Egli ha stremato le mie forze durante il cammino; ha abbreviato i miei giorni. Ho detto: “Dio mio, non portarmi via a metà dei miei giorni!” I tuoi anni durano per ogni generazione.
Salmo 102:23-24
Getsemani,
Golgota
Gesù si recava sovente a pregare nel
Getsemani, un giardino vicino a Gerusalemme, ai piedi del monte degli Ulivi.
Quella notte aveva davanti a sé la morte, che doveva sperimentare in tutto il
suo orrore. Il giudizio di Dio non pesava ancora su di lui, ma la sua anima era
rattristata e angosciata. I discepoli che aveva desiderato avere presso di sé,
si erano addormentati. Lo circondavano malvagità e tradimento.
Gesù pregava. Vano era lo sforzo di Satana per
nascondere Dio alla sua anima. “Essendo in agonia, egli pregava ancora più
intensamente” (Luca 22:44). Doveva bere “il calice” delle sofferenze, ed Egli
lo riceve dalla mano di suo Padre. “Non berrò forse il calice che il Padre mi
ha dato?” (Giovanni 18:11).
Il Signore si consegna poi, con la calma che
ha caratterizzato tutta la sua vita, a quelli che vengono a prenderlo, a Giuda
che lo tradisce. Gli uomini indietreggiano e cadono, ma lui dà se stesso,
secondo la volontà del Padre. È quanto c’è di più glorioso.
Getsemani – luogo di dolore per Gesù, ma per
noi sorgente di liberazione – è superato. Ora bisogna andare al Golgota, dove
sarà rizzata la croce. Là Gesù non troverà più il volto del Padre, ma l’ira di
un Dio santo che colpisce il proprio Figlio, che si faceva carico dei nostri
peccati per espiarli.
A Lui vada tutta la nostra adorazione per aver
sopportato tutte le sofferenze e accettato di morire per noi!