Giobbe aveva desiderato parlare direttamente con Dio (23:5 – 30:20 –
31:35) ed ecco, che ora, al momento opportuno, è esaudito. Dio non è
indifferente alla sofferenza di Giobbe, ma la divina pazienza ha saputo
attendere che Giobbe esprimesse tutto ciò che era nel suo cuore.
Dio parla “dal seno della tempesta” (1). È un’espressione che evoca non
solo la prova, ma la presenza divina stessa. È una voce che rivela l’esistenza
di “un disegno” secondo il quale Dio agisce anche se l’uomo non lo discerne.
Una voce che rimprovera Giobbe, non di aver fatto le sue rimostranze, ma di
aver parlato di cose che non conosce (2). Giobbe lo riconoscerà (42:3), ma qual
è la via per portarlo alla comprensione di tutto questo?
Giobbe ha criticato la condotta di Dio verso gli uomini ma ha ammirato
le opere divine e Dio parte proprio da questo per attirare l’attenzione di
Giobbe, per portarlo a considerare in modo divino le vie di Dio verso l’uomo.
Quando nella nostra mente affiorano tante domande abbiamo bisogno che la
nostra anima sia calma e tranquilla (Sl 131:2) lasciando che sia Dio a parlarci
della Sua grandezza come Creatore. Se oggi il funzionamento di certi fenomeni
naturali sono spiegati dalla scienza la loro vera origine rimane inaccessibile
e il grande enigma sollevato in questi versetti rimane: perché il mondo è come
è? Solo una rivelazione di Dio può tranquillizzare le nostre menti su questo
soggetto.
Dobbiamo essere
coscienti che per ognuno di noi esiste un “disegno” divino (1) che spesso
ostacoliamo con il nostro comportamento. Mettiamoci in preghiera chiedendo al
Signore di rivelarcelo!
D.C.