“Io sono misero e povero”. Il Salmo 40 terminava con queste parole che,
per lo Spirito profetico, possono essere applicate al Signore stesso.
Un semplice sguardo attento a coloro che ci attorniano ci permette di
vedere quanta sofferenza ci circondi. Sofferenza fisica e soprattutto,
spirituale. Così, come il Maestro, saremo beati se prendiamo questa posizione
di povertà (Mt 5:3).
Quale incoraggiamento, il versetto 3 apporterà all’anima di un credente
allorché, nella vita, si verrà a trovare in un letto di malattia. La
meravigliosa promessa di trovare, nel Signore, un sostegno gli permetterà di
affrontarla ricevendo quella forza e quelle sorprendenti consolazioni che gli
daranno una pace interiore spesso inaspettata.
Anche se “il nostro uomo esteriore
si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno”
(2 Co 4:16). Ancora di più quando sarà “steso
su un letto” (8) la presenza del Signore vicino si farà sentire al suo
capezzale trasformando il suo tormento in pace e serenità. Sarà proprio questa
preziosa compagnia a fargli dimenticare l’incomprensione o l’indifferenza di
cui è l’oggetto (8).
Sappiamo bene in quale momento il versetto 9 ha trovato il suo compimento
e con quale tristezza il Signore ha dovuto citarlo (Gv 13:18), ma anche per un
credente può arrivare il voltafaccia di un amico, o anche di un fratello in
fede a causare del turbamento (2 Ti 4:10), ma la grazia ed il soccorso divino
sono là per avere pietà e soccorrere (10).
Questo Salmo termina con uno sguardo sull’eternità, sulla certezza di
essere, al termine di una vita spesso caratterizzata da molte sofferenze,
“accolti alla Sua presenza” (12) ed
esplode in una lode eterna (13) alla quale ognuno di noi può dare il suo AMEN!
D.C.