“Or l'Eterno disse ad Abramo: Vattene dal tuo paese, dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, nel paese che io ti mostrerò. Io farò di te una grande nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai una benedizione” Gen. 12:1-2.
Dio aveva promesso un figlio a Sara e Abramo. Infatti Abramo significava “padre eccelso” ma, Dio lo cambiò in Abraamo “padre di una moltitudine”.
Aveva figli? No!
Proviamo a pensare un po' alla vita di Abraamo durante i suoi pellegrinaggi.
“Come ti chiami?”
“Abraamo”
“Padre di una moltitudine? Che nome grandioso,e quanti figli hai?”
“Nessuno”.
Dio aveva promesso un figlio, ma Abraamo non aveva figli. Lasciò il suo paese per una terra sconosciuta, ma nessun figlio. Superò una carestia, ma ancora nessun figlio. Suo nipote Lot si separò da lui andando verso la pianura di Sodoma mentre Abraamo scelse la montagna e la presenza di Dio, ma ancora nessun figlio. Avrebbe incontrato angeli, il sacerdote Melchisedec, ma ancora senza un erede.
Al momento Abraamo aveva novantanove anni, e Sara non era più in grado di essere madre, eppure “sperando contro ogni speranza, credette per diventare padre di molte nazioni secondo ciò che gli era stato detto: Così sarà la tua progenie” Rom. 4:19.
“Sperando contro ogni speranza” Dio gli aveva detto che sarebbe diventato padre di una moltitudine, ma dal punto di vista delle prospettive umane questo sembrava assolutamente impossibile, eppure, egli, credette a quello che Dio gli aveva promesso. La fede in Dio è anche questo sperare contro speranza, contro logica, contro ciò che la scienza o la biologia ritengono impossibile.
Che bello vedere Abraamo così attaccato e fiducioso in Dio. Egli non si riposa su se stesso, sulle proprie opere, sulla sua forza ma in Dio e in Lui soltanto. Egli, ben consapevole del suo stato, credette “in colui che giustifica l'empio” Rom.4:5. Prendendo Dio in parola, egli ripone la propria fede e la propria fiducia nel Signore. Siamo salvati per grazia mediante la fede. Va sottolineato che il merito non sta tanto nella fede ma nell'oggetto della fede.
“Così pure Davide proclama la beatitudine dell'uomo al quale Dio mette in conto la giustizia senza opere, dicendo: Beati quelli le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. Beato l'uomo al quale il Signore non addebita affatto il peccato” Rom. 4:6-8.
Paolo, in questa epistola, prende in considerazione anche Davide per dare maggiore forza a questo insegnamento. Le parole così pure, con cui inizia il versetto, indicano che l'esperienza di Davide è analoga a quella di Abraamo. Infatti scrisse che è felice il peccatore che Dio ritiene giusto senza tener conto delle sue opere. Paolo, citando il salmo 32 fa notare in primo luogo che Davide non accenna alle opere e che il perdono è frutto della grazia di Dio, non degli sforzi dell'uomo.
In secondo luogo, osserva che se Dio non addebita il peccato all'individuo, allora costui è considerato giusto dinanzi a Lui.