Al capitolo 15 i discepoli non sono più servi ma
amici, al capitolo 16 sono dei testimoni in un mondo ostile ma vinto; ma nel
nostro brano il Figlio è nel Padre, loro sono nel Figlio ed il Figlio in loro
(20).
F
“Avendo amato i suoi … li amò sino alla fine” (13:1).
È questo il sentimento del Signore che sta per
lasciare i Suoi. Sono privati di Lui ma non orfani (18), perché un altro
Consolatore sarà mandato: lo Spirito Santo per essere in loro e con loro per
sempre.
Anche il Padre ed il Figlio sono pronti a venire a
“dimorare” nel credente così come una “dimora” è preparata per lui nella casa
del Padre (14:2).
Ogni credente non è solo una pecora nutrita e
protetta, ma ognuno è invitato ad essere la “dimora” di questi ospiti divini.
F
“Dimoreremo presso di lui” (23)
Non è
l’apparizione di un momento e neppure qualcosa di passeggero ma qualcosa di
stabile e duraturo. Una tale comunione è qualcosa di inesprimibile ma la può
gustare solo colui che ha afferrato l’amore di cui è stato oggetto e risponde osservando
“la sua parola” (23). Tuttavia questa relazione è proposta a tutti. Nessuno
dica: “queste cose sono troppo elevate per me”. L’anima umile si lasci colmare
senza opporsi e gioisca della realtà di questa relazione che non può essere
distrutta, ma di cui spesso perdiamo coscienza per nostro difetto.
Mio figlio non cessa di essere tale, ma spetta a
lui non essere indifferente al mio amore.
Che
i nostri cuori rispondano all’amore di cui siamo l’oggetto affinché, le
promesse fatte in questi versetti, non restino in noi allo stato di una
concezione vaga e lontana, ma siano una realtà presente e benedetta.
D.C.