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venerdì 15 luglio 2022

Offrire

Nella Genesi vediamo Dio che chiama individualmente Abramo a lasciare il luogo dove vive e diventare viaggiatore e straniero, nell'attesa di una patria migliore. Così è per il credente oggi, chiamato dal Signore Gesù fuori dal mondo e diventato forestiero e pellegrino, in marcia verso il cielo (Ebrei 11:13-16).

Nell'Esodo Dio ci mostra che non chiama gli uomini solo individualmente, ma desidera avere un popolo. Questo popolo egli lo ha prima liberato dalla potenza del nemico (Faraone), poi riscattato dal giudizio grazie al sangue dell'agnello (Pasqua, Esodo 12), infine lo ha separato dal mondo (Egitto) col mar Rosso, conducendolo nel deserto e là, nel deserto, Dio si rivela come Colui che vuole abitare in mezzo al suo popolo.

Dio non ha ancora una dimora fissa, seguirà il popolo sotto una tenda, la tenda dell’alleanza e per sette capitoli Dio ci parleranno del Tabernacolo. Questo per farci capire quanto sia importante l'attenzione che dobbiamo avere nel “costruire” questa dimora.

L'Eterno chiede al popolo di portagli un'offerta (Esodo 25:2), ma nessuno era obbligato a portarla. Solo coloro che avevano un “cuore volontario” lo facevano. Ciascuno offriva secondo i suoi mezzi. Non si poteva offrire tutto ciò che si voleva ma Dio, presentendo il suo progetto, aveva già specificato materiali e oggetti necessari per la sua casa (ognuno dei quali non fa altro che parlarci del Signore e dei suoi caratteri).

Gli arredi che la compongono, verranno eseguiti con cura, secondo indicazioni precise, utilizzando quattordici materiali messi a disposizione degli israeliti: oro, incenso, bronzo, pietre preziose e tessuti pregiati. Tutti secondo un suo disegno in quantità ben precise, ne di più ne di meno.

Per quanto riguarda noi, la Bibbia ci ricorda il significato del dono gradito a Dio con le parole che Paolo rivolge alla comunità di Corinto: “Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non di malavoglia né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia” 2 Cor 9:7.

Che ha deciso, cioè che ha messo da parte prima e questo sta ad indicare un'azione deliberata, frutto di una volontà precisa.

Non di malavoglia. Con sofferenza, tristezza. Il dono deve essere il risultato di un'affezione del cuore. Il dono gioioso nasce dall'affezione per la persona che si ama.

Per forza, ossia costrizione. I credenti non devono donare sotto la pressione delle richieste altrui, ne di somme prestabilite.


Il dono più grande consiste nel donare noi stessi. “E non soltanto hanno contribuito come noi speravamo, ma prima hanno dato se stessi al Signore e poi a noi, per la volontà di Dio” 2 Cor.8:5. Quando si è donato noi stessi il resto rimane più facile.


Dare è il linguaggio dell'amore.