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giovedì 31 ottobre 2024

Segnali di pericolo

Ho fatto di recente un viaggio in auto in compagnia del  figlio del titolare dell'azienda in cui lavoro. Durante il viaggio ho notato sul cruscotto della sua auto una spia rossa lampeggiante.

Ho chiesto spiegazioni e mi sono sentito rispondere: “Ah si, quella stupida spia. Porterò l'auto dal meccanico domani”.

Ma il domani non diventa mai oggi. La luce continua a lampeggiare e a mandare i suoi segnali rossi, ma invano. Fino al giorno in cui, telefonando in ufficio ci avvisava di essere rimasto fermo in autostrada a causa di un guasto definito “inatteso”.

Avvertimenti. Spie rosse che ci segnalano un pericolo incombente nella nostra vita.

Ce ne sono in ogni area della vita. Le sirene urlano quando un matrimonio comincia ad inacidire; gli allarmi scattano quando la fede si indebolisce; i segnali luminosi entrano in funzione per avvisarci che stiamo scendendo a compromessi con la morale.

Si manifestano in vari modi: senso di colpa, depressione, tristezza. Un amico può farcelo notare. Un versetto della bibbia può punzecchiarci. Il messaggio udito nella chiesa che frequentiamo può mettere a nudo il nostro stato. Ma noi gli ignoriamo.

Abbiamo imparato a coprirci gli orecchi, a chiudere gli occhi. E' sbalorditivo quanto siamo diventati bravi a ignorarli. Gli avvenimenti posso essere chiari e diretti, inequivocabili, ma noi ci voltiamo dall'altra parte. Mentre i segnali di pericolo continuano a lampeggiare noi sbuffiamo nell'attesa che passino.

Spesso ci mostriamo sorpresi di fronte ai contrattempi della vita, ma se fossimo del tutto onesti dovremmo ammettere che i segnali ci sono stati. Non siamo stati colti di sorpresa.

I cristiani che si sviano hanno visto le loro spie lampeggiare, non si è trattato di incidenti di percorso, frutto di una ribellione momentanea, ma l'inevitabile conseguenza di una lunga storia di avvertimenti ignorati.

mercoledì 30 ottobre 2024

Delusione

“Quelli che lo guardano sono illuminati, nei loro volti non c’è delusione” Salmo 34:5

La delusione è un sentimento di amarezza che si verifica quando constatiamo che le nostre aspettative non hanno riscontro nella realtà.

Nella vita abbiamo tante fonti di delusione. Pensiamo alle relazioni con gli altri. Si parla spesso di delusioni amorose, oppure persone vicine, che credevamo amiche, poi si rivelano tutt’altro. Persone a cui confidiamo i nostri sentimenti più intimi e poi tradiscono la nostra fiducia. Questo può avvenire nella famiglia, nel lavoro, o nell’ambiente cristiano che frequentiamo.

Possiamo essere delusi da noi stessi. Ci eravamo posti degli obiettivi in campo umano, o anche in campo spirituale e poi i nostri limiti, le nostre incongruenze, i nostri errori, ci hanno impedito di raggiungere lo scopo che ci eravamo prefissati.

Possiamo essere delusi dalle circostanze. Quante speranze, quanti auspici e poi le cose non sono andate come avremmo desiderato. Le previsioni sono state disattese da un evento imprevisto, i sogni non si sono realizzati per qualcosa di negativo che si è verificato.  

In sintesi possiamo dire che guardare ai noi stessi, agli altri, o alle circostanze può provocare grandi delusioni. Le persone cambiano, le situazioni mutano.

Ma la Bibbia ci invita a guardare, dicendo che nei volti di coloro che guardano a Lui non c’è delusione. Questo vuol dire che Dio non delude! Perché Dio non delude mai? Perché è immutabile! Perché è eterno! Perché è fedele! Perché mantiene ciò che ha promesso! Gli uomini hanno dei limiti, dei difetti, chi non ne ha? Dio non ha limiti, ogni cosa in Lui è perfezione e governa gli avvenimenti, non vi è nulla che gli impedisca di compiere i suoi disegni, le cose che ci ha promessa. E’ per questo che quando guardiamo a Lui non vi è delusione nei nostri volti! 

Non solo non vi è delusione, ma il volto di chi lo guarda è illuminato. Questo vuol dire che rimanendo in comunione con Dio, possiamo irradiare intorno a noi, qualche carattere della sua gloria. Allora facciamo nostre le parole del salmista “Cercate il Signore e la sua forza, cercate sempre il suo volto!” (2 Cronache 16:11).

Pensiamo alla persona del Signore Gesù, al nostro Salvatore: “Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e in eterno” (Ebrei 13:8).

Il nostro Salvatore non cambia, è sempre pronto sostenerci a incoraggiarci a prendersi cura di noi, ci condurrà fino alla fine, non ci deluderà mai! “Difatti la Scrittura dice: Chiunque crede in Lui non sarà deluso” (Romani 10:5). Guardiamo sempre a Colui che non delude mai!

martedì 29 ottobre 2024

Le vie di Dio

“Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso, e risuscitare il terzo giorno. Pietro, trattolo da parte, cominciò a rimproverarlo, dicendo: Dio non voglia, Signore! Questo non ti avverrà mai. Ma Gesù, voltatosi, disse a Pietro: Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini” Matteo 16:21-23. 

Le vie di Dio sono difficili da comprendere per l’uomo. Le sue scelte e le sue azioni non sono quelle che faremmo noi.

D’altra parte noi uomini abbiamo una visione limitata delle cose mentre Dio è onnisciente, onnipresente, non è vincolato dalla temporalità e può vedere le cose da un punto di vista eterno. È quindi ovvio che le cose di Dio e le cose degli uomini siano spesso inconciliabili.

Non deve quindi stupirci troppo il fatto che Pietro si trovò spiazzato quando Gesù cominciò a parlare apertamente della croce.

Per Pietro le cose non potevano andare in quel modo. Finalmente il Messia di Israele, Colui che avrebbe ristabilito il regno di Davide, Colui che li avrebbe liberati dai loro nemici era venuto. Si trovava proprio lì davanti a lui! E ora, Gesù cosa stava dicendo? Cosa gli era saltato in mente? Parlava di sofferenza e addirittura di morte. Ma questo era assurdo! Il Messia non poteva essere un debole. Era inconcepibile ciò che Gesù stava dicendo!

Ma in quel momento Pietro si stava comportando come un satan, parola che significa «Oppositore, avversario». Il senso del brano non è quello di indicarci che il diavolo, in quel momento, stava prendendo letteralmente possesso di Pietro; piuttosto Pietro si stava comportando come un satan, come un avversario, facendo opposizione al piano di Dio.

Pietro in quel momento stava tentando Gesù ad abbandonare il suo ruolo di salvatore, stava ponendo una pietra di inciampo (dal greco skandalon) sul cammino di Gesù. La visione di Pietro era parziale; egli vedeva le cose dal punto di vista degli uomini, e da quel punto di vista la croce non aveva senso, il piano di Gesù era privo di logica.

Ringrazio Dio perché Gesù non è inciampato nell’ostacolo e non si è tirato indietro. Ciò che sembrava privo di logica era invece l’unica possibilità per l’uomo. Se Gesù il giusto non avesse dato la vita per noi ingiusti, nessuno di noi con la propria giustizia sarebbe stato in grado di rendersi accettabile agli occhi di Dio.

Quando consideriamo il piano di salvezza di Dio rivelato nella bibbia, rimaniamo a bocca aperta perché nessuna religione che venga dall’uomo avrebbe potuto concepire un piano simile per risolvere il problema del peccato. L’uomo naturale, non rigenerato, non riesce ad afferrare le cose di Dio. Per questo, anche oggi, molti considerano la croce una assurdità. Forse tu stesso la consideri pazzia.

Eppure Dio ha scelto la croce per salvare l’uomo e , quando lo Spirito di Dio ti illumina, ti rendi conto che la pazzia di Dio è più saggia della sapienza umana.

lunedì 28 ottobre 2024

Scatole vuote

I ragazzi a volte sanno essere molto crudeli.

L'occasione è una festa e il luogo è un centro di accoglienza per ragazzi, c'è un grande albero illuminato e un gran mucchio di pacchi colorati accatastati poco lontano. Tutti sorridono anche il nuovo arrivato, un ragazzo magro dai capelli arruffati. E' il suo primo natale in quella casa e ancora non sa che i novellini sono spesso presi di mira e bersaglio di brutti scherzi da parte dei compagni. Mentre la montagna dei doni diventa sempre più piccola e i nomi vengono scanditi ad uno ad uno finalmente arriva anche il suo. I suoi occhi brillano mentre guarda il pacco avvolto in una lucente carta colorata.  La sua eccitazione sale al massimo mentre scioglie il nastro, le dita corrono a togliere la carta ma quando apre la scatola il suo cuore cessa di battere per un momento: E' vuota, la scatola è vuota.

La confezione era accattivante, il nastro era colorato. Il packing  era sufficientemente bello da fargli desiderare di aprirlo; ma quando lo ha fatto la scatola era vuota.

Sei mai stato in quella situazione?

Tante persone sì.

Una giovane piange in silenzio sul suo cuscino, per una vita aveva sognato un matrimonio. “Se solo potessi avere un marito e una casa allora io potrei...”.

Così adesso lei è sposata, ma il marito si è rivelato essere una cosa “inaspettata”. Il tunnel che ha scavato per uscire da quella prigione l'ha solo condotta in un altra.

Un uomo d'affari di mezza età siede nel suo lussuoso ufficio fissando il vuoto al di là della finestra. Un automobile, rossa, sportiva, l'attende nel parcheggio. C'è un orologio d'oro al suo polso, il suo nome è inciso su una targhetta d'ottone sulla porta, il suo vestito è stato cucito su misura e nel suo portafoglio ci sono un bel numero di carte di credito.

Dovrebbe essere felice, ora possiede il pacco che desiderava avere, ma non lo vuole più. Ha lasciato sua moglie nella polvere della sua ambizione. I bambini che lo avevano chiamato papà non lo chiamano più così; ora hanno un altro padre.

Un giovane intraprendente ha speso metà della sua vita nell'inseguire il suo sogno. Adesso ha una attività in proprio, ha aspettato tanto e altrettanto ha speso, ma adesso che finalmente poteva stringere il suo pacco colorato fra le mani e poteva aprirlo... si è accorto che era vuoto, così bello, così allettante, ma vuoto. Inconvenienti della vita, sorte avversa, imprevisti, chiamateli come volete ma adesso, mentre spinge la sua sedia a rotelle guarda con rassegnazione la sua attività sgretolarsi piano piano.

Vi è stato un re che ha voluto mettere alla prova i desideri del proprio cuore, ha deciso di non rinunciare a nessuno dei suoi suggerimenti ma, come possiamo leggere, questo tipo di prova è stato un fallimento. Tutto ciò che aveva desiderato lo aveva portato ad una amara conclusione: “Io ho detto in cuor mio: «Andiamo! Ti voglio mettere alla prova con la gioia, e tu godrai il piacere!» ...Io presi in cuor mio la decisione di abbandonare la mia carne alle attrattive del vino...intrapresi grandi lavori; mi costruii case; mi piantai vigne mi feci giardini, parchi, e vi piantai alberi fruttiferi di ogni specie; mi costruii stagni per irrigare con essi il bosco dove crescevano gli alberi; comprai servi e serve... ebbi pure greggi e armenti, in gran numero, ...accumulai argento, oro, e le ricchezze dei re e delle province; mi procurai dei cantanti e delle cantanti e ciò che fa la delizia dei figli degli uomini, cioè donne in gran numero...Di tutto quello che i miei occhi desideravano io nulla rifiutai loro...Poi considerai tutte le opere che le mie mani avevano fatte, e la fatica che avevo sostenuto per farle, ed ecco che tutto era vanità, un correre dietro al vento...non si trae alcun profitto” Ecclesiaste 2:1-11. 

Una vanità è una cosa senza senso, una cosa vuota dalla quale non si trae alcun profitto.

“Chi ama l'argento non è saziato con l'argento; e chi ama le ricchezze non ne trae profitto di sorta. Anche questo è vanità” Ecclesiaste 5:10.

Si resta con le mani vuote e viene voglia di maledire il mondo. Forse il figliol prodigo deve averlo fatto (Luca 15:11-27).

Il ragazzo guardò la sua immagine riflessa in una pozzanghera mentre i porci gli pascolavano attorno. Quanto era stato sciocco!  se ne rendeva conto solo ora solo dopo che il suo pacco era stato aperto. Era vuoto.

Lo aveva tanto desiderato, era stufo, voleva andarsene, aveva grandi idee e grandi aspettative, pensava di ottenere chissà quali cose, bastava incamminarsi da solo lasciandosi tutto alle spalle. Era un giovane capace, intelligente e chissà quante cose avrebbe potuto fare con le sue capacità. 

I maiali ora gli giravano attorno e mangiavano cose più appetitose delle sue. Aveva sbagliato tutto.

Decise di tornare a casa, era cambiato. Non tornava per pretendere qualcosa, il “dammi” era stato sostituito da “aiutami” e la sua disubbidienza era stata sostituita dal pentimento. Veniva per chiedere qualsiasi cosa senza avere niente da dare in cambio e non aveva la minima idea di quanto  “il Padre” desiderasse il suo ritorno. 

Aveva vissuto cercando di arrivare a conquistare il “suo pacco” ma che delusione, che scoraggiamento, intorno a lui non vi erano che pacchi vuoti. 

E che dire della donna del pozzo? 

La Samaritana conosce l'acuto dolore della sconfitta, ha scoperto a sue spese quanto vuoti e profondi siano i “pozzi” di questo mondo fino a quell'incontro, fino a quelle parole: “Chiunque beve di quest'acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna»” Giovanni 4:13

Stanchi, delusi, amareggiati? Pensate che non vi sia più via di uscita?

Beh, ne è rimasta ancora una è non avete idea di quanto essa sia straordinaria.

“Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice: "Dammi da bere", tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell'acqua viva»” Giovanni 4:10.

domenica 27 ottobre 2024

La mente dell'uomo

La Scrittura lo dichiara e lo illustra fin dal principio. In Genesi 2 e 3 Dio comunica con l'uomo in un modo che non usa con gli animali. Egli vuole che l'uomo collabori con Lui consapevolmente, sia per mezzo della sua ragione sia per mezzo della sua coscienza morale; l'uomo potrà operare delle scelte. Inoltre, Dio invita l'uomo a dare nome agli animali, con ciò simbolizzando la signoria che gli era stata data su di essi.

“Dio il SIGNORE, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all'uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l'uomo gli avrebbe dato” Genesi 2:19.

Tutta la Scrittura riconosce la natura razionale dell'uomo fin dalla sua origine. Afferma sempre che, poiché l'uomo è differente dagli animali, deve di conseguenza comportarsi differentemente.

“Non siate come il cavallo e come il mulo che non hanno intelletto” Salmo 32:9.

Di conseguenza l'uomo è ripreso sia quando il suo comportamento è più bestiale che umano “ero insensato e senza intelligenza; io ero di fronte a te come una bestia” (Salmo 73:22), sia quando il comportamento degli animali e più umano di alcuni esseri umani, perché a volte gli animali offuscano gli uomini. Le formiche sono più industriose e prudenti dell'uomo pigro (Proverbi 6:6-11). I buoi e gli asini sono più pronti a riconoscere con la loro obbedienza il proprio padrone di quello che faccia il popolo di Dio (Isaia 1:3). Gli uccelli migratori sono migliori degli uomini, perché quando migrano sempre ritornano, mentre invece ci sono uomini che si allontanano da Dio e non tornano indietro.

Vi sono molte similarità fra uomo e animali. Ma gli animali sono stati creati per comportarsi seguendo l'istinto e gli esseri umani per agire seguendo una scelta intelligente, ma la mente dell'uomo, come del resto tutto il suo essere, è stata in qualche misura corrotta durante la sua caduta è la Scrittura la descrive come “ottenebrata”. In effetti, più gli uomini soffocano la verità di Dio più la loro mente si ottenebra. Possono affermare di essere savi, ma sono stolti.

Nonostante la “fragilità” della mente umana, l'ordine di “pensare”, di usare la mente, è ancora indirizzato all'uomo. Possiamo notare come Dio invitava Israele ribelle: “Venite e discutiamo assieme, dice L'Eterno” (Isaia 1:18) un invito a pensare a ragionare e la scelta che mette dinanzi a ciascuno dovrebbe essere semplice: “Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva” Deuteronomio 30:19.

A noi la scelta.

sabato 26 ottobre 2024

Fede in pericolo

“Carissimi, avendo un gran desiderio di scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto a farlo per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Perché si sono infiltrati fra di voi certi uomini (per i quali già da tempo è scritta questa condanna); empi che volgono in dissolutezza la grazia del nostro Dio e negano il nostro unico Padrone e Signore Gesù Cristo” Giuda 1:3-4 

La percentuale di persone che si dicono cristiane in Italia, come in altri paesi occidentali, è davvero alta.

Eppure la nostra società è piena di corruzione, criminalità, malvagità. Com’è possibile? Come mai con una teorica maggioranza assoluta cristiana, i valori cristiani non permeano la società?

La risposta è piuttosto semplice. La religione cristiana, per la gran parte delle persone, non ha più niente a che vedere con la fede biblica, con un rapporto personale con Cristo che trasforma.

Come siamo arrivati a questo punto? 

Giuda, nella sua epistola, si era reso conto che la fede era in pericolo e, anche se avrebbe voluto scrivere ai credenti di argomenti più gradevoli, si sentì costretto ad avvisarli del pericolo che incombeva su di loro.

Notiamo che in questo brano la parola “fede” non è utilizzata per riferirsi alla fede personale di ognuno, ma piuttosto all’insieme degli insegnamenti apostolici che erano stati trasmessi alla Chiesa. Infatti, i credenti dovevano combattere per difendere quei principi proprio perché, nella Chiesa, si stavano infiltrando persone che stavano introducendo eresie che avrebbero mutato la fede in qualcosa di orribile ed estraneo al pensiero di Dio.

Infatti, quelli che Giuda chiama uomini empi, volgevano in dissolutezza la grazia di Dio. Quindi, essi non erano devoti a Dio, la loro vita non esprimeva pietà, vivevano in maniera dissoluta, immorale, disprezzando la grazia di Dio e trasformando la libertà cristiana in libertà di peccare.

Per Giuda si trattava di una contaminazione della fede che non poteva essere accettata come una semplice divergenza di opinione ma come qualcosa che stravolgeva il contenuto del messaggio cristiano e andava condannato. Essi negavano infatti Gesù Cristo come Signore e Padrone conducendo una vita immorale. Tali uomini non erano estranei, ma si erano infiltrati nella Chiesa, motivo per il quale Giuda esortò i credenti a combattere strenuamente per la fede. Infatti un nemico che si trova all’interno è ben più temibile di un nemico esterno.

I credenti del primo secolo vennero esortati a combattere strenuamente per la fede. Noi, siamo così sciocchi da pensare che oggi non sia più necessario? 

Apriamo gli occhi. Cosa è diventata la fede oggi? Non sguazziamo proprio in un cristianesimo che nega Gesù come Signore e padrone? Non è un cristianesimo che disprezza la grazia di Dio facendola diventare una scusa per vivere nel peccato? Infatti oggi molti credono davvero che si possa riconoscere Gesù come Salvatore senza sottomettere a Lui la propria vita.

Si fa sempre più strada l’idea che il cristianesimo sia una religione che riguarda le idee più che i fatti, per cui ciò in cui si dice di credere è considerato più importante del modo in cui ci si comporta. La conoscenza della verità è spesso slegata dalla pratica della verità. Ma queste sono tutte bugie.

Abbiamo bisogno di ritornare alla fede che gli apostoli ci hanno trasmesso, ad una fede biblica che metta in evidenza la necessità di nascere di nuovo, essere nuove creature che servono Dio con tutto il loro cuore. Abbiamo bisogno di tornare a combattere strenuamente per la fede, perché la fede, più che mai, è in pericolo.

venerdì 25 ottobre 2024

Dono

“Il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” Romani 6:23.

Dio non ci propone un commercio.

Noi siamo abituati a comprare, vendere o scambiare. Di rado riceviamo qualcosa gratuitamente, se non dei gadgets senza valore, spesso offerti per indurre poi all’acquisto. 

Dio invece dà senza esigere nulla. Dà perché è il Dio d’amore, e non chiede nulla in cambio perché noi non abbiamo nulla che Egli possa accettare: i nostri pensieri, le nostre parole, i nostri atti sono tutti contrassegnati dal peccato.

Cosa ci ha dato Dio? Prima di tutto la sua Parola, la Bibbia. Che privilegio averla fra le mani! Essa ci comunica ciò che Egli è e ciò che ha fatto. Vi siete mai posti delle domande su chi sia Dio e su come fare per conoscerlo? La Bibbia risponde. Leggetela.

Ma ecco il dono più grande che Dio ci ha fatto: il suo proprio Figlio! Ce l’ha dato perché solo Lui poteva sopportare il giudizio che avrebbe dovuto colpire noi a causa del nostro peccato.

Poi Dio ci dà la vita eterna. È un dono che offre a tutti, ma solo quelli che l’accettano la possiederanno. Per chi non crede, “l’ira di Dio rimane su di lui” (Giovanni 3:36). Soltanto “chi crede nel Figlio ha vita eterna” (Giovanni 3:36); i suoi peccati sono perdonati perché ha accettato Gesù come suo Salvatore. Cristo li ha espiati. A quelli che credono in Lui, Dio dà la pace della coscienza e del cuore (Giovanni 14:27), la gioia e una bella speranza (2 Tessalonicesi 2:16).

Accettate questo dono gratuito e magnifico, e così potrete offrire a Dio ciò che si aspetta da voi: l’amore e la riconoscenza del vostro cuore.

giovedì 24 ottobre 2024

Inquinamento

Non vi è una settimana in cui i giornali e la televisione non ci parlino di inquinamento. Il nostro pianeta diventa ogni giorno meno ospitale. Perché? Perché lentamente lo stiamo avvelenando. Le cause di questo non sono naturali ma terra continua a subire le conseguenze delle azioni sconsiderate dell'uomo. Tonnellate di pesticidi vengono riversate nei fiumi, per non parlare degli incidenti nelle fabbriche di gas tossici, o delle miglia di barili di rifiuti chimici  che vengono seppelliti sotto terra, delle polveri sottili disperse nell'aria, oppure delle elevate tracce di cianuro presenti nelle comuni condutture idriche ecc. Molto poco viene fatto per evitare questo. 

Il nostro mondo è malato e l'uomo ne è responsabile ma vi è un altro problema ben più serio per l'uomo e non si tratta dell'inquinamento dell'aria o dell'acqua ma dell'inquinamento morale presente in ogni cuore umano. Siamo tutti soggetti a questo, tutti contaminati. Viviamo in un mondo che ha radicalmente cambiato i suoi criteri di valutazione dei valori morali. Le vecchie regole, il concetto della famiglia, l'onestà, l'amicizia, si degradano sempre più e l'inquinamento morale sale. Vogliamo parlare dell'orgoglio, del dilagare di giochi d'azzardo, della violenza? 

La vita è un viaggio che terminerà davanti a Dio. Ogni uomo dovrà rispondere di ogni sua azione direttamente Lui. Questo inquinamento non lo si potrà nascondere o sotterrare nella Sua presenza.

“E non v'è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto” Ebrei 4:13.

mercoledì 23 ottobre 2024

Le nostre prove personali

 La Sunamita (2 Re 4:8-36).  

La Sunamita era una donna ricca, che si era dimostrata premurosa e ospitale nei confronti di Eliseo “uomo di Dio”. In accordo con il marito aveva fatto predisporre una semplice stanza con un letto, un tavolino, una sedia un candeliere, in modo che il profeta potesse ritirarvisi.  Nel secondo libro dei Re vengono descritti due episodi della sua vita. Nel primo, dopo aver ospitato Eliseo riceve dal profeta la promessa di un dono meraviglioso e inaspettato: la nascita. Il bambino nasce, cresce. Diventato grande, in una giornata di lavoro nei campi, si sente male, viene portato a casa e muore sulle ginocchia di sua madre. Che dolore immenso! Cosa fare? Inizia un tragitto per andare dall’uomo di Dio. Osserviamo il percorso di una persona che sperimenta una grande prova, una prova a cui non sa dare una spiegazione. Non aveva chiesto lei quel figlio. Dio glielo aveva donato e ora glielo toglieva. Perché? Quante difficoltà e quanti dolori che possiamo incontrare a livello personale ai quali non sappiamo dare una spiegazione. Per questa donna il rimedio è stato andare dall’uomo di Dio, “abbracciargli i piedi”. Gheazi il servo di Eliseo, si avvicina per respingerla. Il profeta gli dice di lasciarla stare. Constata l’amarezza di quel cuore, deve dire: “l’anima sua è amareggiata”. La cerca l’uomo di Dio e lui si fa trovare, si fa avvicinare, la accoglie. Ascolta in silenzio 

Quando attraversiamo una prova, per noi il rimedio è lo stesso. Andare ai piedi del Signore, spandere il nostro cuore, i nostri sentimenti, deporre le nostre amarezze, i nostri pesi. Ci ricordiamo di Anna la mamma di Samuele che “aveva l’anima piena di amarezza e pregò il SIGNORE dirottamente” e davanti alle frasi inopportune di Eli ha potuto rispondere: “…stavo solo aprendo il mio cuore davanti al SIGNORE(1 Samuele 1: 10 e 15). 

E noi possiamo accostarci con piena fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno (Ebrei 4:16).

Dire che al trono della grazia troviamo grazia, sembra quasi un’ovvietà. In realtà sottolinea il fatto che Dio ci fa trovare quello che cerchiamo, quello di cui abbiamo bisogno.

Un altro elemento di nota e particolarmente incoraggiante in questa storia è una cosa che questa donna sperimenta: la compagnia del profeta. Dopo che Eliseo aveva inviato il suo servo con delle istruzioni specifiche alla casa dove era stato deposto il bambino, la donna gli dice: “Come è vero che il Signore vive e che tu vivi, io non ti lascerò”. Quello che segue ci tocca veramente il cuore. E’ detto che “Eliseo si alzò e andò con lei” (2 RE 4:30).

Nelle prove ricerchiamo la presenza di Dio, perché solo Lui ci può aiutare e Lui si fa trovare da noi e garantisce la Sua presenza in questo duro cammino. Non ci lascia mai!       

La storia prosegue. La donna Sunamita è stata messa al beneficio di un miracolo. Eliseo per mezzo della potenza di Dio risuscita suo figlio. Non sempre nelle nostre esperienze  avviene un miracolo, non sempre avviene una guarigione, non sempre un problema si risolve, ma presso Dio troveremo sempre quella grazia che ci dà pace, quella grazia che “basta”.

Andiamo al Signore lui si farà trovare. Abbracciamogli i piedi. Spandiamo davanti a lui tutto il nostro dolore, anche quello che gli altri non vedono, o non riescono a capire.  Lui sì che ci può capire! Ci conosce a fondo. Affidiamoci completamente Lui. Sperimentiamo la sua presenza e il suo soccorso, le sue compassioni e la sua pace. Quella pace che sa calmare il nostro cuore, anche quando umanamente l’esito è sfavorevole. Questo perché la Sua pace sorpassa ogni intelligenza (Filippesi 4:6). Non la riusciamo a spiegare, ma la realizziamo. Essa è capace di guardare i nostri cuori e i nostri pensieri, anche quando siamo amareggiati, addolorati e donarci la vera consolazione, anche quando umanamente appare impossibile. Confidiamo in Dio!

martedì 22 ottobre 2024

Contraddizioni

Vi sono innumerevoli persone che vivono sotto la tirannia dell'orgoglio, della gelosia, del pregiudizio. Dominati dall'ira o sotto la schiavitù dell'alcool, dei narcotici. Ho conosciuto persone che sono bugiardi abituali. Mentono da così tanto tempo che non sanno distinguere più la differenza. La loro sensibilità al peccato si è quasi completamente atrofizzata. Tutti costoro non vorrebbero fare le cose che fanno ma sono incapaci di smettere. Il dominio che queste cose esercita su di loro è troppo forte. Cercano la libertà, ma non sembra esserci via di scampo. Poi venne il Signore Gesù che disse: “Conoscete la verità e la verità vi farà liberi” Giov. 8:32. E' sufficiente andare a Lui. Egli è la Verità. Lui può liberarvi. 

Questa liberazione è da sempre stata offerta agli uomini e che dovrebbe essere visibile fra i cristiani.

Nella cattedrale di Lubecca si può notare ancora un'antica iscrizione gotica che si indirizza a tutti i visitatori in questi termini:

Voi mi chiamate Creatore, e non mi ubbidite.

  Mi chiamate Luce, e non guardate verso di me.

    Mi chiamate Verità, e non volete credermi.

      Mi chiamate Via, e non mi seguite.

        Mi chiamate Onnipotente, e non mi chiedete nulla.

           Mi chiamate il Buon Dio e avete paura di me.

             Mi chiamate Salvatore, e non avete fiducia in me.

               Mi chiamate Signore, e non mi servite.

Senza dubbio è stato redatto molti secoli fa e sicuramente molti visitatori di quel luogo, negli anni, saranno rimasti colpiti da una simile incisione attribuita ad un ignoto sacerdote che aveva voluto così denunciare la contraddizione che già era presente in quel tempo nei così detti cristiani.

Non possiamo leggere la Bibbia senza sentirci chiamati in causa. In essa, Dio si rivela agli uomini. Riconoscere i suoi attributi implica da parte nostra, se non siamo ipocriti, una linea di condotta corrispondente. Dio è tutto ciò che dice di essere e fa tutto ciò che promette. Ciò significa che si aspetta da noi un'atteggiamento corrispondente a ciascuno dei suoi

lunedì 21 ottobre 2024

Le cose che possediamo

“Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo, e neppure possiamo portarne via nulla” 1 Tim. 6:7.

Un industriale pensionato aveva ammassato una grande fortuna e ostentava volentieri la sua ricchezza. Ricevette un giorno la visita di un suo vecchio compagno di classe diventato credente, lo invitò a pranzo e gli fece visitare la sua meravigliosa casa. Dall'alto di un terrazzo gli mostrò l'immensa distesa di terre e di boschi che l'attorniavano. “Tutto ciò è mio, tutta la collina mi appartiene e nel paese che scorgi la in fondo, si trova un museo che porta il mio nome nel quale sono esposte un gran numero di opere d'arte da me donate. Ve ne sono di gran valore che farebbero la felicità di molti musei”. L'amico ascoltava e guardava con occhio distratto tutto ciò che il suo ospitante gli stava mostrando. Poi stese un dito verso il cielo e domandò: “E' lassù che cosa possiedi?”.

E' proprio questo che la Bibbia ci ricorda così spesso: “fatevi delle borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nel cielo” Luca 12:33. “Poi disse loro: State attenti e guardatevi da ogni avarizia; perché non è dall'abbondanza dei beni che uno possiede, che egli ha la sua vita” ver.15. Ciò che abbiamo bisogno di ricercare durante la nostra vita e quello di essere “ricchi davanti a Dio” ver. 21.

La banca del cielo non funziona come le banche di quaggiù. Non è necessario investire grandi cifre in denaro, potremmo non averle ma è importante il sentimento del nostro cuore perché Dio guarda quello. Come una certa vedova (Luca 21:2) che non aveva altro che due spiccioli da versare nella banca del cielo, sul suo proprio conto ma lassù gli interessi non sono commensurabili con il capitale che vi abbiamo impegnato ma con il sentimento, il tempo, l'affetto che abbiamo dimostrato di possedere per Cristo.

domenica 20 ottobre 2024

Due elenchi

Quando il Titanic affondò, oltre duemiladuecento persone finirono nelle acque gelide dell'oceano Atlantico. A riva, i nomi dei passeggeri vennero inseriti in due semplici colonne: salvati e dispersi. 

La lista di Dio è altrettanto semplice.

Un consiglio.

Quando vuoi cercare un compagno o una compagna per la tua vita, guarda prima di tutto che sia inserito nella “lista” giusta.

Il nostro registro è pieno di colonne inutili. E' ricco? E' affascinante? Che lavoro fa? E' laureata? Di che colore ha la pelle?

Sono questioni irrilevanti.

“Quindi da ora in poi noi non conosciamo più nessuno da un punto di vista umano”. 2 Corinzi 5:16.

sabato 19 ottobre 2024

Il timore del Signore

“Il timore del SIGNORE è il principio della scienza, gli stolti disprezzano la saggezza e l'istruzione” Prov. 1:7.

Lo scienziato e il sapiente se non hanno timore di Dio devono incominciare da capo; il più grande teologo deve fare ancora il primo passo.

La vera sapienza ha come punto di partenza il timore di Dio.

La stupidità dello stolto è un fatto morale non intellettuale.

“Il timore del SIGNORE è odiare il male” Prov. 8:13.

Poiché Dio odia il male e la sulla croce Suo Figlio ne è una prova lampante. Odiare il male, non solo quello negli altri, ma prima quello che è in noi, nel nostro cuore naturale. Poi quello che è nel mondo, per non seguire le sue vie e ricercare quelle di Cristo.

“O SIGNORE, insegnami la tua via; io camminerò nella tua verità; unisci il mio cuore al timor del tuo nome” Salmo 86:11. Preghiera straordinaria  “unisci il mio cuore al timor del tuo nome” affinché tutto ciò che muove i miei sentimenti e le azioni sia il timore del Suo nome, di ciò che Egli è.

venerdì 18 ottobre 2024

Violenza

La violenza è figlia dell'egoismo e dell'orgoglio. Il suo germe è in ognuno di noi. Se non arriva a portare frutto è perché la reprimono il carattere e l'educazione ma è presente nella nostra natura umana e al momento opportuno può sempre manifestarsi.

Con la violenza si cerca di sopraffare gli altri, di bloccare ogni loro reazione, per imporre le proprie idee o esaltare la propria personalità o ottenere cose materiali. La storia dell'uomo, di ieri e di oggi, è una storia di violenza. Per dominare si uccide, per conquistare si fa la guerra, per aumentare i propri averi si opprime, per essere più grandi si violano i diritti dei deboli e degli indifesi.

Fin dai suoi primi anni l'uomo fece scrivere a Dio, nella sua Parola, la Bibbia, pagine di cronaca nera. Caino fu il protagonista della prima storia di violenza: “Un giorno Caino parlava con suo fratello Abele e, trovandosi nei campi, Caino si avventò contro Abele, suo fratello, e l'uccise” Genesi 4:8.

Poco tempo dopo, “la terra era corrotta davanti a Dio; la terra era piena di violenza” 6:11. E così apparve allo sguardo triste e deluso del Creatore che fece questo commento: “Nei miei decreti, la fine di ogni essere vivente è giunta poiché la terra, a causa degli uomini, è piena di violenza” v.13. Satana era riuscito ad esercitare un'influenza determinante sul comportamento degli esseri umani diventati anch'essi peccatori a causa della disubbidienza di Adamo e Eva. Il diluvio venne e “portò via tutti quanti” (Mat. 24:39) salvo Noè e i suoi. Ma la situazione di fondo non cambiò. Lo scorrere dei secoli vide piuttosto un peggioramento delle cose. Gli abitanti di Ninive furono esortati a pentirsi dalle loro vie malvagie e “dalla violenza compiuta dalle loro mani” (Giona 3:8); e così fecero, e la città scampò alla distruzione. In Israele ai tempi del profeta Geremia non si sentiva parlare che “di violenza e di rovina” (Geremia 6:7), ma nonostante i richiami del profeta non ci fu il pentimento e il castigo giunse.

“Il SIGNORE ...detesta l'empio e colui che ama la violenza” Salmo 11:5.

La violenza c'è anche a volte nel nostro modo di fare quando alziamo la voce per imporre il nostro pensiero o la nostra idea, quando trattiamo gli altri dall'alto per intimidirli, quando rispondiamo con stizza per bloccare ogni eventuale opposizione. Fra i credenti gli atti di violenza disuniscono e amareggiano gli animi. Il “mordersi e divorarsi gli uni gli altri” (Galati 5:15) si adatta più a una gabbia di belve feroci che ad una chiesa che porta il nome di Cristo. Non possiamo servire il Signore se non assomigliamo a Lui, che era mansueto e umile di cuore “e non aveva commesso violenze” Isaia 53:9.

giovedì 17 ottobre 2024

Dormi tranquillo?

Scorrendo i necrologi pubblicitari da un giornale, sono stato colpito da una frase che precedeva uno di essi: “Il sonno non è che una breve morte, e la morte un sonno più lungo. Dormi tranquillo”.

Una frase del genere non è che uno dei tanti tentativi che l'uomo fa per vincere la paura della morte. Con un gioco di parole si cerca di confondere la morte col sonno per dedurre poi che l'estinto può essere tranquillo. Follia! Dopo la morte non c'è ne riposo ne tranquillità ma il giudizio. “Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” Ebrei 9:27.  

Si dice spesso, di fronte alla morte siamo tutti uguali. Invece Dio divide gli uomini in due categorie: quelli che compariranno davanti a Dio per essere giudicati per i loro peccati e coloro che avendo creduto nel sacrificio di Cristo non verranno in giudizio ma saranno salvati. Infatti il Signore stesso disse: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” Giov. 5:24. 

Dopo la morte si conosce già la sofferenza. Del ricco è scritto: “E nell'Ades, essendo nei tormenti” (Luca 16:23) cioè era nel luogo dove soggiorneranno fino al momento del giudizio. Nessuno potrà mutare questa situazione; inutili saranno le preghiere o altri riti religiosi dei vivi in favore dei defunti. Questo avviene per la prima categoria, la seconda invece, è subito con il Signore. “ma siamo pieni di fiducia e preferiamo partire dal corpo e abitare con il Signore” 2 Cor. 5:8.

Se cerchi la “tranquillità”, la sicurezza ricercala in Dio. Chiediti se il tuo nome è scritto nel Libro della Vita perché altrimenti sarai gettato nello “stagno di fuoco”, la dove è il pianto e lo stridor dei denti. “Scegli la vita (Cristo) affinché tu viva” Deut. 30:19. Scegli oggi perché il domani non ti appartiene.

mercoledì 16 ottobre 2024

Come Dio tiene conto dell’umiliazione

Di quattro re di Giuda e d’Israele la Parola dice che si umiliarono; sono Roboamo, Acab, Ezechia e Manasse. Le circostanze in cui si trovarono sono molto diverse, ma in tutti i casi Dio ha tenuto conto della loro umiliazione. 


L’umiliazione di Roboamo

2 Cronache 12:5-8

Roboamo, primo discendente del re Salomone, era stato l’artefice della divisione del regno d’Israele. La sua durezza e il suo orgoglio erano stati la causa diretta di quella rovina, che peraltro, Dio aveva già preannunciato come giudizio sulla condotta di Salomone. 

Dopo le tensioni che avevano contrassegnato l’inizio del suo regno e un periodo di tre anni che sembrava promettessero bene (11:17), Roboamo “e tutto Israele con lui, abbandonò la legge del Signore” (12:1). Allora Dio mandò contro di loro il re d’Egitto con un potente esercito. Le città forti di Giuda vennero conquistate, e Roboamo e i suoi capi si rifugiarono nella città di Gerusalemme. Proprio lì il profeta Semaia va a trovarlo e fa una breve e solenne analisi della situazione: “Così dice il Signore: Voi avete abbandonato me, quindi anch’io ho abbandonato voi nelle mani di Sisac” (v. 5).

Ci sorprende che Roboamo non mostri indifferenza e non metta a tacere il profeta, come invece faranno altri; “i principi d’Israele e il re si umiliarono, e dissero: Il Signore è giusto” (v. 6). Non è facile dire: “Il Signore è giusto” quando si è sotto il suo castigo, perché la nostra tendenza è piuttosto quella di cercare di giustificarci.

Tuttavia, se è vero che agli occhi di Dio non sfugge alcuna mancanza, è anche vero che non gli sfuggono le cose buone. Infatti, “quando il Signore vide che si erano umiliati”, dice: “Io non li distruggerò, ma concederò loro fra poco un mezzo di scampo, e la mia ira non si rovescerà su Gerusalemme per mezzo di Sisac. Tuttavia gli saranno soggetti” (v. 7, 8).

Si può pensare che il pentimento di Roboamo non sia stato molto profondo, poiché il racconto della sua vita termina con questa triste conclusione: “Egli fece il male, perché non applicò il suo cuore alla ricerca del Signore” (v. 14). Tuttavia, un’umiliazione c’è stata, e Dio ne ha tenuto conto. Il giudizio è attenuato: “Concederò loro fra poco un mezzo di scampo” (v. 7).


L’umiliazione di Acab

1 Re 21:27-28

“In verità non c’è mai stato nessuno che, come Acab, si sia venduto a fare ciò che è male agli occhi del Signore, perché era istigato da sua moglie Izebel” (v. 25).

Triste storia quella di Acab, così come ci è raccontata nei capitoli da 17 a 22 del primo libro dei Re! Essa è strettamente legata a quella del profeta Elia, suscitato da Dio in quel periodo di tenebre e di apostasia, per cercare di ricondurre a lui il popolo d’Israele. Più di una volta Acab è messo in rapporto con Dio; egli ode i suoi avvertimenti, vede lo spiegamento della sua potenza e della sua grazia, ma il suo cuore è indurito. Nel cap. 21, si impossessa con la violenza della vigna di Nabot, lapidato su ordine di Izebel per essersi rifiutato di darla al re, dopo un processo iniquo che doveva avere l’apparenza di difendere gli interessi di Dio.

Proprio nel momento in cui Acab va ad impadronirsi dei quel terreno che ha desiderato e ottenuto, Elia lo incontra e gli comunica un severo messaggio da parte di Dio: “Nello stesso luogo dove i cani hanno leccato il sangue di Nabot, leccheranno anche il tuo”; e ancora: “Ecco, io ti farò cadere addosso una sciagura, ti spazzerò via, e sterminerò ogni uomo della tua casa… Quelli di Acab che moriranno in città saranno divorati dai cani, e quelli che moriranno nei campi saranno divorati dagli uccelli del cielo” (v. 19, 21, 24).

Allora, cosa inaspettata, il re si piega davanti all’annuncio del giudizio divino: “Quando Acab udì queste parole, si stracciò le vesti, si coprì con un sacco, e digiunò; dormiva avvolto nel sacco e camminava a passo lento” (v. 27). Questo atto avrà un seguito? Ci sarà un comportamento che dimostri un vero pentimento? Purtroppo no! Al cap. 22 è di nuovo lui che perseguita il profeta dell’Eterno, e Dio lo fa perire per mezzo di una freccia scoccata a caso, che si conficcò in un punto debole della sua corazza. Il timore del giudizio, per un momento, sembrava avesse prodotto la conversione di quell’uomo, ma Satana seppe avviluppare la sua preda e cancellare l’effetto della Parola di Dio. 

Ma ciò che ci colpisce in questo racconto è che Dio, che comunque conosce ogni cosa in anticipo, non fu indifferente all’umiliazione di Acab, sebbene momentanea e superficiale; Dio ne tenne conto e dice al profeta Elia: “Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me?” E Dio rimanda a più tardi l’esecuzione del giudizio: “Poiché egli si è umiliato davanti a me, io non farò venire la sciagura mentre egli è ancora vivo”. La grazia di Dio supera di molto i nostri pensieri e le nostre aspettative!


L’umiliazione di Ezechia

2 Cronache 32:24-26

La Scrittura ci riporta una sola mancanza di questo re fedele. Verso la fine di una vita contraddistinta dalla devozione all’Eterno e dalla fiducia in Lui, in mezzo alle prove più dure, Ezechia dovette imparare ciò che vi era nel proprio cuore. “Dio lo abbandonò, per metterlo alla prova e conoscere tutto quello che egli aveva in cuore” (2 Cronache 32:31). Durante la visita degli ambasciatori di Babilonia, egli fu lusingato di essere onorato dai grandi di questo mondo, e cercò di mettersi al loro livello mostrando loro tutti i suoi tesori. Dio riassume il suo comportamento con queste parole: “Il suo cuore s’inorgoglì” (v. 25). Questo era particolarmente grave in un uomo di cui può essere detto che aveva trascorso la sua vita con Dio. Tutto ciò che la grazia di Dio aveva prodotto nel suo cuore, lo rendevano molto responsabile.

Così, Dio gli mandò il profeta Isaia per aprirgli gli occhi sull’errore commesso e annunciargli che tutti i tesori di cui andava fiero sarebbero stati ben presto trasportati nei palazzi di Babilonia, come pure alcuni dei suoi discendenti. Il libro dei Re e quello di Isaia ci raccontano la reazione di Ezechia a questo triste annuncio: “La parola del Signore che tu hai pronunziata, è buona” (2 Re 20:19; Isaia 39:8). Se avessimo solo questi due libri, potremmo pensare che il re fosse contento che il giudizio di Dio sarebbe avvenuto dopo la sua morte, tanto che dice: “Sì, se almeno vi sarà pace e sicurezza durante la mia vita”. Ma il libro delle Cronache ci dice chiaramente: “Ezechia si umiliò dell’essersi inorgoglito in cuor suo: tanto egli, quanto gli abitanti di Gerusalemme” (32:26). 

Il libro delle Cronache conferma che, grazie all’umiliazione di Ezechia, il giudizio divino venne rimandato: “L’ira del Signore non si riversò sopra di loro durante la vita di Ezechia” (v. 26).

Nell’umiliazione, la sua corte e il suo popolo si unirono al loro re, come si erano uniti a lui nell’orgoglio e nella mondanità. Dio ne tenne conto. Il giudizio che aveva preannunciato sarà eseguito, ma più tardi. Passerà circa un secolo prima del suo compimento che ebbe luogo per mezzo di Nabucodonosor (Daniele 1).


L’umiliazione di Manasse

2 Cronache 33.10-13

Il racconto che apre il cap. 33 di 2 Cronache ci colpisce. Com’è possibile che un re pio come Ezechia abbia avuto un figlio malvagio come Manasse? E’ detto di lui che “si abbandonò completamente a fare ciò che è male agli occhi del Signore, provocando la sua ira” (v. 6). “Ma Manasse indusse Giuda e gli abitanti di Gerusalemme a sviarsi, e a far peggio delle nazioni che il Signore aveva distrutte davanti ai figli d’Israele” (v. 9). Nella sua pazienza, Dio parlò a Manasse e al suo popolo, per cercare di ricondurli a sé, ma essi non diedero ascolto.

Allora un giudizio immediato si abbatté sul re empio. L’Eterno fece venire contro di lui i capi del re d’Assiria. Manasse fu incatenato e condotto a Babilonia. Noi saremmo portati a dire: ‘Ha avuto ciò che si merita; gli sta bene!’ Ma Dio ha delle risorse che noi non riusciamo ad immaginare. Dal fondo della prigione, nella disperazione, Manasse rientrò in sé e implorò l’Eterno. Ci è detto che “si umiliò profondamente davanti al Dio dei suoi padri, a lui rivolse le sue preghiere” (v.12). “E Dio si arrese ad esse, esaudì le sue suppliche, e lo ricondusse a Gerusalemme”.

Ristabilito nella sua posizione, Manasse produsse ciò che Giovanni Battista chiamerà “frutti degni del ravvedimento” (Luca 3:8). Demolì gli idoli che aveva eretto, e gli altari che erano stati loro consacrati, e cercò di far uscire il popolo da quella via malvagia nella quale per colpa sua si era incamminato. Ma il lavoro fu difficile e inevitabilmente incompleto!


Conseguenze pratiche per noi

Prima di tutto, i quattro racconti che abbiamo esaminato sono per noi un reale incoraggiamento all’umiliazione. “Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio” (1 Pietro 5:6). “Ecco su chi poserò lo sguardo: su colui che è umile, che ha lo spirito afflitto e trema alla mia parola” (Isaia 66:2). Considerando il nostro stato e le nostre mancanze, non dobbiamo forse umiliarci? Dio ci mostra nella sua Parola che non è mai indifferente al pentimento dei suoi. La sua grazia sa apprezzare in giusta misura la realtà del giudizio che siamo disposti a portare su noi stessi. (*)


(*) 

La vera umiliazione – in seguito ad una mancanza – è l’unico modo per ritrovare la comunione con Dio, e occorre dimostrarla con “dei frutti degni del ravvedimento”. Se l’umiliazione non è completa e profonda ci sarà un giudizio, anche se non immediato. E’ giusto che ci umiliamo quando abbiamo sbagliato o anche quando le condizioni dell’assemblea o di qualche fratello non sono buone, e noi ci rendiamo conto di non essere stati capaci di vigilare e di lavorare perché non si arrivasse a quel punto. Se però vivessimo in una continua umiliazione finiremmo per essere continuamente concentrati su noi stessi e sulle nostre debolezze piuttosto che sulle risorse del Signore, sui suoi privilegi, e sulle sue benedizioni, perdendo la gioia di appartenergli e l’entusiasmo per servirlo (N.d.R.)

martedì 15 ottobre 2024

Aspettare in silenzio

Lamentazioni di Geremia 3:22 a 33


Le lamentazioni di Geremia sono l’espressione del dolore e dell’umiliazione di un uomo fedele che, pieno d’amore per il popolo di Dio, ne considera la rovina e la sofferenza.

Giuda e Gerusalemme erano nella prova, perché avevano abbandonato l’Eterno, sorgente delle acque vive, per scavarsi cisterne screpolate (Geremia 2:13). Anche a noi oggi può capitare la stessa cosa, anche se l'agire di Dio Padre nei nostri confronti, quando ci deve riprendere, non riveste la stessa forma che vediamo nell'Antico Testamento riguardo Giuda e Gerusalemme.

Il profeta Geremia piangeva a causa della rovina della figlia del suo popolo (Lamentazioni 2:11) e anche l’apostolo Paolo era assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che gli venivano da tutte le chiese (2 Corinzi 11:28). Era un gran lavoro il suo: sopportare le infermità dei deboli, prestare continuamente attenzione ai lamenti di quelli che si sentono offesi, correggere gli errori di alcuni, combattere per la verità contro falsi fratelli; dev'essere stata un'esperienza sfibrante. 

Come non provare anche noi tristezza e umiliazione a causa dello stato di rovina della cristianità e della debolezza della Chiesa?


Afflizioni, amarezza, esilio (3:1-20)

Il capitolo centrale del libro è e quello in cui il profeta esprime il suo dolore con maggior intensità (*). 

Le sue sofferenze fisiche e soprattutto morali sono il motivo del primo terzo di questo capitolo 3. "Io sono l'uomo che ha visto l'afflizione sotto la verga del suo furore...Contro di me, di nuovo, volge la sua mano... Anche quando grido e chiamo aiuto Egli chiude l'accesso alla mia preghiera (vedere Salmo 22:2)".

Dio s’è servito delle esperienze del profeta per farci un poco comprendere quanto grandi siano state le sofferenze di Cristo e la sua angoscia. In questi versetti, come in tanti altri passi profetici, Dio ci fa avvicinare, sebbene nella nostra misura limitata, a questo mistero insondabile, per farci anche afferrare maggiormente la grandezza e la perfezione del nostro Salvatore e della sua opera, di lui "che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue" (Apocalisse 1:6). 

Ma questi versetti, a parte il loro aspetto profetico, possono essere applicati alle sofferenze di qualunque persona pia, in ogni tempo. Quanto è prezioso allora, nel momento più profondo dell'angoscia, quando l’anima è abbattuta al ricordo delle prove, ricordarsi della bontà del Signore e delle sue compassioni. "


Le bontà dell’Eterno (v. 22-24)

I versetti da 22 a 33 si trovano al centro stesso del libro. Possiamo dire che ne sono il cuore, perché parlano della bontà di Dio, delle sue compassioni, della sua fedeltà.. "Le sue compassioni non sono esaurite, si rinnovano ogni mattina. Grande è la tua fedeltà... Il Signore è buono con quelli che sperano in lui" (v. 23-25).

Geremia confessava lo stato di rovina e d’infedeltà del suo popolo e soffriva a causa del disonore che ne veniva al nome dell’Eterno. Perché allora questo popolo non era stato distrutto? Il profeta afflitto ha trovato la risposta nel cuore di Dio: "E' una grazia del Signore che non siamo stati completamente distrutti" (v. 22); questo lui voleva richiamare alla sua mente, questo lo faceva sperare (v. 21). Dio interviene sempre con le sue inesauribili compassioni verso i suoi che gridano a lui per avere soccorso, e lo fa in grazia. 

Questa sarà anche l'esperienza del rimanente fedele d'Israele al tempo della fine, durante la grande

tribolazione. "La bontà dell’Eterno è senza fine per quelli che lo temono” (Salmo 103:17).

Che cosa ci rimane, nei tempi difficili che stiamo attraversando, se non l'amore e le compassioni del nostro Padre? Davide diceva: “Al mattino ti offro la mia preghiera e attendo” (Salmo 5:3).

In seguito Geremia dice che la sorgente della sua speranza è nel Signore: “L’Eterno è la mia parte”. Era anche quella del salmista e del Signore Gesù quand'era uomo quaggiù: "L’Eterno è la mia parte di eredità e il mio calice" (Salmo 16:5).  Se nel nostro cammino dobbiamo attraversare la valle di Baca – valle dei pianti (Salmo 84:5-6) – Dio ci dà sempre motivo di lodarlo. Quelli che trovano in lui la loro forza, che hanno a cuore le vie del santuario, "la trasformano in luogo di fonti e la pioggia d'autunno la ricopre di benedizioni".


Aspettare in silenzio (v. 25)

Il profeta può ora parlarci di una cosa buona: Aspettare in silenzio la salvezza dell’Eterno. Giacomo scrive: "Ecco, noi definiamo felici quelli che hanno sofferto pazientemente" (5:11). Ma l’attesa paziente e fiduciosa non è una rassegnazione passiva. Se siamo sottoposti ad una prova della nostra fede, questo fa parte delle vie di Dio riguardo ai suoi. Dio desidera che la costanza nella prova "compia pienamente l'opera sua", affinché siamo "perfetti e completi, di nulla mancanti" (1:4). E in questo abbiamo bisogno di quella "saggezza che scende dall'alto", qualità è indispensabile per essere preservati da ogni azione affrettata e incompatibile con la pazienza della fede.

Anche il silenzio di cui parla Geremia (3:26) va di pari passo col sentimento di essere sotto la disciplina del Signore. Il fedele, nella prova, cerca il Signore e davanti a lui espone la sua preghiera umilmente, come a bassa voce (Isaia 26:16). Quanti turbamenti si eviterebbero nelle assemblee se sapessimo esporre solo al Signore, "in segreto", gli esercizi dei nostri cuori e le sofferenze che proviamo! Avremmo aspettato con pazienza la liberazione del Signore, invece di ritardarla con la nostra agitazione.

Il Residuo giudeo, un giorno, davanti all’apostasia ed alla potenza spiegata da Satana, si volgerà a Colui che è la salvezza e dirà, secondo l’espressione profetica di Giacobbe: "Io aspetto la tua salvezza, o Eterno!" (Genesi 49:18). Oggi la nostra risorsa consiste nell’esporre le nostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti.

E’ bene per l’uomo portare il giogo nella sua giovinezza (v. 27).

Pensiamo a Samuele e a Timoteo (1 Sam. 2:11, 18, 26; 2 Tim. 3:14, 15). Il loro esempio ci fa vedere che il giogo del Signore consiste nell’imparare da lui, nell’ascoltare e serbare la sua Parola, nel sottomettersi alla sua volontà. Consiste nel camminare al suo fianco, al suo passo, percorrendo il suo stesso sentiero. E questo, possiamo aggiungere con l'Ecclesiaste, "prima che vengano i cattivi giorni e giungano gli anni dei quali dirai: Io non ci ho più alcun piacere” (12:1, 3). 


"Se affligge ha pure compassione, secondo la sua immensa bontà" (v. 32)

E’ l’ultima menzione della bontà del Signore in questo capitolo. Siamo consolati nel sentir dire dal profeta: "Non è volentieri che egli umilia e affligge i figli dell'uomo" (v. 33). "E’ stato un bene per me l’afflizione subita", dice il salmista (Salmo 119:71, 75), riconoscendo la saggezza e bontà di Dio nell’esercizio di una disciplina che è, al presente, un motivo di tristezza, ma che produce poi "un frutto di pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa" (Ebrei 12:11),

"Il nostro Dio… compia con potenza ogni vostro buon desiderio e l’opera della vostra fede, in modo che il nome del nostro Signor Gesù sia glorificato in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo” (2 Tess. 1:11, 12).

J.P. Fuzier

lunedì 14 ottobre 2024

Candele

Qualche tempo fa nella mia abitazione è venuta a mancare la corrente. C'era stato un blackout a causa di un fulmine era saltata la cabina elettrica che forniva l'energia a tutto il quartiere. Così mi sono mosso nell'oscurità fino all'armadietto in cucina dove tengo delle candele.

Che bella cosa la luce!

Ho trascorso alcuni minuti fissando la candela che stringevo in mano e mi sono passati per la mente vari pensieri e quel semplice episodio mi fece riflette. 

Avevo una candela e la stanza era completamente avvolta dalle tenebre, ho immaginato di avere un dialogo con la candela.

Che pensiero strano, non è vero? Ma ho immaginato una candela parlante.

E mi ha chiesto: “Dove mi porti?”

“Beh, ovviamente a fare luce. Non lo vedi che è tutto buio”

“No! Non portarmi fuori di qui.”

“Ma cosa dici. Tu sei una candela e il tuo compito è quello di fare luce”.

“Ho bisogno di più tempo, non sono preparata e non credo di riuscirci.” spiegò la candela.

E aggiunse: “prova con un' altra, sono sicura che ti andrà meglio” poi ridusse la sua luce fino ad emettere un tenue puntino luminoso.

Allibito da un simile colloquio mi accinsi ad afferrare e accendere un'altra candela, ma il risultato non cambiò.

“Cosa fai mi chiese?”

“Ti prendo per illuminare” risposi sorpreso.

“Si lo so...l'avevo capito...ma vedi, non sono pronta”

Stupito da tale affermazione, passai in rassegna la candela ma non trovai in essa niente che non potesse andare.

“Per favore rimettimi a posto” mi disse con voce supplicante.

La terza candela mi redarguì con con voce squillante “ Vorrei esserti d'aiuto, ma vedi illuminare l'oscurità non è il mio dono”.

“Ma cosa dici non esiste il dono di illuminare devi semplicemente dimostrare di essere ciò che sei”

“Si, lo so ma sto facendo altre cose, sono molto impegnata e poi vedi... sto meditando”

“Però vorrei darti un consiglio: Prova con la candela nove, lei è sempre così disponibile:”

Afferrai la candela indicata e l'accesi. Non disse niente e si lasciò usare proprio per ciò che era, una candela. 

La passai e ripassai varie volte fra le dita osservandola con cura ed era esattamente come tutte le altre, non aveva niente di più, solo si era fatta usare per quello per cui era stata fatta: per illuminare!

“Voi siete la luce del mondo; una città posta sopra un monte non può rimaner nascosta” Matteo 5:14.

domenica 13 ottobre 2024

Guardando il volto del Signore

La sua determinazione

“Poi mentre si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme” Luca 9:52

“Ma il Signore mi ha soccorso; perciò non sono stato; perciò ho reso la mia faccia dura come la pietra e so che non sarò deluso” Isaia 50:7 

Spesso diciamo che il Signore Gesù è il nostro modello, che dovremmo esaminare gli evangeli per vedere il suo cammino e scoprire quelli che erano i suoi meravigliosi caratteri. Se contempliamo il Suo volto si dischiudono dei tratti meravigliosi. Esaminiamone uno.

Quando guardiamo il volto del Signore scopriamo la determinazione di Colui, che ha chiara la direzione, non si volta indietro, non guarda a destra o a sinistra. È Colui che ha intrapreso un cammino e lo prosegue fino in fondo, senza fermarsi di fronte a nulla e a nessuno. Ad ogni passo incontrava opposizione, odio, incomprensione ed era ben consapevole di quello che lo avrebbe atteso. In questo avvicinamento verso Gerusalemme dirà ai suoi discepoli: “Ecco noi saliamo a Gerusalemme, e saranno compiute riguardo al Figlio dell’uomo tutte le cose scritte da i profeti; perché egli sarà consegnato ai pagani e sarà schernito e oltraggiato e gli sputeranno addosso; e dopo averlo flagellato lo uccideranno; ma il terzo giorno risusciterà” (Luca 18:31-33). Lo sguardo dritto davanti a sé per raggiungere lo scopo finale e poter dire rivolgendosi al Padre: “Ti ho glorificato sulla terra avendo compiuto l’opera che tu mi hai data da fare” Giovanni 17:4.

Da dove nasceva questa determinazione? Dal suo amore per Dio, dal profondo desiderio che Egli aveva di compiere la sua volontà in un cammino di dedizione, ubbidienza e fiducia totale.

A volte nella nostra vita spirituale siamo incostanti, basta poco per farci vacillare, non raggiungiamo gli obiettivi di crescita nella vita di fede; cose iniziate nel servizio per Dio, sono lasciate a metà. Tristemente dobbiamo constatare che il nostro amore per Dio è flebile, soffocato da altre cose. In alcuni casi la nostra propria volontà prevale. Vi sono circostanze in cui di fronte a difficoltà, la nostra fiducia in Dio si rivela molto debole. Basta poco per scoraggiarci e fermarci. Qual è il rimedio? Ricerchiamo il volto del Signore! Guardiamo a Lui, contempliamo la Sua determinazione che ha caratterizzato il suo cammino, riflettiamo da dove traeva origine, esaminiamo il nostro stato, ravviviamo le nostre affezioni per Dio e proseguiamo il cammino con determinazione il cammino dietro alle orme di Colui che non è ad ogni passo ha glorificato Dio.

sabato 12 ottobre 2024

Contraddizioni

“Gesù parlò loro di nuovo, dicendo: Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” Giov.8:12.

“Gesù gli disse: Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” Giov. 14:6.

Io sono la luce. E voi non mi vedete.

Io sono la via. E voi non mi seguite.

Io sono la verità. E voi non mi credete.

Io sono la vita. E voi non mi cercate.

Io sono il Signore. E voi non mi obbedite.

Io sono il Figlio di Dio. E voi non mi pregate.

Se ora siete infelici non date la colpa a Dio, perché molti sono pronti ad attribuire a Lui la responsabilità delle loro sventure, dei loro fallimenti e delle loro ansie, mentre continuano a fare ciò che vogliono e senza curarsi di Dio.

venerdì 11 ottobre 2024

Prostratisi, lo adorarono

“Entrati nella casa, videro il bambino con Maria, sua madre; prostratisi, lo adorarono; e, aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra” Matteo 2:11.

I magi avevano fatto un lungo cammino, per adorare il re dei Giudei che era nato. 

Avevano portato dei doni preziosi, che fossero degni di questo re che era nato.

Giunsero al luogo dov'era il bambino.

Penso che quando sono arrivati in quel luogo non abbiano visto nulla che in qualche misura potesse fargli ricordare un contesto regale. Non vi era una corte, non vi erano servitori ad accoglierli, non vi era una dimora lussuosa, sfarzosa. Non era il palazzo di un re, il luogo in cui erano giunti. Non si sono fermati. Non hanno pensato di "avere sbagliato indirizzo". Sono entrati. Cosa hanno trovato? Umanamente una situazione modesta, semplice: un bambino con sua madre.

Non ci è riportata nessuna parola. Si sono prostrati. Hanno adorato. 

Gli hanno offerto i doni che gli avevano portato. Credo che vi sia una grande lezione per tutti noi. La fede non è abbagliata dalle apparenze, da ciò che colpisce la vista, da quello che conta per l'uomo. La fede è occupata della gloria della persona di Cristo, di quello soltanto. C'è un'adorazione "in silenzio". Umanamente mancano le parole. Gli offriamo quello che dalla sua mano abbiamo ricevuto. Esaltiamo davanti al Padre l'eccellenza della Sua persona e della Sua opera. Esaltiamo la sua gloria, la sua maestà, la sua divinità, la sua opera. 

Riflettiamo sui doni portati dai magi. 

L’oro rappresenta la potenza la ricchezza di un sovrano. Pensando al Signore ci fa pensare alla sua maestà divina e nello stesso tempo riflettiamo su Colui che “essendo ricco si è fatto povero” per amore nostro. 

L’incenso, peraltro utilizzato nei sacrifici offerti dal popolo di Israele, ci può parlare del fatto che a Lui è dovuta la riconoscenza e l’adorazione. A Lui che è il vero Dio e si è manifestato in carne. Se pensiamo all’utilizzo dell’incenso nella composizione del profumo offerto sull’altare d’oro del tabernacolo (Esodo 30:34-38), ci può far pensare all’apprezzamento di Dio della persona del Signore Gesú  che si è offerto come sacrificio a Dio quale profumo di odore soave (Efesini 5:2).

La mirra, tra l'altro era utilizzata per l'imbalsamazione (Giovanni 19:39), è associata all’idea di morte e di sofferenze e possiamo pensare al Signore Gesù alle sue sofferenze: nel suo cammino, sulla croce; nulla gli è stato risparmiato. Meditiamo sul fatto che è entrato nella morte, è stato deposto nel sepolcro. Possiamo dire che la mirra ci parla del profumo del Signore Gesù, che esala dalle sue sofferenze. Lui che è stato “l’uomo di dolore, familiare con la sofferenza” Isaia 53:3.

 I magi comprendevano tutti questi significati? Probabilmente no, ma noi che per la grazia di Dio conosciamo queste cose! Che possiamo essere costantemente attratti da Lui occupati della Sua persona e della Sua gloria, per rendergli l'omaggio che gli è dovuto! In un mondo che guarda all’immagine, all’apparenza, al contorno, che sappiamo sempre essere attirati da quella gloria sconosciuta all’occhio umano, ma visibile allo sguardo della fede!

giovedì 10 ottobre 2024

Il fondo è buono?

“Anche se ti lavassi con il nitro e usassi molto sapone, la tua iniquità lascerebbe una macchia davanti a me, dice il Signore, DIO” Geremia 2:22.

L'estate scorsa, durante una breve vacanza ero in piedi vicino ad un piccolo stagno molto calmo che brillava come uno specchio al sole. Avevo in mano una canna e immergendone la punta volevo saggiarne il fondo. Ecco innalzarsi subito nugoli di fango che si sollevano intorno all'acqua agitata: ora sotto ai miei occhi non avevo altro che una pozza d'acqua sporca da cui allontanarmi disgustato.

Quando ripassai dopo circa un'ora era tornato tutto calmo, il fango si era depositato di nuovo sul fondo e avevo dinanzi a me un grazioso laghetto chiaro e puro.

Questo stagno mi aveva fatto pensare ad un mio vecchio collega d'ufficio che andava spesso in collera per futili motivi e amava ripetere: “Mi offendo facilmente e vado su tutte le furie ma dura solo un momento in fondo ho un cuore buono”.

Il fondo è buono? No! Il problema è proprio il fondo ed è quello che non è buono.

“Dalla pianta del piede fino alla testa, non c'è nulla di sano” Isaia 1:6. Abbiamo bisogno di essere rinnovati, non è possibile andare avanti così. Il fango continuerà a uscire fuori. Occorre rimuoverlo, il nostro cuore deve essere cambiato. “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura le cose vecchie sono passate ecco sono diventate nuove” 2 Cor.5:17.

mercoledì 9 ottobre 2024

Figlio diletto

“E fu trasfigurato davanti a loro; la sua faccia risplendette come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce”  Matteo 17:2.

La traduzione del verbo trasfigurare da altre parti è tradotto con  trasformare (Rom. 12:2). Il Signore dette una manifestazione visibile della sua deità.

Marco ha voluto che sapessimo che le vesti del Signore “divennero sfolgoranti, candidissime, di un tal candore che nessun lavandaio sulla terra può dare”  Marco 9:3.

Quel candore rilucente non era opera dell'uomo, nessuna lavandaia avrebbe potuto farlo; era dovuto alla presenza di Dio. Di solito la Scrittura afferma che Dio è luce e la luce è una manifestazione della sua santità. “Dio è luce, e in lui non ci sono tenebre”  1 Giovanni 1:5.

“il solo che possiede l'immortalità e che abita una luce inaccessibile” 1 Timoteo 6:16.

Quindi il Signore si trasfigurò, cioè rivestì la gloria che aveva prima. Non era più il semplice galileo, non più il figlio del falegname o uno dei tanti maestri, ma una figura splendente e che non era possibile toccare da nessun uomo. Colui che è “santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori ed elevato al di sopra dei cieli” (Ebrei 7:26) Eppure era disceso in mezzo agli uomini prendendo forma di servo, abbassandosi ed essendo, nell'esteriore, come uno di loro.

“E apparvero loro Mosè ed Elia che stavano conversando con lui” Matteo 17:3.

Pietro pensò bene di costruire tre tabernacoli, forse alcuni potrebbero ritenerla una buona idea, ma non lo fu secondo la prospettiva di Dio. L'idea di Pietro era talmente inopportuna che Dio non gli permise neppure di finire la frase “Mentre egli parlava ancora, una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco una voce dalla nuvola che diceva: Questo è il mio Figlio diletto” Matteo 17:5.

“Diletto” è una parola che significa “inestimabile” ed “unico”. Non c'è alcun altro come il Signore Gesù. Non Mosè ne Elia. Nessun altro né in cielo ne in terra. Il Padre dichiarò che il Signore Gesù non è solo figlio ma egli è il suo “diletto Figlio”. Egli era venuto a compiere l'opera che il Padre gli aveva affidato. Tutto questo era dovuto all'amore di Dio per gli uomini, ma attenzione a non fare confusione; Il Signore Gesù non era uno dei “tanti” servitori di Dio o uno dei profeti che Dio stesso aveva mandato al suo popolo ma Lui era il Figlio diletto nel quale il Padre trovava tutto il suo compiacimento.

martedì 8 ottobre 2024

Il campanile

“Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, io vi mostrerò a chi assomiglia. Assomiglia a un uomo il quale, costruendo una casa, ha scavato e scavato profondamente, e ha posto il fondamento sulla roccia” Luca 6:47-48.

La piazza di Venezia è circondata da parecchi monumenti molto antichi. Il campanile è un'eccezione, lo si è dovuto ricostruire all'inizio del XX secolo, poiché un primo campanile era crollato nel 1902, mille anni dopo la sua costruzione. Era stato costruito sopra palafitte di legno immerse in una falda d'acqua sotterranea. Abbassandosi il livello di questa falda, le palafitte, esposte all'aria, sono marcite.

Ogni architetto conosce l'importanza di quella parte nascosta delle costruzioni che costituiscono le fondamenta. Dalla loro tenuta dipende la stabilità di tutto l'edificio. Ebbene, le palafitte del campanile ci fanno pensare al fondamento che serve da appoggio  alle nostre vite. Sbagliare sulla scelta delle fondamenta è l'errore più grande che un uomo possa fare. Pensate, tanti anni di lavoro, tanti sforzi, giorni e giorni sotto il sole e sotto la pioggia, progetti e poi, finalmente, il campanile sembrava fatto. Si saranno rallegrati avranno fatto festa, si saranno compiaciuti: “ecco una magnifica opera che durerà nel tempo”.

No! Tutto è crollato. 

Ah per il campanile si è potuto porre rimedio ma per l'uomo? Per chi ha scelto di condurre la propria vita senza Cristo che cosa avverrà? La risposta la troviamo nel versetto successivo: “la rovina di quella casa è stata grande” ver.49.

Non affidate la vostra vita ai consigli degli altri. Non siate attratti dall'apparente successo di alcuni. Apparentemente, molti, sembrano “costruire” bene, con del risultato, ma le loro fondamenta non sono durevoli. Il Signore, prima di questi versetti aveva detto: “Può un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?” ver.39.

Queste parole erano riferite ai conduttori del popolo d'Israele; essi non potevano evitare il fosso sulla loro strada. Alla fine del cammino di ogni uomo si trova una “fossa”, se non riceve Cristo, se i suoi occhi non vengono aperti per vedere dove finisce il proprio cammino, allora, cadrà nella “fossa” e la sua rovina sarà grande.

domenica 6 ottobre 2024

A quale categoria appartieni?

Tutti gli Israeliti, condotti da Mosè hanno cantato un cantico di liberazione, ma non tutti hanno attraversato il Giordano che rappresenta la morte con Cristo. E non tutti sono entrati in possesso del paese della promessa.

La Parola ci indica tre gruppi d'Israeliti. I primi sono coloro che perirono nel deserto, dei quali c'è detto: “della maggior parte di loro Dio non si compiacque” 1 Cor. 10:5.

Eppure tutti furono sotto la nuvola, nella Scrittura essa testimonia della presenza di Dio. Tutti beneficiarono di questa grazia prodigiosa.

Tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, il nutrimento era quello la manna che benché fosse un nutrimento materiale ma la scrittura ci parla di un cibo spirituale perché è esattamente ciò che esso rappresenta per noi. Tutti bevvero la stessa bevanda. L'acqua è una figura della Parola, ma ci è detto che della maggior parte di loro Dio non si compiacque. I privilegi non sono una garanzia. Furono bramosi di cose malvagie, divennero idolatri, fornicarono, altri tentarono il Signore, e ancora altri mormorarono. Talvolta si pensa che mormorare non sia una cosa grave, ma sia un piccolo difetto. “queste cose avvennero per servire d'esempio a noi”.

Il primo gruppo benché per definizione facesse parte del popolo di Dio in realtà era composto da idolatri, fornicatori, bramosi di cose malvagie, mormoratori. Trascorsero la loro vita nel deserto senza mai giungere a destinazione.

Il secondo gruppo composto dai figli di Ruben, di Gad e mezza tribù di Manasse, giunsero fino al Giordano, ma, stranamente il loro cuore è rimasto indifferente difronte al paese dove "scorre il latte e il miele". Sono rimasti volutamente ai margine delle benedizioni di Canaan. Non per paura di combattere ma è la Parola a darcene i motivi: "I figli di Ruben e i figli di Gad avevano del bestiame in grandissimo numero; e quando videro che il paese di Iazer e il paese di Galaad erano luoghi da bestiame” Num. 32:1. Quanti cristiani si comportano allo stesso modo. Era un luogo adatto per il bestiame. C'è intorno a noi un mondo abitabile adatto per la fortuna, per la carriera. Non è una vita di peccato, No! E' una vita confortevole dove c'è molto ma manca Cristo. L'arca stava dalla parte opposta del fiume.

“Ma quelli si avvicinarono a Mosè e gli dissero: «Noi costruiremo qui dei recinti per il nostro bestiame e delle città per i nostri figli” v.16. I figli abiteranno nelle città fortificate a causa degli abitanti del paese. Quante preoccupazioni, si impegneranno da soli a proteggere i loro averi e quanti cristiani hanno sperimentato che questi recinti e queste città fortificate erano insufficienti sia per i loro beni che per i loro figli.

Ruben era il primogenito ma aveva perso questo diritto (1 Cro. 5). Per quanto riguarda questo particolare esso fa pensare a tutti coloro che sono nati in una famiglia cristiana, la loro eredità avrebbe dovuto essere là dove vi era la presenza del Signore, ma non è stato così.

sabato 5 ottobre 2024

Ricostruire

“Allora dissi loro: Voi vedete in che misera condizione ci troviamo; Gerusalemme è distrutta e le sue porte sono consumate dal fuoco! Venite, ricostruiamo le mura di Gerusalemme” Neemia 2:17.


Neemia ebbe un ruolo importante nel disegno di Dio per il suo popolo. E' una figura importante e attuale anche per la situazione delle chiese oggi. Siamo consapevoli di quanto sia necessario vegliare  e a non essere disposti ad accettare l'inaccettabile. Come è possibile tollerare ciò che Dio trova intollerabile?

Neemia nell'ispezione delle mura e delle porte di Gerusalemme, scoprì che il rapporto che aveva ascoltato era corretto: le mura erano state demolite e le porte bruciate dal fuoco. Che immagine del muro di separazione tra credenti e il mondo che viene demolita e i principi di verità come quelli visti nelle porte bruciato, cioè, volontariamente distrutti! Le porte servivano per separare ciò era dentro da ciò che stava fuori. 

Vediamo queste cose nel professare la cristianità oggi? Mura distrutte e porte bruciate?

Purtroppo, è vero praticamente ovunque! Possiamo riparare questi muri e porte? Certamente non in tutta la cristianità; ma possiamo farlo in qualunque piccola sfera di responsabilità che il Signore ci ha affidato.

venerdì 4 ottobre 2024

Valutazioni sbagliate

Luca 12

Il Vangelo di Luca ci riporta il racconto di una parabola di Cristo. La campagna di un uomo ricco aveva fruttato copiosamente. Il raccolto era stato talmente abbondante, a tal punto che non sapeva dove riporlo. Si poneva un problema. Cosa fare? Allora fece un discorso di prospettiva, di ristrutturazione del proprio patrimonio. La strategia da adottare sarebbe stata questa: demolizione dei granai esistenti, costruzione di nuovi e più grandi, adeguati a raccogliere il grano della nuova raccolta. Il personaggio in questione ragionava al futuro farò, demolirò, costruirò, raccoglierò. Pensava in un modo come se avesse potuto disporre della propria esistenza a suo piacimento. Tra l’altro aveva anche una lunga aspettativa di vita, lo capiamo dalle espressioni che utilizza: “… anima mia hai molti beni ammassati per molti anni”. Possiamo dire che questa fosse una sua prima valutazione: molti beni che gli avrebbero garantito sicurezza per molti anni. Proseguendo nell’esame delle sue considerazioni possiamo notare quali fossero le implicazioni, le conseguenze, l’impatto che avrebbe avuto sulla sua vita il fatto di avere un’abbondanza pluriennale. Anima mia…riposati, mangia, bevi, divertiti. Potremmo pensare che dopo un lavoro lungo, duro, dei sacrifici, un po’ di riposo potesse essere giusto e meritato. Risulta però evidente da queste affermazioni che per questo soggetto contava solo la soddisfazione dei bisogni materiali e voluttuari: mangiare, bere, divertirsi. Tutto questo grazie ai suoi beni materiali. 

Erano corrette queste valutazioni?

Pensiamo di no. Perché? Quella notte stessa Dio gli disse: “…stolto l’anima tua ti sarà ridomandata e quello che hai preparato di chi sarà?”.

Quali valutazioni stai facendo per la tua vita? Forse sei giovane, sei più avanti con l’età e comunque confidi sul fatto di avere una buona salute. Viviamo in un paese in cui l’aspettativa di vita è oltre gli ottant’anni.

Gli accadimenti di questo periodo dovrebbero portarci a delle importanti riflessioni. Non si può guardare al futuro pensando di essere padroni della propria vita.

Cosa dice la bibbia a questo proposito? “Non ti vantare del domani, poiché non sai quel che un giorno possa produrre” Proverbi 27:1, infatti “…non sapete quel che succederà domani! Che cos’è infatti la vostra vita? Siete un vapore che appare per un istante e poi svanisce.” Giacomo 4:14. Cosa stai facendo nella tua vita? Stai cercando di emergere, di farti una posizione, di fare una scalata sociale? Assicurarti un avvenire tranquillo, solido economicamente. Le attuali circostanze ci devono insegnare che non vi è nulla di solido. Pensi che la vera soddisfazione dei bisogni spirituali  della tua anima si possa perseguire attraverso il raggiungimento di obiettivi, nella ricerca del piacere e  dei divertimenti.

L’invito è a riflettere, a pensare che la vita non ci appartiene, che tutto può finire in un attimo, che in ogni caso le ricchezze accumulate possono svanire. “Vuoi tu fissare lo sguardo su ciò che scompare? Poiché la ricchezza si fa delle ali, come l’aquila che vola verso il cielo” Proverbi 23:5.

Fai le giuste valutazioni. Pensa che se la vita terrena finisce, Dio ti vuole donare la vita eterna. Se i beni materiali di questa terra sono per un tempo, Dio ti garantisce dei beni duraturi. Come si fa ad ottenere tutto questo? Occorre riconoscersi peccatori, senza speranza e credere che “Dio ha mandato il suo Figlio unigenito (il Signore Gesù) nel mondo, affinché per mezzo di lui vivessimo” 1 Giovanni 4:9. Per dare a noi che eravamo spiritualmente morti, la vita eterna il Signore Gesù è morto sulla croce. Ha portato su di sé la giusta condanna che riguardava i nostri peccati. E’ risorto, ha vinto la morte e la prospettiva che apre davanti a noi è stabile, duratura di vera felicità, perché si riposa interamente su ciò che Lui ha fatto per noi.

Fai le giuste valutazioni, confessa i tuoi peccati, accetta il dono di Dio appropriati dell’opera di Cristo: ha un valore eterno.

giovedì 3 ottobre 2024

Il vasaio

“Mi hai plasmato come argilla” Giobbe 10:9.

“Ecco, quel che l'argilla è in mano al vasaio, voi lo siete in mano mia” Geremia 18:6. 

Durante uno dei campi estivi per bambini, avendo la necessità di presentare in modo visivo-pratico il lavoro che il Signore svolge pazientemente su ciascuno di noi, avevamo deciso di far costruire loro dei vasi di argilla con un piccolo tornio. Fu spiegato prima, in modo dettagliato, quelle che sono le fasi di questo lavoro: L'argilla viene prima ripulita dalle piccole pietre e da tutte le altre imperfezioni, stemperata con acqua e setacciata. Questo tipo di lavorazione richiede una grande quantità di acqua e questa continua ad essere usata del continuo durante tutta la preparazione. Poi intervengono le dita sapienti del vasaio che inizia a far girare l'impasto sul tornio per modellarlo secondo i suoi scopi e l'acqua continua a scorrere. Può capitare che l'argilla, indurita in qualche punto, impedisca la prosecuzione del lavoro; con le sue dita esperte il vasaio asporta il pezzo resistente e riprende il lavoro finché ottiene un vaso secondo i suoi disegni. Non è ancora finita e infatti, il vaso, per essere resistente e stabile ha bisogno dell'azione del fuoco e verrà cotto in forno a 900°. 

Dio, allo stesso modo, agisce nei confronti dei suoi. L'acqua, (la Parola di Dio), interviene del continuo durante la nostra formazione, ma sono necessarie anche le prove e la disciplina di Dio (il fuoco) per completare l'opera.

Ma il nostro vasaio può avere anche dei progetti particolari e in questo caso si rende necessario anche un materiale e una lavorazione diversa. Vi sono vari tipi di ceramica e poi vi è la porcellana. Per ottenerla è necessario come base un'argilla ancora più fine ma non basta, occorre che nell'impasto sia presente una grossa quantità di un altro componente (il caolino) e la cottura deve avvenire a 1200°. Meno imperfezioni, più Cristo, più scuola di Dio e l'opera che ne uscirà sarà qualcosa di particolare per il vasaio.

Dio ha un suo piano per ciascuno di noi; lasciamolo agire nella nostra vita per modellarci, per essere dei vasi ad onore, santificati, utili al servizio del Maestro, preparati per ogni opera buona (2 Timoteo 2:21).

mercoledì 2 ottobre 2024

Benvenuto

“Saulo, sempre spirante minacce e stragi” Atti 9:1.

Ciò che colpisce dalla lettura di questo passo è la grazia sovrana di Dio. Il Signore dirà a Saulo: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo” (Atti 26:14), paragonandolo ad un torello ribelle che deve essere riportato alla ragione. 

Che cosa è questo pungolo?

La testimonianza di Stefano, le voci persistenti della risurrezione del Signore, la sua stessa coscienza e le innumerevoli vie che Dio usa per toccare i nostri cuori.

Pensiamo che Saulo sia stato un caso isolato? Si, certo la sua mente era ottenebrata dai pregiudizi, era palesemente un ribelle ma pensate che la condizione del resto dell'umanità sia diversa?

“Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l'andazzo di questo mondo, seguendo il principe della potenza dell'aria, di quello spirito che opera oggi negli uomini ribelli” Efesini 2:1-2.

No!  Ognuno di noi è per sua natura un ribelle ma, per sua natura, Dio è un Dio di grazia e di misericordia ed è questa la grande e buona notizia per tutti gli uomini. Ed avviene una cosa straordinaria che può essere vera per ogni uomo: Di li a pochi giorni Saulo diventerà un cristiano convertito e battezzato.

E' meraviglioso vedere la trasformazione che avvenne in lui, specialmente nei rapporti con i cristiani e con le chiese. Anania lo visitò, gli impose le mani e lo chiamò: “Fratello Saulo” Atti 9:17. 

Non possiamo fare a meno di commuoverci a queste parole; devono essere sembrate musica per le orecchie di Saulo.

Che cosa? Il nemico numero uno della chiesa viene ricevuto come fratello? Sì! Perciò si alzò e fu battezzato nella comunità cristiana. Circa tre anni dopo a Gerusalemme i discepoli erano piuttosto scettici su questa conversione e fu Barnaba che lo presentò agli apostoli. Grazie a Dio per Anania a Damasco e per Barnaba a Gerusalemme; se non fosse stato per il benvenuto che loro diedero a Saulo, il corso della storia della chiesa sarebbe stato diverso.

martedì 1 ottobre 2024

Svegliarsi

“La folla insorse allora contro di loro; e i pretori, strappate loro le vesti, comandarono che fossero battuti con le verghe. E, dopo aver dato loro molte vergate, li cacciarono in prigione, comandando al carceriere di sorvegliarli attentamente. Ricevuto tale ordine, egli li rinchiuse nella parte più interna del carcere e mise dei ceppi ai loro piedi” Atti 14:22-24. 

Aveva fatto il suo dovere: i prigionieri che gli erano stati affidati, due cristiani, li aveva gettati nella prigione più isolata, più lontana, e aveva serrato i loro piedi nei ceppi. Con il cuore privo di pietà, con la coscienza indurita come tutti coloro che rifiutano e vogliono mantenere le distanze dai cristiani e del loro Dio, si era addormentato. Verso la mezzanotte i due prigionieri, l'apostolo Paolo e Sila, si misero a cantare le lodi a Dio. Che importanza potevano avere le catene che li trattenevano, le piaghe che la frusta aveva aperte nelle loro carni! Il giorno seguente forse sarebbero stati condotti al supplizio, ma avevano Dio con loro. Cantavano e il canto dei loro inni non svegliava il carceriere dal suo sonno.

Dio allora gli parla in un altro modo. La prigione è scossa dalle fondamenta da un terremoto, che nello stesso tempo, libera i prigionieri dai loro legami e apre tutte le porte. Allora finalmente il carceriere si sveglia. Né l'amore di Dio celebrato dai cantici, né la sua ira manifestata nel terremoto, avevano toccato il suo cuore. Ora però ha paura. Vuole uccidersi poiché pensa che i prigionieri siano fuggiti. Ha perso la sua reputazione e a paura degli uomini. Misero essere. Senza pietà per gli altri, senza timore di Dio, non pensa che a ciò che egli chiama il suo onore. Solo Dio può avere compassione di un tale uomo.

Il carceriere non comprende perché i prigionieri non siano fuggiti. I legami sono sciolti, le porte sono aperte, perché sono ancora lì? Quegli uomini che cantano inni quando i loro persecutori vorrebbero che gridassero di dolore, che rifiutano di fuggire quando la libertà è loro offerta, questi cristiani chi sono in realtà? Il carceriere si getta ai loro piedi. Non ha più paura di perdere la reputazione. Ora, vuole conoscere il loro Dio. Fa loro una domanda e riceve una risposta: “Ed essi risposero: Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato” V.31. 

Che esempio toccante di ciò che è la grazia infinita di Dio. Non c'è cuore troppo duro da non poter essere infranto da Dio, non c'è coscienza così indurita da non poter essere svegliata. Ciò che ha sperimentato questo carceriere allora può essere sperimentato anche da voi oggi, basta indirizzare di cuore a Dio lo stesso grido. “Che debbo fare per essere salvato?”. La Bibbia dichiara ancora oggi: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato”.