"Ma Giona si levò per fuggirsene a Tarsis, lungi dal cospetto del Signore; e scese a Giaffa, dove trovò una nave che andava a Tarsis; e s'imbarcò per andare con quei della nave a Tarsis, lungi dal cospetto dell'Eterno… Ma Giona era sceso nel fondo della nave, si era coricato e dormiva profondamente" (Giona 1:3 e 5).
L'Eterno aveva ordinato al profeta Giona di avvertire gli abitanti della città di Ninive del giudizio che stava per cadere su di loro a causa della loro malvagità. Ma Giona, rifiutandosi di ubbidire, se ne fugge, pensando di andare lontano dalla presenza di Dio.
Scende prima a Joppe (Giaffa) in riva al mare, dove trova una nave diretta in Spagna, a Tarsis. Poi scende nel fondo di quella nave e si mette a dormire. Ma ecco la tempesta, le grida dei marinai, le loro preghiere ai loro idoli... Giona non s'accorge di nulla. Devono svegliarlo, rimproverarlo della sua indifferenza, interrogarlo; ed egli è costretto a confessare la propria disubbidienza e a farsi gettare in mare, comprendendo che quella terribile tempesta è stata mandata dall'Eterno per causa sua.
Giona scende così nelle profondità degli abissi, ma l'Eterno lo fa inghiottire da un grosso pesce e gli salva la vita.
Che follia pensare di poter sfuggire allo sguardo di Dio! Il salmista diceva: "Dove me ne andrò lungi dal tuo spirito? e dove fuggirò dal tuo cospetto? Se salgo in cielo tu vi sei; se mi metto a giacere nel soggiorno dei morti, eccoti qui... Se vado a dimorare all'estremità del mare, anche qui mi condurrà la tua mano, e la tua destra mi afferrerà. Se dico: Certo, le tenebre mi nasconderanno... le tenebre stesse non possono nasconderti nulla" (Salmo 139:7:12). "Non vi è creatura alcuna che sia occulta davanti a Lui" (Ebrei 4:13).
Nel ventre del pesce, in fondo al mare, Giona rimane tre giorni e tre notti, finché, nella sua grande distretta, rivolge a Dio un grido e una preghiera, e prende coscienza che Dio lo avrebbe ascoltato e avrebbe risposto. Egli conosce così che la liberazione viene dall'Eterno, che "quelli che onorano le vanità bugiarde abbandonano la fonte della loro grazia", che l'Eterno merita "sacrifici di lode" perché la salvezza appartiene a Lui solo. "L'Eterno fa morire e vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire" (1 Samuele 2:6).
Giona è poi "vomitato" sulla terra ferma nei pressi di Ninive. In quella smisurata e popolosa città cammina un'intera giornata annunciando il castigo imminente e desiderando, nel fondo del suo cuore, che quel castigo cada davvero e i niniviti siano distrutti, perché non vuole accettare che la grazia di Dio si estenda anche a popoli pagani e nemici di Israele. Invece, con grande gioia dell'Eterno, quei pagani si umiliano, si pentono dei loro peccati, e "l'Eterno si pentì del male che aveva parlato di far loro, e non lo fece".
Per noi credenti questo racconto è un avvertimento ma anche un incoraggiamento:
- un avvertimento ad ubbidire al Signore in tutto quello che Egli vuole da noi, anche se non sempre riceviamo degli ordini così precisi e chiari come nel caso di Giona. Quante volte, anche di fronte alla volontà del Signore chiaramente espressa, siamo restii e titubanti, se non apertamente ostili! E anche se sappiamo trovare delle buone scuse, le conseguenze della nostra disubbidienza e della nostra ostinazione possono farci scendere molto in basso, anche più di quanto potremmo prevedere;
- un incoraggiamento perché da questo racconto vediamo che, anche se la prova è la conseguenza di una nostra mancanza, Dio non cessa di amarci. Egli mantiene lo sguardo su di noi, aspetta di vedere le nostre lacrime di pentimento, di udire la nostra supplica sincera, e al momento giusto, quando il travaglio che Egli compie in noi raggiunge lo scopo che Egli si prefiggeva, nella sua grazia accorda la liberazione.