“Io sono debitore verso i Greci come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti; così, per quanto dipende da me, sono pronto ad annunciare il vangelo anche a voi che siete a Roma. Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: Il giusto per fede vivrà” Romani 1:14-16.
Paolo, un debitore.
Paolo non si vergognava, anzi ne andava fiero. La predicazione della croce era pazzia per i greci la cui filosofia era in gran voga in quell’epoca. Paolo dirà nell’epistola ai Corinzi che la sapienza di Dio è di gran lunga superiore a quella umana e produce un frutto eterno. La filosofia invece non contribuisce a nulla.
Non si vergogna perché il messaggio che reca è potenza di Dio, possiede in se una potenza unica. Dal momento che l’origine dell’Evangelo è da ricercare in Dio, esso ha in se questa potenza.
Terzo motivo: il giusto vivrà per fede. Il giusto non ha un altro modo per vivere.
Gli uomini non si vergognano affatto delle loro cose. Pensiamo al gay pride o manifestazioni simili. Strano che i credenti che possiedono un messaggio che è la “potenza di Dio” spesso si vergognino.
“per questo ti sono apparso: per farti ministro e testimone” Atti 26:16.
E' interessante il resoconto che la Scrittura ci fa del ministerio di Paolo.
Felice è stato dipinto come uno dei peggiori ufficiali romani; era ben noto per la sua crudeltà, lussuria e avidità. Sembra che non avesse nessun scrupolo morale, ma Paolo non si tirò indietro dal testimoniare. Visto che gli parlava di giustizia, di autocontrollo e del giudizio a venire (24:25) si può anche supporre che redarguisse il procuratore per i suoi peccati per poi presentargli la fede nel Signore Gesù.
Davanti ad Agrippa, non si fece impressionare dall'esibizione di grande pompa e potere che caratterizzò quella circostanza, né dall'assembramento delle alte personalità presenti. Luca riporta che per tre volte Paolo ripete alle orecchie del re gli elementi del vangelo (26:18,20,23). Festo poteva chiamarlo pazzo, ma Paolo sapeva di pronunciare “parole di verità e di buon senso” (v.25).
Grazie a Dio per il coraggio di Paolo! Re e regine, governatori e generali non lo turbavano e Paolo non fece nessun tentativo per ingraziarsi le autorità. Voleva presentare le verità di Dio non voleva il loro favore e non si vergognava di testimoniare della sua fede.