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lunedì 2 settembre 2024

La purificazione della contaminazione nel cammino giornaliero (6/7)

Studiando gli ordinamenti e le cerimonie della economia levitica, niente colpisce di più della cura gelosa con cui il Dio d’Israele vegliava sul suo popolo, affinché fosse preservato da ogni influenza corruttrice. Di giorno o di notte, fossero svegli o dormissero, dentro o fuori, in seno alla famiglia o nella solitudine, i suoi occhi erano sopra loro. Egli vegliava sul loro nutrimento, sul loro vestimento, sulle loro abitudini e sui loro assestamenti domestici. Egli li istruiva accuratamente su ciò che potevano o non potevano mangiare, o indossare. Manifestava loro anche distintamente il suo pensiero per quel che concerneva il toccare o il maneggiare le cose. In una parola li aveva circondati di barriere ampiamente sufficienti, se soltanto avessero voluto farvi caso, per evitare la corrente della contaminazione a cui erano esposti da ogni lato.

In tutto ciò vediamo evidentemente la santità di Dio; ma vi vediamo altrettanto chiaramente la Sua grazia. Se la santità divina non poteva sopportare nessuna contaminazione sul popolo, la grazia divina provvedeva ampiamente alla purificazione. Queste cure si manifestano nel nostro capitolo sotto due forme: il sangue espiatorio e l’acqua d’aspersione. Preziose risorse! Se non conoscessimo le immense provviste della grazia divina, i diritti supremi della santità di Dio sarebbero sufficienti per schiacciarci; mentre che essendo accertati della grazia, possiamo rallegrarci con tutto il nostro cuore nella santità. Un Israelita poteva fremere udendo queste parole: «Chi avrà toccato il cadavere di una persona umana sarà impuro sette giorni». E ancora: «Chiunque tocchi un morto, cioè il corpo di una persona umana che sia morta, e non si purifica, contamina la dimora dell’Eterno; e quel tale sarà tolto via da Israele».

Tali parole potevano veramente terrificare il suo cuore. Ma allora le ceneri della giovenca arsa e l’acqua d’aspersione gli presentavano il memoriale della morte espiatoria di Cristo, applicata al cuore dalla potenza dello Spirito di Dio: «Quando uno si sarà purificato con quell’acqua il terzo e il settimo giorno, sarà puro; ma se non si purifica il terzo e il settimo giorno, non sarà puro»

Notiamo che non si tratta né d’offrire un nuovo sacrificio, né d’una nuova applicazione del sangue. È importante di vedere e di comprendere chiaramente questo. La morte di Cristo non può essere ripetuta. «Cristo, risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il suo vivere è un vivere a Dio» (Romani 6:9-10).

Noi siamo, per la grazia di Dio, al beneficio del pieno valore della morte di Cristo; ma, essendo circondati da ogni parte dalle tentazioni e dai lacci ai quali rispondono le tendenze della carne che è ancora in noi; avendo inoltre un avversario potente, sempre all’agguato per sorprenderci e condurci fuori del sentiero della verità e della purezza, non potremmo avanzare un solo istante, se il nostro Dio nella sua grazia non avesse provveduto a tutte le nostre necessità per la morte preziosa e la mediazione onnipotente del nostro Signore Gesù Cristo. Non solo il sangue di Cristo ci ha lavati da tutti i nostri peccati, e riconciliati con un Dio santo, ma «noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto». Egli «vive sempre per intercedere per loro». E «Egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio». Egli è sempre nella presenza di Dio per noi. È là come il nostro rappresentante, e ci mantiene nella divina integrità della posizione e della relazione nelle quali la sua morte espiatoria ci ha posti. La nostra causa non può mai essere perduta fra le mani d’un tale Avvocato. Bisognerebbe ch’Egli cessasse di vivere, prima che il più debole dei suoi santi potesse perire. Noi siamo identificati con Lui, ed Egli con noi.

Or dunque, lettore cristiano, quale dovrebbe essere l’effetto pratico di tutte queste grazie sui nostri cuori e sulla nostra vita? Quando pensiamo alla morte e all’incenerimento — al sangue e alle ceneri — al sacrificio espiatorio e all’intercessione del Sacerdote e dell’Avvocato, quale influenza dovrebbe ciò esercitare sulle nostre anime? Come dovrebbe agire questo pensiero sulle nostre coscienze? Ci condurrà forse a tenere in poco conto il peccato? Avrà forse per effetto di renderci leggeri e frivoli nelle nostre vie? Così non sia! Possiamo essere certi di questo: l’uomo che può vedere nelle ricche risorse della grazia di Dio una scusa per la leggerezza di condotta o la frivolezza di mente, conosce pochissimo o affatto la vera natura della grazia, la sua influenza e le sue risorse. Potremmo immaginarci per un solo istante che le ceneri della giovenca o l’acqua d’aspersione potessero avere per effetto di rendere un Israelita incurante della sua condotta? Certamente no. Anzi il fatto stesso d’una tale precauzione contro la contaminazione doveva fargli sentire quanto fosse cosa seria il contrarre la contaminazione. Il mucchio di ceneri deposte in un luogo netto offriva una doppia testimonianza; testimonianza della bontà di Dio e della natura odiosa del peccato. Dichiarava che Dio non poteva sopportare l’impurità in mezzo al suo popolo; ma pure che Dio aveva provveduto i mezzi per togliere l’impurità. È impossibile che la dottrina benedetta del sangue sparso, delle ceneri, e dell’acqua d’aspersione, possa essere compresa e gustata, senza che produca un santo orrore del peccato in tutte le sue forme corruttrici. E noi possiamo affermare, inoltre, che chiunque ha provato l’angoscia di una coscienza contaminata non può considerare con leggerezza la contaminazione. Una coscienza pura è un tesoro troppo prezioso perché uno se lo lasci rapire con leggerezza; d’altra parte una coscienza contaminata è un fardello troppo gravoso perché, uno se lo indossi alla leggera. Ma, benedetto sia il Dio d’ogni grazia, Egli ha provveduto per ogni nostro bisogno in modo perfetto, e non in maniera da renderci negligenti, bensì vigilanti. «Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate». Poi aggiunge: «Se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto» (1 Giovanni 1:1-2).