:1, 2). Aveva sedici anni.

Abbiamo anche noi questo desiderio di attaccarci a Gesù, nostro Salvatore, di conoscerlo sempre meglio? Abbiamo desiderio di conoscere la Parola di Dio? Di parlargli con la preghiera?

Giosia vede che il popolo che lui governa ha abbandonato Dio e si è dato agl’idoli, e comprende la sua responsabilità di dare l’esempio con un forte impegno personale. A dodici anni “cominciò a purificare Giuda e Gerusalemme dagli idoli… dalle immagini scolpite” (34:3-5). Come ha fatto lui, impegniamoci a eliminare dalla nostra vita tutto quello che occupa il posto che spetta al Signore.

Qualche anno dopo, Giosia riparò la casa dove si adorava il vero Dio. Desideriamo anche noi il bene della Chiesa del Signore, questa “casa spirituale” (1 Pietro 2:4-5) costituita da tutti i veri credenti?

giovedì 29 maggio 2025

Malachia (1)

Il profeta Malachia (mio messaggero) ha il compito solenne di consegnare il messaggio finale di Dio al suo popolo terreno prima della venuta di Cristo sulla terra. Dopo che questo messaggio fu proclamato, Dio non parlò più per un periodo di circa 400 anni. Finalmente il silenzio è rotto dalla voce di qualcuno che grida nel deserto. «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Lc 3:4; cfr Mal 3:1).

Le ultime parole hanno un potere del tutto speciale attraverso il quale spesso sono arrivate alla coscienza e hanno toccato il cuore. È così che sono rimasti nella tua memoria. Se questo è il caso delle deboli parole degli uomini, quanto più vero è quando Dio pronuncia un'ultima parola al termine di un'epoca speciale. E quando leggiamo il profeta Malachia, faremo bene a lasciare che questa parola ci parli con tutta la potenza delle ultime parole di Dio.


LE CONDIZIONI IN CANAAN (ISRAELE) IN QUEL MOMENTO

Innanzitutto, esaminiamo le circostanze in cui fu scritto questo libro della Bibbia. Per quanto sia vero che possiamo applicare queste parole al popolo di Dio nei nostri ultimi giorni, non dobbiamo dimenticare a chi questi messaggi erano principalmente indirizzati. La profezia inizia con le parole: “L'annuncio [o l'onere] della parola del Signore a Israele tramite Malachia” (1:1). Quindi è un messaggio che Dio ha scelto per il suo popolo terreno.

Sebbene tutto Israele rientri nell'ambito della profezia di Malachia, il suo messaggio è rivolto solo a una piccola parte del popolo. Questo è spesso chiamato “residuo”. Sono quelli del popolo che fu liberato dalla prigionia di Babilonia e poté ritornare in Canaan (Israele).

Apprendiamo da altre parti della Scrittura che la grande massa del popolo rimase in prigionia. Ma a circa 60.000 ebrei ai tempi di Esdra e Neemia fu permesso di tornare nella terra dei loro padri per ricostruire il Tempio e far rivivere i sacrifici. Riuscirono anche a costruire le mura e restaurare le porte della città di Gerusalemme.


DUE GRANDI GRUPPI DEL POPOLO DI GIUDA/ISRAELE  E SINGOLI RESTI

Il popolo di Dio a quel tempo era quindi diviso in due gruppi principali, ed è utile comprendere le ampie differenze tra i due gruppi.

1. La maggior parte della nazione era ancora prigioniera a Babilonia. Quindi non erano in Palestina, dove Dio li aveva portati, ma in Babilonia, dove il popolo era arrivato attraverso il suo peccato. Di conseguenza, gli Israeliti non erano più liberi, ma schiavi sotto un sovrano straniero. La maggioranza del popolo d’Israele era chiaramente in una posizione sbagliata. Non era nel posto e nella condizione che Dio intendeva per il suo popolo. Anche questa parte del popolo era in una falsa posizione perché quando si presentò l'opportunità e il popolo fu addirittura invitato a tornare a Gerusalemme, si accontentò di rimanere in questo falso stato (Esdra 1:3).

2. Poi c'era il gruppo di israeliti che erano tornati in Israele per vivere nella propria terra. Volevano impegnarsi nuovamente nei riti e nei compiti religiosi che Dio aveva originariamente ordinato per loro. Questi, a differenza dei loro fratelli in cattività, erano nella posizione giusta perché erano nel posto che Dio aveva destinato per loro. E lì attuarono il sistema religioso istituito da Dio. Tuttavia, come i loro fratelli in cattività, si trovavano in una condizione sbagliata. Dall'inizio alla fine, il libro di Malachia rivela i difetti morali e spirituali delle persone, anche se sembravano seguire le regole divine.

3. In entrambi questi grandi gruppi c'erano individui che contrastavano solo in parte con coloro che li circondavano. Erano persone caratterizzate da vicinanza pratica, lealtà e devozione a Dio. Daniele e i suoi amici possono essere citati come esempi di coloro che erano in cattività. Esdra, Neemia e alcune delle persone pie a cui si fa riferimento in Malachia 3:16 servono come riferimento a credenti dello stesso tipo tra coloro che facevano parte del “rimanente” ritornato.


L'ORACOLO DEL SIGNORE

Queste, in poche parole, erano le circostanze e le caratteristiche della nazione ebraica al tempo di Malachia. Ora, anche se la profezia di questo profeta inizia con le parole: “Oracolo, parola del Signore a Israele”, è chiaro che queste parole erano rivolte solo al residuo che era nella terra di Palestina. A loro era rivolto il messaggio finale di Dio. Troviamo nella profezia riferimenti al tempio, ai sacrifici, ai sacerdoti, alle decime, ecc. Queste sono tutte caratteristiche naturali di Gerusalemme e Canaan, ma non sarebbero state evidenti a coloro che erano ancora in cattività.

Ora, qual era il peso (o l'oracolo) della parola del Signore su questo residuo ritornato? Non era più una denuncia dell'idolatria come ai tempi dei re d'Israele. Né era un appello, come ai tempi di Esdra, a ritornare nel paese. Né ci fu una chiamata, come ai giorni di Aggeo, a ricostruire il Tempio, o come ai giorni di Neemia, a ricostruire le mura.


LA CONDIZIONE DELLA GENTE

Il popolo aveva abbandonato l'idolatria e il resto era tornato nella terra di Canaan. Anche il tempio era stato costruito e venivano seguite le norme religiose da osservare, almeno per quanto riguardava l'aspetto esteriore e l'ordine esterno. Anche se esteriormente queste persone si trovavano nella giusta posizione, la loro condizione morale era completamente sbagliata. Quindi c'era questo fardello del Signore, questo messaggio finale, consistente principalmente nell'appello più sincero alla coscienza del rimanente in riferimento alla loro bassa condizione morale e spirituale.

Mentre consideriamo ciò che abbiamo anticipato come struttura di questo libro e quale sia il suo messaggio distintivo, dovremmo riflettere sulla posizione e sulla condizione dell'assemblea (congregazione, chiesa) di Dio oggi. Lo facciamo con il desiderio di applicare ai nostri tempi gli insegnamenti spirituali del profeta Malachia. Quando facciamo questo, ci troviamo costretti a riconoscere che ci sono condizioni nel popolo di Dio oggi che corrispondono in modo sorprendente alle condizioni che troviamo descritte in Malachia alla fine dell'ultima epoca.


LO STATO DEL CRISTIANESIMO

Quando guardiamo al cristianesimo, non dobbiamo prima di tutto ammettere che la massa dei cristiani è imprigionata in un sistema religioso antiscritturale, per non dire lontano da Cristo? Proprio come Israele come nazione si ritrovò schiava dell’idolatra Babilonia? E non si dovrebbe dire della maggior parte del cristianesimo che si trova in una posizione sbagliata e si comporta non secondo la volontà di Dio per noi nella sua Parola?

E un osservatore onesto non dovrebbe forse aggiungere anche che il cristianesimo non solo si trova in una posizione sbagliata, ma ha allo stesso tempo uno stato morale sbagliato? Ciò è dimostrato e tristemente testimoniato dal discorso a Laodicea in Apocalisse 3:14-17. Il cristianesimo nel suo insieme corrisponde quindi in modo sorprendente all'Israele a Babilonia al tempo di Malachia.

(segue)

29 maggio - A duecento metri da una sorgente

O voi tutti che siete assetati, venite alle acque; voi che non avete denaro venite.

Isaia 55:1

(Gesù disse:) “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna”.

Giovanni 4:14

 

A duecento metri da una sorgente

 

Un quotidiano del Cairo racconta un fatto singolare e tragico nello stesso tempo. Quattro uomini erano partiti in auto per visitare un sito sulle rive del Mar Rosso. Al ritorno, hanno sbagliato strada e si sono impantanati nelle sabbie del deserto. Avevano dimenticato di prendere con sé una riserva d’acqua… Nessuno ha potuto prevedere quel dramma, e solo qualche giorno più tardi sono stati ritrovati, morti di sete. Il giornale precisa che si trovavano a soli 200 metri da una sorgente d’acqua!

Essere così vicini alla vita e sfiorarla senza rendersene conto, è una vera tragedia. Non è forse la tragica avventura di molta gente? Dio chiama, offre la vita, e non ascoltano o non gli credono.

Cari amici, se avete sete d’ideali, di armonia, di felicità, sapete dove cercarli, a chi rivolgervi? Vi siete persi in un grande deserto, e siete alla ricerca di una sorgente d’acqua? Quei quattro uomini dispersi di cui parlava il giornale del Cairo erano disperati mentre la salvezza era a pochi passi da loro!

Se avete sete di amore, di perdono, di pace, di gioia, e anche di verità, sappiate che, non lontano da voi, si trova una sorgente che dà la vera vita. Questa sorgente ha un nome: Gesù Cristo, e la via per raggiungerla è il Vangelo. Solo Lui può calmare la sete del vostro cuore e liberarvi dalla morte eterna. “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto” (Matteo 7:7).

“Cercherai il SIGNORE, il tuo Dio, e lo troverai, se lo cercherai con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua” (Deuteronomio 4:29).

mercoledì 28 maggio 2025

I due segni

“Poi un grande segno apparve nel cielo: una donna rivestita del sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul capo. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Apparve ancora un altro segno nel cielo: ed ecco un gran dragone rosso, che aveva sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi. La sua coda trascinava la terza parte delle stelle del cielo e le scagliò sulla terra. Il dragone si pose davanti alla donna che stava per partorire, per divorarne il figlio, non appena l'avesse partorito. Ed ella partorì un figlio maschio, il quale deve reggere tutte le nazioni con una verga di ferro; e il figlio di lei fu rapito vicino a Dio e al suo trono” Apocalisse 12:1-5.

Secondo questi versetti il conflitto finale che opporrà Satana a coloro che temono il Signore, è qualcosa che viene da lontano. Si tratta di un conflitto spesso invisibile, perché si tratta di una “battaglia in cielo”, v.7, ma ciò nondimeno reale. Da sempre questo scontro si svolge tra forze soprannaturali, ma in qualche modo anche noi siamo collegati. Non c'è neutralità. Perciò l'apostolo Paolo ci invita a “Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate stare saldi contro le insidie del diavolo” Efesini 6:11.

Questo capitolo non descrive nello specifico quei momenti difficili che caratterizzeranno il periodo “della grande tribolazione”, ma descrive un tempo ben più ampio. Attraverso la visione di Giovanni abbiamo un riepilogo di quel lungo conflitto che ha preso inizio nel giardino dell'Eden (Gen. 3:14-15) e che durerà fino a quando il Signore getterà Satana nello stagno di fuoco e di Zolfo (Apoc.20:10).

Secondo questi versetti, il Cristo è venuto da Israele ed è questo popolo che, simbolicamente porta sul capo una corona di stelle, come vide Giuseppe in sogno (Gen. 37:9-11). Quindi Israele è la donna incinta che grida per le doglie di un travagliato parto, (v.2). Questo ci ricorda le sofferenze di questa nazione che da sempre l'hanno accompagnata. Una nazione piena di contraddizioni, di fallimenti e dal collo duro.

Prima che questo popolo riconosca il Signore come Messia, dov'è passare attraverso prove, cioè “dovrà gridare per le doglie ed il travaglio del parto”. Perciò quello che viene detto qui, non solo ricorda il ruolo avuto da Israele nel passato, ma anche l'importante ruolo che avrà il residuo fedele.

Il figlio maschio partorito dalla donna è l'oggetto principale delle ire e delle persecuzione del Dragone. Dai vangeli apprendiamo che il Signore Gesù doveva essere soppresso fin dalla sua nascita (Matteo 2) e più di una volta si è cercato di toglierlo di mezzo ma questo non era possibile prima che non fosse giunta la sua ora.

Il Signore, dopo la sua morte è stato assunto in cielo, ma tornerà per reggere le nazioni con una verga di ferro v.5.

Satana è stato sconfitto. I suoi hanno riportato la vittoria. 

Come? 

“Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello” (V.11).

La situazione è questa Satana è stato sconfitto e detronizzato, ma lungi dall'averlo indotto a cessare le sue attività. Egli è consapevole di avere poco tempo (v.12). Ciò lo indurrà a raddoppiare le sue imprese e la sua rabbia e in questo conflitto egli fa conto su tre alleati. I primi due appaiono sotto la forma di due bestie descritte nel capitolo successivo (13) ma quella che sorprende di più è la terza. Questa alleata è chiamata “la grande prostituta” (17:1). Simboleggia la religione vuota dove Dio non c'è, ha in  mano un calice, simbolo di adorazione, ma esso è pieno di  abominazioni (v.4). Il Diavolo non ha cambiato la sua strategia da una parte vi sarà la persecuzione e dall'altra la seduzione. Già oggi questo avviene e la situazione peggiorerà sempre di più (2 Tim.3:1). Noi siamo sempre nel suo mirino ed agisce tra i credenti per creare divisioni, malintesi, scoraggiamento. Satana vuole soffocare la testimonianza, desidera che sia la falsa religione a prendere sempre più campo. Ma non può ancora agire come vorrebbe “Infatti il mistero dell'empietà è già in atto, soltanto c'è chi ora lo trattiene” 2 Tess 2:7. Lo Spirito Santo impedisce a Satana, nel momento attuale, di agire come vorrebbe.

28 maggio - L’Ascensione

Poi li condusse fuori (i discepoli) fin presso Betania; e alzate in alto le mani, li benedisse.

Luca 24:50

 

Il Signore dunque, dopo aver loro parlato, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

Marco 16:19

 

L’Ascensione

 

Leggendo il racconto dell’ascensione di Cristo, avvenimento che ebbe luogo quaranta giorni dopo la Sua risurrezione, siamo colpiti dal fatto, ricordato con insistenza, che i discepoli hanno visto con i loro propri occhi questa partenza straordinaria.

“Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: ‘Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo’ ” (Atti 1:9-11).

Perché è così importante che l’ascensione di Gesù al cielo sia stata vista dagli apostoli? Perché Dio ha voluto dare loro la prova che Gesù è stato veramente elevato in cielo, cosa di cui dovevano essere testimoni. Quegli uomini l’hanno visto, ne hanno reso testimonianza nelle loro predicazioni, l’hanno scritto nelle Lettere che fanno parte della Bibbia. Noi non l’abbiamo visto personalmente, ma, dalle dichiarazioni di questi testimoni oculari, sappiamo che la cosa è davvero avvenuta.

Se è cosa certa che il Signore è salito al cielo, è altrettanto certo che tornerà. “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore – ha detto –. Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me affinché dove sono io siate anche voi” (Giovanni 14:2, 3). Che straordinaria promessa!

martedì 27 maggio 2025

Naufragare

Il secolo che stiamo vivendo è un epoca di dubbi nel quale la gente si dibatte nei pantani dell'incertezza ed è sottoposta a continui cambiamenti. Non vi è stabilità sia nella famiglia che nella società. Anche le chiese cristiane sono sottoposte a forti venti. Venti di cambiamento, venti di innovazione che rischiano di minarne la stabilità.

“Ti affido questo incarico, Timoteo, figlio mio, in armonia con le profezie che sono state in precedenza fatte a tuo riguardo, perché tu combatta in virtù di esse la buona battaglia, conservando la fede e una buona coscienza; alla quale alcuni hanno rinunciato, e così, hanno fatto naufragio quanto alla fede. Tra questi sono Imeneo e Alessandro, che ho consegnati a Satana affinché imparino a non bestemmiare”  1 Timoteo 1:18-20.

Imeneo e Alessandro avevano rinunciato a conservare la fede e una buona coscienza e per questo avevano fatto naufragio. Insegnanti di false dottrine, oppositori dell'insegnamento apostolico e portavano avanti degli insegnamenti tanto al di fuori del cristianesimo da essere considerati bestemmie. Dobbiamo ben stare attenti alla rotta che stiamo tenendo, perché potremmo finire per andare a metterci in situazioni pericolose e fare naufragio.

Abbiamo sicuramente una idea di cosa sia un naufragio. L'esempio della Costa Concordia dovrebbe averci insegnato qualcosa. Vorrei che riflettessimo sulle cause e sulle conseguenze di un naufragio.

Prima di iniziare, premetto, che non potremmo mai dare la colpa al fatto che non eravamo in possesso di una imbarcazione adeguata alle condizioni del mare, perché riguardo a questo abbiamo una rassicurazione da parte di Dio. “Nessuna tentazione vi ha colti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscirne, affinché la possiate sopportare” 1 Corinzi 10:13.

Quindi rimane:

Essere completamente fuori rotta. L'errore sta nel fatto che non abbiamo consultato attentamente le carte di navigazione in nostro possesso.

Un'evidente fiducia nelle proprie capacità. Spesso le risposte sono: “Non ti preoccupare so quello che faccio” o “Non sono mica stupido, so badare a me stesso”. Ma gli effetti sono tragici.

L'aver impostato una rotta con l'eccessiva vicinanza a zone altamente rischiose. Le cattive compagnie potrebbero essere una di queste.

Navigare “a vista” ignorando gli strumenti che abbiamo a nostra disposizione e le continue spie accese che continuano a lampeggiare emettendo segnali di pericolo.

“Una buona coscienza”. Un buon marinaio, sa bene che il mare è pericoloso e deve stare ben attento nello svolgere al meglio il suo compito. Non può venire meno al suo compito di marinaio. Se smettesse di lavorare in gruppo o cessasse di eseguire  ciò che gli viene ordinato di fare, verrebbe meno al suo ruolo di marinaio.

I credenti possono fare naufragio, riguardo al loro cammino e alla loro testimonianza cristiana. Hanno intrapreso il viaggio su di una splendida nave, ben attrezzata, ma, durante la navigazione non hanno mantenuto desta la loro coscienza commettendo tutta una serie di errori.

Le conseguenze?

Nel migliore dei casi, perdita del carico, nel peggiore, perdita di vite umane. Comporta comunque una distruzione di qualcosa.

Sarà difficile rimettere la nave in assetto ancora navigabile. Potrebbe essere non più possibile.

Prevede una perdita e richiede l'intervento di terzi, i soccorritori che dovranno lavorare e impiegare il loro tempo nel tentativo di recuperare il recuperabile.

Lo spettacolo del naufragio sarà visibile a tutti. Chi lo vedrà forse riderà divertito mettendo sicuramente in dubbio la qualità della nave e dell'armatore.

27 maggio - Chi è il più grande?

Chi è dunque il più grande nel regno dei cieli?

Se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Chi pertanto si farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno dei cieli.

Matteo 18:1, 3-4

 

Chi è il più grande?

 

Stando insieme a Gesù, i discepoli avrebbero dovuto capire che, nel regno dei cieli, i valori erano completamente diversi da quelli del mondo. Tuttavia, essi chiedono al Signore: “Chi è il più grande nel regno dei cieli?”. Gesù non li rimprovera per questa domanda, ma dà loro una risposta sorprendente. Prende un bambino, lo mette in mezzo a loro, e dice che devono diventare come lui! A quell’epoca i bambini non avevano alcun diritto, né nel mondo romano, né nella cultura giudaica. Queste parole dunque stravolgevano il modo di pensare dei discepoli. Come fa un bambino a essere il più grande? Forse anche noi ci stupiamo di questo insegnamento del Signore.

Gesù prende i bambini come esempio per due volte: quando si tratta di entrare nel regno dei cieli e quando si tratta del nostro posto in questo regno.

Prima di essere grandi, bisogna entrare nel regno di Dio, bisogna possedere una nuova vita. E per ottenerla bisogna riconoscere Lui come Figlio di Dio, e ricevere il Suo messaggio con semplicità e fiducia, proprio come farebbe un bambino. Se abbiamo fede in Lui, non ci appoggeremo sulle nostre capacità per vivere come Gesù vuole, ma ci affideremo completamente a Lui. Un segno di questa “conversione”, è la disponibilità a ricevere e a vivere nella pratica ciò che la Parola di Dio c’insegna.

Gesù prende il bambino anche come esempio d’umiltà. Non si tratta di essere infantili, ma di essere piccoli ai propri occhi e sapere che la vera grandezza è quella dell’amore che serve Dio, e di conseguenza il prossimo, con umiltà e pazienza.

lunedì 26 maggio 2025

26 maggio - Do gloria a Dio nella mia vita?

Così parla il SIGNORE, il tuo Creatore… Io sono il SIGNORE, il tuo Dio… Tu sei prezioso ai miei occhi e io ti amo.

Isaia 43:1, 3, 4

 

Do gloria a Dio nella mia vita?

 

Perché esisto? Qual è lo scopo della mia vita? Queste domande sorgono, prima o poi, durante la nostra esistenza. Dove trovare delle risposte? Nella Bibbia. Dio si presenta nel Suo libro come il progettista e il Creatore dell’universo. E’ Lui all’origine della vita. L’uomo è creato a Sua immagine (Genesi 1:27) e per la Sua gloria (Isaia 43:7).

Il modo con cui si forma un bambino nel seno di sua madre è qualcosa di straordinario. L’autore del Salmo 139 dice: “Sei tu che mi hai intessuto nel seno di mia madre. Io ti celebrerò perché sono stato fatto in modo stupendo” (Salmo 139:14).

Io, che sono venuto al mondo e che esisto, ho degli obblighi nei confronti del mio Creatore. L’apostolo Paolo scrive che la colpa dei popoli pagani è che “pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno glorificato come Dio né l’hanno ringraziato” (Romani 1:21). E’ questo dunque lo scopo di Dio nell’avermi dato la vita: che io abbia una relazione con Lui e gli dia gloria. “Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza: perché hai creato tutte le cose, e per la tua volontà esistettero e furono create” (Apocalisse 4:11).

Ognuno deve chiedersi: se questo è lo scopo della mia vita, le sto dando la giusta direzione? Come sono vissuto fino ad oggi? Chi è Dio per me? Posso forse disprezzare “le ricchezze della Sua bontà, della Sua pazienza e della Sua costanza”? (Romani 2:4) senza esserne colpevole? Continuerò a rifiutare l’amore del Dio onnipotente? Egli vuole dare un significato alla mia vita: la gioia di essere in pace con Lui e la possibilità di onorarlo giornalmente come ne è degno.

Messo di fronte a un tale programma passerò oltre con indifferenza?

domenica 25 maggio 2025

Il deserto: un grande maestro

“Io ti ho parlato al tempo della tua prosperità, ma tu dicevi: Io non ascolterò” Ger. 22:21.

Ho avuto contatti con il signor P., il quale si è presentato dicendo di aver avuto una educazione “cristiana” ma c'è stato un tempo di prosperità esteriore; ha avuto una carriera interessante ed è avvenuto proprio ciò che il Signore Gesù insegnava nella parabola del seminatore: “Quello che ha ricevuto il seme tra le spine è colui che ode la parola; poi gli impegni mondani e l'inganno delle ricchezze soffocano la parola che rimane infruttuosa” Mat. 13.22. Poi le cose sono improvvisamente precipitate e in poco tempo si è trovato solo e senza sostentamento anche perché fino ad allora aveva avuto una vita molto dispendiosa. Tutto gli pareva vuoto, si sentiva solo ed è stato proprio in questa situazione che a trovato Dio e lo ha trovato come non si sarebbe mai aspettato di fare.

“Prima che io fossi afflitto, andavo errando; ma ora osservo la tua parola” Salmo 119:67.

Le circostante difficili ricordano all'uomo la sua debolezza, i suoi bisogni ma sono di grande benedizione quando diventano mezzi per incontrare il Signore, il pane della vita (giov. 6:48). 

E' strano vero che il deserto sia necessario? Che insegni, che ci mostri quanto siamo deboli e arroganti nel sopravvalutare noi stessi. Il deserto ci apre gli occhi.

Quando gli Israeliti entrarono nel deserto, si trovarono senza cibo. Impararono così a conoscere la propria miseria, la povertà e il vuoto del “mondo”, ma proprio in quel momento, l'abbondanza delle ricchezze di Dio fu resa visibile come mai lo era stata prima. Quando si nutrivano di porri e di cipolle in Egitto, prima di affrontare il deserto, non conoscevano l'Eterno come colui che fa piovere il pane dal cielo.

Anche ora vi è una grande benedizione ad imparare che il mondo è un deserto, che le nostre povere anime sono affamate in un luogo che non ha nulla per nutrirle, ma questo vuol anche dire che ci troviamo proprio nella situazione più favorevole per conoscere Cristo. Quello è proprio il luogo dove Dio può far scendere per noi il pane dal Cielo.

“Gesù disse loro: In verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. Poiché il pane di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo...Gesù disse loro: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete” Giov. 6:32-35.

25 maggio - Pieni di Spirito (2)

Siate ricolmi di Spirito… cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore.

Efesini 5:18, 19

 

Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede, affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo.

Romani 15:13

 

Pieni di Spirito (2)

 

Per essere “pieni di Spirito” non dobbiamo concentrare i nostri obiettivi e i nostri interessi su noi stessi, e nemmeno sullo Spirito, ma sul Signore. Se sarà così, non cercheremo di attirare l’attenzione su di noi e ci saranno risultati positivi per il nostro Salvatore.

- Una vita che glorifica Dio. “Il frutto dello Spirito… è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5:22). Dio vuole comunicarci queste qualità e prepararci così “per ogni opera buona” (2 Timoteo 2:21).

- Una vita al servizio del Signore per piacergli. È un servizio che glorifica Dio e non il nostro “io”, un servizio che Lui può approvare. Dio lo benedirà, talvolta senza che noi ce ne rendiamo conto. Il vero servitore comunica agli altri la “svariata grazia di Dio” (1 Pietro 4:10).

- “Gioia e lode”. Non necessariamente una gioia clamorosa, ma quella profonda, del cuore, una “gioia ineffabile e gloriosa” (1 Pietro 1:8), nonostante le difficoltà e a volte l’incomprensione. È la “gioia che dà lo Spirito Santo” (1 Tessalonicesi 1:6).

- Coraggio nella testimonianza. I primi cristiani avevano un’energia e un ardire eccezionali per testimoniare del Signore. Per questo non si affidavano alle proprie energie personali, ma pregavano per ottenere questo coraggio (Atti 4:29-30). L’apostolo Paolo stesso chiedeva alle chiese di pregare per lui affinché potesse “far conoscere con franchezza il mistero del vangelo” (Efesini 6:19).

sabato 24 maggio 2025

Per sempre seduto

“Gesù, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio...Infatti con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati” Ebrei 10:12,14. 

Nel tabernacolo che Mosè eresse nel deserto secondo le indicazioni ricevute dall'Eterno e poi nel tempio costruito da Salomone, non si trovano né sedie né troni. Nonostante tutto ciò che quelle cose rappresentano per Dio e per il popolo d'Israele, i sacerdoti restavano continuamente in piedi nel cortile e nel luogo santo per compiere il servizio, giorno dopo giorno. L'assenza di sedili significava che il loro compito non era terminato; essi dovevano offrire sempre gli stessi sacrifici, poiché nessun sacrificio poteva togliere per sempre nemmeno un solo peccato.

Ma per mezzo di un solo sacrificio, il suo, Gesù Cristo ha tolto i nostri peccati. Questo sacrificio, gradito a Dio, è stato fatto una volta e per sempre. Al contrario dei sacerdoti che nel tabernacolo dovevano sempre stare in piedi, Gesù Cristo si è seduto alla destra di Dio.

La sua posizione (seduto) dimostra che la sua opera è compiuta e definitiva. “...egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati” poiché il sacrificio di Cristo è perfetto, le sue conseguenze sono immutabili.

24 maggio - Pieni di Spirito (1)

I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

Atti 13:52

 

Pieni di Spirito (1)

 

Quei primi cristiani che erano “pieni di Spirito” ci fanno un po’ invidia. Pieni di Spirito! Ma è un privilegio riservato a una categoria particolare di persone, o a chi ha dei notevoli doni spirituali? No. Ogni singolo credente dovrebbe desiderare di essere pieno di Spirito Santo, perché tale è la volontà del Signore per ognuno dei Suoi. E’ scritto: “Siate ricolmi di Spirito” (Efesini 5:18).

Per essere pieni di Spirito dobbiamo avere una condotta coerente:
-Non rattristate lo Spirito Santo di Dio” (Efesini 4:30). Se compiamo il male, se viviamo per noi stessi, rattristiamo lo Spirito Santo e di conseguenza non potremo esserne pieni. Facendo ciò che mi dice di non fare, lo rattristiamo.

-Non spegnete lo Spirito” (1 Tessalonicesi 5:18). Lo spegniamo quando non facciamo ciò che ci dice di fare. Ad esempio, se mi chiede di pregare o di testimoniare a qualcuno della mia fede o di aiutare un fratello nel bisogno, e non lo faccio, spengo la Spirito. Lo spengo se ho un atteggiamento critico o della gelosia o covo dei rancori.

-Camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della carne” (Galati 5:16). Camminare nello Spirito equivale a far tacere ciò che proviene dal nostro cuore malvagio, dalla nostra “vecchia natura”, e a vivere la nuova vita che possediamo per fede. Vuol dire vivere in stretta comunione col Signore Gesù, ricercando la Sua volontà; vivere alla Sua presenza, tenendogli la mano!

(segue e si conclude domani)

venerdì 23 maggio 2025

Cercare la pace

Ho letto con interesse quello che un fratello aveva scritto riguardo ad un quadro che aveva attirato la sua attenzione durante una visita in una piccola città di montagna.

Osservavo in una mostra un quadro affascinante: una tempesta in mare. Flutti scatenati, onde impetuose che s'infrangono contro gli scogli, nuvole minacciose, una barca in pericolo, rottami sballottati qua e là... Non mancava nulla in quel dipinto. Sembrava di assistere personalmente a quella scena! Ma il titolo del quadro è ancora più sorprendente: “La pace”.

Notando il mio stupore, l'inserviente addetto alla mostra, si avvicinò a me facendomi notare un uccellino, al riparo sotto una roccia, raggomitolato contro la parete. Il suo nascondiglio è così piccolo di fronte all'immensità del mare e la su forza così esigua si fronte alla potenza della tempesta! Eppure, non ha paura perché ha scelto l'unico posto dove sa di essere al sicuro. Quel dipinto merita proprio quel titolo: “La pace”, la pace dell'uccellino nonostante la tempesta.

Il nostro mondo è come un mare agitato nel quale, con sorprendente frequenza, si scatenano delle improvvise tempeste. “L'uomo, nato di donna, vive pochi giorni, ed è sazio d'affanni” Giobbe 14:1. Sono in molti a desiderare la pace ma hanno rifiutato “la roccia” hanno voltato le spalle “al rifugio” sicuro e continuano ad agitare le loro ali lottando contro la furia dei venti.

L'uomo parla spesso di pace, promuove delle conferenze, fa delle associazioni, organizza delle marce per la pace ma continua a voltare le spalle a Colui che solo può donarla. “Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti” Giov. 4:27.

Da quando l'uomo si è messo in conflitto con Dio è entrato in conflitto anche con i suoi simili. La storia dell'uomo lontano da Dio è una storia di guerre e di violenza. Guerre di conquista, d'indipendenza, di religione, lotte fra etnie e tribù, stragi e stermini di intere popolazioni. Dall'inizio del mondo ad oggi non vi è stato un giorno senza che in un punto della terra non vi fosse una guerra.

“L'anima mia troppo a lungo ha dimorato con chi odia la pace! Io sono per la pace; ma, quando parlo, essi sono per la guerra” Salmo 120:6-7. 

Anche tu vorresti certamente la vera pace, ma forse non sai ancora dove la puoi trovare. Come l'uccellino del dipinto ti devi rifugiare in Dio che è la Roccia eterna. Chiedi a Dio di intervenire nella tua vita, digli che lo vuoi conoscere. Le sue braccia sono sempre aperte per ricevere: “Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori” Giov. 6:37.

23 maggio - Una verità, la verità

Dio, nostro Salvatore… vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità.

1 Timoteo 2:3, 4

 

Gesù gli disse: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

Giovanni 14:6

 

Una verità, la verità

 

Due amiche discutono di religione. Eva, cresciuta in un ambiente ateo, non crede in Dio. Marina, al contrario, nata in una famiglia cristiana, crede fermamente in Lui e nel Signore Gesù. Eva commenta: “Tu ci credi perché ci sei nata; se fossi nata in una famiglia musulmana, saresti convinta che l’islam è la verità”. Sia Eva che Marina sono state influenzate dall’ambiente in cui sono cresciute; è inevitabile.

Ma resta valida la domanda: Dio esiste o non esiste? La verità non dipende dall’ambiente in cui sono nato, altrimenti non sarebbe più la verità. C’è una sola verità, e si trova nella Bibbia. La verità è personificata “in Gesù” che ha detto: “Io sono la via, la verità e la vita”. “Il Figlio di Dio… è il vero Dio e la vita eterna” (1 Giovanni 5:20).

Uomini e donne di ogni provenienza hanno cercato la verità e si sono inchinati davanti alla rivelazione biblica. Essi hanno conosciuto Gesù, la verità venuta dal cielo. Uomo perfetto, Egli era prima di tutto Dio. E’ morto in croce ed è risuscitato; è salito al cielo e ora è alla destra del Padre. Chi crede in Lui conosce la via, la verità e la vita che mettono in relazione con Dio e ci portano a conoscerlo come Padre. La questione non riguarda il fatto di essere nato in un ambiente piuttosto che in un altro, ma di cercare la verità e, quando la si è trovata, di crederla! 

giovedì 22 maggio 2025

Le catene

Ogni essere umano nasce nel peccato come Davide stesso riconosce : “Ecco, io sono stato generato nell'iniquità, mia madre mi ha concepito nel peccato” Sl 51:5.  Ma Satana lega le sue vittime in mille modi diversi e le catene più tristi sono quelle che non fanno rumore e che di conseguenza rimangono inavvertite.

- Le catene di Caino erano l'invidia e la gelosia. Catene invisibili e silenziose che avvolgevano la sua anima così forte da renderlo cieco e insensibile anche difronte all'amore fraterno.

- Quella di Balaam era “il salario d'iniquità” 2 Piet. 2:15.

- Giuda amava il denaro: l'avarizia era la catena che finì per soffocare la sua anima.

- Il giovane ricco erano le ricchezze a tenerlo prigioniero. Il Signore mise il dito sulla catena per avvertirlo “Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni” Marco 10:22.

- La catena del proconsole Gallione era l'indifferenza che noi riscontriamo spesso intorno a noi “Gallione non si curava affatto di queste cose” Atti 18:17.

Tutte queste catene possono avvolgere il nostro cuore in maniera nascosta, le sentiamo solo quando il Signore si avvicina e noi lo lasciamo agire nella nostra vita; allora tutto cambia. Iniziamo ad avvertirne l'orrendo peso tanto da rimanere stupiti delle nostre azioni e perfino dei nostri pensieri e ci accorgiamo di quella schiavitù che non avevamo mai avvertito prima. Satana impiega tutte le sue forze per impedire alla grazia di Dio di compiere la sua opera di liberazione.

Anche noi possiamo avere qualche catena silenziosa e invisibile intorno al nostro cuore di cui non abbiamo neppure conoscenza. Può darsi che il Signore l'abbia toccata ogni tanto per farcene sentire il rumore; ciò nonostante siamo rimasti incatenati. Può trattarsi anche di una catena di cui conosciamo l'esistenza; il Signore o la nostra coscienza ce l'avranno già fatta sentire, tuttavia essa è sempre lì: qualche peccato segreto che custodiamo infondo al nostro cuore, invisibile agli altri ma ben radicato in noi tanto da roderci giorno dopo giorno.

Stiamo attenti e guardiamo al Signore che ci ha fatto sentire questa schiavitù e stiamo sicuri che il suo occhio l'ha vista, che il suo braccio è abbastanza forte per spezzare tutti i legami che avvolgono il nostro cuore.

“Gesù disse loro: Scioglietelo e lasciatelo andare” Giov. 11:44.

“Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi” Giov. 8:36.

22 maggio - Se oggi toccasse a me?

Non sapete quel che succederà domani! Che cos’è infatti la vostra vita? Siete un vapore che appare per un istante e poi svanisce.

Giacomo 4:14

Gesù… può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio.

Ebrei 7:22, 25

 

Se oggi toccasse a me?

 

Cinque giovani sono appena usciti da un locale notturno; hanno un incidente d’auto e restano uccisi. E’ un fatto terribile, purtroppo frequente ai nostri giorni. I ragazzi erano felici di uscire insieme, di divertirsi, ma non sapevano che quella sera sarebbe stata l’ultima…

Si muore perché anziani o malati, ma le morti per incidente d’auto o di aereo ci colpiscono perché improvvise e inaspettate. Nello stesso tempo, però, ci chiamano in causa. Quei turisti, quei giovani, erano pronti a morire? Tu al loro posto saresti stato pronto?

Quelle brutte notizie ci ricordano la fragilità e la brevità della vita. Ma Gesù è venuto in terra e ha portato una buona notizia, ha annunciato la salvezza e la felicità! “Infatti io so i pensieri che medito per voi, dice il SIGNORE: pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza… Voi mi cercherete e mi troverete” (Geremia 29:11, 13). La nostra speranza riposa in Dio Salvatore che può perdonare chi si pente perché Gesù Cristo ha portato al nostro posto il peso della nostra condanna. Credere questo è appropriarsi di tutte le promesse del Signore.

“Tu sarai con me in paradiso” (Luca 23:43) ha detto Gesù al ladrone crocifisso con Lui. Che cosa aveva “fatto” per ricevere una tale promessa? Nulla. Aveva semplicemente riconosciuto di meritare la condanna a morte e si era volto a colui che poteva salvarlo: “Gesù, ricordati di me”.

In che posizione mi trovo io nei confronti di Dio. Devo assolutamente saperlo, adesso!


mercoledì 21 maggio 2025

Venite!... Esci!

Per conoscere l’origine del sistema del mondo, bisogna risalire alla storia della torre di Babele (Genesi 11) nella quale troviamo alcuni caratteri essenziali del mondo di tutti i tempi.

In quell’epoca, gli uomini si erano resi conto che avrebbero potuto realizzare i loro progetti in modo più efficace praticando l’associazione e la cooperazione. Nei loro pensieri Dio continuava a non avere posto, e il noi diventava più importante dell’io. “Venite, facciamo…” Venite, costruiamoci… acquistiamoci fama” (v. 3 e 4).

L’inizio di quest’impresa fu una città. In seguito avrebbero costruito una torre. La città non è solo un agglomerato di abitazioni, ma è anche un centro di potere e d’influenza. Il fatto che abbiano fondato una città indica la volontà di abitare insieme e in modo stabile, per poi estendere il loro potere in regioni più lontane.

La torre non aveva la funzione di proteggere da un nuovo diluvio. Era cosa nota che il diluvio aveva coperto anche le montagne più alte. Lo scopo di questa costruzione è indicato dallo stesso racconto biblico: “Costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo. Acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra” (v. 4). La costruzione di una città e di una torre la cui cima raggiunga il cielo non poteva essere opera di un solo uomo, ma diventava possibile se gli uomini si organizzavano e lavoravano insieme. Così, l’associazione diventò la parola d’ordine: “Venite, facciamo dei mattoni…”. “Venite, costruiamoci...”. E questo durò fino al momento in cui l’Eterno stesso disse: “Scendiamo dunque e confondiamo il loro linguaggio” (v. 7).

La diversità di lingue è certamente stata in ogni tempo un grande freno allo sviluppo dei progetti dell’umanità. Ciò nonostante, gli uomini si sono sempre più impegnati ad associarsi. Nell’ultimo secolo, l’idea di cooperazione e di associazione tra i popoli si è ulteriormente rafforzata. L’aver messo in comune conoscenze e risorse, ha consentito uno sviluppo straordinario. La parola d’ordine è sempre la stessa: “Andiamo!”, “Facciamo…”.

Questa è ancora la chiamata che spesso viene rivolta a noi tutti, cari amici cristiani. Si sente dire: “Venite! Abbiamo un’idea luminosa, magnifici progetti. Vogliamo abolire le differenze, migliorare la condizione umana. Vogliamo un modo felice, in cui possiamo rallegrarci tutti. Volete sostenere le buone cause? Anche noi. E la nostra è buona. Venite a collaborare!”.

“Il SIGNORE disse ad Abraamo: Va’ via dal tuo paese” Genesi 12:1. O, secondo le parole di Stefano: ”Esci dal tuo paese” Atti 7:3. Uscire? E perché?

C’era da aspettarselo! Gli uomini di dopo il diluvio si impegnavano a costruire un mondo piacevole, di loro gusto, ma senza Dio. Però Dio non voleva esserne escluso e di conseguenza decise di intervenire. Per prima cosa confuse il loro linguaggio, il che rovesciò i loro piani. Per seconda cosa incominciò a rivelare i propri disegni e in vista della loro realizzazione chiamò un uomo e fece di lui il depositario di promesse meravigliose e l’antenato del Messia, sul quale queste promesse erano fondate.

Nel momento in cui il mondo diceva: “Andiamo”, Dio diceva: “Esci”. Il mondo non ha smesso di dire: “Andiamo!” e Dio non ha smesso di dire “Esci” a tutti quelli che hanno “orecchie per udire” Matteo 11:15.

La separazione di Abraamo era completa: ha lasciato il suo paese, i suoi parenti e la casa di suo padre, il suo ambiente nazionale, sociale e familiare Quando lasciò Ur dei Caldei, rispondendo alla chiamata di Dio, non sapeva dove sarebbe andato (Ebrei 11:8). Magnifico atto di fede! Non c’è da stupirsi che sia definito “padre di tutti gli incirconcisi che credono” (Romani 4:11) e “amico di Dio” (Giacomo 2:23). Così Dio lo ha benedetto e ha fatto di lui una sorgente di benedizione per tutte le famiglie della terra.

Però Dio non gli aveva solo promesso di benedirlo; gli aveva anche promesso di rendere grande il suo nome (Genesi 12:2), e qui c’è qualcosa di sorprendente. Il grande scopo degli uomini di Babele era di farsi un nome (Genesi 11:4), di fare qualche grande opera che perpetuasse il loro nome. Volevano la fama, ad ogni costo. Ma che ne è oggi di quegli antichi personaggi? Sono completamente dimenticati, benché ci siano sempre stati degli studiosi impegnati a scoprire le rovine delle loro città.

Quando Abraamo lasciò la splendida città di Ur, la sua decisione dev’essere stata considerata da quelli che gli erano intorno come un atto di follia: Vuoi davvero perdere tutti i tuoi vantaggi, lasciare una città evoluta per andartene verso regioni sconosciute?

Sono trascorsi circa quattromila anni e il nome di Abraamo è ancora conosciuto da miliardi di esseri umani, Giudei, cristiani e anche musulmani. Invece, da migliaia di anni è scomparsa ogni traccia dei costruttori di Babilonia e di Ur. Essi avevano detto: “Acquistiamoci fama”, ed ora sono completamente dimenticati. L’Eterno aveva promesso ad Abraamo: “Renderò grande il tuo nome”, e ciò è avvenuto.

Ma Abraamo non aveva ricevuto solo promesse per il futuro. Egli aveva anche delle promesse per il presente. Aveva una tenda e un altare; la sua tenda faceva contrasto con le città degli uomini che aveva lasciato, affacendati a stabilirsi sulla terra e a trovarsi un posto nella società. Lui abitava in una tenda fragile e precaria, in armonia col suo carattere di forestiero e pellegrino. Il suo altare faceva contrasto con la loro torre. Non era alto, ma era il mezzo per mantenere la sua comunione con Dio.

Qui abbiamo una figura dell’immenso compenso concesso a tutti quelli che sono stati chiamati dall’Vangelo fuori del mondo. Davanti a loro stanno le benedizioni eterne, e la comunione con Dio è la loro parte attuale. Quali ricchezze ci sono state rivelate nel pensiero e nel proposito di Dio! Dio non voleva nascondere a Abraamo certe cose che stava per fare, ma lo istruiva in segreto (Genesi 18:17-19), e ha introdotto anche noi, e per certi aspetti in modo ancora più completo, nel segreto dei suoi piani. Presso il suo altare, lontano da Ur e da Babilonia, Abraamo aveva una visione delle cose assolutamente sconosciuta nelle grandi città costruite dagli uomini. Oggi, il credente, se è in comunione con Dio e separato dal mondo, ha la conoscenza di cose di cui il mondo non ha la minima idea.

Abraamo vedeva anche cose molto lontane: egli “aspettava la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio” Ebrei 11:10. Le fondamenta di Babilonia e di Ur erano ben costruite, ma il loro “fondamento” morale era malvagio, era l’orgoglio e la potenza dell’uomo senza Dio. Così era destinato alla distruzione.

Abraamo desiderava una città di costruzione divina, fondata sulla giustizia di Dio. E’ questo che aspettava e l’otterrà, poiché è detto: “Dio… ha preparato loro una città” Ebrei 11:16. Alla luce di questa città divina la gloria di Babilonia e di Ur era soltanto una vana apparenza.

Dobbiamo sempre ricordarci che siamo stati chiamati fuori dal sistema del mondo. Quando ci siamo convertiti, Dio ci ha detto “Esci” e non ci dirà mai “Ritorna”. Come partecipi di una tale chiamata abbiamo delle benedizioni, dei privilegi e dei compiti che superano persino quelli di Abraamo. Noi credenti in Cristo non abbiamo meno di lui, anzi abbiamo anche di più: la conoscenza di un sacrificio, quello del Signore, già avvenuto, e la dimora dello Spirito Santo in noi. In Cristo, siamo “benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti” Efesini 1:3, e questo non si sarebbe potuto dire di Abraamo.

Noi oggi siamo chiamati a contribuire, sebbene in umile misura, alla grande opera della grazia di Dio, che vuole un popolo per sé, “che gli appartenga” (Tito 2:14), tratto da tutte le nazioni della terra. Abbiamo però davanti a noi la stessa via che Dio aveva tracciato per Abraamo, da percorrere come stranieri e pellegrini, nella comunione con Lui e nell’adorazione. Anche noi siamo chiamati fuori dal mondo, separati dal suo sistema e dai suoi valori, per rimanere in contatto con Dio e con tutte le cose celesti di cui Cristo è il centro.

Abraamo non era da compatire; era un principe. E non è neppure da compatire il credente, separato dal mondo, dedito a Cristo e che vive in accordo con la sua chiamata. Oggi egli è “ricco” e felice, e Cristo lo onorerà quando i grandi nomi del secolo presente saranno dimenticati come se non fossero mai esistiti.

La chiamata di Dio è venuta fino a noi tramite il Vangelo. Abbiamo rotto i nostri legami con il mondo? Se abbiamo udito la chiamata di Dio che ci dice “Esci”, dobbiamo chiudere le orecchie alla voce del mondo che continua a dirci “Venite”!