“Io ti mando per aprire loro gli occhi, affinché si convertano
dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano, per la fede
in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati”.
Atti 26:18
La conversione:
un’inversione a U
Si può passare da una religione a un’altra senza che questo
sia una conversione. Si può far parte di una chiesa e seguirne i riti e le
regole senza aver sperimentato la vera conversione. Si potrebbe persino
realizzare un cambiamento morale, un miglioramento della propria condotta,
senza che si tratti di una conversione nel senso biblico.
Secondo la Bibbia, convertirsi significa letteralmente invertire
direzione, distogliersi da una cosa per volgersi verso un’altra. Se il
pentimento è un cambiamento interiore completo nei pensieri più profondi, la
conversione ne è il risultato nelle azioni, così come l’atto accompagna il
pensiero. Quando il pentimento si
accompagna alla fede c’è la
conversione. È il passare dalle tenebre
alla luce, dalla morte alla vita, dal potere di Satana a Dio (Colossesi
1:12-13; Giovanni 5:24). A Tessalonica, quelli che avevano creduto, cioè i
convertiti, avevano abbandonato gli idoli “per servire il Dio vivente e vero”
(1 Tessalonicesi 1:9).
Convertirsi consiste dunque nel voltare le spalle a tutto
ciò che ha a che fare con le tenebre, l’errore e il peccato, per volgersi
risolutamente verso Dio; nel rinunciare alle nostre concezioni errate, ai
nostri ragionamenti distorti, per credere alla Bibbia e imparare a conoscere
Gesù Cristo come Salvatore e Signore. Questa “conversione” è la dimostrazione
pratica della salvezza che si è trovata per la fede in Gesù. Egli stesso ha
detto: “Se non cambiate (o vi convertite)
e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Matteo
18:3).