Nei capitoli precedenti Dio ha parlato per mezzo di Salomone, il più
saggio fra i saggi (Ec 2:9), ma, come per mostrarci che il Suo libro non deve
niente all’intelligenza umana, ora si serve di Agur, un uomo che parlando di se
stesso, afferma di essere “più ignorante
di ogni altro” e di essere poco intelligente (2).
Dopo essersi presentato così, con questa bella confessione, Agur
comincia a porsi delle domande fondamentali: “chi è il Creatore”, “chi è Suo Figlio”
e “come si accede al cielo”?
Per trovare le risposte a queste domande bisogna che Dio stesso gli si
riveli, che discenda Lui stesso dal cielo, dove l’uomo non poteva salire, e
comunichi i suoi consigli eterni nella Parola affinata dal fuoco (5).
Agur conosce se stesso ed i suoi limiti, sa che il suo cuore può essere
malvagio ed indirizza due precise richieste a Dio:
- che la vanità (la gloria del
proprio io e la ricerca della buona considerazione da parte degli uomini) e la menzogna siano allontanate da lui (8);
-
che sappia sempre rimanere
dipendente, perché comprende i pericoli della ricchezza e della povertà
(8/9).
Voglia il Signore che questa preghiera ispiri anche la nostra e il
nostro comportamento ci porti lontano dalla ricerca di noi stessi amando la
verità e rimanendo nella dipendenza dal Signore per essere felici e, come Paolo,
poter dire: “… ho imparato ad essere
contento dello stato in cui mi trovo. So vivere nella povertà e anche
nell’abbondanza; … io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica” (Fl
4:11/13).
Agur non si fa nessuna illusione sullo stato di questo mondo perché ne
conosce i principi: rivolta, a
partire dalla famiglia (11), pretesa di
una propria giustizia (12), orgoglio
(13) oppressione e violenza
(14). Guardiamoci intorno e chiediamoci:
“la nostra generazione è forse migliorata da quella descritta da Agur?”
D.C.