di: G. Bulleri
Un invito alla prudenza!
Questo sesto capitolo viene aggiunto sia per evitare
che la comprensione delle notevoli diversità di comportamento dei credenti
vissuti in altri tempi, sostanzialmente prima della Pentecoste, porti qualcuno
a 'declassare' alcune, o molte, parti della Parola di Dio (cioè del Vecchio
Testamento), sia per invitare alla massima attenzione e prudenza ogni volta che
da esso prendiamo insegnamenti per noi 'cristiani' e ne citiamo passi o figure,
ricavandone analogie o, peggio, quando ci basassimo solo su quei passi e quelle
figure del Vecchio Testamento per farne 'dottrine per noi cristiani'.
Secondo me l'insegnamento divino per l'assemblea di
Cristo si trova solo ed esclusivamente nel Nuovo Testamento.
Infatti, se si ritiene corretto che la testimonianza
dei credenti deve essere in armonia col carattere che Dio stesso ha assunto
verso la terra e gli uomini che ci vivono in un dato momento, e dato che deve
essere solo la Parola di Dio che ci istruisce, e ci istruisce dalla
prima pagina della Genesi all'ultima dell'Apocalisse, mi sembra della
massima importanza distinguere bene fra la chiara dottrina cristiana e
insegnamenti ricavabili da altre epoche (dispensazioni), che sostanzialmente
hanno tutte in comune benedizioni terrene e non celesti.
Insegnamento (dottrina) per noi cristiani.
Ho premesso che si trovi solo ed esclusivamente nel
Nuovo Testamento, prima di tutto nell'unico esempio di fede, il perfetto
modello, Colui che ha sofferto per noi "per
lasciarci un esempio, affinché seguiamo la Sue orme" (1 Pietro
2-21), poi principalmente nelle Epistole ma col notevole contributo del Libro
degli Atti degli Apostoli e parte dell'Apocalisse.
Mentre scrivo che solo il Signore Gesù, nella Sua
perfetta vita, ci insegna come anche noi dovremmo vivere... avverto la grande
importanza di essere ancora più prudenti di quando cerchiamo di imparare
dai tanti 'testimoni' (Ebrei 11) mediante i quali pure la Parola ci istruisce;
infatti loro erano uomini soggetti alle nostre medesime passioni (Giacomo 5-17)
e con la nostra stessa natura, mentre di Lui, il Figlio di Dio, non dobbiamo
mai dimenticare che la Sua natura, la Sua 'umanità' non era come la nostra.
Nemmeno la 'natura' di Adamo prima della caduta era
come la nostra, ed infatti la Parola ci insegna che il primo uomo, Adamo,
tratto dalla terra fu terreno, mentre il Secondo Uomo è dal cielo,
quindi anche Adamo era diverso da noi (non sapendo quale altra parola usare lo
definiamo 'innocente'...) ma il Signore non era 'innocente', Lui era Santo.
Dovrei scrivere molte pagine se esaminassi di nuovo,
singolarmente, le diverse posizioni di Noè, di Abramo ecc. e mi limiterò
unicamente a ripetervi: “siate prudenti”.
Passo ora a parlare un po' d'Israele, nei vari periodi
della sua storia e mi par bene segnalare che mentre il Popolo d'Israele, in
periodi successivi e ben distinti, è stato prima in Egitto, poi nel deserto e
poi in Canaan, noi 'cristiani', pur sotto aspetti diversi, facciamo
contemporaneamente queste tre esperienze.
Penso che, paradossalmente, il loro periodo
'migliore', quando cioè raccoglievano le benedizioni terrene che Dio
aveva loro donato, ci presenti un contrasto totale con gli insegnamenti
e l'esempio del nostro Signore di Cui noi siamo discepoli; infatti sapete bene
che per Israele la fedeltà avrebbe prodotto benedizioni terrene, per noi la
fedeltà produce persecuzioni, ed infatti per noi è scritto che 'tutti quelli
che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù... saranno perseguitati (2 Timoteo
3-12).
Ma Israele non è stato 'obbediente' e presto le sue
condizioni sono cambiate... e in queste nuove condizioni i 'fedeli' hanno
subito ingiustizie e opposizione sia dai loro connazionali che, molto presto,
da popoli 'stranieri'.
Alcuni aspetti principalmente morali di questa mutata condizione li
resero un po' più vicini a noi... ma è fondamentale capire che anche
quando Israele perse il carattere di 'cittadino della terra' e divenne
'straniero', non per questo divenne 'cittadino del cielo', perché
rimase con le sue speranze terrene, momentaneamente perdute per infedeltà, sia
che fosse oppresso nella sua Patria che straniero nel Paese dove venne
deportato.
Una notevole parte del Salmi sono espressione di santi
nelle difficoltà.... e spesso ci sembrano presentare caratteri in cui
ritroviamo le nostre difficoltà, ma raramente troverete un Salmo che non chieda
vendetta, giudizio e sterminio dei nemici ecc... cioè preghiere che
esprimono desideri totalmente opposti al sentimento cristiano, che cerca il
bene di tutti, che prega per i nemici, che li ama, desidera il loro eterno bene
ecc...
Sicuramente Israele in cattività, quindi Daniele ed i
suoi amici e tutti quelli che poi, fino alla nascita del Signore, hanno vissuto
in attesa del Suo avvento, ci sono più vicini di Mosè, Giosuè, Davide, Salomone
ecc... ma, lo ripeto, citateli con prudenza, perché la loro
dispensazione era totalmente diversa dalla nostra.
Qualcosa era cambiato anche nelle disposizioni divine
perché Geremia invitò i deportati a 'cercare il bene delle città dove abitavano',
(Geremia 29 vedi vv. 5, 6 e 7) ma la sostanza del carattere della dispensazione
rimase quella della 'vendetta', della difesa della propria vita terrena, della
distruzione e sterminio del nemico ecc... (Ester capitolo 8).
Allora come 'maneggiare' la spada della Parola di Dio?
Cancellando i passi che ci dicono che 'ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a
correggere, a educare alla giustizia' (Timoteo 3-16)?
Sorvolando sulle dichiarazioni che riferiscono che 'quelle cose
avvennero (agli Ebrei) per servire di esempio a noi' (1 Corinzi 10) e passi
analoghi?
Sostenerlo sarebbe una bestemmia ma segnalare e
invitare ad essere accorti è, nel mio giudizio, semplicemente una prova di
grande rispetto per la Parola di Dio.
Per entrare in aspetti pratici mi permetto ricordare
che tutta la Parola parla del Signore, della Sua Persona, delle Sue sofferenze,
della Sua gloria... e quei passi, ovunque si trovino, sono raggi di luce
e il Vecchio Testamento ne è pieno!
Pertanto se niente, proprio niente, può essere
'declassato', le parole del Signore in Luca 24-27: 'e cominciando da Mosè e da
tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che Lo riguardavano'
oppure, come nel versetto 44, dove cita non solo Mosè e i profeti ma anche i
Salmi, cioè veramente tutto l'Antico Testamento, debbono suonarci come
un monito a trascurarne la lettura o ritenerlo di secondaria importanza.
Nondimeno proprio perché la Scrittura è la nostra
spada, o meglio la 'spada dello Spirito' (Efesini 6-17) dobbiamo usarla con
avvedutezza e rispetto, e come ho segnalato la somma importanza di ricercarci
il Signore, così segnalo i rischi connessi ad un uso superficiale, che non
distingua bene la diversità fra gli insegnamenti, le vocazioni e i relativi
comportamenti che caratterizzano le diverse epoche.
Che dire del Libro di Giobbe?
C'è veramente anche una sola parola uscita dalla sua
bocca e da quella dei suoi amici (salvo ovviamente Elihù) che possiamo citare
come 'messaggio divino?'
E riuscite a trovate la rivelazione cristiana
nell'Ecclesiaste?
E il 'Cantico dei cantici'? Non avete proprio nessuna
difficoltà nell'interpretare quella bellissima 'allegoria'?
Magari il Libro dei proverbi ci sembra più 'cristiano'
e sicuramente offre ottimi consigli ma riflette veramente le nostre speranze
celesti?
Vi assicuro che la prudenza che suggerisco a voi cerco
io per primo, diligentemente, di usarla.
Ancora un'ultima segnalazione!
E' proprio il 'passaggio' da promesse relative alla
terra a promesse relative solo al cielo che caratterizza le Lettere di Pietro e
l'Epistola agli Ebrei.
Ai pagani che si convertivano alla fede la Parola
rivelava subito che se prima erano senza promesse, senza speranza, avendo ora
accettato il Signore Gesù come Salvatore, 'erano immediatamente benedetti di
ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti (Efesini 1) e che la loro
cittadinanza era nei cieli (Filippesi 3) mentre per gli Ebrei si rese
necessario un paziente insegnamento perché giungessero a capire che il loro
rifiuto del Messia, morto, seppellito ma risuscitato e salito al cielo,
aveva si 'chiuso' – per l'immediato - le vecchie speranze terrene, ma
introdotto una nuova dispensazione che Pietro spiega loro con queste parole: “Benedetto sia il Dio e Padre del
nostro Signore Gesù Cristo, che nella Sua grande misericordia ci ha fatti rinascere
a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per
una eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile. Essa è conservata
in cielo per voi...",
Non è difficile capire che la morte del Messia era
stata vissuta come la fine, la morte delle speranze terrene d'Israele, basta
pensare a Luca 24, ai due discepoli che sospiravano...'noi speravamo che fosse Lui che avrebbe liberato Israele' e
capiamo che la loro speranza nel Messia liberatore era svanita, ma ecco che il
'Messia' risuscita e sale al cielo e Pietro può spiegare a quei credenti che la
loro speranza non è morta, perché il mutamento o passaggio dalla vecchia alla
nuova dispensazione era come un rinascere ad una speranza nuova, proprio
grazie alla resurrezione di Cristo.
Pietro inoltre prosegue e scrive che ora avevano una
speranza viva, una eredità incorruttibile ecc.... conservata nei cieli
per loro. Quindi non più Canaan, Gerusalemme ecc. ma 'i cieli'.
Se esaminate le due Epistole noterete che questo
pensiero è predominante, perché si parla sempre delle 'modeste' cose che
avevano perdute e delle eterne benedizioni che il 'vero cristianesimo' donava
loro.
Da Ebrei capitolo 3 impariamo che quei credenti ormai
erano visti come 'fratelli santi, partecipi
della vocazione celeste'