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mercoledì 27 ottobre 2021

Il fiume

Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, e di là si divideva in quattro bracci. Genesi 2:10


È questa la prima volta che è nominato «il fiume di Dio» nella Scrittura, e tale soggetto è introdotto qui in relazione col riposo di Dio.

Quando Dio si riposava dalle sue opere, tutto l’universo ne riceveva della benedizione; poiché Dio non poteva osservare un sabato senza che la terra ne subisse la santa e benefica influenza. Purtroppo, i ruscelli che uscivano da Eden, scena del riposo terrestre, hanno smesso di scorrere, perché il peccato ha interrotto il riposo del creato. Tuttavia, per grazia di Dio, il peccato non Lo ha fermato nella Sua opera, ma gli ha aperto un nuovo campo d’azione; e ovunque Dio agisce si vede scorrere «il fiume». 

Così, quando Dio conduce con potente mano quella folla di Israeliti che ha riscattato dalla schiavitù dell’Egitto, facendoli passare attraverso le aride sabbie del deserto, vediamo scorrere un fiume; non da Eden, ma dalla roccia percossa! Bella immagine del principio in virtù del quale la grazia sovrana opera in favore dei peccatori e provvede ai loro bisogni. Qui non si tratta solo di creazione, ma di redenzione. «Questa roccia era Cristo» (1 Corinzi 10:4), Cristo percosso per la guarigione del Suo popolo. Proseguendo nella storia delle vie di Dio, vediamo il fiume seguire un altro corso: «Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù, stando in piedi, esclamò: “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno”» (Giovanni 7:37-38). Vediamo qui un “fiume” che proviene da un’altra sorgente e scorre in un altro letto. In un certo senso, la sorgente è sempre la stessa, cioè Dio, ma, in Gesù, essa ci appare in una nuova relazione e con un nuovo principio d’azione. Il Signore Gesù, nel capitolo 7 dell’Evangelo di Giovanni, si presenta come la sorgente del fiume dell’acqua della vita e il credente è chiamato ad esserne il canale. In Eden, il fiume doveva spandere le sue acque per innaffiare e fertilizzare la terra; nel deserto, la roccia percossa provvedeva al ristoro d’Israele assetato. Nello stesso modo, ora, chiunque crede in Cristo è chiamato a lasciar scorrere i fiumi benefici delle Sue svariate grazie a favore di tutti quelli che lo circondano.

Questo pone il credente in una posizione di privilegio, e, nello stesso tempo, di solenne responsabilità; è chiamato ad essere il testimone costante della grazia di Colui in cui crede e a manifestare questa grazia continuamente. Più si nutrirà di Cristo, con lo sguardo fisso su di Lui e il cuore occupato della Sua persona adorabile, più la sua vita e il suo carattere renderanno una testimonianza vera alla grazia che gli è stata rivelata. La fede è ad un tempo la potenza del servizio, la potenza della testimonianza e la potenza dell’adorazione. Se non viviamo «nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Galati 2:20), non saremo né servitori utili, né testimoni fedeli, né veri adoratori. 

Infine, troviamo ancora il fiume di Dio nell’ultimo capitolo dell’Apocalisse. «Poi mi mostrò il fiume dell’acqua della vita, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello» (Apocalisse 22:1). Il mare non è più. Gli uomini sono vissuti circondati da “mari” dove l'acqua è imbevibile. Avevano abbandonato la vera sorgente. Sono questi i ruscelli del fiume di cui parla il salmista, che «rallegrano la città di Dio, il luogo santo della dimora dell’Altissimo» (Salmo 46:4; paragonate anche Ezechiele 47:1-12 e Zaccaria 14:8). Nulla potrà mai più alterarne la sorgente o interromperne il corso. 

«Il trono di Dio» è l’immagine della stabilità eterna, e la presenza dell’Agnello indica che quel trono riposa sul fondamento di una redenzione perfetta realizzata dal sacrificio di Cristo. Non si tratta qui del trono del Dio creatore, né di quello del Dio che governa nella sua provvidenza, ma del trono di un Dio redentore. Il trono di Dio non potrebbe che spaventarmi, ma quando Dio si rivela nella persona dell’Agnello, il cuore è attratto e la coscienza tranquillizzata. Il sangue dell’Agnello purifica la coscienza da ogni traccia di peccato, e soddisfa tutte le esigenze della santità divina. Più alto sarà il concetto che abbiamo della santità di Dio, più stimeremo l’opera della croce. Perciò il salmista invita i santi a celebrare la santità di Dio. La lode è un prezioso frutto della redenzione, ma prima che un credente possa offrirla bisogna che consideri la santità di Dio ponendosi non dal lato degli uomini e della morte, ma dal lato di Dio e della risurrezione.