Seguici anche su Facebook!

Seguici anche su Facebook! Unisciti al Gruppo cliccando su:
https://www.facebook.com/groups/287768858057968/

venerdì 2 marzo 2018

2 marzo


Allora (Gesù) disse loro: “L’anima mia è oppressa da tristezza mortale”.
Matteo 26:38

“Ora, l’animo mio è turbato; e che dirò? Padre, salvami da quest’ora?”
Giovanni 12:27.

“Turbato, oppresso da tristezza mortale…”

Così è stato per il nostro prezioso Salvatore quando giunse di fronte a “quell’ora”, cioè l’ora della croce. Là, nell’orto di Getsemani, ne ha realizzato in anticipo tutto l’orrore. Era solo, perché i discepoli che aveva condotto con sé si erano addormentati “per la tristezza” (Luca 22:45), e aveva pregato: “Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi” (Matteo 26:39).
Quel calice era la somma delle sofferenze che il Signore Gesù doveva attraversare; infatti, per compiere la volontà di Dio, stava per subire sulla croce il castigo dei nostri peccati.
Dobbiamo considerare seriamente queste cose. Ciò che opprimeva l’anima del Signore non era solo la prospettiva delle sofferenze e della morte, e l’ingiustizia che doveva subire da parte degli uomini. Ma, cosciente come soltanto Lui poteva esserlo – Lui che “non ha conosciuto peccato” (2 Corinzi 5:21) - di tutto l’orrore del peccato agli occhi di Dio, doveva accettare di essere trattato come il peccato merita di essere trattato dal Dio santo e giusto. Ecco di cosa è fatto il suo insondabile dolore, tant’è che, in quel momento terribile, “gli apparve un angelo dal cielo per rafforzarlo” (Luca 22:43).