I fratelli, avute nostre notizie, di là ci
vennero incontro… e Paolo, quando li vide, ringraziò Dio e si fece coraggio.
Atti 28:15
Vedersi e parlarsi
Qualche studioso asserisce che i lattanti
allevati negli istituti il cui personale, per motivi igienici, porta sempre una
mascherina sul volto, corrono il rischio di non crescere normalmente. Non
vedono sorrisi e odono a malapena quelle paroline amorevoli che fanno parte
delle cure indispensabili per i bambini piccoli.
Così, i nostri rapporti fra credenti per il
nostro benessere spirituale necessitano di relazioni interpersonali spontanee e
sincere, “a tu per tu”, senza nessuna maschera.
Se non ci guardiamo in viso, come
trasmettere la dolcezza d’un sorriso, lo sguardo, il linguaggio dei gesti,
tutti quegli atteggiamenti che esprimono affetto? E se non ci si vede, come si
può pregare insieme? Quanti malintesi, divergenze, incomprensioni sarebbero
evitati se uno scambio diretto prendesse il posto di una e-mail o di una breve
comunicazione telefonica!
Teniamo presente l’esempio del nostro
Signore. Non si è accontentato di parlarci dall’alto dei cieli. Lui, Dio da
ogni eternità, è venuto in persona verso
di noi, in forma umana perché noi potessimo vederlo e parlargli. Si è
avvicinato alle folle, ma anche singolarmente a dei lebbrosi, a degli invalidi,
a una donna colpevole. Li ha ascoltati, guardati, toccati, ha parlato con loro.
Oggi non vediamo il Signore di persona, ma la fede ce lo rende vivo e presente.
“Credendo in lui, benché ora non lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e
gloriosa” (1 Pietro 1:8).